1926 · altoparlante

Dispositivo o apparecchiatura che, trasformando l'energia elettrica in energia acustica, amplifica voci e suoni.

È già attestato qualche anno prima (anche come apparecchio altoparlante), e nel 1925, fra le «innovazioni alla Camera» (“L'Unità”, 6 settembre), era stata annunciata l'introduzione di altoparlanti nell'aula di Montecitorio, al fine di diffondere i discorsi dei deputati. Nel 1926 l'utilizzazione degli altoparlanti nelle pubbliche manifestazioni si intensifica. Ne fa uso anche Mussolini. A Perugia, il 5 ottobre, il Duce parla alla folla acclamante, da una tribuna allestita per l'occasione (con vista sulla piazza su cui affaccia il Palazzo dei Priori), «per una ventina di minuti, a voce alta; e perché da tutti i punti principali della città le sue parole potessero essere udite, erano stati impiantati vari apparecchi altoparlanti» (“La Stampa”, 6 ottobre). Due gli altoparlanti collocati il 28 ottobre al Colosseo, durante i festeggiamenti per il quarto anniversario della marcia su Roma: «La tribuna preparata al Colosseo è stata costruita sull'antico podio imperiale, che si trova proprio sopra l'ingresso principale dell'Anfiteatro. Un ampio baldacchino in velluto cremisi la sovrasta, sorretto da due immense aste, su cui spiccano le aquile imperiali ed i fasci littori. Un arazzo sporgente dalla balaustra scende sin quasi a raggiungere una delle arcate. Al lato della tribuna dell'on. Mussolini, sono state costruite altre due tribune non meno grandi, nelle quali prendono posto senatori, deputati, autorità del partito e gli altri invitati. Sono stati impiantati anche due altoparlanti Marconi» (“La Stampa”, 29 ottobre). Si fa pubblicamente uso di altoparlanti anche fuori d'Italia, e gli echi giungono in diversi casi alla nostra stampa; così a Vienna, per es., nell'occasione della festa del 1° maggio (“L'Unità”, 4 maggio).

Megafoni della civiltà e del potere

Il termine è attestato già qualche anno prima (anche come apparecchio altoparlante), e nel 1925, fra le «innovazioni alla Camera» (“L'Unità”, 6 settembre), era stata annunciata l'introduzione di altoparlanti nell'aula di Montecitorio, al fine di diffondere i discorsi dei deputati. Nel 1861 uno scienziato e inventore tedesco, Johann Ph. Reis (1834-1874), aveva montato un rudimentale altoparlante elettrico sul suo prototipo di apparecchio telefonico, che aveva costruito l'anno precedente; nel 1876 Alexander G. Bell (1847-1922) ne aveva ideato un secondo, come parte integrante del brevetto ottenuto per il suo telefono; nel 1925 Edward W. Kellogg (1882-196o) e Chester W. Rice (1888-1951) avevano inventato il primo diffusore acustico dinamico (o a bobina mobile), che in pochi anni avrebbe soppiantato i due precedenti modelli di altoparlante per trasmissioni radio: l'altoparlante a tromba e quello a spillo.
Nel 1926, in Italia, l'utilizzazione degli altoparlanti nelle pubbliche manifestazioni si intensifica. Ne fa uso anche Mussolini. A Perugia, il 5 ottobre, il Duce parla alla folla acclamante, da una tribuna allestita per l'occasione (con vista sulla piazza su cui affaccia il Palazzo dei Priori), «per una ventina di minuti, a voce alta; e perché da tutti i punti principali della città le sue parole potessero essere udite, erano stati impiantati vari apparecchi altoparlanti» (“La Stampa”, 6 ottobre). Due quelli collocati il 28 ottobre al Colosseo, durante i festeggiamenti per il quarto anniversario della marcia su Roma:

La tribuna preparata al Colosseo è stata costruita sull'antico podio imperiale, che si trova proprio sopra l'ingresso principale dell'Anfiteatro. […] Al lato della tribuna dell'on. Mussolini, sono state costruite altre due tribune non meno grandi, nelle quali prendono posto senatori, deputati, autorità del partito e gli altri invitati. Sono stati impiantati anche due altoparlanti Marconi» (“La Stampa”, 29 ottobre).

Dal 1927, con la costituzione dell'Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR), il Fascismo avrebbe cominciato a scommettere convintamente sulla voce degli altoparlanti radiofonici per la sua propaganda. Nel 1938 arriva Radio Londra, che nel 1939, con l'esplosione del secondo conflitto mondiale, «aumenta il numero delle sue trasmissioni in italiano» (Sergio 2011: 172). In quello stesso anno Dino Buzzati, raccontando di una vigilia di Natale trascorsa ad Addis Abeba – il breve testo sarebbe stato pubblicato più di cinquant'anni dopo come «[a]rticolo dattiloscritto inedito»: Caspar (1997: 287 n. 20) –,  descrive in questo modo l'attesa e l'arrivo della mezzanotte per gli italiani che si trovavano lì (ibid., p. 289):

Dinanzi alla cattedrale di Addis Abeba (poiché la chiesa non basta a tutti i fedeli) è stato eretto un altare all'aperto per il rito notturno, tra poco le fiammelle dei ceri cominceranno a tremolare dinanzi alla folla nera. Ma […] le ore passano lentamente sul mondo, portando la mezzanotte. Allora verrà accesa la radio, dall'altoparlante usciranno, eco di un mondo inverosimile, le sante parole della messa. Uomini d'arme e di piccone, soldati e costruttori, si inginocchieranno vicini, con un nodo alla gola, e si faranno il segno della croce (anche se da mesi e mesi non dicevano più una preghiera).

Da una parte la “civiltà” delle radio e degli altoparlanti, dei giocattoli in mostra, dei personaggi e degli altri oggetti del presepe. Dall'altra lo stupore dei «neretti raccolti in grappolo dinanzi alle vetrine», che alcuni di quei personaggi (Babbo Natale) e di quegli oggetti («i fiocchettini di bambagia o gli spruzzi di farina bianca somministrati scenograficamente su tutto il presepio») non solo non li hanno mai visti ma non riescono lontanamente a immaginare cosa siano.


Altoparlanti umani d'era fascista


Altoparlante unisce un aggettivo avverbiale e un participio (cfr. variopinto o chiaroveggente: Migliorini 1990: 136, 256 sg.), secondo un modello ben noto al linguaggio poetico e già conosciuto in latino. Fa il suo ingresso, nel 1927, nel Dizionario moderno di Alfredo Panzini (DM5, p. XXI), che ne indicherà però la natura di calco dall'ingl. loud-speaker –  ricreato anche dal fr. haut-parler – solo nell'ottava edizione (1942) del suo repertorio. Intanto, della parola, si annunciano eventuali futuri sviluppi in un più ampio contesto mediale.
Sempre Panzini, in un manuale di avviamento al bello scrivere destinato alle scuole medie, citando Giuseppe Prezzolini a proposito della possibilità di un'estensione metaforica all'uso corrente di parole ed espressioni del linguaggio radiofonico, include nella lista anche altoparlante; il riferimento è a chi, parlando a un pubblico, sa tenerne desta l'attenzione:

Quando la «radio» avrà veramente formato un altro elemento fondamentale della umana sensibilità, nasceranno nuove immagini, che uno scrittore (G. Prezzolini) si diverti a precorrere. D'un tale, dotato di fiuto politico, si dirà: «Che antenna!». Di una signora, che non sa scegliere bene i propri invitati: «Manca di selezione». Di un giornalista bene informato: «Ha sei lampade: sente persino l'Australia». E d'un oratore che sa farsi ascoltare: «Ha un altoparlante...». E di un tipo, dalla faccia tosta, capace di mancar di parola: «Che bobina!» Desiderando cambiare discorso: «Gira il condensatore». E volendo finirla: «Spegni le lampade»  (Panzini 1933: 70).

La voce amplificata degli altoparlanti, all'indomani della conclusione della Seconda Guerra Mondiale, avrebbe accompagnato le varie campagne  politiche e la sua invadenza sonora, quando non si fosse limitata a suscitare ilarità, avrebbe finito per infastidire molti.
Aldo Palazzeschi, in una lettera inviata a Marino Moretti (23 aprile 1963) dalla capitale, dichiara di attendere il momento del momentaneo rientro a Venezia (due giorni dopo), nella pace, pur «sempre molto relativa» della sua abitazione in Calle del Forno, e lamenta intanto gli effetti acustici della «lotta elettorale» che si sviluppa sotto i suoi occhi a Roma; gli ricorda il vecchio periodo di un soggiorno a Piedigrotta (1914), avvenuto in coincidenza con lo svolgimento di una notissima festa popolare celebrata, tradizionalmente, l'8 settembre di ogni anno. A Roma, scrive Palazzeschi, «centinaia di macchine con altoparlanti e cartelloni pubblicitari circolano da mattina a sera e levano di sentimento» (Marino Moretti, Aldo Palazzeschi, Carteggio. IV. 1963-1974, a cura di Laura Diafani, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura/Università di Firenze, 2001, p. 13 sg.); una cosa «veramente puerile», aggiunge, perché, «una dietro l'altra, l'una annulla quello che dice l'altra (ibid., p. 14):

“Il partito liberale è un orologio fermo, per il progresso sociale vota Democrazia cristiana!» e dietro quello del partito liberale grida «Chi vota Democrazia cristiana vota Togliatti!!». E così di seguito. Penso che per la gente semplice debba essere difficile votare, con questo po' po' di confusione. I comizi del Mis e quelli del partito liberale sono stati oceanici e la Democrazia cristiana ne è preoccupata, e corre ai ripari cercando di rassicurare sui propositi avvenire. I romani si esprimono con una frase, di fronte al fracasso, che non potrebbe meglio centrare la situazione: «li mortacci sua!» (ibid.).

Massimo Arcangeli

 

Bibliografia

Arcangeli Massimo, 2011 (a cura di), Itabolario. L'Italia unita in 150 parole, Roma, Carocci.
Caspar Marie-Hélène, 1997 (a cura di), L'Africa di Buzzati. Libia, 1933. Etiopia, 1939-1940, Nanterre, Université Paris X.
DM = Alfredo Panzini, Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari italiani […]. Milano, Hoepli, 1905.
DM5 = Alfredo Panzini, Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari tradizionali […], Milano, Hoepli, 1927.
DM8 = Alfredo Panzini, Dizionario moderno delle parole che non si trovano nei dizionari comuni […], a cura di Alfredo Schiaffini e Bruno Migliorini, con un'appendice di cinquemila voci e gli elenchi dei forestierismi banditi dalla R. Accademia d'Italia, Milano, Hoepli, 1942.
Migliorini Bruno, 1990, La lingua italiana del Novecento, introduzione di Ghino Ghinassi, Firenze, Le Lettere.
Panzini Alfredo, 1933, La parola e la vita. Avviamento all'arte dello scrivere e all'analisi estetica […], testo [...] rinnovato conforme i nuovi programmi da Augusto Vicinelli, Milano, Arnoldo Mondadori.
Sergio Giuseppe, 2011, Radio, in Arcangeli, pp. 172-174.