ACCAMPAMENTO

Enciclopedia Italiana (1929)

ACCAMPAMENTO (dal lat. campus; fr. camp, campement; sp. campamiento; ted. Lager; ingl. encampment)

Plinio Fraccaro

Tutti i popoli dell'antichità disponevano gli accampamenti dei loro eserciti secondo certe norme rispondenti alle esigenze della sicurezza e all'opportunità che i varî reparti sapessero dove collocarsi e che cosa fare al momento di stabilire il campo, per evitare disordine e perdita di tempo.

Gli Egiziani, al tempo delle grandi guerre del Nuovo Impero, costruivano, almeno in vicinanza del nemico, campi fortificati, che servivano per proteggere i bagagli, ed eventualmente per rifugiarsi in caso di esito sfortunato d'una battaglia. Uno dei detti campi è raffigurato nei celebri rilievi di Tebe e di Abū Simbel, rappresentanti episodî della guerra di Ramsēs II contro gl'Ittiti (5° anno di Ramsēs, c. 1288 a. C.). Il campo, di forma quadrangolare, è ricinto da scudi posti uno accanto all'altro, ed ha un solo ingresso sbarrato da un'abbattuta d'alberi e presidiato da reparti di fanteria. La difesa altre volte consisteva, invece, in un vallo. Nell'interno si vedono scene vivaci della vita del campo: soldati e saccomanni, carri da guerra e cavalli, buoi e asini del traino e delle salmerie, cucine da campo e vasellame, servi che litigano e si battono. Nel centro un vasto spazio rettangolare è riservato per la grande tenda del Faraone, circondata dalle tende minori degli ufficiali (fig. 1).

Nulla sappiamo degli accampamenti dei Babilonesi, che raramente rappresentano azioni di guerra sui loro monumenti; parecchio invece dei campi degli Assiri. L'esercito assiro aveva un'organizzazione molto complessa, e speciali truppe del genio erano incaricate della costruzione dei campi (uèmanu). Questi, in vicinanza del nemico, si recingevano d'importanti opere di difesa, di solito mura di mattoni crudi con torri, alle volte palizzate. La forma più antica è la circolare o la quadrangolare; dopo l'ottavo secolo, è di solito ovale, con due porte opposte e congiunte da una strada o quattro porte e due strade incrociantisi. I bassorilievi mostrano la vita nell'interno del campo. Nel centro sta la grande tenda del re, con speciali insegne; più tardi sono raffigurate anche le tende (zarātu) degli ufficiali e dei soldati, formate da un sostegno ramificato di legno, su cui si stendevano pelli o stoffe. Soldati, artigiani, sacerdoti attendono a varie occupazioni all'aperto o nell'interno delle tende rappresentate in sezione (fig. 2). Per la notevole somiglianza coi campi romani v. Delitzsch-Haupt, Beiträge zur Assyriologie, VI, 1904, p. 104.

Gli Ebrei nomadi nel deserto avevano la loro città nel campo ordinato secondo norme precise date nel libro dei Numeri, 2. Al centro stava il tabernacolo, l'arca e la tribù di Levi; intorno le altre tribù, in quattro gruppi di tre tribù disposti secondo i punti cardinali, ogni tribù intorno al proprio vessillo. Norme analoghe si riscontrano anche oggi nei campi musulmani (cfr. Jeremias, Das Alte Testament im Lichte des alten Orients, 3a ed., Lipsia 1916, p. 388). Campi di tende o baracche, posti di solito presso le fonti, in pianure, o, quand'era possibile, per maggior sicurezza, su alture, protetti da ruscelli o burroni, o da difese artificiali o dai carri, sono spesso ricordati nella Bibbia.

Nell'Iliade è descritto il campo permanente dei Greci dinanzi a Troia. Le 1186 navi tirate in secco, con le tende accanto, formavanu un grande campo (semicircolare?), che andava dal promontorio Reteo al Sigeo per circa 60 stadî, protetto da un fossato (τάϕρος) con palizzate (σκόλοπες) e da un vallo (τεῖχος) con fondazioni in pietre e tronchi e sopraelevazione in terra e fascine, rinforzato da torri di legno. I Greci dell'età classica non avevano una comune e costante pratica di castrametazione, e abbiamo perciò scarse notizie sui loro campi (παρεμβολή, στρατοπεδεία, στρατόπεδον). Senofonte (De rep. Laced., 12) riferisce le norme minute dettate da Licurgo agli Spartani per la disposizione del campo, il collocamento delle armi, le misure di sicurezza interna e verso il nemico, l'ordine rigoroso degli esercizî ginnici e delle altre occupazioni castrensi; ogni precauzione era presa perché i reparti potessero essere al più presto pronti all'azione, e gli Spartani non potevano mai abbandonare la lancia. Il campo, che non pare fosse di regola saldamente fortificato, era ordinariamente circolare, per evitare gli angoli, ritenuti punti deboli; e le truppe bivaccavano. Gli altri Greci, quando potevano, s'accantonavano; se questo non era possibile, specialmente in vicinanza del nemico, sceglievano una posizione naturalmente protetta, il che faceva risparmiare i lavori di fortificazione, ma escludeva anche, e non senza inconvenienti, un tipo regolamentare di accampamento (cfr. Polibio, VI, 42). Campi fortificati sono ricordati qua e là nelle fonti, ma sembrano costruiti in circostanze eccezionali: tuttavia, pare che Ificrate facesse sempre circircondare il campo di una fossa. Per Senofonte (Ciropedia, III, 3, 26), l'uso di fortificare i campi è proprio dei barbari. Le truppe dormivano di solito sotto tende di pelle o in baracche. Non sappiamo se i campi descritti da Senofonte nella Ciropedia (p. es., il campo di Ciro: VIII, 5, 2 seg.) siano immaginarî e rappresentino l'ideale dell'autore, o non dipendano piuttosto da una tradizione sui campi degli eserciti orientali, specialmente assiri. Anche l'esercito di Alessandro non fortificava per abitudine l'accampamento, nel quale le varie armi avevano spesso un posto fisso corrispondente all'ordine di schieramento in battaglia. Le tende erano sorrette da sostegni di ferro. Singolare aspetto dovevano avere gli accampamenti degli eserciti dell'età ellenistica, con i loro traini di artiglierie e sussistenze, mogli e figli dei soldati, servi dei falangiti e dei cavalieri, contingenti variopinti dei popoli più diversi. I Macedoni e gli alleati barbari formavano due campi diversi nell'esercito di Poliperconte, uno dei diadochi. Si costruivano più spesso anche campi fortificati, ma essi rappresentano più che altro sistemi di fortificazioni occasionali, che vengono in uso in questa epoca (campo di Eumene, in Diod., XIX, 39, di Demetrio Poliorcete all'assedio di Rodi, ibid., XXi 47, di Lisimaco prima di Ipso, ibid., 108, di Antioco a Magnesia, in Livio, XXXVII, 37, 10). Tuttavia in quest'epoca diviene buona norma di assicurare una certa protezione al campo, quando questo non si fosse potuto porre in luogo naturalmente forte (si pensi al rimprovero di negligenza mosso da Polibio, V, 20, 4, ad un esercito che s'era accampato in posizione non adatta senza fossa né vallo). La guardia notturna al campo si divideva in quattro turni.

I Romani furono invece i più grandi costruttori di campi regolari e fortificati, il che corrisponde al loro senso di ordine e di praticità. Era norma fissa e antichissima che alla fine di ogni marcia l'esercito romano fortificasse saldamente l'accampamento, disposto secondo regole ben precise, immagine vivente della città patria. Fare una marcia e costruire un campo erano espressioni equivalenti (quintis castris = quinque itineribus). I vantaggi morali e materiali di tale sistema sono evidenti. Il generale era più sicuro e più libero nella condotta delle operazioni, poiché il suo esercito era sempre in una vera fortezza; sicurezza e fiducia maggiore avevano anche le truppe (Vegezio, I, 21: si recte constituta sum castra, ita intra vallum securi milites dies noctesque peragunt, etiam si hostis obsideat, quasi muratam civitatem videantur secum ubique portare). E per avere un tale vantaggio non era necessario richiedere ai soldati uno sforzo straordinario, perché essi erano abituati a farlo sempre; e lo schema fisso del campo rendeva possibile a tutti d'occupare immediatamente e con calma il posto assegnato, senza confusioni, attese e andirivieni snervanti, e di destinare invece le proprie energie al lavoro di fortificazione; ogni reparto sapeva senz'altro ove doveva disporsi e quale parte di lavoro gli spettava di eseguire. Il campo (castra) fu perciò uno degli strumenti principali della conquista e della romanizzazione, perché le nuove città venivano dai Romani fondate a foggia di campi, o dai campi si sviluppava la borgata e la città nuova. Tutto ciò è magnificamente esposto in un celebre passo di Livio (XLIV, 39) per bocca di Emilio Paolo, che aveva preferito perdere un'occasione propizia di attaccare il nemico perché il campo romano non era ultimato: Maiores vestri castra munita portum ad omnes casus exercitus ducebant esse, unde ad pugnam exirent, quo iactati tempestate pugnae receptum haberent. Ideo, cum munimentis ea saepissent, praesidio quoque valido firmabant, quod, qui castris exutus erat, etiamsi pugnando acie vicisset, pro victo haberetur. Castra sunt victori receptaculum, victo perfugium. Quam multi exercitus, quibus minus prospera pugnae fortuna fuit, intra vallum compulsi, tempore suo, interdum momento post, eruptione facta victorem hostem pepulerunt! Patria altera militaris est haec sedes, vallumque pro moenibus, et tentorium suum cuique militi domus ac penates sunt. Naturalmente il diurno lavoro dell'accampamento richiedeva una disciplina ferrea e un allenamento che solo i Romani possedevano; ad un esercito greco non si sarebbe potuto richiedere nulla di simile (cfr. Polibio, XVIII,1, 2; Livio, IX, 19, 9: in opere quis par Romano miles?). Si capisce allora perché in Polibio la descrizione del campo costituisce quasi la parte centrale della sua esposizione dell'arte militare romana.

Gli accampamenti romani erano di diverse specie: giornalieri e stativa, questi destinati a una più lunga permanenza delle truppe e più accuratamente fortificati; aestiva, con le truppe sotto le tende, di pelle (sub pellibus), e hiberna, per la stagione invernale (Cesare usa in questo senso stativa), con le truppe in baracche di legno o di pietra, se il clima non permetteva il soggiorno sotto le tende. La fortificazione consisteva normalmente in una fossa, di solito a sezione triangolare, e di varia larghezza e profondità (come minimo si raccomandavano 5 piedi di larghezza e 3 di profondità; un campo di Cesare aveva la fossa larga 18 piedi; alle volte le fosse erano doppie), e la fossa dava la terra e le zolle per l'argine (agger) rafforzato da una palizzata, vallum (nome usato poi anche per indicare insieme l'agger e la palizzata), per la quale in certi casi i soldati portavano in marcia essi stessi i pali (valli, stipites, sudes: v. Polibio, XVIII,1, per i pali preferiti dai Romani). Ma in alcune circostanze, il campo poteva non avere la fossa, se era posto su un'altura dai fianchi scoscesi, o avere il vallo di pietra o di pietra e terra. I campi permanenti avevano il vallo rafforzato da torri e da appostamenti per batterie di macchine da guerra. La più antica descrizione a noi giunta di un campo romano è quella in Polibio, VI, 26-42, la quale è tradotta graficamente nella fig. 3. Il campo è disposto per un esercito consolare normale di due legioni, con il contingente di alleati (circa 24.000 uomini): ha la forma di un quadrato regolare di 2250 piedi romani di lato (= 666 m. circa). Il campo veniva misurato e tracciato da ufficiali (un tribuno e dei centurioni) mandati innanzi, con l'aiuto di agrimensori. È molto dubbio se l'orientazione, che alcune fonti antiche presumono teoricamente per il campo, il quale avrebbe dovuto avere la fronte ad est, fosse in realtà osservata; in pratica il campo ha la fronte rivolta verso il nemico o nella direzione della marcia, e molto conto si tiene, quand'è possibile, della comodità dell'acqua e del foraggiare. Si sceglieva di solito una posizione elevata, che dominasse liberamente il terreno circostante, ma che nello stesso tempo, almeno sulla fronte, scendesse dolcemente, non ripidamente, in modo che l'esercito potesse marciare in ordine all'attacco uscendo dal campo (cfr. ad es. Cesare, De bello gall., I, 8, 3, e III, 18,1; il campo puramente difensivo è un'eccezione); naturalmente nella scelta delle posizioni molto si badava all'abbondanza sul luogo di acqua, di foraggio e di legname, come pure aveva grande rilievo la natura del terreno se permettesse o no lo scavo delle fosse.

Quanto alla disposizione, si vede sulla figura il sito del praetorium, ove sorgeva la tenda del generale, di solito sul punto più elevato del campo; due spazî ai fianchi del praetorium formavano il forum, con il tribunal (l'ara era davanti alla tenda del generale), e il quaestorium con la tenda del questore e l'intendenza. Sui lati esterni del forum e del quaestorium stavano le truppe scelte a piedi e a cavallo (delecti, evocati), che costituivano la guardia del corpo del generale. Le tende degli ufficiali superiori (legati, tribuni, praefecti sociorum) erano situate su una striscia di terreno di 50 piedi di profondità su tutta la larghezza del campo, lungo il quaestorium, il praetorium e il forum da una parte e la via principalis dall'altra. Si chiamava principia lo spazio davanti a queste tende, le quali erano aperte verso la fronte del campo, perché gli ufficiali potessero vedere dinanzi a sé le proprie truppe accampate nella pars antica del campo, mentre la pars postica era occupata dai cavalieri e dai fanti extraordinarii (alleati) e dagli auxilia (mercenarî). Si noti che gli attendamenti dei reparti della pars antica formavano delle strigae (sei grandi strigae separate da vie e tagliate a metà dalla via quintana), rettangoli con la maggior lunghezza in senso longitudinale, quelle della pars postica degli scamna, rettangoli più estesi nel senso della latitudine. In ognuna delle strigae accampavano dieci reparti, turmae, manipuli o cohortes, più o meno densamente a seconda della forza presente e dello spazio disponibile. I velites romani e alleati pare si disponessero nell'intervallum o vacuum, un largo spazio che si lasciava tra il vallo e gli attendamenti, perché questi ultimi non potessero essere raggiunti dai tiri nemici. Le porte erano naturalmente quattro, alle volte cinque, protette da opere speciali (clavicula, titulus o tutulus). Il servizio di guardia di giorno (excubiae) e di notte (vigiliae) si svolgeva in turni rispettivamente di 6 e 3 delle 12 ore in cui si dividevano il giorno e la notte dall'alba al tramonto. Ci sono poi note molte delle minute disposizioni che regolavano il servizio di sicurezza e di polizia del campo, i servizî e gli onori agli ufficiali e ai cavalieri, gli approvvigionamenti, ecc.

Polibio (XXXII) avverte però, che questo era lo schema di un campo di due legioni, quando tutti e due gli eserciti consolari si accampavano uniti, e i due campi si saldavano coi due lati posteriori, formando un rettangolo. Che se un esercito consolare di due legioni agiva e si accampava da solo, il praetorium, il forum e il quaestorium si ponevano nel mezzo fra le due legioni. Queste parole hanno dato luogo ad infinite discussioni, rifiutandosi molti critici di credere che il campo minutamente descritto da Polibio non sia quello normale di un esercito consolare autonomo, ma una delle due parti simmetriche del campo di due eserciti consolari riuniti, cioè in sostanza un campo di eccezione. Il fatto è certo strano e non facile a spiegarsi (disponeva Polibio di una descrizione minuta solo per il campo doppio?); ma il testo è esplicito, ed è confermato da una serie di passi di Livio e da scavi recenti di campi dell'epoca polibiana di cui diremo tra breve. Inoltre si ammette generalmente che, nel campo normale di due legioni, avessero una collocazione diversa anche gli extraordinarii e gli auxilia, che, aprendo la marcia dell'esercito, dovevano essere collocati verso la porta frontale del campo, la praetoria; e così queste truppe erano disposte nei campi permanenti dell'impero (v. più avanti lo schema del campo di Novaesium). Lo schema del campo di un esercito consolare autonomo è dato nella fig. 4.

È naturale pensare che la descrizione di Polibio rappresenti uno schema regolamentare, che si doveva cercar di applicare fin dove era possibile. Polibio (VI, 26, 10) dice che di tale schema i Romani si servivano in ogni occasione e luogo, ma le sue parole si devono intendere con discrezione; e infatti altri autori antichi parlano di castra di forma speciale imposta dal terreno (castra necessaria, necessaria et iniquo loco castra posita, castra lunata, semirotunda): anche l'estensione doveva poter variare a seconda delle circostanze. Inoltre dovevano esserci campi più piccoli, per eserciti o sezioni di eserciti inferiori a due legioni. Ciò è stato confermato dalle esplorazioni dei campi romani della Spagna, che ci hanno fornito informazioni precise su accampamenti del II e I secolo a. C. Nessuno dei sette campi di Scipione sotto Numanzia (v. Schulten, Numantia, III, Monaco 1927, dal quale ricaviamo gli schemi dei due più importanti; figg. 5 e 6) ha la regolarità dello schema polibiano, che vi appare invece adattato alle esigenze del terreno, tanto più che questi campi servivano di appoggio alla linea di blocco di Scipione, e avevano una funzione difensiva che consigliava il massimo sfruttamento del terreno. Un campo della seconda guerra punica presso Sagunto, che sarebbe il più antico campo romano a noi noto, ha la forma di un trapezio con due lati di 500 m., uno di 200 e uno di 300 (cfr. la comunicazione dello Schulten nella Philolog. Wochenschrift, 1928, col 221): Sulla collina Gran Atalaya presso Renieblas, 6 km. a oriente di Numanzia, vennero in luce cinque campi romani sovrapposti, dei quali due (I-II) forse risalgono a Catone (195 a. C.), uno (III) è attribuito a M. Fulvio Nobiliore (153 a. C.), e due (IV-V) a Pompeo (75-74 a. C.). Saranno pubblicati per esteso in Schulten, Numantia, IV; per ora v. Archäol. Anz. 1911, p. 3 seg.; Wahle, Feldzugs-Erinn. römischer Kameraden, Berlino 1918, e Kromayer-Veith, Schlachten-Atlas zur antiken Kriegsgeschichte, Röm. Abteilung, f. 12, Lipsia 1922. Ora i campi I-II-IV-V si avvicinano più o meno al quadrato; il III, che è il più conservato, è una specie di esagono, e fu certo così costruito per usufruire del valore difensivo del terreno; si vede dalla fig. 7 (da Schulten, Jahrb. des deutschen Archäol. Instituts, XXXIII, 1918 p. 90) come lo schema regolamentare fu adattato al terreno. Il campo romano di Cáceres el Viejo nell'Estremadura, del tempo della guerra contro Sertorio (di Q. Cecilio Metello, 79 o 78 a. C.), è regolare, ma oblungo (2200 piedi per 1300): v. la ricostruzione in Schulten., op. cit., p. 88. Regolare è il vallo del campo estivo di Almazan sul Duero a sud di Numanzia, del tempo della guerra contro i Celtiberi: ottagonale è invece il campo, attribuito a D. Bruto Callaico (138-137 a. C.), a Viseu nel Portogallo.

Parecchi campi di Cesare in Gallia furono fatti esplorare da Napoleone III; ma generalmente i cosiddetti champs de César della Gallia sono molto più tardi, in genere del sec. IV d. C. In ogni caso, in nessun campo di Cesare si trovò traccia della disposizione interna. Fra i più noti e dei più fedeli allo schema regolamentare è quello di Maucnamp sull'Aisne del 57 a. C. (Cesare, De bello gall., II, 5), di cui si riproduce la pianta dall'atlante dell'Hist. de Jules César di Napoleone, Parigi 1866 (tav. 9; v. fig. 2 della voce Aggere). Si veda anche la ricostruzione schematica di questo campo tentata dallo Stolle (op. cit. nella Bibl., tav. IV) in base ad altri indizî desunti dalle opere di Cesare (fig. 8). Più si saprà dei campi dell'età cesariana, e più chiaramente si vedrà il passaggio dal campo polibiano a quello imperiale, quando saranno esplorati a fondo i campi del sec. I a. C. della Spagna, ad alcuni dei quali abbiamo già accennato. Caratteristica del campo cesariano è però soprattutto la maggiore complessità e solidità della cinta fortificata di protezione.

Nell'età imperiale le linee essenziali dell'accampamento romano non mutano. Al sec. III risale, probabilmente, la minuta descrizione di un accampamento romano conservata in un libretto De munitionibus castrorum attribuito al grammatico Igino (Hyginus) dell'età di Traiano (ed. del Gemoll, Lipsia 1879, e con commento e trad. tedesca del Domaszewski, Lipsia 1887). L'esercito, al quale è destinato il campo descriitto da Igino, era formato da 3 legioni romane, con truppe scelte, auxilia, cavalleria, ecc., in tutto circa 42.000 uomini. La descrizione è tradotta graficamente nella fig. 9. Il campo è normalmente rettangolare, non più quadrato; quello descritto da Igino misura circa m. 687 per 480; e perciò ogni uomo ha nel campo d'Igino poco più di 1/3 dello spazio che aveva in quello di Polibio. Inoltre le legioni non sono in genere accampate nella parte centrale del campo, ma in giro lungo l'intervallum, separate dal resto del campo dalla via sagularis. L'interno del campo è diviso in tre parti, praetentura tra la via principalis e la fronte, latera praetorii tra la principalis e la quintana, retentura fra la quintana e il lato posteriore. Nella praetentura accampavano per scamna quattro alae miliariae di cavalleria, i cavalieri pannonici e mauri, i marinai delle flotte di Miseno e Ravenna, e altri reparti minori, più due coorti della III legione; inoltre i servizî sanitarî, l'officina per le riparazioni e le scholae (luoghi di riunione per i soldati). Ancora nella praetentura, lungo la via principalis, stava lo scamnum delle tende degli ufficiali superiori (legati e tribuni). Nelle strigae, ai lati del praetorium, che occupava il centro del campo, stavano truppe scelte (comites e officiales), coorti pretoriane, cavalleria pretoriana, quella delle alae quinquagenariae, e quattro coorti delle legioni I e II. Nella retentura stavano per strigas, sui fianchi del quaestorium, altre truppe alleate e contingenti barbarici. La fig. 10 mostra come due centurie erano accampate in una striga, ciascuna sotto ad 8 tende (detratti i servizî di guardia, la centuria contava 64 uomini su 80) e una tenda per il centurione. Il campo d'Igino è l'accampamento mobile di un esercito operante; ma per l'epoca imperiale noi conosciamo (oltre ad alcune figurazioni, p. es. della Colonna Traiana: v. Cichorius, Die Reliefder Traianssäule, Berlino 1896, tav. XII-XVI; Lehmann-Hartleben, Die Traianssäule, Berlino 1926, testo p. 136) numerosissimi avanzi di campi romani permanenti, le caserme-fortezze dell'esercito romano imperiale, divenuto permanente e dislocato quasi per intero a difesa dei confini spesso minacciati dai barbari. Avanzi di tali campi permanenti, costruiti secondo i principî fondamentali dei campi occasionali dell'età repubblicana e imperiale, si trovano in tutte le regioni di frontiera dell'impero, dalla Scozia all'Arabia, e sono ben conservati specialmente nelle regioni ove il suolo è poco o punto coltivato, come nelle praterie scozzesi o nel deserto arabico o africano. Essi sono spesso costruiti saldamente di pietra e con edifizî monumentali. I campi romani della Britannia sono numerosi e alcuni ben conservati; tra i più antichi son quelli che risalgono ad Agricola. Numerosissimi sono pure i campi romani del limes germanico e retico, lungo il Reno e il Danubio; le tracce più antiche di alcuni campi sul Reno risalgono all'età di Augusto. Famosi sono quello di Novaesium (Neuss, bassa Renania; età di Claudio, rifatto dopo il 70 d. C.) e quelli di Vetera (presso Xanten; diversi campi dall'età augustea in poi) sul Reno, di Carnuntum (Petronell, bassa Austria; del 73 d. C.) e di Lauriacum (presso la foce dell'Enns, del 200 circa), che furono egregiamente esplorati: v. fig. 11 (Novaesium prima del 70, schematico), fig. 12 (Novaesinm dopo il 70). Nell'Oriente, del più grande interesse archeologico per la loro conservazione sono i campi della circonvallazione di Masada sul Mar Morto, costruiti dal legato di Vespasiano, Flavio Silva (cfr. Giuseppe Flavio, De bello Iudaico, VII, 8, 2 seg.). Ricca di campi romani è pure l'Africa, il più celebre è il campo della legio III Augusta a Lambesi, fondato sotto Adriano e modificato nei particolari nel sec. III. In corrispondenza con le mutate condizioni di reclutamento e di vita dei soldati, in questi campi permanenti le caserme dei soldati prendono maggiore sviluppo, e forme imponenti assume alle volte, come a Lambesi, il praetorium. Lo schema classico degli accampamemi romani si perde verso la fine del sec. IV. Vegezio, che scrisse il suo trattato militare fra il 383 e il 450, diceva (III, 8): pro necessitate loci vel quadrata vel rotunda vel trigona vel oblonga castra constitues, nec utilitati praeiudicat forma, tamen pulchriora creduntur quibus ultra latitudinis spatium tertia pars longitudinis additur. Così egli lamentava (I, 21): Sed huius rei (dell'accampamento) scientia prorsus intercidit; nemo enim iam diu ductis fossis praefixisque sudibus castra constituit.

Nel Medioevo, la cavalleria si pose normalmente a campo senza predisporre il terreno con speciali lavori, e l'arte della castrametazione decadde.

Durante l'evo moderno, gli eserciti usarono accamparsi in modi diversi secondo gli usi del paese, la quantità delle forze, gli scopi dell'impresa militare, ecc. Si ebbero campi di svariatissimi tipi: con tende e senza tende; circondati da piccoli fossi e parapetti, o protetti semplicemente da ostacoli naturali del terreno; o più semplicemente ancora difesi da speciali reparti di truppa, tratti dal grosso e incaricati della vigilanza e della prima resistenza nel caso di un attacco. Gli eserciti della rivoluzione francese abbandonarono l'uso della tenda, per conservare una maggiore mobilità. Poi quasi dovunque l'uso della tenda fu ripreso, ma la figura geometrica degli accampamenti fu abbandonata, salvo per i minori reparti. In sostanza si può affermare che gli accampamenti a tipo costante, tracciati con norme quasi religiosamente rispettate, non furono più usati dopo l'epoca romana. Fanno sola eccezione gli eserciti ottomani, presso i quali si seguirono nell'ordinamento interno dei campi regole fisse di ripartizione del terreno fra le varie specialità degli eserciti operanti, in relazione con lo schema prestabilito, secondo il quale erano costituite le linee di battaglia.

Per gli eserciti odierni, v. allogciamento militare.

Bibl.: Per il campo egiziano, v. Breasted, The Battle of Kadesh, Chicago 1903, tavv. I, IV, VI; id., Ancient Records of Egypt, Chicago 1906, III, p. 149; Erman-Ranke, Aegypten, Tubinga 1923, p. 636; Wiedemann, Das alte Aegypten, Heidelberg 1920, p. 226. - Per gli Assiri, v. Meissner, Babylonien und Assyrien, Heidelberg 1920, I, p. 99; Unger, in Reallexikon der Vorgeschichte, Berlino 1925, III, p. 203 con ricca letteratura. - Per gli Ebrei, v. Barnes, art. Camp, in Hastings, Dict. of the Bible. - Per Omero v. specialmente Iliade, IX, 350; XII, 50, ecc.; Buccholz, Die Homerischen Realien, Lipsia 1871-85, II, p. 331 seg.; Helbig, L'épopée homérique expliquée par les monuments, Parigi 1894, p. 117. - Per i Greci, v. Rüstow e Köchly, Gesch. des griech. Kriegswesens, Aarau 1852, p 193 Droysen, nel Lehrbuch der griech Antiquitäten del Hermann, 3a ed, II, 11, Friburgo 1889, 88 e 184 Delbrück, Gesch der Kriegskunst, 3a ed, I, Berlino 192, 292 KromayerVeith, Heerwesen u Kriegführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, pp. 83, 115, 141. - Per i Romani, cfr. in generale Marquardt, Römische Staatsverwaltung, 2ª ed., II, Lipsia 1884, p. 404 seg., 597 seg. (vers. francese Manuel des antiq. romaines, XI, Parigi 1891); Masquelez, art. Castra nel Dictionnaire des Antiquités di Daremberg e Saglio, I, ii, p. 940; F. Stolle, Das Lager und Heer der Römer, Strasburgo 1912; Fischer, Das römische Lager, Lipsia 1914; Kromayer-Veith, op. cit., pp. 338, 417, 540. - Per gli avanzi dei campi dell'età repubblicana nella Spagna e nella Francia v. le pubblicazioni indicate nel testo. - Per i campi imperiali permanenti della Britannia, quasi ogni volume del Journal of Roman Studies (Londra 1911 e seg.) dà notizie su esplorazioni di campi romani; v. poi Haverfield, The Roman Occupation of Britannia, nuova ed. curata dal Macdonald, Oxford 1924, e Collingwood, Romain Britain, Oxford 1924. - Per i campi del Reno e del Danubio, sui quali c'è una bibliografia copiosissima, v. la pubblicazione ufficiale della Deutsche Reichs-Limes Kommissino: Der obergemanisch-rätische Limes der Römerreiches, 1894 seg., e quella della commissione austriaca Der römische Limes in Österreich, 1900 seg. - Relazioni di scavi di campi romani sono in molte riviste antiquarie tedesche; importanti gli studî apparsi nei Bonner Jahrbücher, CXI, CXII, CXVIII su Novaesium. Più popolare: Germania Romana. Ein Bilder-Atlas, 2ª ed., Bamberg 1924, fasc. i: Die Bauten des röm. Heres del Köpp. - Per i campi di Masada, v. Brünnow-Domaszewski, die Provincia Arabia, Strasburgo 1909, III, p. 221, nella quale opera sono descritti anche varî altri campi della regione. - Per i campi africani, v. Cagnat, L'armée romaine d'Afrique et l'occupation militaire de l'Afrique, 2ª ed., voll. 2, Parigi 1912-13.

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