AFRAATE

Enciclopedia Italiana (1929)

AFRAATE

Giuseppe FURLANI

. Uno dei più antichi autori siriaci di cui si conoscano gli scritti. Il suo nome, che è di origine persiana, suona in siriaco Aphrahat, in greco 'Αϕραάτης. Egli suol essere chiamato "il savio persiano", essendo di origine persiana ed avendo scritto le sue opere in Persia. Tra gli anni 336 e 345 egli scrisse 23 dimostrazioni (taḥwiyāthā) o omelie in lingua siriaca. Della sua vita sappiamo soltanto pochissimo. Nacque pagano e, dopo esser passato al cristianesimo, si dedicò all'ascesi e alla vita monacale. Probabilmente fu vescovo. Quando fu elevato al seggio episcopale prese il nome di Giacomo. Fu suddito del re persiano Sapore II e visse forse anche nel celebre convento di Mār Mattay (San Matteo) a N. di Mossul nella Mesopotamia.

Gli argomenti delle sue dimostrazioni, dirette apparentemente a fratelli - ma questo è forse dovuto soltanto alla forma letteraria, ché in realtà non sembra si tratti di sermoni effettivamente tenuti - sono di vario genere. Esse trattano prevalentemente di questioni teologiche, di argomenti ascetici e disciplinari. Parecchie hanno carattere polemico e controversiale. Suoi avversarî sono principalmente i Giudei, i quali in quel torno di tempo erano molto numerosi in Mesopotamia, dove possedevano celebri scuole. Egli polemizza, qualche volta anche con una certa acredine, contro la razza detestata, contro il derisore, ecc. Nove delle sue dimostrazioni sono dirette espressamente contro i Giudei. Ma la maggior parte di esse è didattica e parenetica.

Afraate occupa un posto importante nella storia della dottrina cristiana soprattutto in quanto rappresenta posizioni dottrinali antiche, risalenti per tradizione ai tempi più primitivi del cristianesimo, posizioni che ci dànno la dottrina originale ed indigena dell'Assiria cristiana, scevra ancora quasi del tutto dall'azione esercitata dalle dottrine e controversie dell'Occidente. Afraate si dimostra nei suoi scritti ignaro di quanto l'Occidente aveva già elaborato in fatto di dottrine teologiche. Il savio persiano non è che indirettamente in contatto col mondo greco-romano, del quale ignora del tutto le lingue, il greco e il latino. Le controversie dottrinali posteriori al concilio di Nicea, le quali sono state di sì grande importanza nella storia della dottrina cristiana, non gli sono note che forse per sentito dire. Perciò in qualche punto di secondaria importanza non sembra del tutto ortodosso. Comunque, egli espone la dottrina delle tre persone divine. Per quanto concerne la cristologia, egli sembra ammettere l'unità della persona di Gesù Cristo in due nature, quantunque la terminologia di cui fa uso diverga un po' da quella che fu più tardi in voga nelle scuole siriache. Secondo A., le qualità umane e divine del Cristo spettano alla sua unica persona. In psicologia egli propugna qualche dottrina non del tutto ortodossa: egli afferma, a mo' d'esempio, che l'anima umana dopo la morte, cioè dopo la sua separazione dal corpo, cade in istato di letargo o sonno. Egli separa l'anima dallo spirito. Fu uno strenuo avversario delle pratiche magiche attribuite ai Caldei.

Bibl.: W. Wright, The homilies of Aphraates, the Persian sage, Londra 1869; J. Forget, De vita et scriptis Aphraatis, dissertatio theologico-historica, Lovanio 1882; G. Bert, Aphrahat's des pers. Weisen Homilien, Lipsia 1888; J. Parisot, Aphratis Demonstrationes, in Patrologia Syriaca, I-II, Parigi 1894-1907; P. Schwen, Afrahat, Berlino 1907; A. Baumstark, Geschichte der syrischen Literatur, Bonn 1922, pp. 30-31.

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