Bernstein, Eduard

Dizionario di filosofia (2009)

Bernstein, Eduard


Uomo politico e ideologo socialdemocratico tedesco (Berlino 1850 - ivi 1932). Fu uno dei primi membri della socialdemocrazia tedesca (dal 1872). Soppressa da Bismarck (1878) la stampa socialdemocratica, diresse a Zurigo (1881-88) il Sozialdemokrat. Nel 1888 fu estradato dalla Svizzera e andò esule a Londra. Entrò allora in contatto con Engels e collaborò con Kautsky alla Neue Zeit. Ma ben presto subì l’influsso del socialismo fabiano inglese e si fece sostenitore di un riformismo gradualista; propugnando la necessità di «rivedere» il marxismo, codificò il suo «revisionismo» nel libro Die Voraussetzungen des Sozialismus und die Aufgaben der Sozialdemokratie (1899; trad. it. I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia). Contestando l’idea che l’avvento del comunismo fosse l’inevitabile prodotto della crisi del capitalismo, B. rifiutava l’impostazione dialettica della teoria marxiana e l’unilateralità della sua concezione storico-economica. In partic., egli respingeva la teoria marxista dell’impoverimento crescente della classe operaia, della crescente concentrazione della ricchezza, della scomparsa dei ceti intermedi. Rinunciando così al carattere scientifico del socialismo, B. ne proponeva una lettura etica, richiamandosi anche a Kant: il socialismo era un ‘ideale etico’ cui ispirarsi per promuovere il miglioramento della condizione proletaria e la trasformazione, dall’interno, del capitalismo; ciò si poteva sì realizzare mediante l’organizzazione della classe lavoratrice da parte dei sindacati, e quindi mediante il conflitto sindacale, ma servendosi degli strumenti democratici (il suffragio universale) e senza far ricorso alla rivoluzione. Queste tesi furono duramente contestate: Kautsky gli rispose con lo scritto Bernstein und das sozialdemokratische Programm, e B. venne espulso dal partito. Nel 1901 rientrò in Germania e divenne deputato al Reichstag (1902-06, 1912-18). Allo scoppio della prima guerra mondiale, fu, con la maggioranza del partito, favorevole ai crediti di guerra, ma già nel 1915 in un manifesto con H. Haase e Kautsky affermava il proprio disaccordo dalla politica bellica dell’impero. Scoppiata la rivoluzione, si adoperò per impedire l’infiltrazione in Germania del bolscevismo e rientrò allora nel partito. Fu rieletto al Reichstag nel 1920, prese parte al congresso socialista internazionale di Ginevra, ma poi (1928) non si presentò candidato. Autore di scritti sulla storia del socialismo, pubblicò, con notevoli tagli, il carteggio Marx-Engels (1919), e, nel 1919-20, le opere e i discorsi di Lassalle.

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