ABRUZZO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

ABRUZZO

Piergiorgio Landini
Franca Parise Badoni
Serenella Rolfi
Alessandro Del Bufalo
Alessandro Del Bufalo

(I, p. 126; App. II, I, p.3; III, I, p. 3; IV, I, p. 7)

Popolazione. − Al censimento del 1981 la popolazione residente faceva registrare una sensibile ripresa (1.217.791 ab.: +4,4% rispetto al 1971), in buona parte legata al fenomeno dei rientri, che ha invertito il valore del saldo migratorio (+3000 unità all'anno, per circa i 2/3 provenienti dall'estero), mentre quello naturale tende sempre più alla "crescita zero" per effetto di una debole natalità (9,7‰ nel 1988) e di una mortalità ormai stabilizzata intorno al 9÷9,5‰ annuo, con il conseguente progressivo invecchiamento della struttura per classi di età.

Tale andamento demografico presenta marcati divari territoriali: già nel decennio intercensuario 1971-81 la provincia dell'Aquila segnava un ulteriore, pur modesto regresso (−0,5%), mentre tutte le altre evidenziavano incrementi superiori alla media regionale, con il massimo valore (+8%) per quella di Pescara. Dal punto di vista della densità, le due aree estreme sostenevano carichi, rispettivamente, di neppure 60 e di oltre 230 ab. per km2. Ciò indica un processo di concentrazione litoranea difficilmente reversibile e che, nell'ambito delle stesse province più dinamiche, segrega nettamente le zone altocollinari e montane. Le uniche zone interne di discreta potenzialità sono rappresentate dalle conche aquilana, fucense (Avezzano) e peligna (Sulmona).

I dati più recenti avvicinano la popolazione abruzzese a 1.260.000 unità: essi, tuttavia, appaiono in qualche misura sovrastimati, come già si è verificato in passato per le registrazioni anagrafiche, a causa del generale ritardo nell'annotazione dei cambi di residenza. In ogni caso, sembrano perdurare le tendenze avviatesi negli anni Settanta, pur se, a scala provinciale, scomparirebbe il segno negativo per L'Aquila, mentre Pescara rallenterebbe notevolmente il ritmo di crescita per la quasi completa saturazione abitativa del nucleo urbano centrale.

La rete insediativa mantiene il policentrismo rilevabile fin dalla prima fase di industrializzazione (anni Sessanta), avvicinando il modello abruzzese più all'Italia centrale che alla meridionale. Oltre al fenomeno della metropoli emergente, Pescara (con un'ampia corona di centri vicini: Montesilvano, Spoltore, San Giovanni Teatino, Francavilla al Mare, fino al polo secondario di Chieti, per un totale di circa 260.000 ab.), sistemi urbani relativamente solidi si delineano nel Teramano (l'allineamento costiero pressoché ininterrotto da Martinsicuro a Silvi, saldato al capoluogo dall'asse trasversale con Giulianova), nel Chietino (con le aree Lanciano-Val di Sangro e Vasto-San Salvo) e negli stessi bacini intermontani sopra ricordati.

A richiamare i problemi delle aree interne contribuiscono dissesti e calamità naturali come il terremoto, pur di non grande entità, che nel 1984 ha colpito l'area peligna e l'alto Sangro, con effetti, nella percezione degli abitanti, più sensibili dei danni effettivamente subiti dalle strutture insediative.

Condizioni economiche. − Anche i principali indicatori delle condizioni socio-economiche portano sempre più a collocare l'A. in una situazione intermedia fra la cosiddetta ''terza Italia'' e il Mezzogiorno; in particolare, la regione potrebbe essere vista come il protendimento verso Sud della ''via adriatica allo sviluppo'' aperta durante gli anni Settanta dall'affermarsi, nelle vicine Marche, dell'industria diffusa, in genere di piccola dimensione.

In realtà, l'accostamento non è interpretabile in maniera univo ca. Per es., se l'incidenza della popolazione agricola era scesa in torno al 15% al censimento del 1981 (rispetto al 28% del precedente), tale valore scende di poco nelle più recenti statistiche sull'occupa zione, risultando all'incirca doppio di quello del Centro-Nord e in feriore di soli 2 punti a quello stesso del Mezzogiorno. Eppure la modernizzazione agraria è evidente nel paesaggio, corrispondendo a fattori diversi: da un lato l'innovazione tecnologica (meccanizzazione, colture intensive in serra), che porta all'abbandono crescente delle terre marginali; dall'altro lato l'urbanizzazione, che, pur contendendo al settore primario spazi di elevata fertilità, induce anche un miglioramento dei servizi e del livello di vita, decisivo al fine di trattenere l'insediamento sui fondi, pur con largo ricorso alla pratica del part-time. In complesso, tali fattori concorrono a formare una superficie dell'incolto e improduttivo pari a 1/4 della totale. Nel decennio 1975-85 il primario ha quasi dimezzato il proprio contributo, in termini relativi, alla formazione del reddito regionale (dal 16,5% a meno del 9%), tendenza fisiologica perché compensata da una maggiore produttività per addetto nei settori extra-agricoli.

Quest'ultimo aspetto, invece, rappresenta uno degli elementi deboli nel processo di sviluppo economico abruzzese, riscontrabile nella stagnazione dell'indice di reddito pro capite, che, superato l'80% della media italiana fin dalla metà degli anni Settanta, sembra avere raggiunto il proprio limite (82% nel 1985), rimanendo staccato di ben 15 punti dalle stesse regioni centrali più vicine (Umbria, Marche) e pur continuando a vantare un margine positivo di poco inferiore a tale cifra nei confronti del Mezzogiorno.

Il settore secondario, in particolare, ha manifestato dapprima una significativa controtendenza rispetto all'aggregato nazionale, con la diminuzione di numero delle unità locali (−20% nel decennio 1971-81) e l'aumento degli addetti (oltre 50%) nei rami strettamente industriali: di conseguenza, la dimensione media è passata da 40 a quasi 60 addetti (escludendo le imprese artigianali). Nel ramo delle costruzioni la tendenza è risultata opposta: nello stesso periodo le unità locali sono addirittura più che raddoppiate, mentre il numero degli addetti è cresciuto di circa 1/4, proprio in corrispondenza con una crisi edilizia che, oltre alle motivazioni comuni all'intero paese, ha trovato nella diminuita concorrenzialità un elemento di ulteriore distorsione del mercato.

Le rilevazioni delle forze di lavoro al 1989 indicano nel 28% l'incidenza del secondario sull'occupazione complessiva: il dato, pur non confrontabile con quello (notevolmente più alto: 37%) rilevato al censimento della popolazione del 1981, indica una flessione effettivamente verificatasi a partire dal 1982, anche se in misura inferiore rispetto alle regioni maggiormente industrializzate, e la corrispondente crescita relativa del terziario, giunto ad assorbire il 58% degli occupati e a produrre il 59% del reddito regionale (contro il 32% dell'industria).

Fra le localizzazioni recenti e più significative, è da registrare l'impianto automobilistico SEVEL in Val di Sangro (con circa 3000 addetti), affiancato da altre attività nel settore meccanico ed elettromeccanico (Vastese), mentre ha assunto una fisionomia peculiare − a Nord − il distretto della Val Vibrata, specializzato nelle produzioni di calzature e abbigliamento in piccole unità a conduzione familiare. Nuclei industriali e artigianali si sono formati un po' dovunque, anche al di fuori delle aree attrezzate, confermando il carattere diffuso delle strutture produttive abruzzesi.

Tale carattere è legato soprattutto al miglioramento della rete viaria. Il completamento dell'autostrada Avezzano-Pescara e l'apertura al traffico (1984) del traforo del Gran Sasso, ultimato già nel 1980, hanno reso assai più rapidi i collegamenti fra Roma e l'Adriatico, pur se la prosecuzione del tronco autostradale verso Teramo e il mare incontra ostacoli di natura finanziaria e politica. Da rilevare, poi, l'importanza di alcune strade a scorrimento veloce, sia lungo i fondovalle (Sangro, Trigno), sia parallelamente alla costa, dove le tratte Ascoli-Teramo (in costruzione) e Chieti-Guardiagrele rappresentano i capisaldi della progettata direttrice interna che dovrebbe unificare, in senso longitudinale, la struttura idrografica ''a pettine'', finora causa di un accentuato frazionamento dell'area collinare.

In campo ferroviario va segnalata l'inaugurazione (1988) della nuova stazione di Pescara, che ha finalmente dotato il maggiore nodo abruzzese di una struttura adeguata ai possibili sviluppi del traffico, specie di passeggeri. Quest'ultimo risente tuttavia dell'obsolescenza − probabilmente irrimediabile − di alcune linee (in particolare, la Sulmona-Roma e la Isernia-L'Aquila-Terni), mentre sono iniziati, tra pesanti difficoltà di carattere sia geologico che insediativo, i lavori per il parziale arretramento e il raddoppio della litoranea.

L'aeroporto di Pescara non ha ricevuto peraltro la necessaria valorizzazione, pur essendo stati attivati, in aggiunta al collegamento di linea con Ancona-Milano, voli di ''terzo livello'' con Torino e charter con i paesi dell'Europa centro-settentrionale e orientale (in particolare con Regno Unito, Polonia e Unione Sovietica); restano in discussione opere di potenziamento dei servizi a terra e di assistenza agli aeromobili.

Nel contesto di tali fattori positivi e negativi, il movimento turistico si è mantenuto intenso (1.993.000 arrivi con oltre 19.700.000 presenze nel 1988), manifestando sempre più la tendenza a fare uso di seconde residenze, le quali costituiscono ben il 70% dei posti-letti complessivi. Ciò aumenta la permanenza media dei villeggianti e favorisce intensi flussi pendolari nei fine-settimana, in particolare verso le località montane nella stagione invernale, ma crea anche notevoli problemi organizzativi al sistema commerciale e dei servizi pubblici, con preoccupanti fenomeni di congestione e degrado ambientale nel litorale a nord di Pescara e in alcuni bacini sciistici (Altopiano delle Rocche, Altipiani Maggiori, Campo Felice, Passo Lanciano). Da segnalare, per la nautica da diporto, la costruzione di un moderno scalo attrezzato a Pescara.

Infine, per quanto riguarda il terziario avanzato, vanno ricordate la statalizzazione (1982) delle università di Chieti (con sedi anche a Pescara e Teramo) e L'Aquila, oltre all'apertura di un laboratorio geofisico nelle viscere del Gran Sasso, utilizzando il passaggio aperto dal traforo autostradale. Nel settore produttivo, invece, non sembra molto spiccata la tendenza all'innovazione tecnologica e le stesse maggiori città appaiono carenti nell'offerta di servizi finanziari e organizzativi destinati alle imprese. Vedi tav. f. t.

Bibl.: Ricerche geografiche sull'Abruzzo, coordinate da M. Fondi, Napoli 1980; Abruzzi-Molise (coll. "Conoscere l'Italia"), Novara 1983; G. Rosa, L'Abruzzo industriale oggi, Roma 1986; P. Landini, G. Massimi, Abruzzo. Panorama geografico (coll. "L'Italia"), Novara 1987; Centro Regionale Studi e Ricerche Economico-Sociali, Polarità e mobilità territoriali per studio e lavoro in Abruzzo, L'Aquila 1987; Abruzzo. La geografia di uno sviluppo regionale, a cura di F. Salvatori, Pescara 1988.

Archeologia. − Tra le più importanti scoperte archeologiche realizzate in A. negli ultimi dieci anni meritano di essere segnalate anzi tutto quelle di Penna Sant'Andrea, dove si sono rinvenute nella necropoli tre stele con iscrizioni paleosabelliche, di cui una completa, databili nell'arco del 5° sec. a. C. Non è stato possibile accertare nessuna relazione fra sepolti e stele, dal momento che queste ultime dovettero essere già state rimosse in epoca antica. Le tombe scoperte contenevano tutte corredi femminili, mentre è indubbio il riferimento delle stele a personaggi maschili rappresentati simbolicamente, alla sommità dei monumenti, dal volto scolpito a rilievo. Le stele di forma stretta e allungata arricchiscono in maniera significativa la sparuta serie di documenti individuati con i termini di sud-piceno, italico-orientale o medio-adriatico. La serie alfabetica che compare sulle tre stele è costituita da almeno 21 lettere e rappresenta una fase evoluta rispetto a quella già testimoniata per il sec. 6° dall'iscrizione del guerriero di Capestrano. Benché si sia ancora lontani dal comprendere il significato dei testi, si può riconoscere in questa classe di documenti una pertinenza etnica che viene esplicitata nelle forme safinus, safinum, safinas. Vi si trova, inoltre, la più antica testimonianza sulla formazione della touta, intesa come comunità nella sua accezione specificamente istituzionale di res publica. Delle tombe esplorate la n. 8 ha restituito alcuni esemplari di teste virili barbate di arte vetraria fenicio-punica, testimonianza rarissima di penetrazione commerciale punica nell'area adriatica, unica in A. almeno in contesti sicuri per integrità e documentazione.

Ampie ricognizioni sono state effettuate, in vista della compilazione di una carta archeologica, nella media e bassa valle del Vomano. Fra le altre località si distingue il vicus presso San Rustico di Basciano, che non sembra risalire più addietro della metà del 1° sec. a. C. e si continua sino alla tarda età imperiale. Il tempio con i suoi annessi è sorto probabilmente prima come sacello isolato ed è divenuto solo in progresso di tempo il fulcro del successivo impianto vicanico. Di particolare interesse la stipe rinvenuta sotto un piano pavimentale comprendente materiali ceramici, ossi e metalli. Tra di essi va rilevato un notevole gruppo di vasi a vernice nera databili intorno alla metà del 2° sec. e ai decenni centrali del 1°: in particolare un esemplare in forma di gallo e uno in forma di vecchia ebbra. Fra Celano e Scurcola Marsicana, per la prima età del Ferro, e, per l'età più recente, a Forca Caruso (Castel di Ieri) e a Teramo sono state rinvenute tombe a circolo rivelanti orizzonti culturali finora sconosciuti. La tomba di Celano, portata alla luce in località Paludi, si data al 10° sec. a. C. ed è costituita da un circolo di pietre e da un ''sarcofago'' in tronco di albero, all'interno del quale è stato rinvenuto un inumato di sesso femminile con fibula ad arco serpeggiante sul petto. A Scurcola Marsicana è stata individuata una necropoli a circoli di pietre comprendenti una singola deposizione o due fosse distinte o, ancora, due deposizioni nella stessa fossa. I corredi di tipo maschile si compongono per lo più di una lancia di ferro associata a un pugnale o a una spada, anch'essi di ferro. Fuori contesto sono stati rinvenuti cinque dischi di corazza con decorazioni geometriche incise o a traforo. Fra le tombe femminili, importante è la n. 6, che presenta una fuseruola di ceramica, un anello di argento, due anelli di bronzo, una catenella di bronzo e ferro e una fibula di bronzo a staffa lunga con arco a losanga inciso. Gli elementi di cronologia più evidenti sono costituiti dalla fibula con arco foliato, sbarretta trasversale e arco a disco, e dalle fibule con arco a losanga inciso (tombe 2-3, 6) riferibili al 9°-8° secolo. L'uso del sepolcreto si estende fino al 6°-5° sec., come dimostrano, da un lato, la spada di ferro con elsa a croce e fodero della tomba n. 9 e la fibula di ferro con staffa a riccio della tomba 7B, e, dall'altro, la fibula tipo Certosa della tomba 12. Degna di nota è la costante assenza di vasellame fittile in tutto l'arco della necropoli. Tombe a circolo più recenti sono state rinvenute a Castel di Ieri, nei pressi del valico di Forca Caruso in località Castagne. Si tratta di 300 circoli di pietre visibili sul terreno. Ne sono stati sinora esaminati 12, che presentano al proprio interno una sola deposizione. Tra i materiali rinvenuti figurano pugnali e lance di ferro, falere, placche di cinturone, anelli, ganci a omega, catenelle, pendagli di bronzo, fibule di ferro ed elementi ornamentali di ambra, osso e argento. Il corredo vascolare, deposto ai piedi dell'inumato e protetto da una mora di pietre, si compone generalmente di un vaso grande (olla, anfora, biconico) con all'interno resti di animale, e di uno più piccolo per attingere (boccale, tazza, ciotola). Tutti i vasi sono d'impasto. La cronologia della necropoli sembra essere compresa fra la seconda metà dell'8° e gli inizi del 6° sec. a. C. A Teramo, in località La Cona, è stata individuata una necropoli dell'età del Ferro composta dei resti di sei circoli e di tre (forse quattro) fosse. Nel Teatino, a Pennapiedimonte, è stata scavata una necropoli di 5°-4° sec. impiantatasi su un villaggio preistorico rimasto in vita dal periodo neolitico a tutta la tarda età del Bronzo.

È proseguita, infine, l'esplorazione sistematica della necropoli di Alfedena, dove sono state rinvenute fra 1975 e 1979 altre 79 tombe. Tutte le sepolture scavate, insieme con quelle rinvenute durante il 1974, mostrano di essere articolate in tre gruppi probabilmente delimitati da circoli di pietre, come altri studiati da L. Mariani nel 1901. Il primo gruppo è costituito da 55 sepolture, che formano un nucleo molto compatto. Le tombe disposte ai margini su più file parallele vanno chiudendosi in una sorta di circolo piuttosto irregolare intorno alle tombe con i corredi più rappresentativi e a tre più centrali, caratterizzate dalla presenza di un ripostiglio. L'esame dei corredi dà come unici elementi indicativi di deposizioni femminili le collane di ambra e gli oggetti di ornamento personale, e i cinturoni di bronzo come materiali esclusivi delle deposizioni maschili. L'analisi antropologica, invece, permette di distinguere precisamente le sepolture maschili da quelle femminili e, quindi, di riconoscere la fibula ad arco di verga come tipicamente maschile e quella con arco a nastro come tipicamente femminile. Quanto alla ceramica, in buona parte d'importazione, non si è notata una differenza di rilievo nel tipo di vasi fra le tombe di adulti dei due sessi. Tra i vasi di bronzo sono state rinvenute solo due bacinelle. A distanza di una ventina di metri dal primo sono stati individuati un secondo e un terzo gruppo di tombe composti, rispettivamente, di 32 e di 17 sepolture. La loro struttura può essere paragonata a quella di due semicerchi tangenti. Carattere rilevante e distintivo del secondo gruppo rispetto al primo è la presenza di armi, anche se addensate in tre sole sepolture con ripostiglio situate in posizione centrale. La preponderanza di deposizioni maschili rispetto a quelle femminili, che nel primo gruppo risultavano pressocché dello stesso numero, può essere indice di condizioni e di funzioni sociali diverse. Va notato come elemento nuovo, rispetto all'altro gruppo, il rinvenimento, sempre in tombe maschili, di placche e ganci di cintura e di bracciali di bronzo. La ceramica prevalente in questo gruppo è quella d'impasto locale.

Lo studio delle associazioni dei materiali evidenzia un'articolazione dei corredi in tre fasi, il cui arco cronologico si colloca fra la fine del 6° e la fine del 5° sec. a. C. Non si riscontrano cesure nette fra una fase e l'altra; e tuttavia è possibile indicare i limiti della fine del 6° e del primo decennio del 5° per la prima fase, della metà del 5° per la seconda e della fine del secolo per la terza. I corredi sono costituiti generalmente da pochi esemplari riconducibili a un limitatissimo numero di tipi. È preponderante la ceramica indigena di uso comune. Il sepolcreto sembra avere una direzione unitaria di sviluppo cronologico e topografico: dal centro di ciascun gruppo verso l'esterno alle tombe più antiche e con corredi più consistenti.

Sopra le lastre di copertura delle tombe è stata rilevata la presenza di un tumulo di protezione. A livello di analisi sociologica, la struttura in circoli chiusi, così come una diversificazione di rito testimoniata dalla presenza di una piazzuola e dalla disposizione delle tombe di armati intorno a essa, fa pensare all'esistenza di gruppi sorretti da strutture di parentela, e più precisamente a gruppi clanici rigidamente endogamici. Nel secondo e nel terzo gruppo si possono ancora cogliere tracce e modi di un'aristocrazia guerriera, che agisce all'interno di una società agricolo-pastorale. Le tombe appartenenti alla terza fase appaiono essere più esterne e sono caratterizzate da due elementi molto importanti: l'assenza totale di ceramica e la presenza in deposizioni maschili del cinturone (tombe nn. 1, 3 del primo gruppo, e n. 117 del terzo).

Nel 1984 è stato ristrutturato nel suo complesso il Museo archeologico nazionale di Chieti, con l'apertura di nuove sale, dedicate fra l'altro alle necropoli di Campovalano, Penna Sant'Andrea e Alfedena, e del Gabinetto numismatico. Al museo è stato affiancato un laboratorio di geologia impegnato in ricerche con metodi di prospezione geoelettrici principalmente nei siti di Tocco a Casauria e di Torre dei Passeri. Nel 1988 è stato inaugurato il Museo di Campli, dedicato all'esposizione dei materiali provenienti dalla necropoli di Campovalano. Vedi tav. f. t.

Bibl.: F. Parise Badoni-M. Ruggeri Giove, Alfedena. La necropoli di Campo Consolino. Scavi 1974-1979, Chieti 1980; Necropoli di Alfedena (Scavi 1974-1979). Proposta di una cronologia relativa, in Annali dell'Istituto Orientale di Napoli. Archeologia e storia antica, 4 (1982), pp. 1-41; Documenti dell'Abruzzo teramano, a cura di L. Franchi dall'Orto, II, 1: La Valle del medio e basso Vomano, Roma 1986; Scavi e scoperte, in Studi Etruschi, 54 (1986), pp. 343-423; A. Campanelli, V. D'Ercole, Il Museo Archeologico Nazionale dell'Abruzzo, in L'Almanacco, 4 (1986), pp. 161-92; F. Parise Badoni, Pratiche funerarie e strutture sociali nel Sannio tra il VI e il V secolo a. C., in Rivista di antropologia, 66 (1988), pp. 411-20.

Arte. − Nel secondo dopoguerra, il crescente impegno di riordino e di tutela del patrimonio storico-artistico regionale è stato indirizzato, in particolare tra il 1960 e il 1980, oltre che all'applicazione della legge vincolistica di tutela, al recupero e al restauro conservativo dei beni architettonici e mobili, iniziando in questo modo ad affrontare le gravi carenze della regione nella politica di conservazione, riordino e istituzione di strutture museali atte alla preservazione dei beni dispersi sul territorio e soggetti a furti molteplici.

Anche se non sempre riusciti (restauri in S. Maria di Collemaggio a L'Aquila), gli interventi di restauro, diversificati a seconda delle emergenze, hanno riguardato tutto il territorio regionale. Lavori di manutenzione e ripristino sono stati operati su edifici più volte danneggiati a causa delle ca ratteristiche sismiche della regione (S. Maria in Valle Porclaneta presso Rosciolo; S. Pietro ad Alba Fucens; S. Liberatore alla Maiella; Ocre; Capestrano), sono stati decisi restauri integrativi (Amiternum, anfiteatro e teatro romani, inizi 1980), recuperi in collaborazione con enti locali (zona del Sirentese, Soprintendenza e Comunità Montana, anni Ottanta), opere di regolarizzazione delle strutture (mura aquilane, anni 1980-85); altri interventi, peraltro assai discutibili, hanno liberato da aggiunte e superfetazioni seisettecentesche chiese e complessi monastici medievali (Basilica Valvense, S. Francesco a Città S. Angelo). Singolare segnalazione merita il restauro del Castello cinquecentesco a L'Aquila (anni Cinquanta e 1965-68), sede del Museo Nazionale d'Abruzzo e della Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici, nei cui spazi sono ospitate anche esposizioni temporanee (la rassegna Alternative attuali; mostre sui libri miniati delle raccolte abruzzesi, l'ultima nel 1990, e sui restauri promossi dalla Soprintendenza nel 1972, 1983, 1985). Progetti di restauro e sistemazione con destinazione a nuovo uso hanno riguardato S. Domenico e S. Filippo a L'Aquila, ora rispettivamente Auditorium e sala adibita a concerti e mostre; il castello Piccolomini di Celano (sede della Biennale Nazionale d'Arte Sacra; nel 1985 ha ospitato la mostra Architettura e Arte nella Marsica); il castello Gizzi di Torre de' Passeri (ciclo di mostre su Dante e le arti figurative, organizzato dalla Casa di Dante e la Regione, negli anni Ottanta). La legge vincolistica di tutela è stata inoltre applicata a beni di più largo interesse storico (Palazzo De Torres-Dragonetti a L'Aquila; Palazzo Carunchio di Gissi, interessante esempio di architettura locale); dalla fine del 1970 si è iniziata l'opera di recupero di architetture minori e rurali (Pescocostanzo), provvedendo anche all'emanazione di decreti di vincolo per l'architettura liberty e per la tutela della costa, segnata da forte degrado, in parallello alla ricerca sistematica nell'area del Pescarese.

L'impegno conservativo diretto alla salvaguardia degli affreschi ha operato interventi integrativi a fondo neutro (S. Pietro ad Oratorium a Capestrano; S. Maria di Propezzano al Morro d'Oro; S. Bernardino e S. Silvestro a L'Aquila), restauri integrali con strappo e recupero delle sinopie (affreschi del loggiato del Palazzo Ducale degli Orsini a Tagliacozzo), interessando anche i cicli minori dell'architettura rurale (convento di S. Giuliano presso L'Aquila) e attuando una politica di conservazione di vasto impegno anche nel restauro dei beni mobili (tavole del Maestro di S. Giovanni da Capestrano al Museo Nazionale dell'Aquila; Battesimo di S. Agostino di Mattia Preti in S. Agostino a Tortoreto).

L'attività di restauro, coadiuvata da ricognizioni critiche finanziate dal CNR nelle aree del Chietino, Teramano e soprattutto dell'Aquilano, ha permesso l'inizio della sistemazione scientifica di opere inedite (ritrovamento, fine anni Quaranta, degli affreschi del Maestro di S. Silvestro o di Beffi; affreschi di Andrea Delitio a L'Aquila; ciclo di affreschi in S. Pietro in Coppito presso L'Aquila), chiarendo zone di influenza, attività e corpus di pittori (Francesco da Montereale; P. Cesura; G. Valeriani). Per quanto riguarda il riordino e la schedatura dei beni, la sistemazione del patrimonio museale ha arginato le gravi mancanze e carenze della regione, impegnando dal 1950 le Soprintendenze dell'Aquila e di Chieti nel restauro e nella sistemazione di raccolte civiche (Museo dell'Annunziata di Sulmona; raccolta civica di Teramo; Museo Lapidario Marsicano nel Palazzo Orsini di Avezzano).

Il Museo Nazionale d'Abruzzo a L'Aquila, istituito nel 1949 accogliendo i fondi dell'ex-Museo Diocesano d'Arte Sacra ed ex-Museo Civico, si è arricchito con le collezioni, di origine seicentesca, Persichetti e Cappelli; con parte della collezione, di origine cinquecentesca, De Torres-Dragonetti e con opere provenienti da conventi e chiese abruzzesi (Catalogo, 1968; lavori di restauro e sistemazione della sezione altomedievale e della Pinacoteca dal 1988).

La creazione ex novo di raccolte minori e comunali ha interessato diverse località della regione: a Chieti nel 1958 è stato istituito il Museo Diocesano Teatino; nel 1968 a Tagliacozzo il Museo Orientale nel Santuario di Maria Santissima dell'Oriente; il Museo di S. Maria del Colle a Pescocostanzo (1971); il Museo della cattedrale di S. Panfilo a Tornimparte (1980). La collezione del barone Acerbo dell'Aterno, sottoposta a vincolo statale, è ora visibile (1957) nella Galleria delle Ceramiche storiche abruzzesi in Palazzo Acerbo a Loreto Aprutino. Tra le donazioni va menzionata quella delle ceramiche della collezione G. Bindi al Museo Capitolare di Atri (1976), e l'importante lascito V. Bindi (1928) al Comune di Giulianova, ora Pinacoteca comunale V. Bindi (1978). Museo con scopi didattici è quello aperto nel 1984 a Castelli nel restaurato complesso conventuale francescano, in cui si sono tenute anche esposizioni di oggetti ceramici. La sistemazione del patrimonio museale e la sua salvaguardia attendono ancora una più completa opera di revisione e riordino soprattutto per quel che riguarda le numerose collezioni civiche e private presenti in varie zone dell'Abruzzo.

Bibl.: M. Moretti, Museo Nazionale d'Abruzzo, L'Aquila 1968; Id., Restauri d'Abruzzo (1966-72), Roma 1972; L. Binni, Guida ai Musei d'Abruzzo e Molise, Milano 1982; S. Gizzi, Reintegrazioni nel restauro, casistica nell'Abruzzo aquilano, Roma 1988. Cataloghi di mostre: Ritrovamenti e restauri, Roma 1972; Tutela dei Beni culturali in Abruzzo, L'Aquila 1983; Restauro e recupero, ivi 1985.

Tutela dei beni architettonici. - La notevole attività di restauro della Sovraintendenza dell'Aquila è evidente dal numero degli interventi, per la maggior parte di pura conservazione; negli anni Ottanta è sempre più diffuso l'uso di nuove tecnologie e materiali, in conformità con gli indirizzi del ministero dei Beni Culturali e dell'Istituto Centrale per il Restauro. La capillare distribuzione degli interventi corrisponde alla caratteristica di un patrimonio storico architettonico di rilievo, sparso in un vasto territorio.

Citiamo qui alcuni tra gli interventi più importanti nelle diverse località: Torre dei Passeri: S. Clemente a Casauria. Manopello: S. Maria Arabona (progetto di restauro di R. Staccioli del 1932, restauro e consolidamento del 1948-52) e S. Nicola. Serramonacesca: S. Liberatore a Maiella. Chieti: Cattedrale, S. Francesco al Corso, Madonna del Tricalle. Francavilla a Mare: Conventino Michetti. Lanciano: S. Maria Maggiore, S. Lucia, S. Francesco, S. Biagio, torri montanare, torre angioina, casa medievale, torre S. Giovanni. Fossacesia: S. Giovanni in Venere (restauri del 1968-69). Vasto: castello Caldara, palazzo d'Avalos. Casali: castello. Palena: castello. Guardiagrele: S. Maria Maggiore, palazzo Vito Colonna, convento S. Nicola Greco. Teramo: Cattedrale (l'opera di 'ripristino' di A. Riccoboni del 1932-35 è continuata dalla Sovraintendenza nel 1969), S. Getulio. Campli: palazzo comunale, S. Giovanni. Atri: Cattedrale (1964-65), S. Agostino, palazzo Aquaviva, S. Francesco, castello, convento oggi museo. S. Clemente al Vomano. Campovalano: S. Pietro (1968-69). Civitella del Tronto: cittadella militare. S. Maria di Ronzano. L'Aquila: S. Maria di Collemaggio (restauro della Sovraintendenza, dei primi anni Settanta; l'intervento di radicale 'ripristino' delle strutture murarie medievali a discapito dell'intera decorazione barocca e del soffitto ligneo, a opera dell'architetto M. Moretti, sovrintendente, è discussa e celebre testimonianza del modo di operare della Sovraintendenza in quegli anni), Le Cannelle (restauro ancora in corso, 1990), S. Sisto, Forte Spagnolo, S. Bernardino; i palazzi Ardinghelli, Centi e Benedetti (emiciclo). Bazzano: S. Giusta. Paganica: S. Giustino, Madonna d'Appari. Assergi: S. Maria Assunta (restauro della cripta, 1964-66). Atessa: S. Maria di Cripta. Bominaco: S. Pellegrino. S. Angelo d'Ocre: convento, borgo fortificato. Fontecchio: S. Pio, fontana. Tione: S. Maria del Ponte. Corfinio: S. Panfilo, SS. Pelino e Alessandro (consolidamento e restauro 1967-68; restauro della facciata attualmente in corso, 1990). Bussi: S. Maria. Capestrano: S. Pietro ad Oratorio. Navelli: palazzo Santucci. Civitaretenga: S. Migrazio, S. Emidio, S. Maria delle Grazie (1969). S. Pio delle Camere: castello. Calascio: castello, convento francescano. S. Stefano di Sessanio: parrocchiale, palazzo del popolo. Castelvecchio Calvisio: S. Cipriano. Carapelle Calvisio: S. Francesco. Sulmona: palazzo dell'Annunziata (1968-69), chiesa dell'Annunziata, S. Francesco della Scarpa, S. Chiara, S. Filippo, mura urbiche, acquedotto (1964-66). Campo di Giove: casa Quaranta. Pacentro: castello, S. Marcello, parrocchiale. Pescocostanzo: collegiata, palazzi Fanzago e comunale, chiesa di Gesù e Maria, Madonna del Suffragio. Castel di Sangro: S. Maria Assunta, Casa del Leone. Civitella Alfedena. Villetta Barrea: chiesa del cimitero, palazzo comunale. Pescasseroli: palazzo Sipari. Ortucchio: castello, S. Orante (1967-69). Celano: castello Piccolomini, SS. Giovanni Battista ed Evangelista (1969-70), S. Francesco (anni Sessanta-Settanta). Trasacco: S. Cesidio, torre. Luco dei Marsi: S. Maria. Avezzano: castello Orsini. Magliano dei Marsi: S. Lucia, S. Maria in Valle Porclaneta. Massa d'Albe: S. Pietro (completamente distrutta dal terremoto, fu rimontata fedelmente intorno al 1957; l'intervento è considerato esempio di corretta anastilosi). Scurcola Marsicana: castello Orsini, S. Maria della Vittoria. Corcumello: S. Nicola. Tagliacozzo: palazzo ducale, S. Francesco, SS. Cosma e Damiano, S. Antonio Abate, S. Maria della Selva. Carsoli: S. Maria in Cellis, borgo medievale. Pareto: Madonna dei Bisognosi. Rocca di Botte: parrocchiale, biblioteca Martella. Caramanico: S. Tommaso (1968-69). Alfedena: SS. Pietro e Paolo (interno ricostruito nel 1954). Penne: cattedrale (ripristino del 1955), S. Maria in Colromano (1960). Vedi tav. f. t.

Bibl.: Provveditorato alle Opere Pubbliche in Abruzzo, Indagine preliminare al piano territoriale di coordinamento della regione Abruzzo, L'Aquila 1960; R. De Logu, La chiesa di S. Pietro in Alba Fucense e l'architettura romanica in Abruzzo, in Alba Fucens ii, Bruxelles-Roma 1969; M. Moretti, Architettura medievale in Abruzzo, Roma 1971; Id., Restauri abruzzesi, ivi 1972; Regione Abruzzo, Primo piano di riferimento per lo sviluppo della regione Abruzzo, L'Aquila 1973; M. Moretti, M. Dander, Architettura civile Aquilana dal XIV al XIX secolo, ivi 1974; C. Perogalli, Castelli dell'Abruzzo e del Molise, Milano 1975; R. Mancini, Architettura minore nel pescarese, Pescara 1978; Id., Architettura minore nel chietino, ivi s.d.; D. V. Fucinese, Arte e archeologia in Abruzzo, bibliografia, Roma 1978; G. Barbato, A. Del Bufalo, L'Abruzzo ed i centri storici della provincia dell'Aquila, L'Aquila 1978; G. Miarelli Mariani, Monumenti nel tempo. Per una storia del restauro in Abruzzo e nel Molise, Roma 1979; Atti del XIX congresso internazionale di storia dell'architettura. Abruzzo 15/22 settembre 1975, L'Aquila 1980; Sovrintendenza ai beni ambientali, architettonici, artistici e storici dell'Abruzzo, Tutela dei beni culturali in Abruzzo, ivi 1983; AA. VV., Architettura e arte nella Marsica 1984/5, vol. i, ivi 1984; AA. VV., Restauro e recupero. Esperienza congiunta di una soprintendenza e di una comunità montana nell'attività di salvaguardia e valorizzazione dei beni ambientali architettonici, ivi 1985; F. Feliciani, G. La Spada, W. Pellegrini, Archeologia in Abruzzo, ivi 1985; R. Franchi, Quattro monumenti da salvare, Lanciano 1986; Sovrintendenza ai beni ambientali, architettonici, artistici e storici dell'Abruzzo, Il restauro di S. Anna de' Pompetti in Teramo, L'Aquila 1986; G. Chiarizia, S. Gizzi, I centri minori della provincia dell'Aquila, Pescara 1987; P. Tronca, Tipologie dell'architettura minore. La media valle dell'Aterno, L'Aquila 1987.

Tutela dell'ambiente. - Nel Parco Nazionale d'A. (costituito nel 1923), si susseguono interventi legislativi sia per la ridefinizione dei confini, sia per la tutela dei centri storici (l. regionale 9/87, per l'incremento ricettivo e la tutela dei centri storici del Parco Nazionale d'A.). Dal 1981 è operante inoltre il ''Progetto Parco Nazionale d'A.'', che rientra nei progetti del primo programma triennale di sviluppo della regione A., approvato nel 1978, e che interessa 26 comuni appartenenti o limitrofi all'area del Parco. Nel 1976 il CNR ha pubblicato una carta regionale dei biotipi di A., con l'individuazione di 30 ambienti di rilievo. Ha fatto seguito, nel 1982, il disegno di legge per la tutela e la trasformazione del territorio della regione d'Abruzzo.

Del 1984 è infine l'ipotesi di un sistema regionale di parchi e di riserve naturali, scaturita dagli studi affidati dalla regione A. alla Cooperativa 285.

Per quanto riguarda i centri storici, una legge regionale del 1989 stanzia oltre 24 miliardi per rinnovare le parti vecchie di Chieti, L'Aquila, Teramo, Pescara, Vasto, Lanciano, Sulmona, Penne, Atri, Celano, Corfinio, Massa d'Albe, Campli, Popoli, Guardiagrele, Casoli, Capestrano. I 17 comuni, già compresi nel Piano Paesistico, sono stati classificati d'interesse regionale per valore storico, artistico, ambientale, architettonico e archeologico. Per Chieti, Lanciano e Vasto esiste da tempo un piano particolareggiato per il recupero del centro storico.

Bibl.: F. Saltarelli, Saggi di bibliografia scientifica sul Parco Nazionale d'Abruzzo, Roma 1962; Provveditorato alle opere pubbliche per l'Abruzzo, Gruppo di lavoro per la redazione di una prima ipotesi di assetto territoriale. Documenti di lavoro 1 e 2, L'Aquila 1966 e 1969; Ente autonomo del Parco Nazionale d'Abruzzo, Il Parco Nazionale d'Abruzzo. Problemi e prospettive 1973, intervista con il direttore soprintendente Franco Tassi, Pescasseroli 1972; Istituto per l'Assistenza allo Sviluppo del Mezzogiorno, Aree di sviluppo industriale e nuclei di industrializzazione di Avezzano, Roma 1974; S. Rossi, Abruzzo e Molise, ambiente naturale, habitat tradizionale e nuovi interventi con particolare riferimento alle attrezzature residenziali per il turismo, ivi 1976; G. Barbato, A. Del Bufalo, L'Abruzzo ed i centri storici della provincia dell'Aquila, L'Aquila 1978; R. Parroni, Zone omogenee ed aree integrate nella regione abruzzese, in Abruzzesistica 1, 80 (1980); AA. VV., Disegno di legge: Norme per la conservazione, tutela e trasformazione del territorio della regione Abruzzo, in Raccolta documenti regionali, Regione Abruzzo, n. 19, L'Aquila 1982; Cooperativa Progettazione Integrata, Ipotesi di un sistema regionale di parchi e di riserve naturali, in Quaderni della programmazione, n. 2 (3 voll.), ivi 1984; A. Pedicini, Il progetto Parco Nazionale d'Abruzzo, in Quaderni della programmazione, n. 2 (2 voll.), ivi 1984; A. Del Bufalo, Creazione dei tracciati preferenziali, intervento ''percorsi di rete'' (Sottoprogetto n. 4, progetto speciale regionale Parco Nazionale d'Abruzzo), ivi 1985; Id., Restauro e risanamento conservativo di edifici notevoli (Sottoprogetto n. 8), ivi 1985; Soprintendenza ai beni ambientali, architettonici, artistici e storici dell'Abruzzo, Catalogo della mostra: Archeologia industriale nel Parco del Vera, ivi 1985; G. L. Rolli, B. Romano, Progetto Gran Sasso, metodologia per la pianificazione della tutela e della valorizzazione di un'area montana di alto valore ambientale, ivi 1988.

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