ACQUEDOTTO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

ACQUEDOTTO (I, p. 382; App. II, 1, p. 18; III, 1, p. 15)

Umberto Messina

Nel decorso quindicennio si sono sviluppate, specialmente in Italia, caratteristiche d'impostazione programmatica, di progettazione e di costruzione degli a., le quali, nel confermare tendenze già prima manifestatesi, sia pur meno sistematicamente, hanno contrassegnato le maggiori realizzazioni compiute o in corso. La pianificazione delle utilizzazioni delle risorse idriche, con priorità per gli usi potabili e igienici, esigenza già da decenni sentita e sostenuta dai tecnici del settore, da un lato è apparsa indifferibile sotto la spinta degl'incrementi dei fabbisogni per tutti gli usi dell'acqua e di fronte al profilarsi di difficoltà nel reperimento delle fonti di alimentazione, dall'altro ha trovato possibilità di concretarsi nella caratterizzazione degli schemi di a. allorché è stata, in notevole parte d'Italia, accentrata la funzione d'indirizzo della progettazione e di scelta delle soluzioni.

L'attività della Cassa per il Mezzogiorno, che non solo ha attuato l'intervento totale dello Stato per a. nel 43% del territorio nazionale, ma che, dagli anni Cinquanta, si avviò a realizzarlo in base a piani regionali o interregionali, ha condotto prevalentemente a schemi con diramazioni, allaccianti un numero generalmente elevato di comuni e centri, ha fatto ricorso a molteplici fonti di alimentazione per raggiungere la copertura dei fabbisogni previsti a lungo termine, ha promosso utilizzazioni intersettoriali delle acque, offrendo, così, presupposti tecnici ed economici a iniziative che hanno dato luogo al loro contemporaneo o complementare impiego per usi idroelettrici, irrigui, industriali, igienici.

Alla predetta impostazione, adottata per l'Italia meridionale, ha fatto seguito, per l'intero territorio italiano, in forma di pianificazione e normativa, il Piano regolatore generale degli a., che, previsto dalla l. 4 febbraio 1963, n. 129, e redatto dal ministero dei Lavori Pubblici, è entrato in vigore nel 1967. In tale piano, che, secondo la disposizione di legge, riserva determinate risorse a comuni o gruppi di comuni per il soddisfacimento dei fabbisogni potabili prevedibili fino all'anno 2015, è inserita l'indicazione di un gran numero di schemi, che comprendono anche, aggiornandoli, quelli studiati o avviati a realizzazione dalla Cassa per il Mezzogiorno nel territorio di suo intervento. Nella nuova pianificazione è dato largo spazio ad a. a diramazioni con ampie zone di servizio. Rispetto alla situazione rilevata al 1963, che, su un complesso di 12.305 a., ne indicava il 97% a servizio di un sol comune, il 2,67% intercomunali e lo 0,33% interprovinciali, è previsto un complesso di a., di nuovo impianto o a potenziamento di opere esistenti, per un totale di 1622; fra essi quelli destinati a servizio di un solo comune si riducono a un'aliquota del 66%, ma, quel che più ha rilievo, utilizzano solo il 24% della portata totale impegnata, mentre il 42% di questa sarà utilizzato da a., ciascuno dei quali a servizio di oltre 10 comuni.

Nei riguardi delle fonti di alimentazione notevoli modifiche ha continuato a subire la tendenza, legata alla radicata tradizione italiana, eredità delle grandi realizzazioni romane, verso il ricorso ad acque di sorgente che possiedono allo stato naturale i requisiti fisici, chimici e organolettici favorevoli all'uso potabile. Molteplici fattori fanno, infatti, evolvere, e sempre più marcatamente nei tempi recenti, i criteri di scelta per questa fondamentale componente degl'impianti: s'individuano, fra le prime cause, la rarefazione delle risorse sorgentizie disponibili e l'incremento dei fabbisogni, ma sono anche determinanti, quali strumenti per risolvere i conseguenti problemi, i progressi tecnologici e la diffusione dei processi e impianti per la potabilizzazione delle acque superficiali, per la correzione di alcuni caratteri chimici e per l'eventuale sterilizzazione di acque prelevate da falde, gli sviluppi degl'impianti e dei macchinari per l'emungimento da falde superficiali o profonde, ecc.

La situazione rilevata all'inizio degli anni Sessanta, che indicava provenire la totale portata utilizzata dagli a. per il 48% da sorgenti, per il 43% da acque sotterranee e per il 9% da acque superficiali, risulta notevolmente modificata nelle prospettive del citato piano: i nuovi a. previsti e le integrazioni di quelli esistenti infatti si alimentano, per il 26% della totale portata da sorgenti, per il 29% da falde sotterranee, per il 45% da acque superficiali.

Nel quadro dell'accennato prevalere di opere di adduzione articolate in condotte con diramazioni, si rileva come le portate convogliate nelle varie diramazioni e nell'adduttrice principale, ove tale elemento è individuabile, tendano a incrementarsi per l'aumento dei consumi unitari, per la concentrazione delle zone di consumo, per l'aumento del numero dei centri serviti.

Le grandi adduttrici hanno anche, molto spesso, sviluppi di tracciato notevoli. Infatti come nel ricorso ad alimentazioni da sorgenti la dislocazione geografica della risorsa rispetto ai centri di consumo faceva spesso sorgere la necessità di coprire distanze considerevoli, anche per le alimentazioni da deflussi superficiali, le opere di regolazione hanno spesso ubicazione vincolata da un insieme di fattori idrologici, morfologici, geologici, nonché dall'eventuale concomitanza di altre utilizzazioni, cosi da condurre a realizzare gl'invasi a notevole distanza dalle aree di servizio dell'acquedotto. Ne sono esempi tipici le opere di adduzione degli a. derivati dagl'invasi del Pertusillo, del Fortore, del Sinni. Per gli ultimi due a., le importanti opere di adduzione sono, per notevole parte, comuni alle utilizzazioni irrigue, industriali e potabili, assumendo così il termine "acquedotto" il suo significato etimologico generale di opera di trasporto di acqua e non soltanto l'accezione più diffusa di opera a servizio potabile.

Nel campo dei materiali utilizzati, nell'ultimo quinquennio, notevole è stato ancora l'impiego, nelle opere di trasporto in pressione, delle tubazioni metalliche. Per le condotte di ghisa si è del tutto generalizzato l'uso di tubi ottenuti per centrifugazione da ghisa sferoidale, spesso protetti all'interno da intonaco cementizio. Nel campo delle condotte di acciaio, al notevole ridursi dell'impiego di tubi laminati senza saldatura (processo Mannesmann e similari), ha fatto riscontro la larghissima utilizzazione di tubi saldati da nastro, con saldatura longitudinale o elicoidale; questi ultimi realizzano attualmente diametri fino a 3000 mm. In casi particolari sono stati impiegati, per condotte interrate e fuori terra, anche tubi di grande diametro realizzati con lamiere saldate. Sempre più esteso appare, nel campo dei grandi diametri e delle basse e medie pressioni, l'impiego di tubi in calcestruzzo armato ordinario o precompresso; per l'a. del Sinni vengono costruiti tubi in cemento armato precompresso di diametro 3000 mm con pressione di esercizio fino a 11 atm.

Nelle recenti realizzazioni figurano anche importanti opere di adduzione con canali a superficie libera in galleria.

Fra le opere del genere ultimate ed entrate in esercizio dopo il 1960 sono da ricordare quelle dell'a. Campano, per portate da 3,3 a 10 m3/sec (95 km), compresa la galleria di valico dell'Appennino con sviluppo di 10.850 m senza imbocchi intermedi; dell'a. sussidiario di Palermo, per la portata di 1,5 m3/sec (17,5 km); dell'integrazione, con portata di 4 m3/sec da Cassano Irpino, dell'a. del Sele per la Puglia (18 km); del Peschiera in sinistra Tevere per la città di Roma con portata di 10 m3/sec (30 km); dell'a. del Brugneto per Genova con portata di 2 m3/sec (17 km).

Il ricorso all'alimentazione da acque superficiali ha comportato poi la realizzazione di serbatoi artificiali di regolazione, dei quali i più importanti sono a servizio, come già accennato, di molteplici utilizzazioni.

Fra le opere a specifico servizio di a. potabili compiute nel quindicennio scorso possono menzionarsi: dighe in terra dello Scanzano e Rossella (invaso 17 milioni m3) per l'a. sussidiario di Palermo (1965); diga a contrafforti del Brugneto (invaso 25 milioni m3) per l'a. di Genova e produzione idroelettrica (1960); diga di Bau Pressiu a contrafforti (invaso 8,5 milioni m3) per l'a. del Sulcis (1975); diga a gravità in calcestruzzo di Busalletta (invaso 4,6 milioni m3) per integrazione dell'a. Nicolai di Genova (1975).

L'utilizzazione delle acque superficiali ha ancora richiesto trattamenti di potabilizzazione, per i quali si ricordano le più recenti realizzazioni.

Due impianti per la portata ciascuno di 500 l/sec sulle derivazioni dal Po per la città di Torino, mentre sono in progetto altri due impianti da 1500 l/sec ciascuno per gli ulteriori previsti prelievi; impianto da 1500 l/sec per l'a. sussidiario di Palermo; impianto per l'a. del Sulcis da 300 l/sec; impianto da 500 l/sec per gli a. del Basso Molise derivati dall'invaso per usi irrigui e potabili di P. te Liscione sul Biferno; impianto da 4800 l/sec per l'a. del Pertusillo derivato dall'omonimo invaso per usi idroelettrici, irrigui e potabili; impianto da 3000 l/sec per l'a. del Fortore derivato dall'invaso di Occhito sul Fortore per usi irrigui e potabili; impianto di Crotone per la chiarificazione di 3000l/sec destinati all'industria e per il trattamento completo di potabilizzazione di 500 l/sec.

Nelle condotte adduttrici hanno spesso assunto importanza notevole le opere d'arte particolari per attraversare strade, corsi d'acqua, ecc., o per superare depressioni del terreno. Tali problemi sono stati risolti con ponti canale, ponti porta tubi a travata, ponti sospesi, tubazioni autoportanti ad arco o costituenti travi appoggiate su stilate.

Particolare è la soluzione adottata nel nuovo a. della città di Trieste alimentato, previo trattamento di potabilizzazione, dalle acque del fiume Timavo. Nell'adduttrice è inserito un tronco di condotta sottomarina a tracciato rettilineo della lunghezza di 18.100 m sviluppantesi, a profondità media di 20 m, lungo costa fra la foce del Timavo e Trieste; la tubazione di acciaio diametro 1300 mm è protetta con rivestimenti bituminosi incorporanti tessuti di fibre di vetro; un ulteriore rivestimento in calcestruzzo armato dello spessore di 16 cm circa costituisce zavorra durante le operazioni di varo e protezione meccanica. Il varo, ultimato nel 1970, fu effettuato saldando a terra tronchi di circa 145 m e tirando la condotta strisciante sul fondo a mezzo di argani istallati su pontone galleggiante.

Tra i più importanti a. di recente realizzazione si ricorda, anche perché lo caratterizzano molti dei prevalenti attuali indirizzi tecnici, l'a. del Pertusillo. E alimentato dalle acque del fiume Agri, regolate dall'invaso di Pietra del Pertusillo della capacità di 115 milioni di m3 realizzato nel 1964 per utilizzazione idroelettrica, irrigua e potabile. Integra il sistema degli a. per la Puglia con un volume massimo totale annuo di 106 milioni di m3 e con portate variabili, in funzione dei consumi e dei prelievi dalle altre fonti, fino a un massimo di 4,5 m3/sec.; la derivazione avviene alla restituzione della centrale idroelettrica con una tubazione di calcestruzzo armato diametro 2000 mm, che consente di addurre la portata di punta scaricata dalla centrale (7 m3/sec) a una vasca di compenso della capacità di 50.000 m3. Segue l'impianto di potabilizzazione dimensionato per un sovraccarico fino a 4,8 m3/sec. Il tracciato dell'a. procede lungo la valle dell'Agri per poi svilupparsi sulle terrazze che dominano l'arco costiero ionico fino a Taranto; da lì prosegue verso le province di Brindisi e Lecce, che copre con un vasto sistema di diramazioni. L'a. s'integra e collega con il complesso degli a. che attualmente alimentano la Puglia e che sono destinati a coprirne in futuro i fabbisogni: a. del Sele e Cassano Irpino, a. del Fortore, a. del Sinni e dell'Ofanto. L'adduttrice principale, realizzata con tubazioni di acciaio e calcestruzzo armato precompresso con diametri 2000 ÷ 1800 mm si sviluppa per circa 160 km; le diramazioni, attualmente in corso di completamento con diametri 1900 ÷ 125 mm, coprono uno sviluppo di circa 400 km. Vedi tav. f. t.

Bibl.: Cassa per il Mezzogiorno, Dodici anni 1950-1962, vol. III, Bari 1962; U. Messina, L'adduzione dalle sorgenti del Biferno all'Acquedotto Campano attraverso l'Appennino, in L'Acqua, n. 4, 1966; Ministero dei Lavori Pubblici, Consiglio Superiore, Il Piano regolatore generale degli acquedotti, Roma 1967; E. Umari, L'acquedotto sottomarino della città di Trieste, in La città moderna, Padova, sett. 1967; Conferenza nazionale delle acque, I problemi delle acque in Italia, Roma 1973; U. Messina, Influenza dell'assetto dei centri urbani sui consumi di acqua potabile, in Idrotecnica, n. 2, 1974; V. Panunzio, Come si realizza un grande acquedotto: la formula Pertusillo, ibid., n. 5, 1974.

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