AEROELASTICITÀ

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

AEROELASTICITÀ

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Vittorio Villa

. Disciplina che ha per oggetto l'indagine, teorica e sperimentale, sulle interazioni fra le sollecitazioni di origine fluidodinamica alle quali sono soggette determinate strutture elastiche e le deformazioni da esse indotte nelle strutture stesse. Come tale l'a. interessa varî e vasti campi della tecnica: dalle costruzioni civili ai ponti, da taluni tipi di macchine a fluido alle costruzioni navali e in special modo all'aerotecnica, per la particolare pericolosità di taluni fenomeni aeroelastici nella navigazione aerea. All'esame di tali problemi si riferisce specificamente questo articolo. Si rinvia, per il resto, alla voce vibrazioni di questa App., e per le premesse alle voci oscillazioni e vibrazioni, XXV, p. 655; aerodinamica, in App. II, 1, p. 29; fluidodinamica, in questa App.; aeroplano).

I fenomeni aeroelastici possono essere statici o dinamici; questi, in genere, con carattere oscillatorio. I più importanti fra essi rientrano, comunque, nella categoria dei fenomeni autoeccitati, nei quali, cioè, è disponibile una fonte di energia (il "vento relativo", nel caso in esame) praticamente illimitata agli effetti che interessano, e da questa, con caratteristico meccanismo fisico, può essere estratta energia, realizzandosi, per determinati campi dei parametri in gioco, condizioni nettamente instabili, con decorsi divergenti o amplificati in assenza di vincoli limitativi o comandi capaci di variare efficacemente le condizioni esterne. Così, sotto l'aspetto energetico, i fenomeni aeroelastici di tipo oscillatorio differiscono da quelli di risonanza, nei quali si perviene sempre, in assenza di variazione del comportamento strutturale del sistema al crescere delle sollecitazioni, a condizioni di equilibrio.

I fenomeni aeroelastici producono, nella maggior parte dei casi, conseguenze nocive (talvolta catastrofiche) per uno o più dei seguenti motivi: a) rottura di strutture portanti; b) riduzione o annullamento dell'efficacia dei comandi o inversione dei loro effetti; c) danneggiamento delle caratteristiche e delle qualità di volo dell'aeromobile (in particolare, della stabilità); d) sollecitazioni ripetute (fatica, in senso generalizzato).

Fenomeni aeroelastici fondamentali. - Storicamente e concettualmente risultano fondamentali i tre fenomeni tipici delle superfici portanti: divergenza aeroelastica; inversione comando alettoni; autovibrazione, di immediata giustificazione fisica nelle drastiche schematizzazioni bidimensionali seguenti.

Divergenza. - Un profilo alare di fuoco F (fig. 1) sia incernierato, nel suo piano, in C (centro elastico) e sia richiamato attorno a C da un elemento elastico di rigidezza B. Il profilo si intende rappresentare un tronco alare indeformabile a sezione costante, appartenente a un'ala di allungamento infinito; B è la rigidezza torsionale dell'ala, per sollecitazioni applicate al tronco in esame. Il profilo sia in equilibrio per effetto delle forze aerodinamiche, originate dal vento relativo permanente con velocità V, e delle forze di richiamo elastiche. Esiste una velocità V =VD per la quale l'equilibrio risulta indifferente. Per V VD si ha convergenza, per V > VD si ha divergenza. La VD si dice "velocità di divergenza aeroelastica" (o velocità critica statica", secondo l'antica terminologia italiana). La VD è reale soltanto se F è avanti a C.

Inversione comando alettoni. - Mantenendo le ipotesi semplificative di cui sopra, si immagini che il profilo (fig. 2) sia dotato di parte mobile (alettone). La rotazione positiva β dell'alettone genera: a) un incremento di portanza (effetto utile); b) una coppia a picchiare che produce una rotazione elastica tendente a ridurre l'incidenza, quindi la portanza e con essa l'effetto utile. Esiste una velocità V = Vinv per la quale l'effetto utile si annulla; in corrispondenza di essa l'insieme delle forze sul profilo generate dalla rotazione dell'alettone si riduce ad una coppia pura. Per V Vinv si ha un effetto utile (incremento di portanza); per V > Vinv un effetto contrario a quello voluto. La Vinv si dice "velocità di inversione comando alettoni"; è sempre reale e non dipende dalla posizione di F rispetto a C.

Autovibrazione. - Con le stesse ipotesi e convenzioni precedenti, si consideri un profilo oscillante in traslazione, verticalmente (moto corrispondente alla flessione dell'ala) e in rotazione, attorno al centro elastico (moto corrispondente alla torsione dell'ala). Si supponga un legame cinematico per il quale i due moti debbano avere la stessa frequenza. Se fra i due moti esiste una differenza di fase, il lavoro complessivo del campo aerodinamico in un ciclo risulta positivo: viene quindi ad essere estratta energia dal vento relativo e il movimento può amplificarsi indefinitamente anche in presenza di dissipatività interna, avendosi così un fenomeno di oscillazione autoeccitata (autovibrazione" o "flutter") per qualsiasi velocità V. Nel caso effettivo di un'ala, in cui non sussiste un legame cinematico imposto fra i due moti di torsione e di flessione, l'autovibrazione risulta possibile solo in determinati campi della velocità V. L'estremo inferiore VF dei valori di V per i quali l'autovibrazione si manifesta si dice "velocità di autovibrazione" o "velocità di flutter" o, secondo l'antica terminologia italiana, "velocità critica di vibrazione dell'ala". Affinché vi sia flutter occorre, comunque, che sussista un accoppiamento fra i due moti. Da un esame dei possibili accoppiamenti (di massa, elastico, aerodinamico) risulta che quest'ultimo è sempre presente: VF è quindi sempre reale. In condizioni effettive, per un sistema a due gradi di libertà come quello sopra considerato, partendo da frequenze proprie di torsione e flessione distanti fra loro per V = 0, si ha al crescere di V una graduale alterazione delle caratteristiche del sistema. In prossimità di VF si manifesta un rapido avvicinamento delle due frequenze, associato ad una caduta dello smorzamento di uno dei moti componenti e ad un rapido incremento dello smorzamento dell'altro. In corrispondenza di VF; si ha quindi un moto oscillatorio prevalentemente di sola flessione o sola torsione. Poiché, di regola, la frequenza propria torsionale è maggiore di quella flessionale, si ha un flutter di torsione se la frequenza flessionale è bassa, mentre, se questa è elevata, si ha un flutter di flessione.

Le possibilità di autovibrazione crescono con l'aumento dei gradi di libertà del sistema. Se il profilo è dotato di alettone si hanno tre gradi di libertà e gli accoppiamenti corrispondenti alle tre combinazioni: flessione-torsione; flessione-alettone; torsione-alettone. È questo il caso classico di flutter che per oltre un ventennio ha costituito oggetto di studio quale principale pericolo per la sicurezza strutturale degli aeromobili.

I fenomeni aeroelastici fondamentali possono aver sede, oltreché nell'ala, in qualsiasi superficie portante. Può, così, aversi divergenza dello stabilizzatore e della deriva, inversione comando dell'equilibratore e del timone, flutter dell'impennaggio. Il numero dei gradi di libertà è aumentato dalla presenza sulle superfici mobili di alette di correzione e servocomando. I casi di flutter degli impennaggi, storicamente accertati, sono stati più numerosi di quelli delle ali.

Altri tipi di autovibrazione (e fenomeni aeroelastici ad esse collegati) sono i seguenti:

a) Flutter a un grado di libertà: con meccanismo fisico diverso da quello del flutter classico (condizionato dall'accoppiamento fra più gradi di libertà) può aversi flutter in un grado di libertà (in pochi casi di interesse pratico): a) a piccole incidenze, in corrente compressibile, per smorzamento negativo dei moti di beccheggio (torsione) per qualsiasi tipo di ala e per smorzamento negativo dei moti di traslazione (flessione), con esclusione delle ali dritte; b) ad alte incidenze ("autovibrazione di stallo", "stall flutter") per effetto di isteresi aerodinamica.

b) Scuotimento di scia ("buffeting"): incluso di solito, ma impropriamente, tra i fenomeni aeroelastici, si ha quando la scia vorticosa generata da una superficie portante ad elevata incidenza (es. l'ala) ne investe un'altra (es. impennaggio) provocandone un irregolare scuotimento, particolarmente della parte mobile. Sulla superficie generatrice della scia può aversi una vibrazione più o meno irregolare ("buffeting flutter").

c) Flutter delle eliche: può avere talvolta carattere misto, pervenendosi per effetto di divergenza aeroelastica ad alti valori del passo e quindi al flutter ad alta incidenza.

d) Ronzio dell'alettone ("aileron buzz"): collegato anch'esso al distacco dello strato limite, si manifesta sulle superfici mobili a basse velocità transoniche.

e) Autovibrazioni degli elicotteri: oltre i casi di flutter dei rotori (ad alta incidenza e classico; il numero dei gradi di libertà è aumentato dall'incernieramento delle pale), vanno considerati fenomeni aeroelastici quelli impropriamente detti di "risonanza a terra", aventi sede nel rotore a punto fisso in prossimità del suolo.

f) Flutter dei pannelli: ha carattere locale, a differenza dei casi precedenti. Si ha nei pannelli di rivestimento esposti alla corrente fluida; presenta interesse pratico nel campo supersonico.

Fenomeni aeroelastici transitorî e distribuzione statica dei carichi. - L'autovibrazione è direttamente collegata alla risposta dinamica del velivolo elastico che interessa da un lato la stabilità (v. oltre), dall'altro l'entità, la distribuzione e la ripetizione dei carichi transitorî nel volo in aria agitata (raffiche). Di massima, il livello globale dei carichi dovuti alla raffica (quale può esser rilevato con misure accelerometriche baricentriche) è attenuato dalla deformabilità strutturale in genere, e delle superfici portanti in particolare; se ne trae talvolta profitto in sede di progetto (naturalmente in base a un compromesso con le altre esigenze aeroelastiche). Per contro la ridistribuzione del carico può esser nettamente aggravante sulle sollecitazioni in alcune zone delle superfici portanti stesse. Se la risposta ha carattere oscillatorio, si ha, infine, un aumento nel numero delle sollecitazioni ripetute che può avere importanza dal punto di vista della fatica.

Analoghi problemi di risposta dinamica si incontrano nei fenomeni transitorî dell'atterraggio, e, anche se in misura assai ridotta, del brusco azionamento dei comandi.

A sua volta, il fenomeno statico della divergenza è collegato a importanti ridistribuzioni del carico. Se la VD è reale, per ogni V VD si ha una condizione di equilibrio aeroelastico stabile; al crescere di V si amplificano le deformazioni e con esse varia la distribuzione dei carichi. Sotto questo aspetto, sono considerevoli gli effetti della deformabilità della fusoliera, pur avendo, questa, scarsa influenza su VD.

Altri fenomeni di ridistribuzione, intrinsecamente non lineari, si hanno per variazioni, spesso nettamente discontinue, delle rigidezze d'insieme e della configurazione delle superfici esterne originate da instabilità di forma. Fenomeni analoghi, non lineari, si hanno per ali sottili con corpi esterni fusiformi sullo sbalzo (in particolare serbatoi di estremità); la caratteristica instabilità aerodinamica di tali corpi può causare rilevanti deformazioni torsionali con ridistribuzione del carico; inoltre, a prescindere dagli effetti sulla stabilità longitudinale del velivolo, ne risulta fortemente alterata la manovrabilità (v. oltre).

Effetti delle deformazioni sulla stabilità e sulla manovrabilità del velivolo. - L'A. collega intimamente problemi di carattere essenzialmente strutturale con problemi tipici inerenti alle qualità di volo del velivolo (v. volo, meccanica del, in questa App.). Una trattazione rigorosa e completa dovrebbe considerare nel loro insieme tali problemi con tutti i loro legami; ciò, per ovvie ragioni pratiche, non viene fatto e nel trattare i problemi strutturali si tende, finché possibile, a ignorare i moti rigidi d'insieme del velivolo, mentre nel trattare i problemi di stabilità e manovrabilità si tende a trascurare la deformabilità delle strutture.

Le deformazioni che agiscono sulle qualità di volo sono strutturali elastiche, d'insieme o locali (queste, in genere, della superficie esterna); di massima, le prime hanno caratteristica lineare, le seconde no. Possono anche aversi deformazioni permanenti, di solito locali.

I principali effetti sono: variazione delle caratteristiche di stabilità; riduzione della manovrabilità complessiva del velivolo; variazione degli angoli di barra e delle forze di barra a parità di effetto utile ("angoli e forze di barra per g").

Si accenna solo ai seguenti esempî tipici. La deformabilità che conduce alla inversione comando (v. sopra) determina a velocità anche notevolmente inferiori a Vinv una menomazione di esso; per gli alettoni viene ridotto il "potere di rollìo"; per il complesso stabilizzatore-equilibratore il fenomeno è aggravato dalla flessione della fusoliera che, pur non avendo influenza sul valore di Vinv, può contribuire fortemente, a velocità più basse, alla menomazione dell'efficacia del comando e al corrispondente incremento, a parità di condizioni, della forza di barra.

La deformazione torsionale dello stabilizzatore può limitare fortemente il campo dei possibili calettamenti di esso; se l'angolo di calettamento esce da tale campo e, ad esempio, è negativo e troppo grande, può aversi un eccesso di stabilità statica a comando bloccato (con danno per la manovrabilità) al crescere della velocità; se è troppo piccolo si ha instabilità che si accentua rapidamente alle alte velocità.

La deformazione del profilo dell'equilibratore (rigonfiamento e variazione di curvatura) produce un "appesantimento" del comando; inoltre può aversi un effetto instabilizzante a comando libero quando per l'equilibrio è richiesta una rotazione verso l'alto, stabilizzante in caso contrario; l'effetto opposto si ha sulla stabilità statica a comando bloccato. Con il baricentro arretrato possono facilmente raggiungersi elevati fattori di carico nelle richiamate a causa della rapida caduta, con la velocità, delle forze di barra; inoltre può aversi una rapida divergenza a comando libero.

Le deformazioni torsionali delle ali sottili con corpi instabilizzanti sullo sbalzo, attraverso la citata ridistribuzione dei carichi aerodinamici, in apertura e sulla corda, possono pervenire a produrre, nei casi più gravi, l'inversione delle forze di barra in corrispondenza di un conveniente fattore di carico senza l'intervento dell'impennaggio e degli alettoni, cioè per effetto aeroelastico imputabile alla sola ala.

Infine, la deformabilità del circuito comandi, a parte le conseguenze di carattere statico, può produrre a "comando bloccato" (in fusoliera) fenomeni di instabilità dinamica caratteristici delle condizioni di comando libero.

Criterî progettativi aeroelastici - Calcolo e sperimentazione. - L'architettura e il dimensionamento delle strutture portanti degli aeromobili è stato ed è tuttora in gran parte determinato dai fenomeni aeroelastici fondamentali. Per gli aeroplani classici, aventi superfici portanti dritte, assimilabili con qualche approssimazione a travi rettilinee dotate di asse elastico di torsione, i criterî, intesi ad elevare le velocità critiche aeroelastiche oltre quelle raggiungibili nell'impiego, incorporati tradizionalmente nei regolamenti sia civili che militari, sia nazionali che internazionali, forniscono indirizzi progettativi concernenti: a) le rigidezze; b) gli accoppiamenti; c) le frequenze proprie.

Tali criterî sono ancorati essenzialmente a "schemi semirigidi", il più elementare dei quali consiste nel ridurre tutte le caratteristiche aerodinamiche, elastiche e di massa ad una sezione privilegiata, opportunamente scelta, di riferimento, supposta indeformabile, collegata alle altre sezioni con un arbitrario legame cinematico.

I criterî di rigidezza interessano tutti i fenomeni aeroelastici: una elevata rigidezza torsionale è l'elemento fondamentale per ottenere alte velocità critiche. Per la divergenza è utile una posizione avanzata dell'asse elastico.

I criterî sugli accoppiamenti e le frequenze proprie interessano il flutter. Gli accoppiamenti vengono ridotti con un accurato equilibramento, distribuito in apertura, delle superfici mobili e cercando, se possibile, di portare il centro di massa nell'immediata prossimità del centro elastico. Il rapporto fra le frequenze proprie torsionale e flessionale è opportuno che sia quanto più elevato possibile; si è talvolta, operata una riduzione artificiale della rigidezza flessionale introducendo all'incastro elementi assimilabili a cerniere elastiche.

Lo smorzamento interno del materiale (o uno smorzamento esterno artificiale) ha scarsa influenza sul flutter, poiché questo è un fenomeno autoeccitato; comunque l'importanza dello smorzamento è andata ulteriormente attenuandosi, per le ali, con il crescere, a parità di superficie, della massa (elevati spessori di rivestimento; alloggiamento di carico utile). L'incremento di massa è, per suo conto, nocivo.

I criterî e gli schemi aeroelastici tradizionali perdono gran parte del loro significato per i velivoli veloci di moderna concezione, soprattutto a causa delle soluzioni architettoniche imposte dalle esigenze aerodinamiche (ali a freccia pronunciata, ali dritte di piccolo allungamento, ali a delta, tutte di piccolo spessore); all'impossibilità di separare torsione e flessione si aggiungono: la deformabilità delle corde, gli effetti "piastra", le interazioni fra deflusso e deformazioni locali. Indipendentemente da tali ragioni, intrinseche alla macchina aerea, nella trattazione dei fenomeni aeroelastici, e in particolare del flutter, si è recentemente avuta una radicale evoluzione, fondata da un lato sui progressi dell'aerodinamica non stazionaria, dall'altro sull'estesa applicazione ai sistemi meccanici dei procedimenti di analisi caratteristici dei mezzi trasmissivi e dei servosistemi. D'altro canto, lo sviluppo della tecnica delle misure meccaniche a terra e in volo ha posto sperimentalmente in evidenza l'importanza sull'autovibrazione dei moti d'insieme rigidi ed elastici dell'intero aeromobile e l'esistenza di un elevato numero di frequenze e modi di vibrare che possono effettivamente condurre al flutter e che sfuggono alle trattazioni semplificate con pochi gradi di libertà. Inoltre, l'impiego, ormai su vasta scala, delle macchine calcolatrici elettroniche (analogiche in sede progettativa, numeriche in sede di determinazione delle caratteristiche e di elaborazione dei risultati sperimentali) ha permesso di trattare schemi aerodinamici ed elastici sufficientemente aderenti alla realtà, mentre un potente ausilio è in molti casi fornito in sede preliminare dalla sperimentazione su modelli aeroelastici in galleria e in volo. Tutti questi progressi hanno consentito, infine, di inserire sistematicamente nel ciclo di sviluppo e messa a punto degli aeromobili prototipi di elevate prestazioni (particolarmente militari) un complesso di prove in volo aeroelastiche con il rilevamento diretto, al vero, dell'andamento delle frequenze proprie e degli smorzamenti al variare della velocità, prove che si svolgono oggi ad un livello di sicurezza paragonabile a quello delle altre prove di collaudo e controllo. Con la più intima fusione tra procedimenti di calcolo e sperimentazione così realizzata, i fenomeni aeroelastici possono ritenersi ormai pressoché interamente dominati.

Bibl.: Y. C. Fung, An introduction to the theory of aeroelasticity, New York 1955; R. L. Bisplinghoff, H. Ashley, R. L. Halfman, Aeroelasticity, Cambridge, Mass., 1955; R. Mazet, Mécanique vibratoire, Parigi 1955.

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