Romana, questione

Dizionario di Storia (2011)

romana, questione


Denominazione con cui si indica propriamente il conflitto sorto prima tra la Santa Sede e il movimento nazionale italiano, poi tra la Santa Sede e lo Stato unitario per la sovranità su Roma. In generale la questione r. indica il complesso processo politico-diplomatico, avviato in età risorgimentale, che mise fine al potere temporale della Chiesa e sancì definitivamente l’unificazione nazionale. Fallito il tentativo mazziniano di costituire la Repubblica romana (1848), la questione r. si ripropose con forza dopo le annessioni del 1859-60 che avevano dato vita al regno d’Italia. Pur rifiutando una soluzione militare, quale era quella prospettata dalle forze democratiche, il nuovo Parlamento confermò, tuttavia, la volontà di portare a compimento l’unificazione nazionale e rivendicò Roma come capitale del regno. Già prima dell’unificazione Cavour aveva avviato trattative informali con il Vaticano per comporre in modo pacifico la controversia, assicurando alla Santa Sede la piena e inviolabile libertà di culto. La rigida opposizione di Pio IX, appoggiato anche militarmente dal governo francese, fece naufragare le proposte di Cavour; i suoi successori furono costretti ad assicurare alla Francia, con la Convenzione di settembre (1864), la rinuncia a ogni pretesa su Roma, confermata con il trasferimento della capitale da Torino a Firenze. La ripresa dell’iniziativa popolare guidata da Garibaldi e il mutamento della situazione internazionale con la sconfitta francese a Sedan (1870) permisero di superare la situazione di stallo. Il 20 sett. 1870 le truppe italiane entrarono a Roma, dove l’anno successivo furono trasferiti la corte e il governo. La , promulgata per definire i rapporti tra Stato e Chiesa, non venne accettata dal pontefice, che negò qualsiasi legittimità al nuovo Stato, impose ai cattolici italiani il ed esercitò pressioni sui governi stranieri per sollecitare un loro intervento. I tentativi di conciliazione dei cattolici moderati e liberali non approdarono ad alcun risultato. Solo l’evoluzione della situazione politica interna, con il radicalizzarsi della questione sociale e l’affermarsi del Partito socialista, indusse la Chiesa ad assumere un atteggiamento meno intransigente, che culminò nel 1913 nel patto Gentiloni (➔ Gentiloni, Vincenzo Ottorino). Dopo la Prima guerra mondiale, venne riconfermata l’apertura del Vaticano nei confronti dello Stato italiano; fu quindi abolito il non expedit (1919), mentre lo Stato italiano, venendo meno al principio di non sussidiare alcun culto, concesse un’indennità ai parroci. La sistemazione giuridica dei rapporti tra Italia e Santa Sede si realizzò, durante il fascismo, con la firma nel 1929 dei , che diedero così soluzione alla questione romana.

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