MUSSATO, Albertino

Enciclopedia Italiana (1934)

MUSSATO, Albertino

Manlio Torquato Dazzi

Uomo politico, soldato, storico e poeta preumanista, nacque in Padova nel 1261 da Giovanni Cavalerio, banditore del comune, probabilmente figlio d'Alberto Mussio, possidente venuto in città da Ottavo e proprietario di molini al ponte Molin. Intorno al 1296 sposò Mabilia della famiglia Dente, ed ebbe figlioli Vitaliano, Egidia e altre femmine. Fu ripetitore agli scolari e cominciò a guadagnare esemplando libri per le scuole. Nel 1282 è già notaio e tratta le cause forensi. Nel 1296 è cavaliere ed entra nel pubblico consiglio. Fece parte, probabilmente fra il 1302 e il 1303, d'una legazione padovana a Bonifazio VIII. Fu podestà di Lendinara, poi, nel 1309, dal 1° aprile al 30 settembre, esecutore degli Ordinamenti di giustizia in Firenze, dove condannò al bando un gonfaloniere e sei pennonieri della lega di S. Donato in Poggio per strascichi della congiura di Corso Donati. Fu dell'ambasceria padovana alla coronazione regia di Enrico VII (6 gennaio 1311). Si determinò in quel tempo il suo pensiero politico favorevole all'Impero nell'accordo con la Chiesa e col possibile rispetto dei reggimenti comunali. Amantissimo della patria e della libertà, egli intuì le brame di Cangrande su Padova e vi si oppose con tutte le forze, ritenendo utile a ciò anzitutto l'accordo con l'imperatore.

Attraverso le incertezze e le lotte interne di Padova, la dedizione e la defezione dall'Impero, la conseguente guerra con Cane, che va con rade tregue dal 1312 al 1328, il Mussato fu l'ambasciatore naturale di Padova a Enrico VII (1311, 1312), che lo ebbe carissimo fra gl'Italiani, ma che egualmente lo colpì di condanna essendo egli rimasto a difendere la patria minacciata dallo Scaligero -, al plenipotenziario di Cane (1313), ai comuni di Treviso (1314, 1315), di Bologna (1317-18, 1319), di Firenze e di Siena (1319), a Federico d'Austria (1321, 1325) al duca di Carinzia (1323) e re di Boemia (1325), a Lodovico il Bavaro (1325). Alla guerra contro Cane partecipa eroicamente, distinguendosi sotto Marostica, Vicenza, Lonigo, determinando la presa di Poiana, a Brazolo posponendo l'amor fraterno a quello patrio (1312-1313), e nell'assedio di Padova (1325). Del consiglio di guerra nella spedizione del 1314 contro Vicenza, nell'occupazione del sobborgo di S. Pietro consiglia e opera con saviezza e coraggio, finché coperto di ferite, è fatto prigioniero. Cane con i principali della sua corte lo visita di frequente divertendosi a conversare con lui e a pungerlo e sopportandone le franche risposte. È in Padova il consigliere antiveggente, spesso inascoltato e minacciato; è dei quattro anziani conservatori della libertà dello stato (1313), esule volontario dopo l'insulto alla sua casa (1314), dopo l'elezione di Giacomo da Carrara a signore di Padova (1318), dopo la congiura dei Dente e dei Mussaio, lui assente e ignaro, contro i Carraresi (1325). Nel 1328, essendo Marsilio creato signore, Padova ceduta a Cane e proclamata la pace, il Mussato, che era confinato a Chioggia, torna, ma deve rifare la strada dell'esilio. Contro ogni promessa, è spogliato degli ultimi beni. Dopo inutili tentativi per pacificarsi con Cane, muore esule il 31 maggio 1329.

Nel Natale 1315 il M., primo in Italia dopo l'antichità, fu solennemente coronato poeta e storiografo per la Ecerinis e la Historia Augusta, e fu decretato che annualmente venissero rinnovati gli onori e la lettura della tragedia, che il Collegio degli artisti onorò di commenti probabilmente annui. I nuovi fatti politici spensero nel 1318 la cerimonia.

Come storico scrisse: De Gestis Henrici VII Caesaris, l'opera detta poi Historia Augusta, in 16 libri, dal 1311 all'agosto 1313; De Gestis Italicorum post Henricum VII Caesarem, di cui abbiamo 14 libri fino al luglio 1321, ma che dovette essere di 15 e giungere a tutto il 1325; Ludovicus Bavarus, in un libro fiacco, che sa di appunti, con rapidi cenni ai fatti dal 1325 al 1327 e narrazione fino al 21 aprile 1329; De traditione Patavii ad Canem Grandem, un libro personale d'accusa ai Carraresi, che conduce dalla fine del 1325 al principio del 1329. Il M. è, con Giovanni Villani e Dino Compagni, uno dei tre grandi storici del Trecento, e per molti aspetti il maggiore. È il primo a svincolarsi dalla cronaca per ritornare alla concezione storica liviana precorrendo gli umanisti. È nelle idee uomo del Medioevo con molto di anticipazione sui tempi nuovi. Ricerca le cause dei fatti e li collega, ha il culto dell'antichità classica, dà alla sua storia un esplicito carattere nazionale, è vicinissimo alla concezione politica di Dante, professa l'indipendenza dai partiti, è dominato da un civismo superiore. È veridico, informato e generalmente imparziale; scrive un latino di gran lunga superiore a quello dei suoi contemporanei, duro in uno sforzo quasi sempre presente di robustezza classica, il che non gl'impedisce d'essere spesso efficacissimo artista.

Accanto alle storie grandissima importanza ha la Ecerinis, la prima tragedia che sia stata concepita come tale dopo i Latini, nella quale sono drammatizzate in uno scorcio potente la nascita, la tirannia, lo sterminio di Ezzelino e dei suoi. Il centro è Padova. L'uso del nunzio e del coro fanno del popolo una dramatis persona. L'allegoria è contro Cane in difesa della libertà padovana. Modello è Seneca, ma la sincerità piena di passione ne fa un'opera altamente personale. Priva di mitologia, è ugualmente distante dai misteri. Il popolo la cantò, per quanto in latino e in uno stile più spesso aspro e forte che delicato. Forse preparazione della tragedia fu un poemetto giovanile, perduto, sulla nascita infernale di Ezzelino. Echi della tragedia sono nel carme epico in tre canti De obsidione domini Canis, del 1320. Di poco precedente è il Somnium in aegritudine. in distici, scritto o concepito a Firenze mentre era curato da Dino del Garbo, e che è, in forma di visione, un viaggio per i tre regni d'oltretomba, con strani contatti con la Divina Commedia. In versi ha ancora: la Quaestio de prole con Lovato, suo maestro; 17 Epistolae, di cui importanti la I sulla tragedia e sulla storia, la V e la XVIII in lode e difesa della poesia; due singolari Priapeia, un'Elegia autobiografica, un Cento ovidiano, 5 Soliloquia sacri e due poesie religiose, oltre a varî epitafî e "argomenti" di opere di Seneca e d'Ovidio. Scambiò un povero sonetto in italiano con Antonio da Tempo. Ha infine due dialoghi filosofico-morali in prosa: De lite inter Naturam et Fortunam e Contra casus fortuitos e una Evidentia tragaediarum Senecae. Perduto è un libro De rudimentis ad filium. Gli furono attribuite a torto delle Eclogae viscontee e la tragedia Achilles, che è di A. Loschi.

Centro e culmine del preumanesimo padovano, fu onorato in tutta Italia; Giovanni del Virgilio si servì del suo nome per stimolare Dante ai carmi latini, il Petrarca ne lodò le opere.

Ediz.: Vedi la cosiddetta Pinelliana di Venezia 1636, quella di L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, X, del 1730, e Sette libri inediti del De Gestis Italicorum, ecc., a cura di L. Padrin, in Miscell. d. Dep. ven. di st. p., 1904; Ecerinide tragedia, a cura di L. Padrin, con uno studio di C. Carducci; per la Quaestio, F. Novati, Nuovi aneddoti sul cenacolo letterario padovano del primissimo Trecento, in Scritti storici in memoria di G. Monticolo, Padova-Venezia 1922, p. 167 segg.; i Priapeia a cura di V. Crescini, in Giorn. d. eruditi e curiosi, Padova 1884; brani dei dialoghi a cura di A. Moschetti, in Misc. in onore di V. Crescini, Cividale 1927, e in M. T. Dazzi, Il M. storico (v. appresso).

Bibl.: A. Zardo, A. M., Padova 1884; M. Minoia, Della vita e delle opere di A. M., Roma 1884; [L. Padrin], Il principato di Giacomo da Carrara, ecc. Narrazione scelta dalle storie inedite di A. M., Padova 1891; M. T. Dazzi, Intorno alla nascita di A. M., in Arch. Mur., II, e in Misc. d. Dep. ven. di st. pat., 1930; id., L'Ecerinide di A. M. tradotta, ecc., Città di Castello 1914; id., l'Ecerinide di A. M., in Giorn. stor. d. lett. it., 1921: id., La fama del M., in Riv. d'It., 1916; id., Il M. storico, in Arch. ven., 1929.