AIGAI, 1°

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

AIGAI, 1° (v. vol. i, p. 172)

M. Andronikos

Secondo la tradizione, і Macedoni fondarono la loro prima capitale, Αίγαί, in una località fino allora chiamata Edessa. Questa notizia ha portato gli storici all’identificazione di Αίγαί con la nota città della Macedonia occidentale, Edessa. Per primo, Th. L. Tafel, nel 1841, mise in dubbio, in maniera non del tutto convincente, questa identificazione; nel 1957 Ph. Papazoglou suppose che A. dovesse essere localizzata nei pressi della moderna Naussa.

Nel 1968 N. Hammond avanzò l’ipotesi che A. dovesse localizzarsi nella zona dell’odierno villaggio di Verghina (12 km a E di Verria), ove erano tornati alla luce і resti di un elegante palazzo ellenistico e due tombe «macedoni». Nel 1976 M. Andronikos corroborò questa ipotesi con le sue scoperte in località Megali Toumba di Verghina; lo stesso studioso dimostrò definitivamente la giustezza di quell’identificazione con la scoperta di tre tombe reali nella stessa località, adducendo l’argomento che era antico costume macedone seppellire і propri re sempre nell’antica e venerata loro prima capitale.

Gli scavi, che proseguono ancora oggi, hanno offerto nuove convincenti prove per questa localizzazione e non vi è più alcun dubbio sull’identificazione di A. con la zona archeologica di Verghina.

Finora sono state riportate alla luce parte di un’importante necropoli di tumuli, datata dalla prima Età del Fer- ro (XI-VII sec. a.C.) fino al periodo ellenistico, zone della città ellenistica, l’acropoli e le mura della città, molte tombe «macedoni», fra le quali alcune reali, sepolture dinastiche, costruzioni uniche per ricchezza e arte.

La necropoli dei tumuli. - A E del villaggio di Verghina si estende una grande necropoli di tombe a tumulo; le sepolture più antiche si possono far risalire al X sec., le più recenti al VII sec. a.C. (la necropoli continuò a essere usata anche posteriormente, nel periodo tardo ellenistico).

Lo scavo ha restituito ricchi ritrovamenti sia ceramici che metallici: і vasi sono di fattura locale, lavorati a mano e seguono una tradizione che si rifà alla tarda Età del Bronzo; ci sono anche vasi protogeometrici lavorati al tornio che testimoniano і legami della zona con la Grecia centrale e le isole dell’Egeo.

Gli ornamenti bronzei provengono tutti da tombe femminili e sono spille, fibule, braccialetti, anelli, ornamenti per і capelli, tutti oggetti che sembrano testimoniare una tradizione che risale all’Europa centrale. Nelle tombe maschili sono state trovate armi di ferro, per lo più spade, tra le più grandi rinvenute su suolo ellenico.

Il palazzo. - Il palazzo è datato alla fine del IV sec. a.C. È il più grande e importante edificio macedone di cui siamo finora a conoscenza, non solo per le sue dimensioni, ma anche per il disegno architettonico e la realizzazione. È lungo m 104,50 e largo 88,50. Ha una pianta semplice ma interessante; sviluppa con organica necessità gli spazi intorno a un elemento essenziale della casa antica, Ι’αύλή, e li organizza armonicamente in una sintesi architettonica. L’esistenza di un asse centrale, che fende la parte orientale e il cortile, divide il complesso in due frazioni: la settentrionale e la meridionale.

Nella parte settentrionale del palazzo si trova un ambiente lungo e stretto: una veranda aperta a N, verso la pianura macedone. Il punto più angusto del palazzo è un vano circolare, la thòlos, secondo la definizione di L. Heuzey, ove è stata rinvenuta l’epigrafe con l’iscrizione ΗΡΑΚΛΗΙ ΠΑΤΡΩΩΙ. Gli ambienti più comodi e lussuosi si trovano nell’ala meridionale; erano decorati con pavimenti musivi dei quali se ne è salvato solo uno, con ricca decorazione vegetale.

Da quanto risulta dagli scavi, possiamo dedurre che nell’ala occidentale, dove si trovava anche l’ingresso, esisteva un secondo piano. Tutti і resti architettonici superstiti, così come la copertura di tegole, testimoniano l’accuratezza della costruzione.

Il teatro e il tempio di Eucleia. - A Ν, a poca distanza dal palazzo fu scoperto il teatro. Lo scavo ne ha messo in luce tutto il paramento in pietra, la proèdria, і canali per lo scorrimento delle acque piovane, і resti della scena, dell’orchestra e della thymele; i sedili superiori dovevano essere in legno. L’orchestra ha un diam. di m 28,44, ed è perciò una delle più grandi a noi note. La sua esatta collocazione cronologica nell’ambito del IV sec. deve essere accertata, e se la costruzione in pietra è posteriore all’epoca di Filippo II, la sua posizione topografica doveva essere la stessa di quella del teatro più antico, ove, come sappiamo, nel 336 fu ucciso Filippo e Alessandro fu acclamato re.

A c.a 80 m a N del teatro fu scoperto un tempietto, al di fuori del quale sono visibili tre basi di statue votive: su una di queste è leggibile l’epigrafe ΕΥΡΥΔΙΚΑ ΣΙΡΡΑ EYΚЛЕІАΙ dalla quale possiamo supporre che il tempio fosse dedicato a Eucleia e che le statue fossero offerte votive dei re macedoni dato che Euridice Sirra è la madre di Filippo. Il proseguimento degli scavi a о del tempietto ha portato alla scoperta di fondazioni di grandi edifici pubblici; l’ipotesi che in quella zona sorgesse l’agorà appare molto probabile.

La città e le mura. - Sull’altura boscosa che si trova a S del palazzo sono stati individuati і resti delle mura che circondavano Aigai. Il loro scavo, tuttora in corso, ha messo in luce parte dell’acropoli e ha accertato la lunghezza dell’intero perimetro murario che misura più di m 2500. La fase struttiva più antica ci porta al IV sec. a.C., ma appaiono evidenti tracce di successive costruzioni e ristrutturazioni.

Limitati sono і resti di edifici pubblici e privati, messi in luce sino a oggi, a causa dell’interro poco profondo, e dei lavori campestri che hanno causato non pochi disastri.

Ciò nondimeno sono state localizzate fondazioni di edifici del IV sec. a.C., e almeno in una circostanza, tre fasi struttive, l’ultima delle quali datata fra il I sec. a.C. e il I d.C., periodo in cui si nota una notevole attività edilizia. Sappiamo oggi dalle ricerche archeologiche che A. continuò a essere una città importante anche dopo l’occupazione romana, fatto che non risultava dalle fonti antiche. La scoperta di una basilica paleocristiana a c. 2 km a NE della città antica, testimonia che questa prolungò la sua vita almeno fino ai primi secoli dell’impero bizantino.

Le tombe macedoni. - Con la definizione «macedoni», si indicano le grandi tombe a camera con volta a botte e con facciata monumentale, caratteristiche di tutta la Macedonia; la loro grandezza e l’accuratezza della loro costruzione fanno supporre che appartenessero alla classe più abbiente che, in Macedonia, deve essere identificata con quella dei grandi proprietari terrieri. È logico supporre che ad Α., che fu sede del governo macedone fino alla fine del v sec. a.C., restassero molti dei nobili anche dopo il trasferimento, da parte di Archelao, della capitale a Pella. La scoperta nella zona di molte tombe «macedoni» rafforza quest’ipotesi. Ne sono state messe in luce finora undici, due delle quali, integre, sono tombe reali: fra le altre nove, tutte depredate, una soltanto secondo l’opinione dello scavatore, potrebbe essere una tomba reale.

Le tombe reali. - All’estremità SO della necropoli dei tumuli si alzava un imponente cono di terra del diam. di 110 m, e alto 12 m. Il primo saggio di scavo da parte di M. Andronicos ebbe luogo nel 1952; altri due seguiròno negli anni 1962 e 1963. Lo scavo sistematico cominciò nel 1976. Nel 1977 si scoprirono: una grande tomba a camera depredata, una grande tomba «macedone» integra e le fondamenta di un edificio presso le tombe. Nell’anno successivo fu scoperta un’altra tomba «macedone» intatta. La ricchezza dei reperti prova che queste tre tombe dove- vano essere sepolture reali.

Tomba di Persefone. - È costruita in poros con le seguenti dimensioni interne: lunghezza 3,50 m; larghezza 2,09 m; profondità 3 m. La tomba e stata depredata, ma le splendide pitture delle tre pareti interne si sono salvate. Sul lato lungo meridionale sono raffigurate tre figure femminili sedute, con ogni verosimiglianza le Parche; sullo stretto lato orientale, Demetra è seduta sulla «triste pietra». Sul lungo lato settentrionale si è salvato, ed è in buono stato di conservazione, uno splendido affresco con il ratto di Persefone da parte di Plutone. A sinistra è raffigurato Hermes che precede la quadriga; sul carro è Plutone che, con il braccio sinistro, afferra alla vita Persefone la quale, disperata, si divincola alzando le braccia; dietro il carro, un’altra figura femminile assiste esterrefatta al ratto.

La realizzazione di questo capolavoro, la sua lineare e straordinaria resa cromatica unite a un grande senso drammatico ci fanno pensare di essere di fronte all’opera di un grande pittore del terzo quarto del IV sec. a.C.: Nicomaco.

Tomba di Filippo. - A poca distanza dalla Tomba di Persefone, verso NO fu rinvenuta una grande tomba «macedone», integra, identificata con la tomba di Filippo II, ipotesi suffragata dall’esame antropologico delle ossa del cranio. La tomba misura 9,50 m di lunghezza e 5,60 di larghezza, ed è composta da una profonda anticamera e dalla camera sepolcrale vera e propria. Nei due ambienti sono stati rinvenuti sarcofagi marmorei dentro і quali erano làrnakes auree contenenti le ossa combuste dei defunti, di Filippo nella camera e di una giovane donna nell’anticamera; in entrambi gli ambienti erano deposti oggetti preziosi: armi, bronzi, argenti, diademi e molti frammenti di avorio lavorato, provenienti dalla decorazione di mobili lignei (forse un trono о un letto).

La facciata della tomba è dorica; è stata rinvenuta al suo posto anche la porta di marmo a due ante. La parte della facciata più interessante è il fregio dipinto nella zona superiore, lungo 5,56 m e alto 1,16 m; e un’eccezionale sintesi pittorica che raffigura una scena di caccia con sfondo di montagne e rocce. Il personaggio centrale, a cavallo, deve rappresentare Alessandro, mentre il cavaliere che colpisce il leone con la lancia è probabilmente Filippo. Lo scavatore ha visto in quest’affresco molte assonanze con il mosaico da Pompei raffigurante la Battaglia di Isso, e lo ha perciò attribuito al famoso pittore Filosseno di Eretria del IV sec. a.C. (attribuzione a Nicia in Moreno, 1987, pp. 115-125).

Tomba del Principe. - Più a N,, a poca distanza dalla Tomba di Filippo, fu scoperta una tomba «macedone», ancora integra, lunga 6,35 m e larga 5,08. Le ossa combuste del defunto, un giovane di 12 o 14 anni, erano contenute in un’idria d’argento, rinvenuta su un tavolo costruito in muratura.

La facciata della tomba, molto semplice, aveva anch’essa un fregio dipinto che è andato distrutto perché probabilmente dipinto su legno.

Nell’anticamera è affrescato un fregio, alto m 0,24, con la raffigurazione di una gara di carri. Oltre all’armatura e ai paramenti bronzei, nel vano furono rinvenuti molti vasi d’argento e frammenti della decorazione in avorio di mobili lignei. Il gruppo eburneo con Pan e una coppia dionisiaca è ritenuto la migliore opera di tutta la produzione eburnea greca.

Tomba del Trono. - Negli scavi del 1987 fu rinvenuta, fuori del villaggio di Verghina, a pochi metri dalla tomba scavata nel 1938 dal Rhomaios, un’altra imponente tomba «macedone». La facciata è di forma approssimativamente quadrata, ma di fatto si tratta di una tomba con volta a botte; è lunga 10,60 m e larga c.a 8 m.

È stata rinvenuta saccheggiata, ma gli antichi predatori non poterono asportare l’oggetto più bello: lo splendido trono in marmo nell’angolo NO della camera. Questo è decorato con estrema ricchezza iconografica, in rilievo dorato, con grifoni e leoni che aggrediscono cervi, con motivi floreali, figure femminili e sfingi a tutto tondo. Il particolare più interessante del trono e la decorazione dipinta sullo schienale: su una quadriga, raffigurata frontalmente, stanno Plutone e Persefone; la scena è inserita in una squisita cornice naturalistica.

Il muro di fondo della cella è decorato secondo lo schema di un edificio ionico, con quattro semicolonne e trabeazione, che conservano intatta la splendida superficie colorata; tra le semicolonne si vedono una pseudoporta e due pseudofinestre. La visione globale del muro e del trono che vi si appoggia è assolutamente unica.

Lo scavatore è convinto che questa tomba debba essere di una regina e, in base ai frammenti dei vasi rinvenuti all’interno possa datarsi verso il 340 a.C. Ciò indica che non è solo la più grande, ma anche la più antica tomba con volta a botte rinvenuta sinora.

Oltre a quelle reali, sono state rinvenute a Verghina otto tombe con volta a botte, tutte depredate. In due di queste si sono conservati, nella cella, troni marmorei, in altre due, letti di pietra. Sulla facciata di una tomba in località Bella è un affresco ancora ben conservato: raffigura il defunto nell’uniforme di oplita, in piedi e appoggiato alla lancia con la mano destra; a sinistra della composizione si vede una figura femminile stante che gli tende una corona dorata; a destra è raffigurato un giovane guerriero che siede su un trofeo di scudi.

Una delle tombe ha un dròmos costruito con grandi lastre di pòros. Due tombe sono state completamente distrutte, e solo le facciate о parte di esse si sono salvate; in una di queste abbiamo l’unico esempio di colonne a tutto tondo unite a semicolonne in rilievo, sporgenti dalla cortina del muro.

Bibl.: M. Andronikos, Vergina. The Royal Tombs and the Ancient City, Atene 1984, con bibl. prec.; P. Moreno, Pittura greca, Milano 1987, passim; L. E. Baumer, U. Weber, Zum Fries des ‘Philippgrabes’ von Vergina, in HefteABern, XIV, 1991, pp. 27-41.

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