STRADA, Anna Maria, detta la Stradina

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

STRADA, Anna Maria, detta la Stradina

Judit Zsovár

STRADA, Anna Maria, detta la Stradina. – Nacque nel 1703 (la data si desume dall’atto di morte). Jean-Benjamin de La Borde (1780) la dice nativa di Bergamo. Potrebbe essere stata figlia del basso Giuseppe Maria Strada, documentato nei teatri di Milano, Parma, Casale, Verona, Ferrara e Brescia tra il 1690 e il 1715, e di Andriana Strada, anch’ella cantante (Crema, 1701). Anna avrebbe dunque appreso in casa i rudimenti della musica.

Dall’estate del 1720 Strada fu «virtuosa di camera» del conte Girolamo di Colloredo-Waldsee, governatore di Milano. Antonio Vivaldi potrebbe averla ascoltata in una particina dell’Aquilio in Siracusa di Giuseppe Vignati (Milano, agosto 1720) e averla scritturata sul campo per la propria Verità in cimento, nel teatro di S. Angelo a Venezia (26 ottobre 1720), dove a Carnevale cantò poi da seconda donna nel Filippo re di Macedonia di Vivaldi e Giuseppe Boniventi, nell’Antigona di Giuseppe Maria Orlandini, nel Pastor fido di Carlo Luigi Pietragrua. Alla fine di agosto del 1721 fu di nuovo a Milano nella Silvia di Vivaldi. A Livorno cantò nel 1722, nella Ginevra principessa di Scozia di Domenico Sarro e in un’anonima Griselda; a Lucca, nel Carnevale del 1724, in un Lucio Papirio anonimo e nella Rodelinda di Giovanni Antonio Canuti.

A partire dalla primavera del 1724 fu ingaggiata nel teatro di S. Bartolomeo a Napoli, dove si esibì al fianco del giovane Farinelli (Carlo Broschi). Sull’arco di due anni fu seconda donna nella Semiramide regina dell’Assiria di Nicola Antonio Porpora, in Eraclea e Astianatte di Leonardo Vinci, Turno Aricino di Leonardo Leo e Vinci, Tito Sempronio Gracco di Sarro, Zenobia in Palmira di Leo e Amore e fortuna e La Lucinda fedele di Giovanni Porta. Nell’autunno del 1725 l’impresario Aurelio del Po aveva un debito con lei di 2000 ducati: lo onorò sposandola. Non si hanno notizie della coppia tra la fine del Carnevale del 1726 e il 1729: si può soltanto supporre che in questo periodo cadessero una o più gravidanze della cantante.

Nel 1729 Georg Friedrich Händel ingaggiò Strada come prima donna nella compagnia della seconda Academy of music londinese, a rimpiazzo delle due ‘regine rivali’ che avevano fatto furore nel 1726-28: il soprano Francesca Cuzzoni, versata nel canto lirico, e il mezzosoprano d’agilità Faustina Bordoni. Strada adempì a usura le aspettative di Händel: la sua spiccata versatilità fu per il compositore sassone una tabula rasa su cui sperimentare a piacere le proprie invenzioni musicali, canore, teatrali e artistiche. A detta di Paolo Antonio Rolli (un fan di Cuzzoni), Strada aveva «un penetrante filetto di voce soprana che titilla le orecchie», eppure «incontra molto ed ab alto si dice che canta meglio delle due passate» (lettera dell’11 dicembre 1729 a Giuseppe Riva, in Burrows et al., 2015, p. 331).

La cantante eguagliava in virtuosismo Bordoni e la sorpassava per la stoffa della voce e l’intonazione. Per le sue risorse canore Händel produsse arie di bravura di un genere altrimenti tipico dei castrati, con profusione di terzine, gorgheggi, note tenute, salti e trilli: Strada eccelleva, pare, nella tornitura di questi ultimi. D’altra parte non le difettava l’espressione lirica di Cuzzoni, ma aveva un ambito perfino più ampio, il suo registro di petto estendendosi dal la sotto il rigo addirittura al do sovracuto: le parti che Händel scrisse per lei palesano esigenze vieppiù crescenti tanto nel canto lirico quanto nell’espressione drammatica, il che presuppone appunto un canto di petto corposo, di inusitata estensione, applicato anche al registro acuto, conforme alle descrizioni che ne diedero Pierfrancesco Tosi (Opinioni de’ cantori antichi e moderni, Bologna 1723, p. 38) e Giovanni Battista Mancini (Pensieri e riflessioni pratiche sopra il canto figurato, Vienna 1774, p. 88). È stato osservato che nelle arie a lei destinate, diversamente dalla prassi corrente, gli acuti sono culmini dinamici e melodici che spesso recano un accento sia nel testo sia nel ritmo (Harris, 1989, p. 105). In termini artistici Strada fu una creatura «plasmata» da Händel: lo affermò uno spettatore esperto come Charles Burney (1789), evocandone «le grandi risorse esecutive ed espressive» ed evidenziandone «la sapienza e il sentimento» nel canto patetico (p. 402). Se nessuno censurò mai le sue virtù canore, furono invece oggetto di critica la scarsa avvenenza in scena e le «terrificanti boccacce» (frightful mouths; così Mary Delany, cit. in Burrows et al., 2015, p. 320).

Strada fu la prima donna non soltanto delle opere nuove di Händel (Lotario nel 1729, Partenope nel 1730, Poro nel 1731, Ezio e Sosarme nel 1732, Orlando nel 1733, Arianna in Creta nel 1734, Ariodante e Alcina nel 1735, Atalanta nel 1736, Arminio, Giustino e Berenice nel 1737, cui si aggiunsero alcuni ‘pasticci’ di arie proprie: Il Parnasso in festa, Il pastor fido e Oreste nel 1734), ma anche dei ‘pasticci’ che, su drammi di Apostolo Zeno e di Pietro Metastasio, Händel confezionò con arie d’opera italiane, in molti casi concepite in origine per soprani maschili (Ormisda nel 1730, Venceslao nel 1731, Lucio Papirio dittatore nel 1732, Catone nel 1732, Semiramide riconosciuta e Caio Fabricio nel 1733, Arbace nel 1734 e Didone abbandonata nel 1737). Nelle riprese di opere anteriori al 1729 impersonò parti concepite in origine per Cuzzoni (Giulio Cesare, Tolomeo e Scipione nel 1730, Rodelinda, Tamerlano e Admeto nel 1731, Coriolano di Attilio Ariosti e Flavio nel 1732, Ottone nel 1733), per Bordoni (Alessandro nel 1732), per Isabella Girardeau (Rinaldo nel 1731) e altri soprani ancora (Acis and Galathea nel 1732). Infine Strada fu il soprano di punta nei primi oratori inglesi di Händel, ch’ella cantò nella lingua del Paese (nel 1732 Esther, nel 1733 Deborah e Athalia, nel 1736 Alexander’s feast unitamente alla cantata italiana Cecilia, volgi un sguardo, e nel 1737 il rifacimento del Trionfo del Tempo del 1707). A differenza del Senesino (Francesco Bernardi) e di Francesca Bertolli, non venne mai criticata per la pronuncia.

Fu la primadonna händeliana per eccellenza e per lealtà, e fu il solo membro della compagnia che nel giugno del 1733 non abbandonò il Sassone per l’impresa rivale pilotata da Porpora (l’Opera of the nobility). Da questo rapporto di profonda simbiosi tra cantante e compositore scaturì una vicendevole ispirazione artistica, che culminò nella struggente rappresentazione sonora della maga Alcina e della sua disfatta sentimentale nell’opera omonima, fulgida antesignana di quel tipo di voce che nell’Ottocento sarebbe stata definita sfogata.

Collassata nel giugno del 1737 la seconda Royal Academy, Händel si aggregò ai resti dell’Opera of the nobility e rinunciò a ingaggiare Strada per la stagione 1737-38. Ci fu nella primavera del 1738 un tentativo di nobildonne inglesi di lanciare una nuova compagnia operistica italiana con Strada primadonna, ma la sottoscrizione fallì, e in giugno la cantante si imbarcò da Londra per Napoli via Olanda.

A Napoli entrò nella compagnia del nuovo teatro di S. Carlo come primadonna nella stagione 1739-40 (Partenope di Sarro e Adriano in Siria di Giovanni Alberto Ristori) e come seconda nel 1740-41 (Siroe, re di Persia di Davide Perez e Alceste in Ebuda di Gaetano Latilla). Nel suo addio ufficiale alle scene, nel Tiridate di Porpora, recitò per la prima e ultima volta en travesti (dicembre 1740; Prota-Giurleo, 1953). In quell’anno comparve anche a Torino (Achille in Sciro di Leo, Adriano in Siria di Baldassarre Galuppi) e a Vicenza (Adriano in Siria di Giovan Battista Lampugnani).

Ritiratasi dalle scene nel 1741, visse con il marito in un appartamento sito nel palazzo del Caffarelli in via Carminiello.

Morì in Napoli, settantaduenne, il 20 luglio 1775, poco più di un anno e mezzo dopo del Po (10 dicembre 1773). Furono entrambi inumati in S. Anna di Palazzo.

Fonti e Bibl.: Parrocchia di S. Anna di Palazzo, Lib. 19° Def. (Napoli, 1773-1775), cc. 42, 71 (in Zsovár, 2016a, p. 267); J.J. Quantz, Lebenslauf, von ihm selbst entworfen, in F.W. Marpurg, Historisch-kritische Beyträge zur Aufnahme der Musik, I, Berlin 1755, pp. 226 s.; J.-B. de La Borde, Essai sur la musique ancienne et moderne, III, Paris 1780, p. 325; C. Burney, An account of the musical performances in Westminster Abbey and the Pantheon, London 1785, p. 51; Id., A general history of music, IV, London 1789, pp. 234, 237, 340, 342-345, 351, 358 s., 397 s. e 402; B. Croce, I teatri di Napoli, Napoli 1891, p. 348; U. Prota-Giurleo, Pittori napoletani del Seicento, Napoli 1953, p. 75; R. Strohm, Handel’s Pasticci, in Id., Essays on Handel and Italian opera, Cambridge 1985, pp. 164-211; E.T. Harris, Voices, in Performance practice: music after 1600, a cura di H.M. Brown - S. Sadie, New York 1989, pp. 97-116; Ead., Das Verhältnis von Lautstärke und Stimmlage im Barockgesang, in Aufführungspraxis der Händel-Oper, a cura di H.J. Marx, Laaber 1990, pp. 167-169; R.G. King, Two new letters from princess Amelia, in Händel-Jahrbuch, XL-XLI (1994-1995), pp. 169-171; K.J. Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, VI, München 2003, p. 4562; R. Strohm, The operas of Antonio Vivaldi, Firenze 2008, ad ind.; I. Chrissochoidis, Handel at a crossroads: his 1737-1738 and 1738-1739 seasons re-examined, in Music & Letters, XC (2009), p. 600; K. Vlaardingerbroek, ‘The promised land of music’: Jan Teding van Berkhout in Italy, 1739-1741, in Recercare, XXIV (2012), p. 121; D. Burrows et al., George Frideric Handel: collected documents, II, 1725-1734, Cambridge 2015, pp. 294 s., 299 s., 316 s., 320, 324-326, 331 s., 335, 460, 535-537, 738, 743 s., 772; J. Zsovár, A.M. S. del Pò, Handel’s prima donna: portrait of an uncommon voice, PhD. diss., Liszt Academy, Budapest 2016a; Ead., G.F. Händel és A.M. S. művészi szimbiózisa’, in Magyar zene, LIV (2016b), pp. 324-342; Ead., Successor to the ‘rival queens’: the London engagement of Handel’s faithful soprano, A.M. S. del Pò, in Händel-Jahrbuch, LXII (2016c), pp. 415-428.

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