Agapito I

Enciclopedia Dantesca (1970)

Agapito I

Simonetta Saffiotti Bernardi

. Pontefice romano, vissuto nella prima metà del vi secolo; morto il 22 aprile del 536.

Successo a Giovanni II, papa inviso alla corte di Ravenna per i suoi stretti rapporti con Giustiniano, la sua elezione (maggio 535) dové non poco contrariare Teodato. A. infatti sancì definitivamente l'illiceità dell'uso della designazione da parte del papa vivente del successore, uso che era favorito dalla corte gota, che in questo modo aveva la garanzia di un papa sempre favorevole. Il re tuttavia si dovette servire di A. per una missione a Bisanzio; in questo periodo infatti i già precari rapporti tra Ravenna e l'Impero erano giunti a un punto critico dopo la tragica deposizione di Amalasunta, e l'esercito di Belisario già muoveva per ristabilire l'autorità dell'imperatore nelle regioni occidentali. Teodato, quindi, con concrete minacce costrinse il papa a recarsi presso Giustiniano per perorare la sua causa. Nel frattempo anche i rapporti tra Bisanzio e Roma erano giunti a un punto critico per il prevalere a corte della corrente monofisita, favorita dal patriarca Antimo, eletto subito dopo il papa (giugno 535) col favore di Teodora. A. si recò quindi in Oriente, e per quanto la sua missione sul piano politico fallisse, ottenne dei successi veramente considerevoli sul piano dottrinale. Appena giunto a Costantinopoli, infatti, il papa, sollecitato da vescovi e monaci orientali, affrontò e risolse la questione monofisita deponendo Antimo e mettendo al suo posto il patriarca Mena, fedele all'ortodossia; ottenne inoltre la professione di fede dell'imperatore e il riconoscimento da parte di questo del supremo magistero della Chiesa di Roma e della differenza fondamentale fra il potere spirituale e il secolare.

Quello di A. nei confronti di Giustiniano fu un successo senza precedenti ottenuto soprattutto grazie alla forza della sua personalità. E questa influenza dell'uomo A. sull'imperatore è ben espressa da D. in Pd VI 16-18 ' l benedetto Agapito, che fue / sommo pastore, a la fede sincera / mi dirizzò con le parole sue. / Io li credetti: D. quindi vuol mettere in evidenza come la conversione di Giustiniano sia stata proprio il frutto di un rapporto personale fra i due, pone l'accento sulla devozione di lui verso il papa con l'appellarlo benedetto, e col riconoscerlo sommo pastore: tanto al disopra di sé che si designa Cesare, con titolo quindi puramente umano che ricorda solo il nome di un uomo che ebbe il sommo impero. Ma in realtà la fama dell'influenza che A. ebbe su Giustiniano, per essere stata così puntualmente colta da D., deve aver lasciato una profonda traccia, e abbiamo inoltre anche testimonianza del rancore che suscitò: ancora infatti alla metà del XII secolo il patriarca giacobita di Antiochia malediceva la memoria di questo papa che aveva affermato la superiorità giurisdizionale della Chiesa di Roma nella sede stessa dell'Impero.

Bibl. - Oltre alla bibliografia e alle fonti indicate alla voce A. di O. Bertolini, in Dizion. biogr. degli Ital. I (1960) 362-367, si veda, per quanto riguarda l'influenza del pontefice su Giustiniano, E. Caspar, Geschichte der Papsttums, II, Tubinga 1933, passim; si veda inoltre O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941, 117, 123-129, 170, 211-214; per l'interpretazione di D., la lettura di O. Bacci, in Lett. dant. 1441, e quella di P. Brezzi, in Lect. Scaligera III 179; e infine le voci A., a c. di J.P. Kirsch, in Dictionn. d'hist. et de géogr, ecclésiastiques, I, coll. 887-890, e di P. Paschini, in Enc. Ital., I.

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