LADD, Alan

Enciclopedia del Cinema (2003)

Ladd, Alan (propr. Alan Walbridge)

Anton Giulio Mancino

Attore cinematografico statunitense, nato a Hot Springs (Arkansas) il 3 settembre 1913 e morto a Palm Springs (California) il 29 gennaio 1964. Grazie a una recitazione rarefatta, austera e mai esibita, disegnò personaggi segretamente afflitti ma esteriormente saldi, impassibili e laconici, riuscendo a imporre una tipologia fondamentalmente positiva di eroe introverso e complesso, caratterizzato dal fisico minuto e dallo sguardo fisso e attento. Negli anni Quaranta raggiunse la popolarità interpretando, in coppia con Veronika Lake, alcuni classici dell'hard boiled cinematografico. Nel decennio successivo L., pur se diminuirono le sue interpretazioni in film di rilievo, acquistò sempre maggiore spessore e consapevolezza artistica, evidenti nella ricchezza umana del misterioso pistolero protagonista di uno dei massimi capolavori del genere western, Shane (1953; Il cavaliere della valle solitaria) di George Stevens.

Trascorse un'infanzia segnata dalla povertà e da un difficile rapporto con la madre estremamente possessiva che, quando aveva sette anni, lo portò con sé in California. Mentre frequentava la North Hollywood High School (1932-33) riuscì, anche per merito dei riconoscimenti sportivi ottenuti (nel 1931 era stato campione di nuoto della West Coast), a comparire in piccole parti in alcuni film (il primo dei quali fu Tom Brown of Culver, 1932, di William Wyler). Nel 1936, dopo aver seguito i corsi della Ben Bard School of Acting, iniziò la carriera di attore, ottenendo un successo considerevole alla radio, mentre al cinema interpretò ancora piccole parti e spesso non venne accreditato (fu un reporter nel finale di Citizen Kane, 1941, Quarto potere, di Orson Welles). Grazie al suo manager (l'ex attrice Sue Carol, dal 1942 anche sua seconda moglie), gli vennero affidati ruoli sempre più interessanti e complessi, per i quali poté mettere a frutto l'aspetto affascinante, la dizione chiara e penetrante e l'originale stile di recitazione. Con This gun for hire (1942; Il fuorilegge) di Frank Tuttle, tratto dal romanzo di G. Greene, nonostante il ruolo da comprimario divenne una star. Indimenticabile fu il suo Raven, spietato killer professionista, che uccide a sangue freddo ma si intenerisce con i gatti, picchia le donne ma suscita nella protagonista (Veronica Lake) un sentimento misto di amore e pietà, e rivela in extremis una tragica profondità. L'efficace rapporto dialettico con la Lake, la cui tenera avvenenza trovava un perfetto contrappunto nel distacco e nel cinismo da lui ostentati, venne approfondito in altri sei film tra i quali The glass key (1942; La chiave di vetro) di Stuart Heisler, dal romanzo di D. Hammett, e soprattutto The blue dahlia (1946; La dalia azzurra) di George Marshall, dal romanzo di R. Chandler, dove ancora una volta la torbida cornice delittuosa e il clima di cupo sospetto rendono più suggestiva la schermaglia romantica e giustificano l'istintiva misoginia ostentata dal personaggio di Ladd. Nei film in cui venne affiancato da altre partner (Loretta Young, Donna Reed, Gail Russell) appare invece evidenziato l'indolente slancio altruistico dei suoi personaggi, soprattutto in quelli diretti da John W. Farrow, per il quale L. ricoprì il ruolo del sano, integerrimo e corretto americano coinvolto in vicende insidiose, come nei propagandistici China (1943; Cina) e Beyond glory (1948; Codice d'onore), in gialli di forte impianto maschilista come Calcutta (1947) o negli avventurosi Two years before the mast (1946; I forzati del mare) e Botany Bay (1953; I deportati di Botany Bay). La sua immagine di divo si andò rafforzando in quegli stessi anni anche grazie ad altri registi: Leslie Fenton lo diresse in Whispering Smith (1948; Smith il taciturno), uno dei più celebri western di L., e nel più convenzionale Saigon (1948), ultimo film al fianco della Lake; Raoul Walsh in Salty O'Rourke (1945; La corsa della morte) e Saskatchewan (1954; Le giubbe rosse del Saskatchewan); Elliot Nugent in The great Gatsby (1949; Il grande Gatsby), dal romanzo di F.S. Fitzgerald, in cui L. offrì un acuto e romantico ritratto del protagonista; Delmer Daves in Drum beat (1954; Rullo di tamburi) e The badlanders (1958; Gli uomini della terra selvaggia); Tuttle in Hell on Frisco Bay (1956; La baia dell'inferno). Fu però Stevens in Shane a consentirgli di arricchire questa tipologia di eroe moderno, generoso e idealista, mediante un profondo e sofferto senso di inadeguatezza nei confronti della società civile: nell'affettuosa amicizia tra il bambino e il pistolero senza passato e senza futuro, che tuttavia si dedica alla causa dei coloni, si cela l'amara consapevolezza di un destino malinconico nel quale non c'è posto per una donna, una famiglia, un nucleo sociale di riferimento. Non a caso, nelle prove migliori dell'ultima fase della sua carriera, The proud rebel (1958; L'orgoglioso ribelle), dove recitò al fianco del figlio David, e The man in the net (1959; Imputazione: omicidio), entrambi diretti con sensibilità da Michael Curtiz, furono proprio i bambini i principali interlocutori di un uomo ormai maturo e tuttavia indifeso e incapace di stabilire un rapporto sereno con le donne o la comunità in generale. Nel 1954 L. aveva fondato una propria casa di produzione, la Jaguar Productions, con la quale fino al 1959 finanziò una decina di film avventurosi di modesto successo. La sua ultima interpretazione, in The carpetbaggers (1964; L'uomo che non sapeva amare) di Edward Dmytryk, fu quella, malinconica e carica di elementi autobiografici, di un attore ormai giunto al tramonto, prematuramente invecchiato.

Bibliografia

B. Linet, Ladd, the life, the legend, the legacy of Alan Ladd: a biography, New York 1979; M. Henry, R. DeSourdis, The films of Alan Ladd, Secaucus (NJ) 1981.

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