BOCCHI, Achille

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 11 (1969)

BOCCHI, Achille

Antonio Rotondò

Nacque a Bologna nel 1488 da Giulio e da Costanza Zambeccari. Il padre, discendente da antico casato, che sin dal sec. XIV aveva dato maestri di diritto allo Studio e magistrati al governo cittadino, provvide, nonostante un temporaneo declino economico, a un'educazione del figlio conforme alle tradizioni della famiglia. Avviato a studi d'umanità, acquistò presto notevoli cognizioni di latino e di greco. Aggiunse più tardi nozioni di ebraico. Suo maestro fu Giovanni Battista Pio, del quale difese nel 1508: Commentaria in Plautum con una Apologia in Plautum, vivacissima confutazione d'un detrattore del maestro.

Nella lunga dedicatoria al cardinale Raffaele Riario il B. fa l'elogio della dottrina classica del Pio, riportando le testimonianze di Filippo Beroaldo senior, di Giano Parrasio, di Lorenzo Abstemio, del Bembo. Altre lodi del maestro fece nel 1509 in una raccolta di Carmina in laudem Io. Baptistae Pii e più tardi, nel testamento (14 luglio 1556), espresse la volontà che gli eredi dessero alle stampe opere inedite del Pio, che egli affermava trovarsi presso di sé.

Alla Apologia unì la traduzione della vita di Cicerone di Plutarco. Dalla dedicatoria di questa al vescovo Achille Grassi sembra doversi dedurre che a quella data ne aveva già sposato la nipote Taddea, dalla quale ebbe sei figli. Di questi si distinsero Pirro e Costanza: Pirro tentò una mediocre continuazione dell'opera storica del padre; Costanza è tradizione che fosse buona verseggiatrice e donna colta in latino e greco.

Nel 1508 fu chiamato, per interessamento di Ludovico Ghisilardi e di Giovanni Francesco Aldrovandi, al lettorato di greco nello Studio, che tenne fino al 1512. Nei "rotuli" dello Studio risulta poi iscritto ininterrottamente dal 1514 al 1562, ora all'insegnamento di "retorica e poesia", ora a quello di "umanità". Ma a questa continuità della iscrizione del suo nome nei "rotuli" non corrisponde pari continuità di insegnamento pubblico, ora per ragioni di salute, ora a causa di altri incarichi affidatigli dal Reggimento della città. Fu a Roma come oratore imperiale e la destrezza nel maneggio dei negozi politici gli guadagnò i titoli di conte palatino e di cavaliere aurato (1520). Notevoli favori godette da Leone X, al quale dedicò una breve raccolta di versi: Lusuum libellus ad Leonem X P.O.M., in parte inedito. Nel 1522 e nel 1530 fece parte del Collegio degli Anziani. Nel 1526 fu chiamato a far parte della segreteria del card. Guido Ascanio Sforza, nipote del futuro Paolo III e legato di Bologna. La sua intercessione gli ottenne dai Riformatori dello Studio la dispensa dall'insegnamento col mantenimento dello stipendio, a condizione che professasse privatamente e attendesse alla composizione dell'Historia Bononiensis, di cui aveva presentato al Senato il primo libro fin dal 1517.

L'Historia Bononiensis doveva giungere, secondo il proposito del B. e per desiderio del Senato, fino agli avvenimenti contemporanei. Ma, nonostante l'impegno e la continuità con cui il B. vi si dedicò dal 1517 al 1551, essa rimase incompiuta. La narrazione giunge fino al 1263 e si arresta al diciassettesimo libro. I singoli libri sono dedicati ai vari legati pontifici che si succedettero alla legazione di Bologna: ad esempio il primo a Giulio de' Medici, il quarto a Innocenzo Cibo, il tredicesimo a Guido Ascanio Sforza, il sedicesimo a Giovanni Morone, e così via. Sia nello intento sia nell'ordine della narrazione il B. ricalca il modello delle storie di altre città italiane composte fra Quattro e Cinquecento: le Historiae Ferrarienses di Pellegrino Prisciani, i Rerum Venetarum libri di Marco Antonio Sabellico e soprattutto la Mediolanensis historia di Bernardino Corio, che egli cita frequentemente. Ma rispetto a questi modelli l'HistoriaBononiensis presenta maggiore frammentarietà nel tessuto della narrazione e assai minore coesione nella visione dell'insieme. Sul periodo delle origini (libri I-IV) il B. dimostra buona conoscenza materiale delle fonti classiche, ma scarso è il discernimento critico, soprattutto nel discriminare tra fonti classiche e tradizioni e leggende anche molto tarde. Sul periodo delle invasioni barbariche e dell'alto Medioevo (libri V-VII) rivela buona conoscenza di Procopio, del Platina e del Biondo; ma anche in questa parte l'accoglimento della più rozza e indiscriminata tradizione agiografica prevale sui rari momenti dell'impegno critico. Di gran lunga più ampia è la parte che tratta del periodo comunale (libri VIII-XVII). L'utilizzazione quasi sistematica di documenti dell'archivio del Comune (Camera degli atti) limita in questa parte il gusto della digressione e della leggenda e sollecita frequentemente il confronto critico con la cronistica e con la tradizione.

Alla morte del B. il Senato affidò l'incarico di portare a termine l'opera al figlio Pirro, che nel 1574 presentò il diciottesimo e unico libro (1264-1273), opera di frettolosa e svogliata compilazione. Intenzione di proseguire l'Historia espresse, agli inizi del Seicento, lo scozzese Thomas Dempster (Archivio di Stato di Modena, Letterati, busta 17). Agli inizi del Settecento un probabile proposito dei rettori dell'Istituto delle scienze di Bologna di darla alle stampe fu presto abbandonato per dissuasione di Eustachio Manfredi che ne diede un giudizio severissimo (C. Malagola, Lettere inedite di uomini illustri, Bologna 1875, I, pp. 150-153).

La quasi sistematica assenza dall'ufficio di pubblico insegnante nello Studio non diminuì l'efficacia della presenza del B. nella vita culturale bolognese della prima metà del secolo. Per oltre un cinquantennio si riunirono intorno a lui maestri dello Studio, filosofi e umanisti: Ludovico Ricchieri, Bartolomeo Ricci, Romolo Amaseo, Sebastiano Corradi, Leandro Alberti Ludovico Boccadiferro, Giovanni Filoteo Achillini, Gavino Sambigucio, Giovanni Antonio Flaminio e altri. Direttamente, o tramite il cardinale Raffaele Riario, conobbe Erasmo, che lo ricorda nel Ciceronianus (Opera omnia, I, Lugduni Bat. 1772, col. 1009). Fino al 1517 ebbe stretta familiarità con Marco Antonio Flaminio, che lo considerò suo maestro e gli dedicò una breve raccolta di componimenti poetici e di epigrammi inediti di Michele Marullo. Nel 1525 un temporaneo contrasto con l'Amaseo non sembra andasse oltre la mera emulazione accademica, perché nel 1544 il B. fa un sincero elogio dell'Amaseo nella dedica al cardinale Morone del sedicesimo libro dell'Historia Bononiensis. Nel 1527, allontanatosi da Firenze, trovò accoglienza presso il B. Giovan Pietro Valeriano, che ne ricorda l'amicizia e la generosità nella dedicatoria dei Hieroglyphica. Nel 1536, nel dialogo Annotazioni della lingua volgare, Giovanni Filoteo Achillini immagina raccolti a convito e a dotta discussione sul problema della lingua, insieme col B., l'Amaseo e l'Alberti; e il B. vi sostiene, contro l'Amaseo, le ragioni del volgare. Del 1536 è anche l'inizio della sua amicizia con Iacopo Sadoleto, del quale il B. ammira la dottrina e la pietà (I. Sadoleti Epistolarum libri XVI, Coloniae Agr. 1580, pp. 405-406). Nel 1538 conobbe a Bologna l'eretico siciliano Lisia Fileno (Camillo Renato) per il quale, nel febbraio del 1540, offrì la sua garanzia all'inquisitore sperando di evitarne la cattura (Bibl. dell'Archiginnasio, ms. B. 1928: Apologia Lysiae Philaeni Pauli Riccii Siculi, f. 44v). Nel 1546, accresciuto ormai in misura cospicua il suo patrimonio, diede inizio alla costruzione d'uno splendido palazzo (molto probabilmente su disegno del Vignola, attuale n. 16 della via Goito) "ad usum Academiae seu Collegii", come si legge nel testamento citato (cfr. J. K. Schmidt, Zu Vignolas Palazzo Bocchi in Bologna, in Mitteil. des kunsthistor. Instit. in Florenz, XIII [1927], pp. 83-94).

L'Accademia "Bocchiana" (o "Bocchiale"), detta anche "Ermatena" dall'impresa che il B. le diede come insegna (la riproduzione d'un angolo del palazzo sormontato da Minerva e Mercurio che affiancano Amore, il quale tiene legata la testa d'un leone), ebbe un ruolo notevole nella vita culturale bolognese. Le notizie che se ne hanno non sono molte. In un'Oratioin exordiis lectionum publicarum del 1547 il B. sottolinea la differenza tra le "familiarissime" dispute della sua Accademia e l'austerità del suo insegnamento pubblico. Notizie più dettagliate da Gavino Sambigucio in un'orazione tenuta agli accademici nel 1556 (G. Sambigucii In Hermatenam Bocchiam interpretatio, Bononiae 1556, pp. 8-16). Protettore dell'Accademia era Paolo III; patrono il nipote di questo, il cardinale Alessandro Farnese. Poiché nel 1556 il Sambigucio parla di un "integrum iam decennium" di sforzi compiuti dal B. per organizzare l'Accademia, è da abbandonare l'ipotesi, altra volta avanzata, che questa funzionasse anteriormente al 1546. La morte di Paolo III (1549) e le nuove responsabilità assunte dal cardinale Farnese privarono l'Accademia di quelle protezioni dirette che le erano necessarie, così che essa visse stentatamente fino al 1556. In quell'anno si aprì un nuovo periodo d'attività orientata in senso prevalentemente filologico, soprattutto per impulso di Cesare Odone. Nel 1557 il B. vi tenne un corso sul De legibus di Cicerone, di cui si conservano le Praelectiones. L'Accademia ebbe, probabilmente non prima del 1555, una sua stamperia. Non si possiede un elenco delle edizioni uscite dai suoi torchi.

Nel 1555 il B. pubblicò - probabilmente prima edizione della stamperia dell'Accademia - l'opera che lo rese maggiormente noto: Symbolicarum quaestionum de universo genere quas serio ludebat libri quinque.

Si compone di centocinquantuno epigrammi illustrati da altrettanti "simboli" incisi in rame da Giulio Bonasoni e ritoccati, nella seconda edizione (1574), da Agostino Carracci. Munita di un privilegio di stampa concesso da Enrico II di Francia, l'opera è dedicata a Paolo IV. Fin dal "symbolum symbolorum" destinato al lettore è evidente l'influenza degli Emblemata di Andrea Alciato. Tuttavia il B. raccoglie esperienze emblematiche presenti nella cultura bolognese anche indipendentemente dalla diffusione dell'opera dell'Alciato. Notevole è la presenza dei motivi petrarcheschi ed erotici alessandrini (ad esempio., Symb 6, 7, 12, 13, 75, 89); ma preponderanti sono i motivi della simbologia orientale e i motivi mistico-scritturistici: i primi derivanti dall'influenza di Filippo Fasanini, traduttore dell'Horapollo, e dai Hieroglyphica di Valeriano; i secondi da una spiccata sensibilità religiosa propria del Bocchi. In una lettera del 6 giugno 1556, diretta a Giovanni Battista Pigna, il B. scrive che l'opera è da considerarsi "un preludio de gl'altri simboli cabbalistici et theologici fondati sulla Sacra Scrittura" (Arch. di Stato di Modena, Letterati, busta 10). Al Pigna prometteva anche un seguito dell'opera in tre libri. Molti dei simboli del B. furono riprodotti e imitati in opere analoghe del Seicento: ad esempio dall'olandese Ottavio van Veen (Otho Vaenius) e dall'inglese John Marston.

Il B. morì a Bologna il 6 nov. 1562.

Opere: Apologia in Plautum cui accedit vita Ciceronis auctore Plutarco nuper inventa ac diu desiderata, Bononiae, Io. Antonius de Benedictis, 1508; Carmina in laudem Iohannis Baptistae Pii, Bononiae, Io. Antonius de Benedictis, 1509 (rarissimo); Lusuum libellus ad Leonem X. P.O.M., in parte inedito (vedi A. M. Bandini, Catalogus codicum Latinorum Bibl. Mediceae Laurentianae, II, Florentiae 1775, p. 139; in copia settecentesca da un codice posseduto dal cardinale Passionei si conserva anche nella Bibl. Univ. di Bologna, ms. 2675, VI; parte dell'opera è pubblicata in Delitiae CC Italorum poetarum..., a cura di R. Gherio, Francofurti 1614, I, pp. 443-452, e più ampiamente in Carmina illustrium poetarum Italorum, I, Florentiae 1719, pp. 333-360). L'Historia Bononiensis si conserva in vari codici, dei quali il più importante è il n. 305 della Bibl. Univ. di Bologna: diviso in diciannove fascicoli, esso comprende, oltre al libro composto dal figlio Pirro, anche un'Oratio Iohannis Lascaris ad Carolum V Caesarem Augustum ex libris Historiarum Achillis Bocchii, con dedica del B. datata 1551. Altri mss. sono indicati in G. Ravera Aira, A. B. e la sua "Historia Bononiensis", in Studi e mem. per la storia della Università di Bologna, XV (1942), pp. 73-75. Symbolicarum quaestionum de universo genere quas serio ludebat libri quinque, Bononiae, in aedibus Novae Academiae Bocchianae, MDLV (seconda edizione, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononiensis, 1574). Una traduzione in latino della canzone all'Italia del Petrarca si conserva nel ms. 2435, 4 della Bibl. Univ. di Bologna. Sempre nella Bibl. Univ. si conservano inedite alcune orazioni: nel ms. 304 Praelectiones in libros de legibus M. T. Ciceronis habitae Bononiae in Academia Bocchiana MDLVII; nel ms. 595. K. 10 l'Oratio in exordiis lectionum publicarum (le altre contenute nello stesso codice sono erroneamente attribuite al B.: cfr. P. Prodi, Il cardinale G. Paleotti (1522-1597), I, Roma 1959, pp. 54-55). Poche le lettere superstiti oltre quella citata a G. B. Pigna. Un'epistola in esametri diretta al giurista Lelio Torelli il 12 ott. 1548 si conserva in due stesure nella Bibl. Oliveriana di Pesaro, mss. 1571 e 1579. Una lettera ad Andrea Nadasdino del 31 ag. 1556 in Bibl. dell'Archiginnasio, ms. B. 470,8; al Guicciardini, ibid., ms. B. 3146; una, senza destinatario e indirizzo, in Bibl. Univ. di Bologna, ms. 90,3.

Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1389-1392; G. Fantuzzi, Not. degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 217-232, e IX, ibid. 1794, pp. 61-63; M. Medici, Mem. stor. intorno alle accademie scientifiche e letterarie della città di Bologna, Bologna 1852, pp. 36-39; U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello studio di Bologna..., I, Bologna 1888, pp. 262 ss., e II, ibid. 1889, pp. 6 ss.; E. Cuccoli, M. A. Flaminio. Studio con doc. ined., Bologna 1897, pp. 34-36; A. Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, Bologna 1929, pp. 105-106, 116; Id., Le marche tipografiche bolognesi delsec. XVI, Milano s. a., pp. 36-37; M. Praz, Studi sul concettismo, Firenze 1946, pp. 39, 52, 99, 130, 285; A. Sorbelli-S. Simeoni, Storia dell'Univ. di Bologna, II, L'età moderna (1500-1888), Bologna 1947, pp. 44-46; A. Rotondò, Per la storia dell'eresia a Bologna nel secolo XVI, in Rinascimento, s. 2, I (1961), pp. 160-163, 165-167.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE
TAG

Giovanni filoteo achillini

Giovanni antonio flaminio

Marco antonio sabellico

Ludovico boccadiferro

Enrico ii di francia