AGENTE DI CAMBIO

Enciclopedia Italiana (1929)

AGENTE DI CAMBIO (fr. agent de change; sp. agente de cambio; ted. Wechselmakler; ingl. stock broker)

Ernesto Turletti

L'agente di cambio è un mediatore autorizzato alla negoziazione dei valori, al quale sono riservati gli uffici pubblici per cui si richieda dalla legge un'autorizzazione speciale. La sua attività si esplica specialmente nella borsa-valori.

Egli è pubblico ufficiale nominato con decreto reale promosso dal ministro delle Finanze.

Il numero degli agenti di cambio per ciascuna borsa è limitato. I requisiti, le attribuzioni, i diritti e doveri degli agenti di cambio, e la loro organizzazione sono regolati da numerosi provvedimenti legislativi emanati specialmente dal febbraio 1925 al marzo 1926, dei quali i principali sono i regi decreti legge 7 marzo 1925 e 9 aprile 1925 sul riordinamento delle borse, e il regolamento relativo emanato pure con r. decreto legge del 9 aprile 1925. Restano ancora in vigore tutte le disposizioni contenute nella legge fondamentale delle borse (20 marzo 1913) e nel decreto relativo (agosto 1913) che non siano state sostituite o modificate dai decreti successivi.

Purtroppo la recente legislazione, per quanto ispirata a principî economici e politici al di sopra di ogni discussione, non ha risposto interamente alle esigenze reali ed al complesso tecnico che costituisce il mercato dei valori, per modo che successive proroghe di varie disposizioni ne hanno protratto parzialmente l'applicazione, e infine il decreto legge 7 marzo 1926 le ha rinviate sine die, in attesa dell'emanazione di un testo unico che tratti organicamente tutta la materia.

La qualità di mediatore rivestita dall'agente di cambio - mentre, secondo la nostra legislazione presente, la professione è libera - i numerosi punti di contatto nella pratica della borsa tra mediazione e commissione; la coesistenza sul mercato di mediatori ufficiali (agenti di cambio) e mediatori liberi (commissionarî), nonché di istituti di credito e banche, le quali esplicano notevole parte della loro attività attraverso operazioni di commissione; il privilegio della grida che si vorrebbe esclusivamente spettante all'agente di cambio, e che promiscuamente è ancora esercitato, per rispetto ai diritti acquisiti, da coloro che lo esercitavano anteriormente alla legge del 1913; tutte queste interferenze, con gli inconvenienti e le confusioni che spesso ne derivano, sono l'indice di condizioni del mercato che non possono essere disciplinate con provvedimenti ispirati a preferenze teoriche o a esempî di paesi nei quali, attraverso disposizioni di legge, si cerca di mantenere uno stato di fatto giuridico, che più non risponde allo stato di fatto reale.

Queste speciali circostanze di monopolio teorico del mercato, affidato agli agenti di cambio e che costituiscono le condizioni peculiari della borsa di Parigi, alle quali contrasta però la simultanea esistenza di un mercato libero della coulisse, meritano un sommario esame, perché sono oggi in Italia il substrato del principale problema che gravi sulle borse. In esse va ricercata anche la ragione dell'incertezza del nostro ordinamento legislativo; il quale, se ha avuto le sue fonti nella legislazione francese, se n'era poi discostato con il codice di commercio del 1882, e stava per riavvicinarvisi risolutamente col decreto 7 marzo 1925, modificato in seguito e parzialmente sospeso.

Origine e storia. - Senza spingere la nostra indagine alle poche notizie relative ai trapeziti greci, ed agli argentarî romani, la cui attività si esplicava tanto con operazioni di cambio monete, quanto mediante informazioni e senserie relative a qualsiasi scambio, si può con certezza asserire, che fino ad epoca assai recente, le professioni di agente di cambio, cambiavalute, sensale di merci, e spesso anche di banchiere, si confusero nella stessa persona e nella stessa pratica. Col sorgere dei comuni e delle repubbliche marittime italiane (che diedero largo impulso ai commerci sviluppando l'attività mercantile di Pisa, Venezia e Genova a tal punto da conseguire il monopolio dei commerci di mare e sopperire a tutte le richieste dell'Europa feudale per quanto era di provenienza dall'Oriente e dall'Africa) sorsero fin dal sec. XIII numerose logge di mercanti in tutte le principali città italiane e del continente. In queste logge si adunavano i mercanti specie durante le fiere, che a determinati intervalli periodicamente si ripetevano e vi trattavano tutti gli affari relativi al commercio, dedicando generalmente l'ultima giornata al regolamento dei conti. Esistono numerose disposizioni di antichissimi regolamenti emanati da autorità comunali circa le "piazze o logge dei cambî" presso le quali già cominciavano ad effettuarsi pagamenti di carattere bancario. Si ricorda in Francia una antichissima ordinanza di Luigi VII del 1141 che assegna il Gran Ponte di Parigi come unico luogo nel quale in detta città si possano praticare i cambî.

La professione di questi intermediarî, sensali "cambiatori", è costituita in privilegio dall'editto di Carlo IX del 1572, sorgendo da tal data il monopolio dei courtiers de change, la cui carica da personale e vitalizia diventa venale ed ereditaria a partire dal 1639, epoca nella quale la denominazione di courtiers rimane ai soli sensali di merci, e sorge la qualifica di agents de change per i mediatori di valori pubblici o commerciali.

Con la venalità delle cariche non tardò ad introdursi la limitazione del numero degli agenti, che in Francia, nel 1708, è limitato a quaranta, salendo il prezzo della carica ad un valore equivalente a 60.000 franchi oro.

Il loro numero ebbe a subire variazioni, restando oggi fissato per la borsa di Parigi a settanta: essendo nell'anteguerra il prezzo dell'ufficio variato da un milione e 500.000 a due milioni e 500.000 franchi oro.

Col crescere dei commerci e dell'industria, sorgono le lettere di cambio, e col sorgere di forme di società commerciali a responsabilità limitata, nasce il titolo rappresentativo della quota sociale, che rapidamente raggiunge la trasmissibilità; con il ricorso ai prestiti da parte dei governi, parlamenti e città, a partire dal sec. XVII, ha origine tutto un nuovo sistema di economia, base del quale è la trasmissione dei titoli di credito, che presto assume il carattere di una circolazione parallela e suppletiva alla circolazione della moneta.

Il sistema di Law dà un impulso non prevedibile alla circolazione dei titoli di stato e di società; ne risulta, quindi, sempre più distinta la funzione degl'intermediarî di questi scambî, la cui attività si raddoppia.

Le dottrine economiche, che però si sono venute formando nel sec. XVIII, ed i principî della rivoluzione francese determinano nel 1791 l'abolizione dell'istituzione privilegiata degli agenti di cambio, la cui nomina diventa accessibile ad ognuno, sotto determinate condizioni e pagamento di un diritto di patente.

Ben presto in questo periodo torbido si verificarono i più gravi abusi a mezzo dell'aggiotaggio; e, per la tutela del credito, dopo avere a più riprese ordinato la chiusura e la riapertura della borsa di Parigi ed emanato leggi con severissime penalità contro gli speculatori fraudolenti, si addivenne alla legge del 28 ventoso anno IX, con la quale si istituirono le borse di commercio, si stabilì il monopolio degli agenti di cambio e ne fu limitato il numero, concedendosi loro il diritto esclusivo della negoziazione dei cambî e divise estere, materie preziose, valori pubblici, e della constatazione di corsi.

Queste disposizioni riconsacrate dal codice di commercio di Napoleone, e dall'ordinanza del 1816, ristabilirono i privilegi anteriori al 1791 e segnarono per la Francia il principio dell'attuale periodo, durante il quale non subirono poi che insignificanti variazioni.

Legislazione italiana. - Solo dal 1865 si può parlare, in Italia, di una organica regolamentazione delle borse: col codice di commercio del 25 giugno, nel quale sono fuse le disposizioni contenute nel codice albertino e nella legge 8 agosto 1854 sui mediatori e sensali, disposizioni "intese a circondare di efficaci guarentigie il ministero di costoro che ben possono qualificarsi ufficiali pubblici del commercio".

Il concetto francese di monopolio e di privilegio è il fondamento del primo codice di commercio italiano, il quale, dopo aver precisato che la borsa di commercio è la riunione dei commercianti, capitani di nave, agenti di cambio e sensali di una città, debitamente autorizzata per decreto reale, fissa le norme relative agli agenti di cambio, e ne precisa le attribuzioni in questi termini: "Gli agenti di cambio ed i sensali, che hanno la qualità di pubblici mediatori, accertano i corsi nelle forme stabilite dai regolamenti. Niuno può essere agente di cambio o esercitare l'ufficio, senza la qualità di pubblico mediatore; nelle altre specie di mediazione, l'ufficio di sensale può essere esercitato anche da colui che non è pubblico mediatore; soltanto ai pubblici mediatori è riservato di fare gli atti che le leggi e le sentenze affidano in modo speciale al ministero dei mediatori. Questi atti, fatti da altri, dove esistono pubblici mediatori, sono nulli. Gli agenti di cambio hanno il diritto di trattare le negoziazioni degli effetti pubblici, e degli altri effetti ammessi nelle liste di borsa, e di fare per conto altrui le negoziazioni delle cambiali, dei biglietti all'ordine e delle altre carte negoziabili e di accertarne il corso".

Il codice del 1865 con precise disposizioni dimostra di voler conservare nell'agente di cambio la figura inequivocabile di pubblico ufficiale, sia pure commerciante, ma non altro che intermediario irresponsabile dell'esecuzione delle operazioni. Al solo agente di cambio riconosce l'accreditamento al debito pubblico per le operazioni relative a debiti dello stato, e, mentre lo rende responsabile civilmente della verità dell'ultima sottoscrizione degli effetti di commercio negoziati, gli fa persino divieto di rendersi garante dell'esecnzione dei contratti conchiusi col suo ministero. Egli deve sempre manifestare, prima della conclusione del contratto, alla parte che ne fa domanda, il nome dell'altra parte. In nessun caso e sotto nessun pretesto, né direttamente, né indirettamente, può fare alcuna operazione di commercio, né può prendere interessi in alcuna impresa commerciale.

Queste disposizioni che traggono origine dall'art. 10 del decreto 27 pratile anno X, riprodotte dall'art. 85 del codice napoleonico, trovano la loro ragione negli stessi motivi che determinarono in Francia il ristabilimento del monopolio, e cioè l'assoluta necessità per il commercio che la quotazione dei valori fosse sottratta alle manovre degli speculatori. Ecco come si esprimono i motivi: "Non vi può essere sicurezza per un commerciante, se l'intermediario non conserva il carattere di assoluta neutralità fra i contraenti che l'impiegano. Nel momento che il suo interesse può essere legato direttamente od indirettamente alla negoziazione nella quale egli è intromesso, di necessità egli inganna uno dei contraenti, e sovente ambidue".

Le precise disposizioni del codice del 1865 non tardarono però a subire l'influsso contrastante della realtà del mercato. Le ferrovie, l'industrialismo e le conseguenti istituzioni bancarie, specie di credito mobiliare, nel loro rapido e imponente sviluppo, riversarono sui mercati masse ingenti di titoli, che per necessità le banche stesse dovevano invigilare, se non manovrare, agli stessi scopi dell'emissione. A lato del mercato ufficiale, già a Parigi fin dal ristabilimento del monopolio era sorto il mercato libero, e la stessa cosa si verificò in Italia, per cui il nuovo codice di commercio italiano del 1882 introduceva serie modifiche, sia nel titolo dei mediatori, sia nella materia relativa alle borse ed agenti di cambio, che stralciava dal contesto del codice per trattarne nel regolamento relativo.

La qualifica di pubblico ufficiale fu tolta ai mediatori, la cui professione fu dichiarata libera; tuttavia gli uffici pubblici, per i quali si richiede un'autorizzazione speciale, furono riservati ai mediatori iscritti, i quali furono qualificati, come anteriormente, agenti di cambio.

Il codice del 1882, pertanto, pur modificando considerevolmente l'istituzione degli agenti di cambio, con l'art. 386 consacrava quanto la pratica era venuta fissando fin dal sorgere delle borse di commercio, e cioè la commissione in borsa e le responsabilità dei commissionarî; per modo che la professione di questi ultimi, assai più libera e meno soggetta a controlli o a investigazioni di quella degli agenti di cambio, non tardò negli anni successivi ad esserle preferita.

Negli anni dal 1895 al 1905, nei quali ebbe maggior sviluppo l'industrialismo, la banca, a lato dei commissionarî ed agenti di cambio nelle borse, non tardò a prendere il sopravvento e la guida delle operazioni, fino a che, scoppiata la crisi del 1907, non si cominciò a ripensare se per avventura non si dovesse procedere a un riordinamento più radicale delle borse.

La legge 20 marzo 1913 e il relativo regolamento del 4 agosto, costituiscono le prime leggi speciali e formanti testo unico in materia.

Sorpassato il periodo della guerra, le esagerate speculazioni svoltesi negli anni 1923 e 1924 e le deleterie loro ripercussioni sulla circolazione monetaria destarono tali preoccupazioni, da imporre una revisione della legge del 1913, e con il decreto legge 7 marzo 1925 si faceva ritorno ai principî dell'anno X e del codice del 1865.

Pur lasciando coesistere la mediazione libera, si volle circondare di tali garanzie l'opera e la figura dell'agente di cambio, da renderla preferita a quella di qualsiasi altro intermediario di borsa. Dichiarati decaduti tutti gli agenti di cambio, con effetto dal 1° giugno 1925, si procedette ad una revisione generale di coloro i quali avevano rivestita tale carica, e si provvide intanto alle nuove nomine.

Fu ripristinata la qualità di pubblico ufficiale, che il codice del 1882 aveva soppresso. La proposta di nomina fu devoluta al ministro delle Finanze di concerto col ministro dell'Economia sentita la Camera di commercio, la deputazione di borsa, ed il consiglio sindacale: la nomina doveva essere fatta per decreto reale. La cauzione degli agenti di cambio fu elevata fino ad un milione di lire, a seconda delle borse. Il loro numero fu fissato nelle seguenti misure: Milano 60, Torino e Genova 45, Roma 39, Napoli e Trieste 15, Firenze 8, Bologna 4, Palermo e Venezia 3 (decreti ministeriali 7-20 marzo 1925).

Fu istituita presso le principali borse la corporazione degli agenti di cambio con personalità giuridica, cui fu preposto un consiglio sindacale, il quale avrebbe dovuto sostituire i sindacati degli agenti di cambio. Fu stabilita la responsabilità solidale della corporazione per le obbligazioni assunte dai singoli agenti fino ad un ammontare corrispondente al quarto della somma di tutte le cauzioni.

Fu tolta la facoltà di negoziare alle grida, alle persone fisiche e morali che per effetto dei diritti acquisiti l'avevano conservata, ristabilendosi così il privilegio esclusivo della grida ai soli agenti di cambio.

I decreti del 9 aprile completavano con disposizioni transitorie e regolamentari il precedente decreto. Successive disposizioni del 14 maggio, 26 giugno, 11 ottobre, 31 dicembre 1925 e, da ultimo, 7 marzo 1926, venivano a limitare grandemente e sospendere parte delle precedenti disposizioni.

E così, restando nominalmente la cauzione elevata ad un milione, in realtà non ne fu versata che la metà, fungendo la cassa cauzioni come ente di assicurazione per l'altra metà nei riguardi dei suoi partecipanti e dei terzi. La responsabilità solidale nei confronti dei terzi fu limitata al concorso della cassa cauzioni fino a completamento della cauzione dell'agente di cambio nella misura prescritta dalla legge. Non si procedette alla costituzione dei consigli sindacali, continuando provvisoriamente a funzionare i sindacati degli agenti di cambio. Fu prorogata la facoltà di negoziare alle grida alle persone cui era stata tolta. Altre disposizioni furono rinviate sine die.

Senza entrare nell'esame particolareggiato delle norme e delle modalità per l'esercizio della professione di agente di cambio, ricordiamo che gli uffici pubblici riservati agli agenti di cambio consistono nelle seguenti mansioni:

a) vendita all'incanto dei titoli del debito pubblico, o garantiti dallo stato, di cartelle di credito fondiario, di titoli emessi dalle provincie o comuni, titoli cambiarî, titoli di qualsiasi ente, nonché ogni altro titolo di stato estero, ammesso alla quotazione nelle borse italiane.

b) esecuzione coattiva nelle operazioni di borsa;

c) accertamento del corso dei cambî;

d) negoziazione alle grida nella corbeille riservata agli agenti di cambio;

e) ogni altro incarico commesso ai mediatori dal codice di commercio o da altre leggi relative alla negoziazione dei valori pubblici.

Per disposto dell'art. 44 della legge 1913 sulle borse, vige una procedura speciale per i contratti conclusi col ministero degli agenti di cambio, procedura la quale dà modo al creditore di ottenere un certificato di credito dal sindacato degli agenti di cambio, che ha forza di titolo esecutivo a termine delle leggi di procedura civile (v. borsa).

In tutte le leggi è stato mantenuto rigorosamente il divieto agli agenti di cambio di prendere interesse in qualsiasi commercio, comminandosi loro in caso di infrazione la revoca dalla carica. La legge aggiunge che l'agente di cambio nel caso di fallimento è colpevole di bancarotta quando abbia compiuto operazioni di borsa per proprio conto.

Bibl.: Trattandosi di argomento che forma parte soltanto di disposizioni legislative riguardanti l'organizzazione ed il funzionamento delle borse di commercio e dei contratti di borsa, si dovranno consultare opere che trattino l'intera materia, e specie quelle di commento alle leggi. Ricordiamo M. Angiolini, Nuove discipline legislative e regolamentari sulle borse, Milano 1915; I provvedimenti legislativi sulle borse, febbraio 1915-marzo 1916, edito a cura della Federazione Nazionale Agenti Cambio, Roma; F. Piccinelli, Valori pubblici ed operazioni di borsa, 2ª ed., Milano 1897; id., Il capitalista ecc., Milano 1906; id., Come investire e amministrare i miei capitali, Milano 1907; Norme ed usi di borsa, Federaz. Naz. Agenti Cambio, Roma; A. Ruggiero, La Banca e la Borsa, Foligno 1922; A. De' Pietri Tonelli, La speculazione di borsa, Rovigo 1912-13; F. Messineo, Operazioni di Borsa e di Banca, Roma 1926.

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