1927 · Coca Cola

Marchio registrato di una bevanda analcolica, di colore scuro, a base di acqua, zucchero ed estratti da foglie di coca e dalle noci di cola.

La Coca Cola, in Italia, è già presente negli anni Dieci. Nel 1927, per iniziativa della Società Romana Acque gassose, nasce a Roma il primo stabilimento italiano per l'imbottigliamento della bevanda.

La ricetta del farmacista

Per iniziativa della Società Romana Acque gassose nasce quest'anno il primo stabilimento italiano autorizzato per l’imbottigliamento della Coca-Cola,  inventata quasi per caso molti anni prima.
Tutto ha inizio nel 1863 in Francia, quando il chimico e farmacista còrso Angelo Francesco Mariani mette in commercio il cosiddetto “vino Mariani” (o “vino di coca”), un tonico realizzato facendo macerare in vino bordeaux delle foglie di coca, pianta cui già il medico italiano Paolo Mantegazza aveva riconosciuto proprietà terapeutiche (cfr. Mantegazza 1859). Qualche anno dopo un altro farmacista, l’americano John Stith Pemberton, inizia a produrre una propria versione del tonico, aggiungendo al vino di coca la noce di cola, un frutto dal gusto amaro e con alto contenuto di  metilxantine. La Pemberton’s French Wine Coca, questo il suo primo nome, è una bevanda alcolica, commercializzata come medicinale contro la nevrastenia e la cefalea. La vera rivoluzione avviene però nel 1886, anno in cui ad Atlanta, sede dello stabilimento di Pemberton, viene emanata la legge contro il consumo delle bibite alcoliche: il proibizionismo spinge il farmacista a cercare una soluzione per non interrompere la fruttuosa produzione di vino di coca. E così, mescolando casualmente lo sciroppo con acqua gassata, il tonico medicamentoso cede il posto alla bibita analcolica destinata a conquistare il mondo. Nasce la Coca-Cola.
In realtà il vero successo della bevanda non si deve al suo inventore ma ad Asa Griggs Candler (cfr. Kemp 2002), altro farmacista, ma soprattutto uomo d’affari (poi sindaco di Atlanta), che nel 1887 acquista da Pemberton la ricetta della Coca-Cola per 2.300 dollari. È questo il primo atto di un’impresa senza precedenti, che porterà alla creazione del più grande colosso mondiale nella produzione e distribuzione di bibite (più di 400 tipi di bevande in oltre 200 paesi): la The Coca-Cola Company, fondata il 29 gennaio 1892 e quotata in borsa a partire dal 1919.


Prenderci gusto

Il successo della bevanda è in gran parte merito di Candler, della sua capacità di intuire da subito non solo le potenzialità della bibita, ma anche il potere commerciale della pubblicità. Il logo, ideato nel 1886 e vergato nel caratteristico stile corsivo, è invenzione del socio e contabile di Pemberton, Frank Mason Robinson, cui si deve anche la creazione del nome Coca-Cola, frutto dell’unione dei due componenti principali della bibita (la pianta di coca e la noce di cola). Il marchio, registrato negli Stati Uniti il 31 gennaio 1893, indica inizialmente una bevanda venduta per lo più sfusa o alla spina; le prime bottiglie vengono diffuse in maniera artigianale a partire dal 1894, ma si dovrà attendere il 1899 per il primo impianto di imbottigliamento (Chattanooga, in Tennessee) autorizzato per contratto.
Con l’intensificarsi della concorrenza si sente il bisogno di distinguere il prodotto, tutelandolo contro ogni forma di imitazione e contraffazione: viene così bandito un concorso per idearne la bottiglia. Il concorso è vinto dalla The Root Glass Company (Indiana), che crea la Contour Bottle, altro marchio registrato dalla The Coca-Cola Company: una bottiglia ben riconoscibile, dalla silhouette morbida e curvilinea, che si guadagnerà il soprannome di the Mae West bottle per le sue affinità con le curve della diva americana. È il 1916 quando la Coca-Cola viene venduta nella nuova bottiglia di vetro – verranno poi le lattine (anni Sessanta) e le bottiglie di plastica (anni Ottanta) –, la prima e unica a conquistare la copertina del “Time magazine”, a venire ritratta da artisti di fama internazionale (da Salvador Dalì ad Andy Warhol, da Norman Rockwell a Keith Haring), a essere decorata da stilisti come Versace, Etro, Moschino, fino a divenire oggetto di culto e collezione come tanti gadget e prodotti del marchio.
Nel 1919 la The Coca-Cola Company è acquistata da Ernest Woodruff e W. C. Bradley; quattro anni dopo Robert Winship Woodruff, figlio di Ernest, ne viene eletto presidente, carica che ricoprirà ininterrottamente fino agli anni Ottanta. È un periodo in cui le strategie di marketing si affinano, con l’introduzione di invenzioni come il cartone da sei bottiglie, il piccolo frigorifero per servire la bevanda ghiacciata nei negozi (poi modificato, fino a divenire il precursore dei distributori automatici), il boccale con il logo in rilievo, l’erogatore automatico. Sono questi anche gli anni della diffusione internazionale della Coca-Cola, con l’apertura di impianti di produzione all’estero, la collaborazione con il comitato per i Giochi olimpici del 1928, la presenza al seguito dell’esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale. Se allo scoppio del conflitto la bibita veniva confezionata in 44 nazioni, alla sua conclusione erano stati realizzati altri 64 nuovi impianti di produzione fuori dai confini americani.


Il segreto del successo

Nonostante il successo la ricetta della Coca-Cola rimane ancora oggi un segreto: in pochi conoscono le giuste dosi degli ingredienti, il procedimento di preparazione e gli aromi naturali utilizzati. Ma forse la vera formula segreta è quella di un marketing che ha saputo trasformare una bibita in un mito in grado di resistere negli anni, plasmando e modellando i gusti dei consumatori. Intramontabile icona pop, seconda parola al mondo più conosciuta dopo okay, il marchio è anche considerato un simbolo occidentale, delle multinazionali e del capitalismo: la parola Coca-Cola è spesso contrapposta ad altri simboli e concetti in dicotomie di carattere ideologico (cfr. Fikentscher 2003; Schildt e Siegfried 2006), mentre l’azienda produttrice è stata al centro di numerose polemiche e battaglie legali (per es. con la sua rivale storica, la Pepsi: cfr. Blanding 2010/2011), fino alle più recenti campagne contro le bibite gasate e zuccherate. La Coca-Cola è arrivata perfino a “impadronirsi” di Babbo Natale (1931), arruolandolo nelle sue campagne natalizie (cfr. Lagioia 2005). E sono stati moltissimi gli slogan e i jingle pubblicitari che si sono avvicendati negli anni: uno dei più noti è la canzone I’d Like to Buy the World a Coke, tradotta in italiano Vorrei cantare insieme a voi.
Con la Coca-Cola si è fatto di tutto, dagli esperimenti scientifici (chi non ha tentato di far “eruttare” una bottiglia di Coca-Cola immergendovi delle caramelle Mentos?) a quelli culinari (cfr. Candler Graham e Roberts 1993/1998). Da oltre un secolo i suoi colori accendono le vetrine di negozi e bar, e i suoi cartelloni pubblicitari sono parte integrante del paesaggio delle nostre città, come ben sa il Superman interpretato da Christopher Reeve nel 1978, che finisce per schiantarsi proprio contro un’enorme insegna bianca e rossa. Nel bene e nel male la Coca-Cola continua a far parte integrante della nostra cultura e della nostra società. E, se mai ci venisse a far visita un extraterrestre, fra le altre cose dovremmo spiegarli anche cos’è quella strana sostanza nera e frizzante che si beve un po’ ovunque sul nostro pianeta; potremmo dirgli, con le parole del piccolo protagonista di E.T. l'extraterrestre (1982): «Questa è la Coca-Cola, la beviamo».


Francesco Lucioli

Bibliografia

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