BUSCAINO CAMPO, Alberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)

BUSCAINO CAMPO, Alberto

Emerico Giachery

Nacque a Trapani il 26 genn. 1826 da Nicolò, possidente e commerciante, e da Giovanna Campo; adottò come secondo cognome quello della madre. Dopo un esordio non felice negli studi (dapprima a Trapani sotto la guida di ecclesiastici di modesta levatura, poi a Palermo nel collegio di S. Rocco da cui venne espulso, di nuovo nel 1840 a Trapani alla scuola di don Palmieri), nel 1841, a Palermo, trovò adeguato indirizzo nell'insegnamento di Gaetano Daita, patriota, erudito e poeta, che lo mise in grado di continuare gli studi in gran parte per proprio conto. Il B., che aveva precedentemente studiato disegno, apprese anche i rudimenti dell'arte musicale dal compositore P. Fodale, per il quale scrisse un libretto di melodramma dal titolo Giulia (1843) e più tardi lo scherzo scenico Il poeta di teatro (1851).

Nel 1844 fu mandato dal padre a Pisa per intraprendervi gli studi di medicina e chirurgia, che invece trascurò e poi disertò del tutto, attratto dall'insegnamento letterario e linguistico di L. Fornaciari e dalla possibilità di frequentare eminenti dotti come F. Tribolati, S. Centofanti G. Carmignani. A Pisa poté portare a termine, e dare alle stampe nel 1845 per i tipi del Vannucchi, l'alfiereggiante tragedia patriottica Vannina d'Ornano, che gli valse incoraggiamenti da parte del Centofanti e del Carmignani, dissensi e stroncature (soprattutto in un'aspra recensione di A. Brofferio sul Messaggere torinese), evasivi consensi epistolari del Guerrazzi e del Niccolini, e una lunga e minuziosa lettera dell'erudito P. Pacini di Lucca, col quale avviò un intenso carteggio. Ammalatosi di "congestioni cerebrali e polmonari", fu consigliato dai medici a rientrare nella città natale.

Di sentimenti apertamente liberali, il B. si schierò coi patrioti durante i moti di fine gennaio 1848, e prestò servizio con zelo nella guardia nazionale col grado di 2º tenente dell'8ª compagnia di artiglieria litoranea, dando prova di decisione e coraggio nel domare un grave ammutinamento. Il 14 febbr. 1848 redasse un nobile manifesto inteso a frenare lo scatenarsi delle vendette private; il 4 giugno, in una lettera aperta a T. Staiti comandante della guardia nazionale, esortava i cittadini a metter da parte in quei cruciali momenti ogni ragione di divisione politica "ché ogni conventicola è setta, e le sette son peste in un paese che ha bisogno d'unione per avere forza". Il 1849, anno del suo matrimonio con R. Adragna dei marchesi d'Altavilla, lo vide tra i più decisi fautori della resistenza a oltranza: nei quattro giorni intercorsi tra l'apparire della flotta borbonica e lo sbarco, avvenuto il 15 maggio, dei soldati in Trapani, avversò con veemenza i prudenti patteggiamenti del sindaco P. Barlotta e scrisse, contro il malgoverno di Ferdinando II e per incitare il popolo a insorgere compatto, un proclama che non venne pubblicato per il rifiuto opposto dal tipografo, al quale parve atto diinopportuna temerità.

Per sottrarsi alla reazione borbonica il B. esulò a Marsiglia, dove attese a studi di francese e di spagnolo, e poi in Toscana, dove riprese i prediletti studi di lingua italiana, rientrando a Trapani nel 1850 grazie all'intercessione di parenti influenti. Nonostante i precedenti politici mai sconfessati, il regio intendente marchese di Collalto riuscì a farlo nominare membro della deputazione per il liceo, dando inizio a un contatto con la vita scolastica cittadina destinato a durare lunghi anni.

Ammiratore del Manzoni, il B. ne condivise la fede politica e civile e la concezione moralistica dell'attività letteraria; in una lettera, pubblicata il 20 sett. 1855. affermava che "il buono, in ogni cosa, sia da cercare prima che il bello, ché il bello non è altro che il vero, e la virtù, più che l'ingegno, è base e vita d'ogni civile ordinamento". A queste convinzioni morali e civili improntò L'Iniziatore,foglio di scienze,lettere ed arte, che sin dal primo numero, apparso all'inizio del 1858, si professò per l'unità nazionale. Gli avvenimenti dell'impresa garibaldina lo videro partecipe, con un pugnace impegno politico contro le tendenze repubblicane e separatiste. Del suo credo politico monarchico e unitario diede conto in discorsi e manifesti, sostenendo che il realismo del Cavour riusciva più costruttivo dell'utopia mazziniana e che l'annessione incondizionata a "un regno forte e industrioso", capace di rafforzare l'importanza politica e commerciale dell'isola entro un contesto più vasto, era da preferirsi alle velleità di una "assurda e pericolosa" autonomia isolana, priva di qualsiasi peso e significato nel gioco delle potenze europee. Nel giorno della proclamazione del Regno d'Italia, il B. espresse in un commosso sonetto la gioia di vedere infine realizzato con l'unità nazionale il sogno più caro della sua vita.

Sfuggito, la sera del 15 apr. 1862, a un attentato commesso forse da un ex milite della guardia nazionale da lui denunciato quando era ufficiale relatore del consiglio di disciplina, il B. indignato si recò per circa un anno a Pisa e a Firenze. Dopo il ritorno, la sua vita fu quella di un notabile cittadino, operosamente inserito nella vita pubblica e intellettuale della città natale, aperto e attento alle voci più vive della nazione. Ebbe incarichi di rilievo, in cui spiccò la fermezza del suo carattere inflessibile, che non mancò di procurargli inimicizie. Fu per molti anni direttore del teatro cittadino e animatore di vita teatrale; fondatore, sullo scorcio del 1863, della Società del plebiscito italiano e del periodico Diritto e dovere, non privo di importanza politica; assessore della Pubblica Istruzione dal 1865 al 1870, meritando dal ministro la medaglia d'argento di benemerito; direttore e docente di letteratura italiana, dal 1870 al 1877, nella Scuola normale femminile; apprezzato collaboratore, a partire dal 1890, del periodico pedagogico Il Lambruschini, diretto da A. Giacalone Patti. Negli ultimi anni, allontanatosi dalle cariche pubbliche per il peggiorare della salute, si dedicò esclusivamente agli studi e fu assiduo frequentatore di quella Biblioteca Fardelliana che ora conserva i suoi cimeli. Morì a Trapani il 6 febbr. 1895.

Più che alla scarna produzione di drammaturgo e di "poeta, se non di molta potenza, corretto e intuonato", come lo definì I. Del Lungo, il nome del B. restò legato all'attività di studioso di questioni dantesche e linguistiche. P. Petrocchi, che gli fu amico e ne apprezzò il fine e sicuro gusto della toscanità, assai raro in studiosi non toscani, lo considerò "il primo filologo della Sicilia e uno dei primi d'Italia". Raramente gli studiosi hanno accolto le interpretazioni dantesche proposte dal B., spesso in polemica con lo Scartazzini, secondo un rigore logico coerente ma astratto e non fondato su adeguati riscontri lessicali. Ebbe in mente un commento della Commedia, ma l'attività politica e pubblica ne lo distolse. Un primo esempio della sua disposizione esegetica è il saggio sul "pie' fermo", redatto prima come lettera indirizzata a G. Daita, Sopra un verso della Div. Commedia non inteso dalla comune degli interpreti, Palermo 1861, poi ripubblicato col titolo Del pie' fermo di Dante Alighieri non inteso..., Trapani 1865. Altre precisazioni sul primo canto dell'Inferno sono nelle lettere al Pasquini, Sul tempo del viaggio, e nel saggio L'uscita di Dante dalla selva (in L'Alighieri, II[1890-91] pp. 355-361). Questi, come numerosissimi altri saggi, tutti improntati da una cultura filologica e letteraria vasta e approfondita, si trovano raccolti nel volume Studii danteschi (Trapani 1894).

La più autentica vocazione dello studioso si estrinsecò soprattutto nella partecipazione alle discussioni sulla lingua italiana, documentata sin dalla Lettera critica sul "Vocabolario della pronunzia toscana" di Pietro Fanfani, apparsa nel maggio 1863 nel periodico palermitano La Favilla. In essa si formulavano dubbi sui criteri metodologici e sui risultati del Fanfani, il quale reagì vivacemente alle critiche, e tuttavia tenne conto di alcune segnalazioni lessicali del recensore. Il Fanfani non risparmiò virulenti attacchi personali contro "un certo B. da Trapani, smanioso di mettere il becco in molle", ma in un secondo momento si rappacificò con lui e gli attestò pubblicamente stima difendendolo dall'ingiusta accusa di plagio mossagli da Temistocle Gradi. La sua posizione nella questione della lingua è quella di un manzoniano moderato, sempre attento a temperare le proprie opinioni "con l'uso, con l'etimologia e con l'esempio degli scrittori di tutti i secoli", e può riassumersi nei seguenti punti essenziali: l'italiano scritto è da considerarsi una lingua morta, perché cessata dall'uso vivo popolare; la vita di una lingua è attestata dal suo mutare, perciò la fonte principale è costituita dai parlanti e non dagli antichi libri; il criterio dell'uso richiede discrezione, non essendo sempre opportuno imitare le ciane e i beceri di San Frediano; per intendersi da un capo all'altro d'Italia è necessaria un'unica forma della nostra lingua, viva e parlata, non ideale, artificiosa e convenzionale. La sua esperienza di scrittore, conforme ai principî enunciati, appare a volte di un toscanesimo impacciato e affettato.

Dietro la fermezza morale e i modi rudi del B. si nascosero una natura malinconica e uno spirito inquieto. Di queste inquietudini, che sfumano e arricchiscono la sua personalità e anche la sua presenza culturale, è traccia nel continuo tormento religioso che traspare da alcuni suoi scritti, e che non concerne soltanto il piano politico, il dissidio tra Stato e Chiesa che addolora la coscienza del cattolico e gli fa sperare ardentemente in un'iniziativa vaticana di conciliazione, ma si estende a dubbi di interpretazione a proposito delle Sacre Scritture assiduamente studiate, a perplessità generate da contrasti tra scienza e fede.

Scritti principali: Del siciliano insorgimento. Discorso, Trapani 1848; Di ciò che rilevi nel fatto dell'annessione, Trapani 1860; Versi, Palermo 1860; Un saggio di probità e di sapienza clericale, Palermo 1861; Il cristianesimo e la chiesa evangelica, Trapani 1861; Versi e prose (in cui è edito il melodramma tragico Giulia o la famiglia e la patria, scritto nel 1843), Firenze 1862; Poche domande di A. B. C. all'ill.mo sig. cav. P. Fanfani, Trapani 1863; Introduz. al periodico "Diritto e Dovere", Trapani 1864; Studi vari riveduti e ampliati (in cui è edito lo scherzo per musica Il poeta di teatro, scritto nel 1851), Trapani 1867; Sulla lingua d'Italia,lettera, Trapani 1868; Ai compilatori del periodico "L'unità della lingua", lettera, Trapani 1969; Appendice agli studi vari, Trapani 1871; Regole per la pronunzia della lingua italiana compilate sulle opere de' più insigni filologi, Trapani 1872; Alcuni aneddoti di storia letteraria. In proposito della Bibliografia di Pietro Fanfani, Trapani 1874; Studi di filologia italiana, Palermo 1877; Gli apologisti e la critica, Trapani 1887; Sul clericalismo e il potere temporale dei papi, Firenze 1887; Scritti di polemica religiosa, Palermo 1882 e 1889; Prose varie, Palermo 1889; L'uscita di Dante dalla selva. Nota, Trapani 1891; Spigolature guicciardiniane, Trapani 1892-93; Studi danteschi, Trapani 1894.

Fonti e Bibl.: A. Roux, Hist. de la litt. contemporaine en Italie, Paris 1859-74, pp. 109 s.; N. Tommaseo, Lettera al Fanfani sulle obiezioni del B. alla chiosa sul "pie' fermo", in Il Borghini, I (1863), p. 231; P. Fanfani, Risposta al B., ibid., II (1864), p. 586; C. Pardi, Scritti vari, Palermo 1870-73, pp. 406-410; P. Fanfani, Un opuscolo edificante, Firenze 1874; G. Mira, Bibliografia siciliana, I, Palermo 1875, p. 140; F. Mondello, Bibliografia trapanese, Palermo 1876, pp. 91-105;A. De Gubernatis, Dizionario biografico, Firenze 1879, p. 226;AA. VV., A. B. C., in Il Lambruschini, V (1895), nn. 2-3-4, pp. 17-68;C. Alestra, A. B. C., Trapani 1908;R. Castorina, Vannina d'Ornano,tragedia giovanile di A. B. C., Trapani 1921;M. Genna, A. B. C., saggio critico seguito da frammenti inediti (con notizie sul carteggio inedito posseduto dalla Biblioteca Fardelliana), Trapani 1921;R. Castorina, A. B. C. nella vita e nelle opere. Studio, Trapani 1923;A. Scalisi, A. B. C. (conferenza), Trapani 1926;E. Di Carlo, NiccolòTommaseo e A. B. C., Roma 1932;B. Corso, A. B. C., Trapani 1951; R. Scalabrino, A. B. C., in Trapani, VI (1960), pp. 22-25;F. L. Oddo, Gli studidanteschi di A. B. C., Palermo 1965; Enc. Dantesca, I, p. 729.

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