AGIDE IV

Enciclopedia Italiana (1929)

AGIDE IV

Vincenzo Costanzi

. Questo re di Sparta apparteneva, come tutti quelli dello stesso nome, tranne il primo, forse mitico, alla dinastia degli Euripontidi. Era figlio di Eudamida che aveva regnato dal 260 al 250 circa. Egli stette sotto la tutela di Agide suo omonimo, e zio materno; ma quando questi fu caduto a Mantinea nel 249 combattendo contro gli Achei, la lega arcadica stretta intorno a Megalopoli e Mantinea, gli successe nella tutela il fratello minore Agesilao, il quale si mise a capo di un movimento suciale ed economico; ed Agide IV, uscito di minore età, imbevuto delle stesse idee dello zio, cercò di realizzarle. Il suo intento era di sollevare non tanto la popolazione misera quanto i proprietarî indebitati, i cui fondi erano gravati da ipoteche; tuttavia il soccorso alle misere condizioni della plebe faceva parte del programma di A., per poter avere un appoggio più solido; e nello stesso tempo entrava nel piano di riforme l'aumento della popolazione spartana ridotta solo a 700 cittadini e di questi soli 100 di pieni diritti, con un allargamento della cittadinanza ai perieci. La leggenda della divisione dei lotti operata da Licurgo creava l'illusione sull'applicabilità di questo provvedimento rivoluzionario tutto artificiale e meccanico. Si fece riuscire alle elezioni degli efori Lisandro, discendente dal vincitore di Egospotami. Leonida, della dinastia degli Agiadi, avverso alle riforme, fu detronizzato sotto l'imputazione di aver col padre Cleonimo portato le armi contro la patria insieme con Pirro, e gli fu sostituito uno della stirpe collaterale, Cleombroto.

Essendo spirato sul dicembre del 243 l'eforato di Lisandro, riuscirono eletti efori uomini ostili al movimento. Ma, come Tiberio Gracco depose il tribuno Ottavio, così A. ed i suoi seguaci deposero con la violenza gli efori entrati in carica, e ne fecero eleggere dei nuovi favorevoli, tra i quali Agesilao. Leonida non si vide più sicuro e andò in esilio a Tegea. Fu decretata l'abolizione dei debiti e furono bruciati sulla piazza del mercato tutti gli atti riguardanti le ipoteche. Ma alla divisione della terra che era stata promessa, non si venne; e alla moltitudine non si vendette altro che fumo.

Intanto gli Etoli minacciarono di invadere il Peloponneso, e gli Achei cercarono l'alleanza di A.; ma Arato, che era stratego degli Achei, diffidando dello stesso suo alleato perché non simpatizzava con i suoi spiriti rivoluzionarî, voleva evitare una battaglia decisiva, mentre A. aveva bisogno di una vittoria per affermarsi e condurre a compimento il suo programma. Data così la resistenza d'Arato, A. si dové ritirare a Sparta, dove trovò avversa la disposizione d'animo dei creditori spogliati e dello stesso proletariato. Creatosi questo ambiente ostile al riformatore, tutta l'opera sua venne annullata. Il re Cleombroto e tutti i fautori di A. fuggirono; egli si rifugiò, come una volta il vincitore di Platea, nel tempio d'Atena Calcieca, ma fu preso e gettato in carcere e poscia condannato a morte insieme con la madre Agesistrata e la nonna Archidamea; la vedova di lui, Agiatis, fu data in moglie a Cleomene figlio di Leonida, e forse la sua azione non fu indifferente ad alimentare lo spirito rivoluzionario nel figlio del re conservatore.

Bibl.: Plutarco, Vita di Agide; Pausania, III, 6 F; II, 8, 5; VII, 3; VIII, 8, 11; 10, 5-10; 27, 3.

In molti di questi luoghi Agide il riformatore è scambiato con l'omonimo tutore prima che assumesse la tutela Agesilao. Plutarco, Arat., 31-32; Cicerone, De Officiis, II, 23, 80; Droysen, Geschichte des Hellenismus, III, i p. 420 seg.; B. Niese, Geschichte der griechischen und makedonischen Staaten, ecc., II, 58, n. 2, e passim; III, 385; J. Beloch, Griechische Geschichte, 2ª ed., IV, i, pp. 623-628; A. Ferrabino, Arato di Sicione, Firenze 1921, p. 33 seg.

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