CORNACCHINI, Agostino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORNACCHINI, Agostino

Robert Engass

Figlio di Ludovico e di Lucia Niccolai, nacque a Pescia il 26 ag. 1686 (Faccioli, 1968), ma già quando aveva undici anni si trasferì a Firenze con la famiglia.

Nel 1697 entrò nello studio di G. B. Foggini, primo scultore alla corte medicea e, sino alla sua morte nel 1725, il personaggio di gran lunga più influente nella scultura fiorentina barocca. Altra data importante per la carriera dello scultore C. è il 1709, anno in cui l'antiquario e collezionista inglese John Talman, appena giunto a Firenze, gli commissionò disegni di famosi esemplari di scultura italiana. Ancora più decisivo per la carriera del C. fu il sostegno che egli ebbe da F. M. N. Gabburri vicedirettore dell'Accademia del disegno, membro dell'Accademia della Crusca e uno dei più importanti connoisseurs del suo tempo.

Il Gabburri, che nel 1738 scrisse la biografia del C., gli ordinò le decorazioni in stucco per la sua casa di Firenze, attuale palazzo Giuntini, decorazioni ora distrutte ma a noi note in parte attraverso disegni nel British Museum e nel Victoria and Albert Museum di Londra. Altre decorazioni in stucco, perdute, sono quelle eseguite (1710-12) per la cappella di S. Giovanni Gualberto nella chiesa di S. Trinità, delle quali restano alcuni disegni preparatori nel British Museum.

Durante quasi tutta la carriera il C. usufruì dell'appoggio di mecenati influenti. Quando (1712) il Gabburri andò a Roma, "seco lo condusse e colà lo tenne a proprie spese... provvedendolo non solo di tutto ciò che poteva occorrergli per la sua Persona, quando per l'arte sua ... procurò di stabilirlo a Roma ... lasciandolo sotto la protezione dell'Em.mo Cardinal Fabroni" (il quale era zio del Gabburri stesso e uno dei più influenti cardinali in Roma) "il quale gli assegnò subito un quartiere nel suo palazzo, la tavola, e gli fece fare in oltre apposta uno studio per l'arte sua nel suddetto palazzo, e oltre a questo dandoli di tanto in tanto qualche aiuto di abiti e di denari".

Il C. stette con il cardinal Agostino Fabroni dal 1714 circa al 1716 (Keutner, 1958). A un certo punto, nei primi anni del terzo decennio si trasferì nell'enorme studio che il papa gli aveva fatto fare per contenere la sua statua equestre di Carlo Magno. Sino al 1727 il C. vi abitò, con un fratello e una zia nubile; il 4 febbraio di quell'anno si sposò con una ragazza di venti anni più giovane, Maria Angelica Papi, e con lei si trasferì in una casa più adatta in via della Lupa.

Prima opera documentata del C. è una statua del papa Clemente XI Albani che è firmata e datata 1710. Eseguita a Firenze, fu inviata a Urbino dove è conservata tuttora nella crociera del duomo. La Riederer Grohs (1978) descrive le opere effimere eseguite a Firenze dal C. per le esequie dell'imperatore Giuseppe I nel 1711 e per la canonizzazione del pontefice Pio V nel 1712 (D. Moreni, Continuazione delle memorie ... dell' ... imperial basilica di S. Lorenzo ..., Firenze 1817, II, p. 97 data erroneamente al 1722); l'anno dopo il nome del C. compare come disegnatore dei costumi per lo spettacolo dato nel teatro della Pergola in occasione della visita a Firenze del principe elettore di Sassonia Federico Augusto II, il futuro Augusto III di Polonia.

Alcuni di questi disegni, conservati nella Biblioteca Marucelliana di Firenze e nel Virginia Museum of Art di Richmond (Grohs, 1974; Cannon Brookes, 1976), dimostrano la propensione del C. già a questa data, per le figure allungate e i panneggi con pieghe ad angolo acuto.

Negli anni in cui visse in palazzo Fabroni (1714-1716), il C. eseguì per il suo protettore una Natività e una Deposizione, entrambe ora nella Biblioteca Fabroniana di Pistoia (Montagu, 1974, pp. 42 s.).

I due gruppi scultorei, ognuno alto circa un metro, sono tra le sue opere più suggestive. Vi sono numerosissimi richiami alle statuette fiorentine in bronzo tecnica nella quale il C. era stato educato nei dettagli naturalistici in piccole dimensioni, con un senso intimistico che manca nella maggior parte della scultura romana, della quale, per altro, si notano influssi. La Natività ambientata architettonicamente e con il capannello di diverse figure, trae ispirazione dal presepio romano oltre che dal trattamento scenografico dello stesso soggetto nel gruppo marmoreo eseguito da Monnot per la chiesa romana di S. Maria della Vittoria.

Un'altra scultura di piccole dimensioni eseguita nello stesso periodo, a Roma, ma ancora entro la tradizione fiorentina è l'Endimione dormiente.

Nel 1722 facevano parte della collezione Gabburri due pezzi di questo stesso soggetto, uno in bronzo e uno in terracotta; e un altro bronzo che apparteneva al senatore Gino Capponi fu esposto nel chiostro della SS. Annunziata nel 1724 (F. Borroni Salvadori, Le esposizioni..., in Mitteilungen des Kunsthist. Institutes..., XVIII [1974], p. 77). Nel Museum of Fine Arts di Boston è conservato un modello in terracotta dell'Endimione firmato edatato 1716 (Lankheit, 1962, ill. 137 s.; Montagu, 1974, p. 44); una fusione in bronzo, con la stessa iscrizione, fu esposta a Leopoli nel 1907 (E. W. von Braun Troppau, in Künst und Kunsthandwerk, X [1907], pp. 534 s.); un esemplare, completo di nuvole e luna, in porcellana, su modello del C., è conservato nel Museo Richard Ginori di Sesto Fiorentino (Antichità viva, IV [1965], 2, p. 29).

Non sono datati, ma probabilmente appartengono alla fine del secondo decennio del secolo, due busti in marmo nella sacrestia di S. Carlo al Corso in Roma: il Cardinale Luigi Omodei, morto nel 1707, e il Cardinale Ferdinando d'Adda, mortonel 1719 (ill. 215 s. in Enggass, 1976).

L'opera migliore è la figura a grandezza naturale della Speranza nella cappella del Monte di pietà in Roma (1721-24: ill. 218-220. in Enggass, 1976). Il corpo si muove con il leggero ondulato del barocchetto romano mentre è attraversato, in un contrapposto staccato, dalle pieghe vivacemente raccolte del drappeggio bagnato che serve anche a rivelare le morbide forme sottostanti. In questo stesso felice periodo il C. eseguì, per l'elettrice palatina Anna Maria Luisa de' Medici, il piccolo bronzo aggraziato di Giuditta con il capo di Oloferne, ora nel City Museum and Art Gallery di Birmingham (cfr. Art on the Market, in The Burlington Magazine, CIX [1967], tav. 7); un disegno in penna e guazzo, nello stesso museo, indica le idee preparatorie per questa composizione (Cannon Brookes, 1976, ill. 6 s.).

Il periodo di maggior successo del C. vide anche il suo più grave fallimento artistico: la colossale statua equestre di Carlo Magno (1720-1725).

Collocata nel nartece di S. Pietro, di fronte alla colossale statua equestre di Costantino del Bernini, ha molto sofferto a causa dell'inevitabile confronto: Wittkower, che ha estesamente studiato la statua del C., l'ha definita (1973, p. 436) "un travestimento debole e teatrale della sua controparte", ma ha anche dimostrato (1961) il suo considerevole significato iconografico relativamente ai rapporti tra Papato e Corona francese.

Nonostante alcune critiche sfavorevoli dei contemporanei al Carlo Magno (F. Valesio, Diario di Roma ... R7251, IV, Milano 1978, p. 486), il C. continuò a ricevere commissioni importanti. Per S. Pietro eseguì (1724-25) uno dei giganteschi putti che sostengono le acquasantiere della navata, opera "che né pure è piaciuta" (17. Valesio, ibid.), e subito dopo (1725-27) la statua marmorea di Elia nella tribuna, di dimensioni superiori al naturale e piuttosto teatrale (per la documentazione cfr. E. Boaga, Lastatua di S. Elia ..., in Carmelus, XXV [1978], pp. 353-379). Negli stessi anni eseguì un restauro del Laocoonte nel corso del quale egli rifece completamente le braccia mancanti dei due figli, cancellando, in tal modo, il restauro precedente di I. Sansovino (A. Prandi, in Riv. dell'Ist. naz. di, archeol. e storia dell'arte, III [1954], pp. 98, 100-103, 107).

Alla fine del terzo decennio e nei primi anni del seguente il C. fu chiamato fuori Roma per importanti lavori: per il duomo di Orvieto eseguì le due statue marmoree a grandezza naturale dell'Arcangelo Michele (1727) e dell'Angelo custode (1729) tuttora in loco (Enggass, 1976, pp. 197 s.; i bozzetti in terracotta nel Museo dell'Opera del duomo: ill. 185 s, del catal., Bologna 1972).

Per la basilica di Superga a Torino, su disegni di F. Iuvarra eseguì un enorme rilievo in marmo (alto quasi cinque metri) con la Natività della Vergine: era finito nel 1730 e fu collocato nella seconda cappella di destra. Alla fine dello stesso anno il C. si impegnò ad eseguire, sempre su disegni di Iuvarra (conservati nel Metropolitan Museum di New York), un altro rilievo per la stessa basilica, la Pietà (finito nel 1733: Schede Vesme), che serve da pala d'altare per la cappella reale sotterranea. In questi stessi anni il C. eseguì per un nobile boemo, il cardinale Michele Federico d'Althann, la statua di S. Giovanni Nepomuceno che fu collocata a Roma su ponte Milvio, dove fu inaugurata il 26 giugno 1731 (V. Golzio, in Archivi d'Italia, III [1936], p. 124) e dove si trova tuttora. Il morbido ondeggiare delle vesti sacerdotali e le graziose curve della figura che quasi suggeriscono le mosse di una danza fanno di questa statua uno degli esempi più puri del barocchetto romano.

Quando salì al soglio pontificio Clemente XII, fiorentino, aumentò la richiesta di artisti fiorentini. Per la grandissima nuova cappella Corsini in S. Giovanni in Laterano il C. eseguì (1734-35) una statua marmorea della Prudenza più grande del naturale, che non è tra le sue opere migliori, ed un rilievo in marmo, stranamente sovraffollato, quasi manierista, con la Battagliadi Anghiari (entrambi illustr. in Enggass, 1976). Ancora sotto la benevola protezione del Corsini l'artista eseguì (1735-37) una statua di Clemente XII seduto, più grande del naturale, che fu spedita ad Ancona e ancora sta nella piazza principale di quella città pur avendo sofferto seri danni e subito almeno due restauri.

In rare occasioni il C.si avventurò anche in campi diversi dalla scultura: a Pescia, la sua città natale, fornì, a proprie spese, i disegni per una fontana (mai eseguita) e anche per una doppia scalinata per la chiesa dei SS. Stefano e Niccolò, che fu costruita ed è tuttora in loco. Nel Victoria and Albert Museum di Londra è conservato un piccolo Gesù Bambino dormiente in cera colorata su ardesia: in una iscrizione sul retro di quest'opera, che è più curiosa che artistica, il C. siattribuisce "questa nuova invenzione" dell'encausto (Cannon Brookes, 1976, p. 123).

Non resta documentazione dell'attività del C.tra il 1737 e il 1754.Un'ultima fuggevole comparsa nel mondo artistico egli fece quando eseguì la statua in travertino di S. Orsola per la terrazza del colonnato di piazza S. Pietro, che ne sostituì una dello stesso soggetto distrutta dal fulmine, e ricevette per essa 80 scudi, una somma misera in confronto alle somme cui era stato abituato in passato (Enggass, 1976, p. 205).

Il C. morì prima della fine del 1754.

Èperduto il Beato Jean François de Régis sul letto di morte, grande figura in abito sacerdotale, in marmo, con un cherubino, già nel convento delle Descalzas Reales di Madrid, distrutta da un incendio nel 1931 (ill. in Lorente, 1963). Opere non identificate sono una piccola statuetta in cera dorata con S. Cecilia morente, che il C. eseguì per la principessa Violante Beatrice di Toscana (Lankheit, 1962, p. 288), ed un piccolo modello per la tomba di Clemente XI, un progetto che non fu mai eseguito. Anche se di qualità ineguale, l'opera del C. fu importante per il tardo Barocco romano.

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