ADAMO di fulda

Enciclopedia Italiana (1929)

ADAMO di fulda (Adam, Adamus de Fulda)

Giusto Zampieri

Musicista, compositore e teorico, vissuto nella seconda med del sec. XV e, forse, fino ai primi anni del sec. XVI. Come quasi tutti i musici del suo tempo, egli appartenne al clero, pare quale monaco benedettino. Non s'hanno, però, di lui notizie biografiche sicure. Si ignora anche il luogo di nascita: può darsi sia nato a Fulda (Hessen) o semplicemente abbia appartenuto al convento di benedettini di quella città. Glareano nel suo Dodecachordon (libro III) lo dice franco-germanico.

L'importanza di A. nella storia della musica è costituita dalla sua opera teorica De Musica e dai suoi Lieder e Gesänge a più voci. Il trattato è dell'anno 1490 circa, epoca in cui A. si trovava presso una corte della Germania meridionale, forse al servizio del vescovo di Würzburg. È scritto in latino, come tutte le opere di musica fino alla soglia del cinquecento. Consta di quattro parti, ed è una delle più notevoli trattazioni del sistema musicale com'era pervenuto alla fine del quattrocento, e delle teorie della musica mensuralis. Per ciò che riguarda la tonalità, come altri teorici dell'ultimo Medioevo, e come già un tempo i trattatisti greci, A. tende a determinare i caratteri degli otto toni, attribuendo a ciascuno un particolare potere espressivo: il primo tono sarebbe tristibus aptus; il secondo omnibus aptus; il terzo iratus, ecc., ecc. (Al riguardo un cenno notevole in U. L. Kirnbergers Lehr- und Uebungs-buch des Choralgesanges, Frisinga 1878). Nel complesso il De Musica si ricollega ai trattati maggiori precedenti; è, però, concepito con largo spirito comprensivo e singolare dottrina. Iohannes Wolf pone in diretto rapporto di derivazione con questo trattato l'Introductorium Musicae del 1500 circa, che è conservato nella Biblioteca universitaria di Lipsia.

Grande è, altresì, l'importanza di A. quale compositore. Nei giorni in cui la polifonia vocale aveva fatto ormai progressi conclusivi per opera dei maestri franco-fiamminghi, la Germania non aveva ancora una propria scuola. Solo poteva vantare qualche grande musicista isolato come, ad es., lo Stoltzer, Enrico Finck e, sopra tutti, A., per l'originalità della sua arte. Questa non fu presso i contemporanei riservata a pochi, ma ebbe diffusione grandissima. Glareano dice che il canto a quattro voci O vera lux et gloria da lui riprodotto e da lui tradotto in latino dall'originale tedesco (Dodecachordon, ristampa Lipsia 1889, p. 208) era, ancora ai suoi tempi, vale a dire verso la metà del sec. XVI, cantato ovunque in Germania.

L'opera di A. costituisce, nella storia della musica tedesca una delle maggiori affermazioni, forse la più importante tra quante precedettero le manifestazioni delle scuole formatesi poi presso la cappella imperiale di Massimiliano ad Innsbruck, o presso le cappelle di Monaco o di Stoccarda. Mentre nella Messa e nel Mottetto i primi polifonisti tedeschi erano, anch'essi, non altro che derivati dai maestri franco-fiamminghi, nel Lied dovevano presto raggiungere, con A. tra i primissimi, una decisa e originale individualità.

Fonti principali sono: il codice Z. 21, della Biblioteca imperiale di Berlino, ed il codice 1494 della Biblioteca universitaria di Lipsia. Il primo è descritto nei Monatshefte für Musikgeschichte (1891) da Roberto Eitner; il secondo nel Kirchenmusikalisches Jahrbuch (1897) da H. Riemann (e, 1903, da W. Nilmann). Facsimili sono riprodotti, oltre che nel Kirchenmusikaliches Jahrbuch di Haberl (1897), nei Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich (XIV, I). Nella biblioteca del Liceo di Bologna è conservato un codice Adam de Wulda (sic), Opusculum Musicae, recante la data 1490. Copia, certamente posteriore alla data segnata, del codice di Berlino.

Bibl.: A. W. Ambros, Geschichte der Musik, II e III, Lipsia 1862-1878; H. Riemann, Handbuch der Musikgeschichte, II, Lipsia 1911-1913; id., Geschichte der Musiktheorie, Lipsia 1898; gli scritti più recenti di J. Wolf, handbuch der Notationskunde, I, Lipsia 1913.

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