BIZZONI, Achille

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BIZZONI, Achille

Raffaele Colapietra

Nato a Pavia il 5 maggio 1841, si avviò nella locale università agli studi di giurisprudenza, poi interrotti nel 1859 per arruolarsi nell'esercito sardo; nel 1861, con il grado di luogotenente, prendeva parte all'assedio della fortezza di Gaeta, guadagnandosi una medaglia al valore.

Fino al 1866, allorché partecipò alla campagna garibaldina nel Trentino come aiutante di campo di E. Cairoli, non è documentata alcuna sua attiva partecipazione al giornalismo democratico milanese. Fondato il 1º apr. 1867 a Milano il Gazzettino, periodico letterario, artistico e mondano, egli ne assunse nell'ottobre successivo la direzione, aggiungendo alla testata lo storico appellativo di "rosa" (senza alcun diretto significato politico: si ricordi, per la sensibilità sfumata dell'epoca, la Cronaca grigia di C. Arrighi [C. Righetti], vicinissimo come artista e uomo politico al B.) e trasferendo gli uffici in via S. Pietro all'Orto.

Già il Gazzettino aveva mostrato una spiccata attenzione verso i problemi politici e sociali più attuali (vedi gli articoli del 20 giugno 1867 sulla tassa del macinato e del 26 sett. 1867 sull'arresto di Garibaldi). L'inizio della direzione del B. coincise con una violenta polemica contro la Perseveranza del Bonghi e con due importanti articoli (12 e 19 ott. 1867) sull'andata a Roma e sugli atteggiamenti da assumersi in merito da parte della democrazia nei confronti del papato e della monarchia. Ma il 25 ott. 1867 il B. partì tra i volontari garibaldini per la campagna romana, lasciando la direzione del giornale a F. Cavallotti, che la mantenne anche dopo Mentana, allorché il B., colpito da mandato di cattura, fu costretto a rifugiarsi a Lugano, fino a quando, nel dicembre 1867, il proprietario P. Grassi non licenziò entrambi i direttori, sospendendo la pubblicazione del Gazzettino, che riprese autonomamente soltanto con l'anno nuovo, sempre sotto la direzione del Bizzoni.

Per circa tre anni, con articoli non firmati, e più tardi con lo pseudonimo di "Fortunio", il B. fu l'autentico ispiratore del Gazzettino rosa, facendovi vibrare i consueti accesi temi anticlericali (11 apr. 1878: La preghiera del venerdì santo; 10 maggio 1868: Tre risposte), la polemica antimoderata e democratica (9 giugno 1868: Sottovoce, che poi diventò il titolo di una brillante rubrica fissa; 4 sett. 1868: La sinistra parlamentare e i giovani), con qualche interessante apertura di schietto carattere politico (articolo del 22 ott. 1868 sull'opera del governo Sella), sempre in mezzo a un tempestosissimo ambiente giornalistico, esasperato nel giugno 1868 dall'apparizione e rapida scomparsa di un giornaletto provocatore, il Gazzettino rosso di F. Mistrali.

I temi politici si precisano con l'articolo del 2 marzo 1869 su Il nostro voto, che proclama l'astensionismo elettorale (prontissima l'indomani è la replica partecipazionistica Sottovoce da parte di A. Billia, che sarà pochi mesi dopo deputato di Corteolona: è una frattura destinata a non rimarginarsi più), e si arricchiscono il 21 marzo 1869 con la pubblicazione della Situazione, il noto opuscolo di Bakunin. Ma non è per questo che il Gazzettino rosa può dirsi ancora internazionalista: il 7 maggio 1869 rivolge un appello fiducioso alla democrazia parlamentare e il 13 maggio 1869 pubblica un articolo di Mazzini. Anche la crisi dovuta al processo Lobbia (il deputato protagonista della faccenda di corruzione nella concessione a gruppi privati della manifattura tabacchi disposta dal governo Menabrea), che costringe nel giugno 1869, e per parecchi mesi, giornale e redattori alla macchia (nel settembre figura direttore appunto l'Arrighi), viene infine brillantemente superata. Per tutto il 1870, finché il B. non torna volontario dall'esercito garibaldino dei Vosgi, la posizione del Gazzettino è genericamente quella di portavoce della democrazia milanese (isolati appaiono alcuni scritti più avanzati, come Materialismo e repubblica, del 22 apr. 1870 di F. Cameroni).Soltanto in seguito alla Comune di Parigi l'internazionalismo dilaga sulle colonne del Gazzettino rosa; ilB. dedica a questi avvenimenti alcuni importanti articoli (22, 23, 27 maggio 1871) e il 24 giugno 1871 lo stesso Bakunin, per mezzo del ticinese E. Bellerio, si mette direttamente in contatto con lui.

Il 14 agosto il B. pubblicava la Risposta di un internazionalista a G. Mazzini con cui Bakunin inaugurava una nuova intensa fase di polemica col mazzinianesimo. Una frattura doveva verificarsi tra i collaboratori del Gazzettino: Cavallotti, Billia, Arrighi da un lato, neppure scalfiti dalla ventata internazionalista; V. Pezza e C. Orrigoni invece dall'altro, sempre più legati ai temi dell'Internazionale. Mancava tuttavia anche a questi ultimi la capacità di cogliere tutte le implicazioni politiche e ideologiche della loro posizione. T. Cuno, in una lettera a Engels del novembre 1871, notava acutamente come l'ostacolo a una più matura adesione all'internazionalismo da parte di costoro fosse dovuto al "fatto che l'Internazionale dichiara di non essere una società politica ma di voler risolvere la questione sociale senza prima attuare la riforma dello stato" (Marx e Engels. Corrispondenza con italiani,1848-1899, a cura di G. Del Bo, Milano 1964, p. 106).

Questa contraddizione, più ancora che per il suo giovane amico Pezza, doveva necessariamente farsi esplicita nel garibaldino B., che aveva costantemente condotto la sua battaglia giornalistica sul piano della democrazia e della libertà nello Stato unitario. L'internazionalismo del B., anche quando toccava il tema della questione sociale, si esprimeva sempre in termini meramente libertari, non scalfiva neppure il problema d'una teoria o d'una prassi rivoluzionaria. Ne è un indice la polemica svolta sulle colonne del Libero pensiero (23 nov. 1871) con L. Stefanoni circa la proposta di quest'ultimo d'una "associazione universale di liberi pensatori": "Mi piacciono le associazioni - affermava il B. - ma come la Internazionale le intende, associazioni di lavoro, non manomorte come quelle dei gesuiti... La libertà, la vera, vuole che la battaglia si combatta per lei a cielo aperto" (Il Libero pensiero, giornale dei razionalisti, Firenze 1871, II, p. 331).

Di qui quel contrasto di atteggiamenti onde il B. aderisce, ancora in polemica col Billia, alla campagna astensionistica (ottobre 1871), dall'altra rifiuta di prendere parte alla fondazione del Martello e del Circolo operaio di Milano. La fondazione del Martello segna il distacco del B. non solo dal Pezza che ne era il fondatore, ma da ogni ulteriore tentativo di approfondire il discorso sull'Internazionale. Mazzini, in una lettera a G. Castiglioni (gennaio 1872), notava subito come vi fosse "una velleità di conciliazione da parte di B. e di altri" (Ediz. naz. degli scritti... di G. Mazzini,Epistolario, XCI, p. 309).

Si apriva del resto allora quella crisi progressiva della prima Internazionale, che certo doveva incidere negli sviluppi del movimento anche in Italia. L'eco del contrasto tra Bakunin da un lato, Marx ed Engels dall'altro, ebbe anche qui la sua risonanza. Il gruppo degli intransigenti Cafiero, Pezza, Paladino, che avevano aderito senza riserve all'internazionalismo anarchico del Bakunin, sembra voler approfondire la frattura, attaccando così le posizioni conciliative del B., come quelle di altri, per esempio il Bignami, che si erano pronunziati per il Consiglio generale dell'Internazionale contro Bakunin (Romano, II, pp. 319 s.).

Povera rimane tuttavia la sostanza politica e ideologica del dibattito. Come Cavallotti - che il B. ancora nel settembre 1873 consigliò a non farsi eleggere deputato di Corteolona - nell'attività teatrale, così egli impiegò i mesi precedenti la fine del Gazzettino rosa prevalentemente nella stesura di un romanzo psicologico e di ricordi autobiografici, tra i più interessanti della letteratura garibaldina.

Le divergenze politiche redazionali furono complicate da un'ennesima campagna scandalistica del Bizzoni: era stata architettata dalle autorità di polizia (i sette anni di vita del Gazzettino furono intramezzati da frequenti sequestri, arresti dei redattori e altri interventi della pubblica autorità), per mezzo di D. Besana, redattore del Gazzettino, rivelatosi poi una spia. A questo si deve, infatti, la pubblicazione di un libello contro il B. intitolato Re Quan Quan e la sua corte (Milano 1873). Il B. replicò con numerosi opuscoli (vedi, fra gli altri, Re Quam Quam e la sua corte: millesimaterza notte tradotta dall'arabo, Milano 1874) ed intentò un processo per diffamazione, conclusosi con sua piena soddisfazione. Ma, alla fine, le vicende condussero al termine del Gazzettino rosa (15 nov. 1873).

Trasferitosi da Milano a Genova, col nuovo anno 1874 il B. assunse la direzione del Popolo, giornale d'ispirazione genericamente di sinistra, nell'ambito dell'attivismo organizzativo patrocinato dal Nicotera (in questo quadro va vista la Ragione, ilnuovo quotidiano democratico milanese diretto da Cavallotti, Mussi e Ghinosi, al cui programma il B. appose la sua firma) e con spiccato carattere polemico contro il repubblicanesimo intransigente a sfondo sociale fiorentissimo a Genova.

Dopo una parentesi guerresca nell'estate 1875, per prendere parte all'insurrezione bosniaca contro i Turchi, il B. riprese vivacemente la sua campagna giornalistica sul Popolo, uscendone tre anni più tardi piuttosto malconcio, in seguito ad avventate accuse contro i repubblicani Dagnino, Vassallo e Strocchi (vedi Per la storia del giornalismo mazziniano,Lo Squillo,Genova 1877-78, in Il pensiero mazziniano, 10 apr. 1956).

Come il processo contro il provocatore e confidente della polizia D. Besana, pur risoltosi a suo favore, aveva determinato l'allontanamento del B. da Milano, così l'affare Dagnino ne provocò il ritorno, alla direzione della Bandiera, periodico di orientamento democratico sociale, che tenne fino al dicembre 1879, allorché il giornale cessò le pubblicazioni (una sua riedizione tentata dal B. ebbe breve durata: 15 giugno 1884-1º genn. 1885).

Tra l'80 e l'83 il B. diresse La Provincia pavese e, dopo il tentativo dell'84 di riprendere la testata della Bandiera, e mentre collaborava al Capitan Fracassa e alla Nuova Farfalla e ad altri numerosi fogli del giornalismo d'avanguardia, fondò a Milano un periodico di prevalente intonazione letteraria, la Commedia, di cui trasferì poi la redazione a Roma nel 1888, per chiuderne la pubblicazione il 24 marzo 1889. Fu l'ultima impresa giornalistica da lui patrocinata interamente: la sua attività pubblicistica, in un clima politico che mutava rapidamente e la cui dinamica interna gli sfuggiva, perdeva di mordente polemico, ed egli finiva per rifluire tra quelle stesse file radicali da cui aveva sempre ambito distinguersi.

Già tra il 1881 e il 1883 aveva collaborato saltuariamente alla Lega della Democrazia di A. Mario e soprattutto alla Capitale, l'organo radicale di Roma diretto da F. Dobelli, finché, nel novembre 1890, E. Sonzogno non ne cedette proprietà e direzione a M. R. Imbriani, richiamando il B. a Milano, al Secolo, sempre al fianco del Dobelli, con mansioni di inviato straordinario. In tale qualità il B. collaborò al grande foglio democratico milanese fino al gennaio 1894, allorché alcune risultanze a lui sfavorevoli dell'inchiesta per lo scandalo della Banca romana, che misero in luce suoi precedenti legami col Tanlongo, indussero il Sonzogno a sostituirlo con G. Norsa e a inviarlo poi in Africa. Qui egli si trattenne, come corrispondente del Secolo e di altri giornali milanesi, fino a quando nel gennaio del 1896 non ne venne espulso dal vicegovernatore dell'Eritrea M. Lamberti per opposizione alla guerra e vilipendio al governo coloniale.

Tornato in Italia, restò vicinissimo al Cavallotti, che assistette come padrino nell'ultimo fatale duello di villa Cellere.

Trascorse gli ultimi anni della sua concitata e non sempre limpida esistenza di giornalista tra i maggiori dell'epoca, anche se non tra i più autorevoli, in oscurità e strettezze. Tentò ancora la via del romanzo, facendovi risuonare i motivi polemici che avevano animato il suo giornalismo scapigliato. Colpiva così "la politica della nuova generazione proprio nel margine più scoperto, ai limiti di quelle rivendicazioni sociali che essa ha promesso e non mantenuto" (Mariani, 1967, p. 873), come nell'Onorevole (Milano 1895), in cui egli sviluppava tra l'altro un'aspra critica al parlamentarismo italiano. D'altra parte la polemica politica trovava accenti più larghi di carattere sociale e psicologico, come in Antonio. Racconto di un amore (Milano 1874) e in Il Matrimonio (Milano 1886) e poi ancora in quel violento atto di accusa che è Autopsia di un amore, Studio dal vero "dall'intonazione più apertamente anarchica" (Mariani, ibid., p. 874). Più fresche qualità narrative il B. rivela là dove il suo racconto è dettato dall'immediatezza degli eventi (Stuparich, p. 112), come nelle Impressioni di un volontario all'esercito dei Vosgi (Milano 1874) e nelle osservazioni scaturitegli dal viaggio in Africa (L'Eritrea nel passato e nel presente, Milano 1897). Egli aveva anche tradotto la Storia della Rivoluzione francese del Michelet (Milano 1898) e lasciò inedito un lavoro su Garibaldi nella sua epopea, poi pubblicato a Milano nel 1907.

Il B. morì a Milano il 21 sett. 1903.

Fonti e Bibl.: G. Barbanti Brodano, Serbia. Ricordi e studi slavi, Bologna 1877, pp. 225 s.; F. Giarelli, Vent'anni di giornalismo, Codogno 1896, p. 71; B. Croce, La letteratura della nuova Italia, VI, Bari 1957, pp. 167-8; N. Quilici, Banca romana, Milano 1935, pp. 380, 447 e n., 589; Scrittori garibaldini, a cura di G. Stuparich, Milano 1946; L. Russo, I narratori, Milano 1951, p. 78; G. Carducci, Epistolario (ediz. naz.), XV, Bologna 1953, p. 7; S. Merli, La democrazia radicale in Italia, in Movimento operaio, VII (1955), pp. 36 s. e passim; Democrazia e socialismo in Italia. Carteggi di N. Colaianni, 1878-1898, Milano 1959; L'Italia radicale. Carteggi di F. Cavallotti, a cura di L. Dalle Nogare e S. Merli, Milano 1959, pp. 27-79 e passim; B. Montale, La confederazione operaia genovese, Pisa 1960, passim; Antologia di scrittori garibaldini, a cura di G. Mariani, Bologna 1960; La scapigliatura democratica. Carteggi di A. Ghisleri (1875-1890), a cura di P. C. Masini, Milano 1961, pp. 25, 142; G. Mariani, Alle origini della Scapigliatura, in Convivium, XXIX (1951), pp. 280 ss., 423 ss.; F. Nasi, Il peso della carta, Bologna 1966, passim; N. Rosselli, Mazzini e Bakunin, Torino 1967, passim; A. Romano, Storia del movimento socialista in Italia, Bari 1967, I, p. 276; II, pp. 48, 49, 52-4, 116, 144, 152 s., 164, 172, 196, 203, 205, 212, 220, 222, 262, 274, 350; III, pp. 96, 131, 182; G. Mariani, Storia della Scapigliatura, Caltanissetta 1967, passim.

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