Aborto

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

aborto

Mauro Capocci

Interruzione della gravidanza nel periodo in cui il feto non è capace di vita extrauterina. L’aborto può essere sia spontaneo sia procurato. L’aborto spontaneo ha come sintomi principali perdite ematiche e contrazioni dell’utero, anche se sono sintomi poco specifici che non sempre indicano un’interruzione della gravidanza. Questa forma di aborto, d’altra parte, può essere anche completamente asintomatica e la sintomatologia dipende dal tipo di aborto spontaneo cui va incontro la donna. Le cause di tali aborti possono essere di varia natura, potendo dipendere da:

(a) malformazioni o malfunzionamenti dell’apparato riproduttivo;

(b) infezioni; (c) anomalie cromosomiche del concepito;

(d) abuso di determinate sostanze (alcol, droghe o farmaci);

(e) malnutrizione; (f) patologie a carico dei sistemi endocrino e immunitario;

(g) età della madre (nelle donne di età superiore ai 40 anni vi è fino al 20% di abortività spontanea).

La terapia consiste nella rimozione chirurgica del concepito (per raschiamento o suzione) o nell’attesa dell’espulsione naturale.

L’aborto procurato è materia di intenso dibattito bioetico, e in Italia è regolato dalla legge 194 del 1978. Tale legge consente l’interruzione volontaria di gravidanza fino al terzo mese e nei successivi novanta giorni per soli motivi terapeutici (il cosiddetto aborto terapeutico). Successivamente, si parla di parto prematuro. L’aborto procurato può essere effettuato in diversi modi, a seconda della fase della gestazione. Nelle prime dodici settimane è possibile operare l’isterosuzione, con anestesia locale ed eventuale dilatazione della cervice. Nelle settimane successive, lo svuotamento avviene per rimozione del feto e successiva aspirazione dei tessuti residui (tra cui il liquido amniotico e la placenta). Un metodo alternativo, la cui introduzione in Italia è oggetto di aspri dibattiti bioetici, consiste nella somministrazione di mifepristone (uno steroide sintetico) e di una prostaglandina (gemeprost), che provocano chimicamente il distacco del feto dall’utero. Le conseguenze dell’aborto, sia spontaneo sia procurato, sulla madre sono soprattutto di natura psicologica (con possibili stati depressivi, fino a sindromi maniacali) e sono direttamente correlati all’ambiente socio-culturale cui appartiene la donna. Le complicazioni di ordine fisiologico aumentano con l’età gestazionale: sono comunque quasi nulle nelle prime otto settimane e rimangono sostanzialmente poco comuni se l’aborto è praticato con le dovute precauzioni e in strutture adeguate. Nel nostro Paese, tuttavia, gli aborti clandestini sono ancora relativamente frequenti, pur se in declino, allo stesso modo del numero totale di interruzioni volontarie della gravidanza. Secondo le statistiche del Ministero della Salute, nel 2007 sono state effettuate poco più di 127.000 interruzioni, con una diminuzione di oltre il 45% rispetto al picco massimo del 1982. Anche il tasso di abortività (numero di interruzioni ogni 1000 donne in età feconda, tra i 15 e i 49 anni) è sceso al 9,1‰, con un decremento del 47,1% rispetto al 1982.

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