GERLI, Agostino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GERLI, Agostino

Dario Melani

, Primogenito di Paolo e Anna Tagliabue, nacque a Milano nel 1744. Nel 1759 fu a Bologna alla scuola di Ercole Lelli, pittore, architetto, incisore e direttore della locale Accademia di belle arti. Nel 1764 si trasferì a Parigi dove fu allievo e aiuto dello scultore e decoratore H. Guibert, che lavorava ai progetti dell'architetto J.-A. Gabriel.

Nei cinque anni che trascorse in Francia il G. eseguì numerose opere di decorazione, tra cui quelle destinate alle residenze reali, come si ricava dai suoi Opuscoli pubblicati a Parma nel 1785 (p. 38), che costituiscono la fonte principale per la biografia del G.; altre indicazioni sulla produzione in Francia dell'artista si ricavano dai disegni e dagli appunti di sua mano raccolti in un Album di 14 pagine conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano (Baccheschi).

Tra il 1766 e il 1768 lavorò al Petit Trianon, edificio progettato da Gabriel, sito nel parco reale di Versailles, che anticipa l'architettura neoclassica; sempre a Parigi eseguì le decorazioni in legno per la sala del trono del re di Polonia, Stanislao Augusto Poniatowski, parte delle quali fu inviata a Varsavia: il lavoro però, ricorda il G., non venne portato a termine a causa delle vicende belliche in Polonia.

Durante il viaggio di ritorno in Italia intrapreso nel 1769, il G. si trattenne per un certo periodo a Digione presso il marchese Fyot de la Marche ed eseguì, forse, alcuni lavori nel castello di Montmusard (Baccheschi, p. 90).

Rientrato a Milano il G. fu tra i primi a introdurre in città il gusto neoclassico e, nonostante l'opposizione di molti suoi colleghi, tra il 1776 e il 1780 ricevette numerosi incarichi da parte della nobiltà locale.

Lavorò per i palazzi cittadini e le residenze delle famiglie Monti, Andreani, Casati, Litta, Belgioioso, D'Adda e Moriggi (Samek Ludovici). Operò in stretto rapporto con i maggiori progettisti del tempo in Lombardia, quali G. Piermarini e S. Cantoni; e con i pittori decoratori G. Albertolli, G. Levati, M. Knoller e A. Appiani, "contribuendo alla formazione di un repertorio di ornati e composizioni figurate improntate a un neoclassicismo colto" (Baccheschi, p. 92); la maggior parte delle sue opere, tuttavia, è oggi perduta (ibid., p. 91).

Nel 1775, in qualità di architetto, progettò il completamento della chiesa parrocchiale di Seregno, la cui costruzione era rimasta per anni interrotta (Opuscoli, pp. 77 s.); gli fu tuttavia preferito il progetto dell'architetto G. Galliori (Dizionario della Chiesa ambrosiana, V, Milano 1992, p. 3336).

In quel periodo il G. teorizzò un nuovo metodo di pavimentazione interna, consistente in una speciale smaltatura a imitazione dei marmi, atta a formare qualsiasi ornato e figura, che venne per la prima volta eseguita in stile raffaellesco, su suo disegno, nell'abitazione del marchese Moriggi a Milano (Opuscoli, pp. 43 s.).

Nel 1777 la sorella del G., Angela, andò in sposa allo scultore e pittore parmense Gaetano Callani, autore a Milano, tra il 1774 e il 1776, delle quaranta statue del salone detto delle Cariatidi in palazzo reale. I due cognati furono sempre in ottimi rapporti e, dal 1782, soggiornarono insieme a Roma, Pompei ed Ercolano, per osservare e studiare le antiche tecniche di decorazione, tra le quali quella dell'encausto. Questa tecnica, consistente nell'applicazione a caldo di colori sciolti nella cera, venne sperimentata nella decorazione del 1784 di una stanza della villa Cusani di Desio; le tavole illustrative di questo lavoro appaiono incise in una sezione degli Opuscoli.

Nel corso del suo soggiorno romano egli individuò e disegnò antichi capitelli corinzi e compositi "di esimia bellezza" provenienti dai demoliti templi di Apollo e Marte e reimpiegati in S. Pietro, ai quali più tardi dedicò la pubblicazione Capitelli nel tempio di S. Pietro (Milano 1815). Nel 1784 individuò quattro colonne di marmo antico riutilizzate nella cappella dedicata a S. Ippolito in S. Lorenzo a Milano e, tra i primi del suo tempo, affermò che erano "incontrastabilmente" provenienti da templi di epoca romana, come scrisse in seguito nelle Indicazioni di vari avanzi d'antichità esistenti nella città di Milano (Milano 1817, p. 15). Nello stesso periodo il G. recuperò, sulla spianata del castello di Milano, un tronco di colonna antica che fu dallo stesso artista collocata nell'antitempio della basilica di S. Ambrogio (ibid., p. 21).

Come voleva la moda enciclopedica del suo tempo, il G. si dedicò alle più svariate attività dimostrando una notevole versatilità d'ingegno. Insieme con i fratelli Giuseppe e Carlo Giuseppe, suoi stretti collaboratori in numerose imprese, costruì una macchina aerostatica su modello di quella ideata nel 1783 in Francia dai fratelli Montgolfier.

Il 19 genn. 1784, a Milano, alla presenza del ministro plenipotenziario conte J.J. von Wilczeck, i Gerli fecero innalzare un prototipo di palloncino che si elevò circa a un'altezza doppia della maggiore guglia del duomo. In seguito ai buoni risultati conseguiti venne intrapresa la costruzione dell'aerostato che avrebbe compiuto l'ascensione con uomini a bordo. Dopo 24 giorni di intenso lavoro, i tre fratelli realizzarono una mongolfiera costituita da un pallone del diametro di circa 21 m, costruito in tela internamente foderata di carta, con l'alloggio dell'equipaggio consistente in una grande cesta di vimini unita al pallone da un insieme di corde. Sotto la bocca del globo vi era un braciere, alimentato a legna imbevuta di un particolare bitume liquido, realizzato da Giuseppe. Dopo due infruttuosi tentativi, a mezzogiorno del 25 febbr. 1784, alla presenza di più di 2000 spettatori, la macchina aerostatica si innalzò presso la villa Andreani di Moncucco, nei dintorni di Brugherio, con a bordo il committente conte Paolo Andreani e i fratelli Gerli. Il pallone, dopo aver raggiunto l'altezza di circa 350 m, scese a un quarto di miglio dalla villa, in direzione di Monza. Dopo alcune modifiche all'apparecchiatura, fu tentato un secondo volo il 13 marzo dello stesso anno, con a bordo Andreani e due suoi dipendenti; il pallone, dopo un volo di 24 minuti, atterrò nelle vicinanze di Caponago (Opuscoli, pp. 1-17).

L'attività dei fratelli Gerli proseguì con la costruzione nel 1785 di un'apparecchiatura ispirata a progetti di Leonardo da Vinci e denominata "ermamfibio", atta a trasportare l'uomo per le acque, consentendogli, allo stesso tempo, di camminare per le strade. Con tale apparecchiatura, dopo un primo collaudo nel laghetto della villa reale di Monza, alla presenza dell'arciduca Ferdinando d'Austria, gli inventori passarono il fiume Po tra Pavia e Piacenza e il Danubio a Vienna; nello stesso 1785 il G. pubblicò a Milano L'Ermamfibio, ossia l'uomo passeggiatore terrestre e acquatico.

Il G. si occupò anche di urbanistica. Nel 1787 presentò un progetto per rendere salubre, togliendo l'acqua ristagnante, lo spalto del castello di Milano, permettendovi, così, anche il passeggio. A Vienna, dove tra il 1786 e il 1787 eseguì anche lavori di decorazione per vari committenti (Thieme - Becker), elaborò una bozza di piano regolatore, data alle stampe con il titolo Lettera al signor Callani concernente vari progetti sopra la città di Vienna (Vienna 1787).

Egli propose di abbattere le fortificazioni che dividevano i sobborghi dalla città (p. 5) e mosse critiche alla reggia imperiale, il vecchio Hofburg: "La corte imperiale - scrisse - non risponde niente del tutto alla possanza e alla grandezza del Sovrano. È una meschina fabbrica senza giardini" (p. 15). Propose quindi la costruzione di una nuova reggia, che avrebbe dovuto estendersi su parte del terreno lasciato libero in seguito alle demolizioni delle vecchie fortificazioni; la selciatura delle strade; la costruzione di marciapiedi nei sobborghi; la realizzazione di un canale navigabile e di una darsena, oltre a un piccolo corso d'acqua, nascente dal Danubio fuori città e condotto a Vienna con la dovuta pendenza al fine di essere utilizzato per la pulizia delle strade e per il funzionamento delle fontane. A conclusione delle sue dissertazioni, il G. pensava "di proporre tutto ciò al Sovrano" (p. 42).

I progetti del G. per Vienna rimasero sulla carta, ma anticiparono di quasi un secolo le grandi opere effettivamente realizzate nella capitale austriaca.

Sulla strada del ritorno in Lombardia, il G. si soffermò a Trieste dove, nel 1788, disegnò e incise la riproduzione di un arco romano (Milano, Civica Raccolta delle stampe A. Bertarelli). Rientrato a Milano, propose numerosi interventi, in gran parte realizzati tra il 1788 e il 1790, riguardanti la pavimentazione stradale delle zone di Porta Romana e di Porta Lodovica, di cui si parla nella sua Vista patriottica sopra le strade della città di Milano (Milano 1792). In quegli anni effettuò numerosi viaggi presso le cave dei laghi lombardi per osservare e discutere con gli esperti locali i vari problemi riguardanti i marmi e le pietre. Nel 1790, ritornando alla sua antica attività di decoratore, realizzò in bronzo i frontoni e i nastri che addobbavano l'obelisco della strada Marina, progettata da Piermarini.

Sempre nel 1790 il G., insieme con i fratelli, diede un altro contributo alla progettazione delle mongolfiere, rendendo noti i risultati dei loro ulteriori studi con il libro Maniera di migliorare i palloni aerei… (Roma 1790). Due anni dopo, stavolta da solo, il G. pubblicò il libro Maniera facile ad eseguirsi per prendere la fiera (Milano 1792) in cui si illustravano progetti, completi di disegni costruttivi e dettagli dei costi, di trappole per orsi, lupi e altri animali feroci.

Non risulta che il G. abbia avuto incarichi di rilievo durante la dominazione napoleonica, forse a causa dei suoi legami con il passato. Le attività a noi note di quel periodo sembrerebbero limitarsi a lavori di carattere artigianale; a tale proposito si ricordano commissioni, riscontrate attraverso mandati di pagamento, quali la costruzione di un corno serpentino, strumento musicale destinato a un corpo militare, e un prototipo di scala per spegnere gli incendi (Milano, Archivio storico del Comune, Fondo famiglie, cart. 742).

Al ritorno degli Austriaci il G., ormai anziano, si dedicò alla pubblicazione di suoi scritti e ricerche d'architettura. Una dedica all'amico Giuseppe Levati, professore di prospettiva all'Accademia di belle arti di Brera, introduce l'ultima pubblicazione del G., gli Elementi di nuova modifica dell'ordine dorico (Milano 1820).

Importante fu anche la collaborazione del G., avvenuta in anni ancora da individuare, con l'ebanista Giuseppe Maggiolini cui fornì una serie di disegni poi utilizzati nelle decorazioni dei celebri mobili. Sembrerebbe appunto il Levati, uno degli scopritori di Maggiolini, ad aver introdotto il G. nella bottega dell'intarsiatore ed ebanista di Parabiago.

Il G. morì il 3 giugno 1821 nella sua casa della contrada di Ponte Vetero, a Milano.

Dei fratelli minori del G., associati alle sue imprese, Giuseppe esercitò principalmente la chimica e la meccanica; mentre Carlo Giuseppe si distinse per la pubblicazione di una serie di incisioni tratte da disegni di Leonardo consistenti in copie di figure, caricature, macchine ecc. (Disegni di Leonardo da Vinci, Milano 1784); tale lavoro si colloca tra i primi tentativi di divulgazione dell'opera di Leonardo in epoca moderna.

Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca naz. Braidense, Fondo autografi, B.XXXII/28; Ibid., Archivio storico del Comune, Stato civile, Registro decessi anno 1821, c. 21; C. Bianconi, Nuova guida di Milano, Milano 1787, p. 422; A. Caimi, Delle arti del disegno…, Milano 1862, pp. 197 s.; G. Morazzoni, in La Martinella di Milano, luglio 1953, pp. 481 s.; S. Samek Ludovici, in Storia di Milano, XIII, Milano 1959, pp. 525, 527 s., 542-544, 599, 615; P. Arrigoni, Milano nelle vecchie stampe, Milano 1970, p. 150 tav. 46; G. Bologna, in Libri e documenti, XIV (1989), 3, pp. 31-37; C. Alberici - M.T. Chirico de Biasi, Leonardo e l'incisione, Milano 1984, pp. 131, 134 s.; E. Baccheschi, Un decoratore italiano "compagnon sculpteur" di H. Guibert: disegni di A. G., in Antologia di belle arti, n.s., IX (1990), 35-38, pp. 82-92; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 472.

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