AGORAIO

Enciclopedia Italiana (1929)

AGORAIO (fr. aiguillier; sp. alfiletero; ted. Nadelbüchse; ingl. needle-case)

Francesco Cognasso

L'astuccio per aghi risale ad età antichissima. Gli scavi di varie necropoli italiane preromane, come quella di Ornavasso e quella di Montefortino, hanno dato non pochi astucci tubolari di bronzo, con orecchiette laterali ad anello, aperti ad un'estremità. I Greci li chiamavano βελονοϑήκη o ῥαϕιδοϑήκη nel basso latino troviamo le forme aciarium, acuarium. Si facevano d'oro o d'altro metallo e forse anche di legno; semplici e spesso anche lavorati artisticamente. Notevole quello d'oro, a forma di piccola mazza, munito di coperchietti e attaccato ad un braccialetto, trovato negli scavi di Panticapea (Crimea); un altro fu trovato in una tomba di Preneste, contenente aghi e spilli; parecchi astucci per aghi furono trovati negli scavi di Pompei. Spesso in Roma gli aghi e gli spilli si tenevano nelle ciste di bronzo che contenevano tutto il necessario per il mundus mulibris, e che a tale uopo erano divise in varî scompartimenti. Nel Medioevo vicino alla tubolare si ebbe per gli agorai un'altra forma più semplice: alcune striscette di panno, tagliate di solito a losanga o a quadretti, su cui si puntavano gli aghi, erano rinserrate fra due tavolettine di legno, osso avorio o metallo, infilate per un anello o un semplice foro alla catenella che le dame usavano per portare alla cintura una quantità di oggettini indispensabili nell'uso domestico: chiavi, forbicine, coltellino, agoraio, ecc. Anche sotto questa forma, l'agoraio diventò ben presto oggetto di lusso: cesellato, ornato di pietre preziose, istoriato. Gli ordini monastici imposero l'uso di agorai semplici e modesti. Nel Rinascimento ritornò di moda l'agoraio tubolare; fu trattato ora artisticamente e trasformato in oggetto di ornamento, di lusso, più o meno utile. Si ebbero agorai di osso, di avorio, di ebano, di oro e d'argento; si ornarono di gemme e di perle, si rivestirono di smalti bianchi o azzurri, di miniature, di leggende, motti e stemmi; si atteggiarono a tempietti romani o a piccole statuette di soggetto mitologico o allegorico, ad amorini fra svolazzi di nastri e fronde, secondando la moda e l'impronta artistica dell'età, e raggiungendo nel Settecento uno sfarzo tanto maggiore, quanto minore era l'utilità.

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