LAURO, Achille

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LAURO, Achille

Giuseppe Sircana

Nacque a Piano di Sorrento il 19 giugno 1887 da Gioacchino, piccolo armatore navale, e da Laura Cafiero. Non aveva ancora tredici anni allorché il padre, contrariato per la sua scarsa applicazione agli studi, lo distolse dai libri per fargli provare la dura esperienza di mozzo a bordo di un suo veliero. Circa un anno dopo il L. tornò a frequentare, con ben altro spirito, le aule della scuola navale Nino Bixio nel suo paese natale. A vent'anni, in seguito alla morte del padre, assunse la responsabilità della famiglia e, per far fronte a una pesante situazione finanziaria, dovette alienare due delle tre navi ereditate. Grazie alla determinazione e a uno spiccato senso degli affari il L. superò le difficoltà realizzando notevoli profitti, ma nel corso del primo conflitto mondiale perse anche la sua unica nave. Costretto a proseguire l'attività con navi noleggiate, nel 1922 acquistò all'asta il "Lloyd", un piroscafo americano, che era naufragato nel porto di Napoli; ribattezzata "Iris" quella nave fu la prima di una flotta destinata a raggiungere nel 1936 le 23 unità e appena tre anni dopo, nel 1939, addirittura le 55 unità per complessive 336.700 tonnellate.

Lo straordinario sviluppo della flotta era certo dovuto alle capacità imprenditoriali del L. e ad alcune felici intuizioni che sapeva tradurre in immediate decisioni. La sua era infatti una gestione accentratrice, vigile e attenta, per esempio, a far sì che le navi non viaggiassero mai senza carico. Questo sistema fu subito sperimentato con la "Iris", che trasportava grano dai porti del Mar Nero a quelli del Nord Europa facendo poi tappa in Gran Bretagna dove imbarcava carbone destinato in Italia. Allo stesso modo, per ridurre al minimo l'incidenza dei costi per il passaggio del canale di Suez, venivano programmate operazioni di carico e scarico a ciclo pressoché continuo tra i porti dell'Europa e quelli dell'Africa orientale, dell'India e dell'Indocina. Si rivelò infine felice la scelta del L. di cointeressare alla proprietà delle navi molti fra i suoi dipendenti e collaboratori, riuscendo a suscitare in loro uno spiccato spirito d'appartenenza e maggiore dedizione al lavoro.

Gli affari del L. furono nondimeno agevolati dai suoi buoni rapporti con le alte gerarchie del fascismo. Iscritto al Partito nazionale fascista (PNF) nel 1933, membro della Camera dei fasci e delle corporazioni, il L. poté realizzare ingenti profitti grazie alla concessione del monopolio di alcuni trasporti e alla gestione in esclusiva del servizio passeggeri per l'Africa orientale italiana. Il 19 febbr. 1942 fu ricevuto da B. Mussolini, con il quale si vantò di aver dato vita, secondo le direttive fasciste, a un "felice esperimento di fusione fra datori di lavoro e lavoratori" (Arch. centr. dello Stato, Segreteria…) e si lamentò per la perdita di numerose navi a causa degli eventi bellici. Per risarcirlo Mussolini lo favorì nell'acquisizione del 50% della proprietà dei tre giornali napoletani, Il Mattino, il Roma e Il Giornale di Napoli, dei quali il L. assunse anche la gestione (nel 1949 sarebbe divenuto unico proprietario del Roma cedendo in cambio a una società controllata dal Banco di Napoli le quote degli altri due giornali).

Ritenuto responsabile di profitti di regime e illecito arricchimento, il 9 nov. 1943 fu arrestato dagli Alleati e trascorse 22 mesi tra carcere e campo di internamento prima di essere assolto dalla corte d'appello di Napoli nel settembre 1945. Malgrado le rilevanti perdite (delle 57 navi possedute nel 1940 ne restavano appena cinque) il L. poté risalire la china anche grazie al risarcimento dei danni, che gli fu concesso con estrema rapidità, e alle aperture di credito della City di Londra, su cui aveva sempre potuto contare. Riuscì inoltre a farsi assegnare dal governo degli Stati Uniti, con la garanzia di quello italiano e a condizioni di favore, gli scafi di due navi "Liberty", che furono trasformate nei transatlantici "Sydney" e "Surriento". In breve tempo la flotta riconquistò le posizioni perdute, divenendo all'inizio degli anni Cinquanta, con 40 unità per complessive 650.000 tonnellate, la più grande flotta privata d'Europa.

Ancora una volta il L. seppe approfittare delle circostanze beneficiando dell'aumento dei noli e attrezzando navi per soddisfare la nuova ondata dell'emigrazione italiana transoceanica.

A capo di una solida realtà imprenditoriale, che dava lavoro a più di 2000 persone, in gran parte napoletane, e detentore di un patrimonio personale tra i più cospicui d'Italia, il L. ambiva a un ruolo di protagonista anche sulla scena politica. Dopo aver sondato la Democrazia cristiana (DC), e forse anche altre forze politiche, e vistosi respinto a causa dei suoi trascorsi fascisti, il L. abbracciò la causa del Fronte dell'Uomo qualunque di G. Giannini. La sua militanza qualunquista fu tanto breve quanto esiziale per questo movimento, finendo il L. per essere il grimaldello usato dalla DC per scardinarlo.

Nell'ottobre 1947 di fronte alla minaccia del leader qualunquista di votare la mozione di sfiducia presentata dalle sinistre, il L. fu sollecitato dal segretario della DC, A. Piccioni, a intervenire per scongiurare quell'ipotesi, che avrebbe determinato la caduta del governo De Gasperi. Dopo aver tentato invano di persuadere Giannini, il L. riuscì a convincere i singoli deputati qualunquisti ad appoggiare il governo, garantendo loro la candidatura in un'altra formazione politica, che fu poi il Partito nazionale monarchico (PNM). Secondo il L. questo partito, dalla struttura gracile e in difficoltà finanziarie, avrebbe potuto beneficiare del grande patrimonio di voti rappresentato dall'elettorato che il 2 giugno 1946, soprattutto a Napoli e nel Mezzogiorno, si era espresso in favore della monarchia.

Entrato nel PNM con tutto il peso della sua forza economica il L. ne assunse la presidenza, ma la conduzione del partito restava nelle mani del segretario A. Covelli. Alle elezioni del 18 apr. 1948 preferì non candidarsi, limitandosi a sostenere uomini a lui legati (uno, il sottosegretario alla Marina mercantile N. Salerno, addirittura nelle liste di Unità socialista) e contribuendo al risultato del PNM che conquistò 14 deputati. Decise invece di candidarsi alle elezioni amministrative di Napoli del 25 maggio 1952.

Nel quadro di un generale spostamento a destra, che vide in diversi Comuni del Mezzogiorno prevalere la coalizione tra il PNM e il Movimento sociale italiano (MSI), il successo di questo schieramento a Napoli fu in buona parte dovuto "all'immagine risolutrice di Lauro, che si presentava agli occhi del popolo napoletano come l'uomo nuovo, forza alternativa in grado di offrire una soluzione a ogni problema" (Napoli, p. 5).

Eletto sindaco il 9 luglio 1952, il L. ebbe di lì a poco l'occasione per estendere la propria influenza oltre l'ambito partenopeo. Le elezioni politiche del 7 giugno 1953 registrarono infatti una clamorosa avanzata dei monarchici, passati dal 2,8% del 1948 al 6,8%, e da 14 a 40 deputati. Il L. intendeva sfruttare il successo per negoziare da posizioni di forza con una DC in difficoltà e accolse pertanto con favore le aperture di De Gasperi nei confronti del PNM. Prevalsero invece le posizioni intransigenti di Covelli, per cui il 28 luglio i deputati monarchici unirono i loro voti a quelli delle sinistre e del MSI, facendo mancare la fiducia al monocolore De Gasperi. Sul nodo dei rapporti con la DC si consumò la rottura tra Covelli e il L., che il 2 giugno 1954 diede vita al Partito monarchico popolare (PMP).

In cambio dell'appoggio subito concesso al governo Scelba il L. ottenne, come sindaco di Napoli, l'astensione del gruppo DC in Consiglio comunale, l'accesso a consistenti finanziamenti statali e "carta bianca per commettere le più diverse irregolarità in ogni campo: valutazione degli imponibili, stipulazione dei contratti, gestione della pubblica assistenza, assunzione del personale, politica finanziaria generale" (Allum, 1975, pp. 355 s.).

Intorno al L. si raccolse il "blocco urbano edilizio", che aggregava non solo costruttori e proprietari di case "ma anche strati e ceti sociali diversi, variamente interessati ad un processo di trasformazione della città nel senso della valorizzazione speculativa delle aree" (Dal Piaz, pp. 31 s.). Oltre che un esteso e ramificato sistema di interessi, il "laurismo" fu un fenomeno politico di stampo populista fondato sul culto del "Comandante" (tale era l'appellativo del Lauro). Al sostegno di imprenditori, professionisti e ceto medio si aggiungeva infatti quello del cosiddetto popolo minuto, davanti al quale il L. si atteggiava a difensore delle tradizioni partenopee e a vindice delle ingiustizie inflitte alla città dallo Stato e dai profittatori settentrionali. Per accrescere consenso e popolarità il L. si servì soprattutto della squadra di calcio Napoli, di cui fu l'esuberante presidente dal 1952 al 1963 (lo era già stato, sebbene in modo più sommesso, dal 1936 al 1940).

Alle elezioni amministrative del 27 maggio 1956 il PMP conquistò la maggioranza assoluta con il 51,8% dei voti e 44 seggi su 80 e l'anno successivo ottenne un lusinghiero risultato (9% dei voti) anche alle elezioni regionali sarde. Il L. si convinse allora di poter recitare un ruolo di protagonista anche a livello nazionale puntando su quei settori dell'imprenditoria privata ostili alla politica delle partecipazioni statali, sostenuta dal segretario della DC A. Fanfani.

Il L. decise insomma di porsi in competizione con quel partito di cui si era reso utile strumento e con il quale aveva comunque stabilito un modus vivendi di reciproca convenienza. Preoccupato per le conseguenze della sfida, soprattutto nel Mezzogiorno, Fanfani decise di contrastarlo con estrema risolutezza.

Nell'agosto 1957 gli ispettori inviati a Napoli dal ministro dell'Interno, F. Tambroni, riscontrarono numerose gravi irregolarità commesse dalla giunta Lauro e qualche mese dopo, il 13 febbr. 1958, venne decretato lo scioglimento del Consiglio comunale.

Iniziò allora il declino politico del L., che, dopo aver chiamato i Napoletani a reagire al "sopruso" di Roma, dovette registrare un risultato molto deludente alle elezioni politiche del 25 maggio 1958.

In luogo dei due milioni sperati il PMP ottenne infatti soltanto 776.942 voti (2,63%) e 14 seggi; eletto alla Camera nella circoscrizione Napoli-Caserta, il L. uscì sconfitto nel duello con il democristiano S. Gava per la conquista del collegio senatoriale di Castellammare di Stabia. Era quasi un passaggio di consegne tra il declinante laurismo e il nuovo potere cittadino.

Alle elezioni amministrative del 6 nov. 1960 la lista del L. fu comunque in grado di ottenere il 35,9% dei voti e 30 seggi, in virtù dei quali egli tornò a ricoprire la carica di sindaco. La sua rielezione fu resa possibile dall'astensione dei consiglieri democristiani i quali però, votando contro il bilancio il 20 marzo 1961, ne determinarono le dimissioni. Nel settembre dello stesso anno il passaggio nelle file della DC di 7 consiglieri monarchici segnò la definitiva sconfitta politica del Lauro.

Nel tentativo di arrestare, o almeno contenere, il prosciugamento del proprio bacino elettorale il L. e Covelli avevano intanto deciso, nell'aprile 1959, di unificare i loro partiti dando vita al Partito democratico di unità monarchica (PDIUM), che alla elezioni politiche del 28 apr. 1963 raccolse appena l'1,7 % dei voti ottenendo 8 deputati (tra cui il L.) e 2 senatori. Alle successive politiche del 19 maggio 1968 la percentuale scese all'1,3% e la rappresentanza dei monarchici si ridusse a 6 deputati e due senatori, tra i quali il Lauro.

Il 7 maggio 1972 venne eletto nuovamente alla Camera nelle liste del MSI-Destra nazionale, partito nel quale, nel febbraio precedente, era confluito il PDIUM. Rieletto il 20 giugno 1976, nel dicembre successivo aderì alla scissione dal MSI di Democrazia nazionale, nelle cui file fu candidato alle elezioni del 3 giugno 1979 sia alla Camera sia al Senato.

Con la mancata elezione, il L. chiudeva amaramente, all'età di 92 anni, la carriera politica, ma altre amarezze dovevano venirgli dal fallimento della sua flotta, di cui non fece in tempo a vedere l'umiliante epilogo con la messa all'asta del suo patrimonio personale.

Il L. morì a Napoli il 15 nov. 1982.

Del L. sono stati pubblicati La mia vita. La mia battaglia, Napoli 1958 e Scritti e discorsi, Roma 1958.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, b. 400, f. 149.133; G. Lauro, Io difendo mio padre, Napoli 1945; F. Compagna, L. e la Democrazia cristiana, Roma 1960; G. Pallotta, Diz. della politica italiana, Isola del Liri 1964, pp. 315 s.; P. Allum, Potere e società a Napoli nel dopoguerra, Torino 1975, passim; S. Setta, L'Uomo qualunque, 1944-1948, Roma-Bari 1975, ad ind.; M. Caprara, I Gava, Milano 1975, ad ind.; P. Zullino, Il comandante, Milano 1975; A. Ghirelli, Napoli italiana. La storia della città dopo il 1860, Torino 1977, ad ind.; Id., Intervista sul Calcio Napoli, a cura di M. Barendson, Roma-Bari 1978, pp. 32 ss., 45, 69-72, 79-84, 86-95; G. Galasso, Intervista sulla storia di Napoli, a cura di P. Allum, Roma-Bari 1978, ad ind.; G. D'Agostino - M. Mandolini, Napoli alle urne (1946-1979), Napoli 1980, passim; D. De Napoli, Il movimento monarchico in Italia dal 1946 al 1954, Napoli 1980, ad ind.; F. Isabella, Napoli dall'otto settembre ad A. L., Napoli 1980, ad ind.; A. Dal Piaz, Napoli 1945-1985. Quaranta anni di urbanistica, Milano 1985, pp. 27, 32-36, 39 ss., 43, 53; G. Galasso, Napoli, Roma-Bari 1987, ad ind.; G. Pallotta, Cronache dell'Italia repubblicana, Roma 1987, ad ind.; P. Totaro, Il potere di L.: politica e amministrazione a Napoli 1952-1958, Salerno 1990; S. Setta, A. L., in Il Parlamento italiano, XVII, Milano 1991, pp. 361-379; S. Romano, Don A., 'o comandante, Milano 1992; A. Ghirelli, A. L., l'ultimo Borbone, in Id., Un'altra Napoli, Venezia 1993, pp. 91-111; Il silenzio della ragione. Politica e cultura a Napoli negli anni Cinquanta, a cura di G. Chianese, Napoli 1994, ad ind.; S. Setta, La destra nell'Italia del dopoguerra, Roma-Bari 1995, ad ind.; E. Corsi, Napoli contemporanea. La città dalla guerra al Duemila, Napoli 1995, ad ind.; A.M. Imbriani, Vento del Sud. Moderati, reazionari, qualunquisti (1943-1948), Bologna 1996, ad ind.; P. Allum, Il potere a Napoli. Fine di un lungo dopoguerra, Napoli 2001, passim; S. Napoli, Il laurismo: problemi di interpretazione, "Working papers", Università di Siena, Dipartimento di scienze storiche, s.l. né d.; M. Tarchi, L'Italia populista. Dal qualunquismo ai girotondi, Bologna 2003, pp. 95-99; I deputati e senatori del settimo Parlamento repubblicano, Roma 1976, sub voce.

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