ACETILENE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

ACETILENE

Eugenio Mariani

(I, p. 294; App. II, I, p. 14)

Fin verso il 1940 quasi tutto l'a. prodotto era ottenuto da carburo di calcio; dopo tale data furono introdotti sistemi all'arco elettrico, i quali però risultavano onerosi; nel 1943 in Germania, contro le 280.000 t da carburo, se ne ottenevano solo 50.000 da cracking d'idrocarburi, assorbiti nella produzione della gomma, di solventi, di cloruro di polivinile, ecc. Negli Stati Uniti la situazione era in parte analoga, però dal 1930 al 1955 la produzione dell'etilene era andata crescendo tanto da essersi moltiplicata quasi 150 volte, raggiungendo circa 1,4 milioni di t/a e il composto aveva un prezzo pari a circa un terzo di quello dell'a.; così molti prodotti in precedenza preparati da a. col passare del tempo venivano ottenuti da etilene. Fra i due composti s'instaurò una forte competizione come materia prima per l'industria chimica, vinta dall'etilene per il suo minore costo. Il passaggio fu anche facilitato dal fatto che le produzioni da etilene potevano seguire la falsariga di quelle da a., ormai già provate e consolidate. La sostituzione dell'a. con etilene non è mai stata totale, poiché alcuni paesi mancanti di fonti di petrolio ma che dispongono di carbone hanno continuato a produrre carburo da trasformare in a. e ciò si è accentuato dopo le crisi petrolifere degli anni Settanta. Nella Repubblica Federale di Germania, che dispone di forti giacimenti di carbone, è sempre viva la ricerca per arrivare ad a., da carbone, in maniera economica.

A temperatura normale, l'a. è meno stabile degli altri idrocarburi, ma lo diviene di più alle alte temperature (ciò si verifica per il metano a temperature dell'ordine dei 1200 °C, per gli idrocarburi omologhi a temperature minori: 800 °C per il propano, ecc.). L'a. però è sempre meno stabile rispetto agli elementi componenti (carbonio e idrogeno), per cui per favorire la resa della formazione di a. da idrocarburi occorre operare ad alta temperatura, facendo però in modo che appena il composto si è formato la sua temperatura venga rapidamente abbassata per evitare che si decomponga negli elementi; i tempi di permanenza alle alte temperature che si adottano in pratica sono dell'ordine del millesimo di secondo (da 0,1 a 10, circa).

Le elevate temperature richieste si possono realizzare facendo avvenire la reazione in un arco elettrico o con sistemi autotermici, cioè facendola avvenire mentre parte della carica brucia per fornire il calore richiesto.

Gli idrocarburi utilizzabili in pratica per la produzione di a. sono rappresentati da idrocarburi gassosi (metano o gas naturale, etano, ecc.), da prodotti liquidi (benzine, gasoli, oli combustibili e anche grezzi petroliferi). La scelta dipende dalle disponibilità, dal costo, dalla percentuale di sottoprodotti che si ottengono, dal costo della loro separazione, dalle possibilità della loro utilizzazione e valorizzazione.

In tutti i casi occorre riscaldare gli idrocarburi alle elevate temperature richieste (metano: 1200 °C, circa) e raffreddare poi bruscamente i prodotti di reazione (per contatto con acqua o con oli minerali).

I primi sistemi operavano un riscaldamento diretto mediante arco elettrico, ma questi furono rapidamente abbandonati per l'alto consumo di energia e al loro posto si usarono sistemi di cracking rigenerativi, nei quali la carica d'idrocarburo si riscalda attraversando una massa di refrattario caldo; questa si raffredda parzialmente e viene poi riportata alla temperatura necessaria per contatto con gas caldi o con una fiamma. Anche questi processi risultarono onerosi dal punto di vista del consumo energetico. I processi che hanno avuto maggiore applicazione sono quelli a fiamma o a combustione (od ossidazione) parziale, nei quali il calore viene fornito dalla combustione di parte dell'idrocarburo di partenza o di un combustibile ausiliario; il sistema si può realizzare in uno o in due stadi. Nel primo caso la combustione di parte dell'idrocarburo con ossigeno, in difetto, avviene contemporaneamente al cracking della restante parte; nel secondo si fa invece prima bruciare un combustibile e s'inietta poi nei gas caldi l'idrocarburo da sottoporre a cracking.

Diversi sistemi a un solo stadio sono stati realizzati; essi differiscono essenzialmente sulla realizzazione della miscelazione dei reagenti e sul raffreddamento dei gas di reazione. Di solito i bruciatori usati (v. fig.) comprendono una camera superiore conica di miscelazione, e una piastra bucherellata in corrispondenza della quale si ha l'accensione della miscela, la cui combustione si realizza in una camera sottostante dalle pareti raffreddate (si raggiungono temperature di 1400 ÷ 1500 °C); dalla sua grandezza dipende il tempo di permanenza dei gas alle alte temperature, di solito dell'ordine di pochi millesimi di secondo. I gas uscenti dalla camera di combustione sono investiti da una pioggia d'acqua. Fauser-Montecatini hanno adottato un bruciatore nel quale regna una leggera pressione (3 ÷ atm), che pur essendo contraria al rendimento della reazione (che avviene con aumento di volume) è compensata da un più efficace ricupero del calore, da una maggiore produttività del bruciatore (a parità di volume), ecc. In un secondo tipo di bruciatore il raffreddamento dei gas viene operato in due tempi: prima (da 1400 a circa 800 °C) con benzina leggera e poi con acqua; il primo stadio del raffreddamento, sufficiente a evitare la decomposizione dell'a., utilizza il calore per ottenere il cracking della benzina a etilene, reazione che richiede temperature minori; in questo modo i gas all'uscita contengono sia a. sia etilene.

Nei processi a due stadi in una prima fase si ottiene una massa di gas caldi bruciando, completamente, con ossigeno un combustibile (che può essere parte della carica, ma anche di tipo diverso, di minore valore commerciale); nei gas caldi vengono iniettati il metano, o gli idrocarburi vaporizzati, che si decompongono dando acetilene. Il raffreddamento dei prodotti di combustione può essere fatto con acqua o in due tempi, come sopra detto, prima con benzina polverizzata poi con acqua.

Per utilizzare materie prime liquide (da benzine a oli combustibili) la Basf ha adottato un bruciatore a combustione sommersa nel quale la combustione della carica con ossigeno a pressione (9 ÷ 10 atm) avviene all'interno di un bagno d'olio. Nelle immediate vicinanze della fiamma la temperatura raggiunge anche 1500 °C e il cracking avviene in gran parte in fase vapore poiché nella zona circostante la fiamma, la carica vaporizza. La temperatura del bagno d'olio si mantiene sui 200÷300 °C (eccetto che intorno alla fiamma) e ciò contribuisce alla semplicità costruttiva del bruciatore.

La resa in a. varia nei diversi processi con la natura della carica, con le condizioni di operazione, e così pure varia il rapporto fra i singoli componenti. Oltre all'a. e all'etilene si ha sempre idrogeno, ossido di carbonio, anidride carbonica e formazione di nero fumo.

La separazione dell'a. dagli altri gas di reazione si può fare per assorbimento selettivo dell'a. o per formazione di composti labili, facili da decomporre, o per condensazione (parziale o totale) del gas e successiva distillazione frazionata del liquido ottenuto. L'assorbimento con solvente selettivo è il più usato impiegando acetone, metanolo, Α−butirrolattone, dimetilformammide, N-metilpirrolidone, ecc.

Nella Repubblica Federale di Germania, specialmente dopo la crisi del petrolio, sono state intensificate le ricerche sulla possibilità di utilizzare come materia prima il carbone, ma con rese più elevate e competitive rispetto ai prodotti petroliferi. In particolare due sono le più importanti strade tentate al riguardo: produzione di carburo per via termica (e non elettrotermica) e produzione diretta di a. da carbone per mezzo di plasmi.

Il primo sistema riguarda la possibilità di ottenere il carburo anziché in forni elettrici in forni a tino nei quali il carbone serve tanto per produrre le alte temperature necessarie quanto per partecipare alla formazione del composto. La sperimentazione è stata effettuata in forni pilota di grosse dimensioni (70 t/g), ma finora il sistema non ha dato risultati tali da poterlo considerare competitivo rispetto a quelli da altre materie prime.

Più recenti i tentativi per ottenere a. iniettando carbone in polvere, insieme a idrogeno, in un arco elettrico ma meglio ancora in un plasma d'idrogeno. Le prove condotte indicano la necessità di realizzare forni nei quali sia possibile ottenere una rapida e completa miscelazione del carbone col plasma per evitare la formazione di depositi carboniosi, però le rese finora ottenute appaiono promettenti. I gas uscenti contengono a. nella concentrazione anche del 15%; gli altri componenti sono costituiti da etilene (che può arrivare anche alla concentrazione dell'a.) e idrogeno che si riutilizza mandandolo al forno per la produzione del plasma. Il consumo d'idrogeno può anche essere nullo se il suo contenuto nel carbone è abbastanza alto.

L'a., oltre che nella lavorazione dei metalli (saldatura, ecc.), tro va ancora impiego nella preparazione di alcuni composti (che non possono essere ottenuti dall'etilene), in particolare 1,4-butindiolo, alcoli acetilenici (propargilico, usato come inibitore di corrosione; metilbutinolo; isofitolo, intermedio nella sintesi di vitamine), cicloottotetraene.

Butindiolo: è un solido cristallino, di formula HOH2C−C≡C−CH2OH, che si ottiene per reazione fra a. e soluzioni di formaldeide, in presenza di acetiluro di rame, come catalizzatore. Trova impiego come brillantante nell'elettrodeposizione di metalli, come inibitore di corrosione in bagni di decapaggio, come componente di svernicianti; ha proprietà defolianti; per la sua reattività è importante intermedio di sintesi organiche.

Cicloottotetraene: è un composto di formula C8H8; si prepara per ciclizzazione di a. a 70 ÷ °C, 15 ÷ atm., in presenza di solventi inerti (tetraidrofurano) e di nichel, come catalizzatore. Nella reazione si formano diversi altri composti (oligomeri dell'a., benzene, olefine, ecc.). Il cicloottotetraene presenta un'elevata reattività dovuta alla possibilità di assumere diverse forme di struttura che si prestano a dare una molteplicità di composti.

Il cloruro e l'acetato di vinile, l'acrilonitrile, l'acido acrilico, il nero d'a., composti largamente ottenuti in passato dall'a., oggi sono preparati a partire dall'etilene.

Bibl.: A. Stratton, Energy and feedstocks in the chemical industry, Chichister 1983; P. Pässler, W. Hefner, G. Ebersberg, R. Müller, J. Bässler, Acetylene, in Ullmann's Encyclopaedia of industrial chemistry, vol. A1, Weinheim 1985; G. Goor, W. Kurkel, O. Weiberg, Hydrogen peroxide, ibid., vol. A13, ivi 1989.

TAG

Repubblica federale di germania

Cloruro di polivinile

Ricupero del calore

Anidride carbonica

Elettrodeposizione