Alberti

Enciclopedia Dantesca (1970)

Alberti

Renato Piattoli

Antica famiglia nobile toscana, che nel secolo XI dominava con titolo comitale territori nella pianura tra Firenze e Pistoia e sulle colline circostanti con centro nella terra di Prato.

La signoria della famiglia, già estesa, forse per mezzo di qualche matrimonio con stirpi feudali della zona, come gli Aldobrandeschi, nella parte della Maremma ricca di metalli, si avvantaggiò vieppiù dall'esaurimento della casa marchionale di Tuscia con la contessa Matilde di Canossa (1115) e dall'estinzione della casa comitale cadolingia (1113). Il potere feudale di questi ultimi si estendeva alla parte più alta dell'Appennino tosco-emiliano, con beni a cavaliere del crinale come la valle onde Bisenzo si dichina (If XXXII 56), con centri a Cerbaia, Vernio, Montepiano, Monteacutoragazza, Bruscolo, la media valle dell'Arno, e poi nella prima parte del suo corso inferiore fino a Fucecchio, che sembra costituisse il centro del dominio. Questi domini, col matrimonio di Cecilia vedova di Uguccione, ultimo dei Cadolingi, con Tancredi dei conti Alberti anch'egli vedovo, passarono sotto il potere albertesco che così s'impose su tutta la valle del Bisenzio e perfezionò i diritti che già godeva nell'Appennino e in Valdibisenzio; si stanziò inoltre sulla sinistra dell'Arno come nelle valli della Pesa, dell'Elsa e sul corso superiore dell'Era. Agevolò grandemente questa espansione il fatto che dal 1114 sedeva sulla cattedra episcopale fiorentina Gottifredo, figlio, come Tancredi, di un conte Alberto degli Alberti.

Si configurò così quell'assetto del feudo che troviamo nel diploma concesso dal Barbarossa in Pavia, il 10 agosto 1164, al conte Alberto figlio di Tancredi. Già ormai la stirpe si era divisa in diversi rami spezzando i feudi: i due rami principali rimangono quello che portò il titolo di Prato, di Mangona e di Vernio, e quello che prese il titolo da Capraia sull'Arno ed ebbe i possessi dall'Arno all'Era, a Certaldo, a Castelfiorentino, a Pogna. Il testamento del conte Alberto da Mangona dettato prima del 1210 lasciava il figlio Alberto erede - ma sotto la tutela dei consoli della città di Firenze - di tutti i beni sulla destra dell'Arno ed entro la Toscana a partire da Capraia, e di quelli a Bologna e nel vescovado bolognese, rimanendo usufruttuaria la moglie Tabernaria.

Durante il sec. XII, attraverso guerre piccole e grandi quasi continue, Firenze aveva imposto il suo predominio sulle parti del suo territorio episcopale sottoposto a feudatari. Così anche gli A. avevano visto sgretolare i loro possessi e i loro castelli. Nel diploma concesso dall'imperatore Ottone IV nel 1210 al conte Maghinardo del fu conte Alberto da Prato, quantunque si accenni a nuovi possessi portati dalla contessa Tabernaria e dai suoi fratelli Reinaldo e Alberto, dei domini in Maremma non si fa più parola e si accenna a ben pochi degli altri, eccezion fatta per quelli di Valdelsa. Ai rosicchiamenti fiorentini si aggiunsero quelli compiuti da altre città: Bologna, per i possessi sull'Appennino; Pistoia, la quale, acquistato che ebbe il poggio di Castiglione in Valdibisenzio, si affrettò a munirlo di opere fortificate; Siena; Volterra e Massa Marittima. Vi erano altresì i movimenti centrifughi delle zone che tendevano all'autonomia completa, come Prato, che nel corso del sec. XII si era data organizzazione comunale. Sembra inoltre che dopo il 1250 gli A. vendessero i loro diritti su Prato, sul territorio, e sulla fortezza che dal cuore di Prato assicurava il controllo sulla città e sulle vie d'accesso, proprio all'Impero, desideroso di mantenere il controllo del poderoso " castrum imperatoris ".

Allo scorcio del Duecento, ogni interesse storico e dantesco si è concentrato sui superstiti conti di Vernio e di Cerbaia, la cui ultima discendente, la contessa Margherita, figlia del conte Nerone e vedova di Benuccio Salimbeni da Siena, vendette nel 1332 quel feudo ad Andrea di Gualterotto dei Bardi. I discendenti di costui lo possedettero mantenendo il titolo comitale sino alla soppressione napoleonica dei feudi. Nel 1814 la ex contea di Vernio fu aggregata al granducato di Toscana.

Bibl. - Delizie degli Eruditi Toscani, VIII, Firenze 1787, 90-95; E. Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, v, ibid. 1843, 696-699 (voce " Vernio "); e VI Appendice, ibid. 1846, cap. VII, dedicato ai conti A. fino al 1252 circa, 25-30; cap. VIII, dedicato ai conti di Capraia, 31-33: entrambi questi capitoli sono accompagnati da un albero genealogico; P. Edlmann - F. Bardi, Studi storici, Firenze 1886; Documenti sull'antica Costituzione del Comune di Firenze, a c. di P. Santini, ibid. 1895, 375; Davidsohn, Storia I e II passim; P. Santini, Studi sull'antica Costituzione del Comune di Firenze (Contado e Politica esteriore nel sec. XII), in " Arch. Stor. It. " s. V, XXV-XXVI (1900); Liber Censuum Communis Pistorii, a c. di Q. Santoli, Pistoia 1915 (soprattutto ai nn. 321-325, 813-816, 340-342); A. Palmieri, La Montagna bolognese nel Medio Evo, Bologna 1929, 53-54 e passim; Consigli del Comune di Prato, a c. di R. Piattoli, ibid. 1940, 385.

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