CAROCCI, Alberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 20 (1977)

CAROCCI, Alberto

EE. Ragni

Nacque a Firenze da Cesare e da Ada Foà il 3 novembre del 1904.

Compiuti gli studi liceali il C. s'iscrisse alla fiorentina facoltà di giurisprudenza per passare poi a Napoli e a Pisa, laureandosi nel giugno del 1926. Ma già nel 1923 a Firenze venivano pubblicate alcune sue pagine autobiografiche, Quattro tempi. La confessione, precocissima esercitazione (le prime sono del 1919), incerta nel modelli letterari ancora scolastici, dannunziani e pascoliani, in cui più che una vocazione, già si palesa, sia pure in termini psicologici, un problema, che non è propriamente quello del letterato alla scoperta del suo mestiere, ma del borghese coltivato che attraverso l'esercizio della letteratura cerca una sua funzione culturale e civile.

Rintracciare in queste prime pagine giovanili questo motivo, che sarà poi una delle costanti più rilevanti della biografia del C., può parere una forzatura, anche se unabreve raccolta di versi, pubblicata nel 1926, a Firenze, tra i primi volumetti delle "edizioni di Solaria" (che il C. curò parallelamente alla direzione dell'omonima rivista), col titolo di Narciso, sembra confermarlo. Ma gli anni di questo primo apprentissage letterario del C. sono anni di rottura di quell'idillio tra cultura e vita civile nutrito di sensibilità e improvvisazione estetica, razionale e moraleggiante, che aveva caratterizzato in particolare la Firenze letteraria del primo Novecento. Rottura avvertita da chi compì allora scelte politiche irrevocabili e da chi, come il C. si fermò a rimaneggiare lo strumento divenuto ancor più inerte del linguaggio letterario.

Quel tedio, quella solitudine e sofferta mancanza di stimoli critici e morali, che sono gli elementi compositivi della letteratura del C., nei racconti raccolti nel volume Ilparadiso perduto (Firenze 1929) e nel romanzo Un ballo dagli Angrisoni, che fu ultimato nel 1932 (recentemente pubblicato a Milano nel 1968), costituiscono una testimonianza, forse più documentaria che letteraria, di uno stato d'animo, non solo individuale, ma anche ambientale. Traluce infatti la ricerca, quasi disperata, d'una identità non solo personale, ma culturale ed ideale.

Questi motivi fanno intravedere come in realtà non ci sia soluzione di continuità nel C. tra il letterato mancato e l'organizzatore di cultura. In assenza di un temperamento creativo e di una vocazione politica che si sostituisse ad esso, è naturale che un uomo colto e appassionato come il C. volgesse la sua operosità verso alcuni problemi solo apparentemente marginali, quelli della sede, più generalmente dell'ambiente, in cui matura una letteratura.Solaria, la rivista che il C. prese a dirigere dal gennaio 1926, svolse in parte proprio questa funzione. Per questo il suo posto nella cultura italiana negli anni del regime va probabilmente oltre i suoi meriti letterari. Non fu propriamente una rivista antifascista, ma piuttosto non fascista, su cui poterono scrivere, fuori dai canali ufficiali del tempo, molti antifascisti. Vietata dal regime, dopo essere stata tollerata per oltre un decennio, nel 1936 (un racconto di E. Terracini, Le figlie del generale e alcuni brani del Garofano rosso di Vittorini diedero lo spunto al provvedimento censorio), forse proprio perché l'intreccio di queste collaborazioni faceva del C. potenzialmente un uomo di dissenso, la rivista rimase sempre, come la definiva il sottotitolo, un "mensile di arte e di idee sull'arte" (nel 1930 il C. divise la direzione della rivista con Giansiro Ferrata e dal 1931 con A. Bonsanti).

La cerchia dei collaboratori, apparentemente eterogenea, palesa tuttavia, nettamente, la distanza della rivista dall'atmosfera culturale del regime e offre l'immagine di un mondo che vive a parte: alcuni intellettuali d'origine gobettiana come U. Morra, G. Alberti e G. Debenedetti, accanto a G. Stuparich e U. Saba (due numeri, il 3 e 4 dell'anno 1929, vennero dedicati a Svevo), a C. E. Gadda, E. Montale, e ai più giovani S. Quasimodo, E. Vittorini, G. Comisso, fra gli altri. La sezione critica della rivista, lo "Zibaldone", rivela d'altra parte un'attenzione non casuale alle novità più significative della letteratura europea (da segnalare anche il n. 3 del 1927, dedicato al cinema, anticipazionediquel metodo dell'inchiesta a tema che diventerà una delle caratteristiche dell'ultima rivista del C., NuoviArgomenti), che restano occasionali senza esprimere un preciso orientamento di metodo e stile, ma appaiono piuttosto una risposta indiretta alla tradizione letteraria della Ronda.La vocazione europea di Solaria sembra infatti avere questo implicito motivo polemico contro l'estetismo italianizzante di una parte della letteratura italiana. Quando tenta di allargare il discorso si perde in una ricerca di universali critici, priva di alcun aggancio reale con i motivi della cultura europea contemporanea (ad esempio, l'articolo di L. Ferrero, Perché l'Italia abbia una letteratura europea, gennaio 1928).

Sono tuttavia motivi così tenui che non scuotono di molto la natura sostanzialmente antologica di questa esperienza editoriale che trova la sua dimensione critica, più per il distacco verso la cultura ufficiale del regime e per la scelta dei collaboratori, che per propria intrinseca direttiva. E lo stesso può dirsi per l'esperienza successiva, quella della Riforma letteraria, la nuova rivista che il C. prese a pubblicare dopo la chiusura di Solaria (dal novembre '36 al settembre '39), con Giacomo Noventa, se non fosse per gli umori più accesamente populistici di quest'ultimo. Un'esperienza questa che risente più della precedente dell'atmosfera di chiusura e di isolamento propria di quegli anni, e che si avverte per i toni di più marcato nazionalismo, con una disponibilità verso il clima del regime, né apologetica, né politica, ma certo letteraria.

La guerra ruppe queste sordità. Nel 1941 il C. pubblicava con Raffaello Ramat una terza rivista, Argomenti (nove fascicoli dal marzo al novembre), d'intonazione più chiaramente antifascista, che ebbe G. Calogero, G. Spini, T. Fiore, C. Luporini, L. Einaudi per collaboratori. Nel 1942 il C. si trasferiva a Roma (si era sposato nel 1927 con Eva, figlia dello scultore ungherese Marc Verdes), collaborando a Italia libera e passando nelle file del Partito d'azione. Nell'immediato dopoguerra egli trasferiva a Roma anche lo studio legale che a Firenze aveva ereditato dal padre. Fu avvocato civilista, consulente stimato d'istituti finanziari e società industriali, tra cui in particolare l'Olivetti. La crisi delle forze laiche tra il '45 e il '48 lo allontanò dalla vita politica, né fu partecipe delle accese polemiche ideologiche e culturali di quel periodo. Quando nel 1953 la dinamica delle forze politiche riprese a muoversi, il C. dava inizio all'ultima delle sue iniziative editoriali: con A. Moravia iniziava a pubblicare la rivista Nuovi Argomenti.

Nuovi Argomenti fuanche rivista politica, nonostante la dichiarazione d'intenzioni che la voleva "di letteratura e cultura". Venne a rompere, con un'iniziativa indipendente, non suggerita né indirettamente sostenuta dal Partito comunista italiano, l'isolamento in cui era stata confinata la cultura di sinistra a cavallo degli anni Cinquanta. Svolse questo ruolo soprattutto dopo il 1956, negli anni della crisi comunista. Divenne allora, con i numeri unici (v. per es. Nove domande sullo stalinismo, maggio-giugno 1956, e Ottodomande sullo Stato guida, marzo-aprile 1957), la sede di un dibattito aperto a cui partecipò un vasto arco di forze politiche e culturali (da Togliatti ad Alicata, a Silone e Jemolo), contribuendo ad impedire che tornasse a prodursi nei rapporti culturali il clima della guerra fredda. Questo tentativo era tra l'altro reso plausibile da un generale orientamento della rivista, che da un lato era lo sviluppo coerente, tra sociologia (numerose nel primo decennio le inchieste su problemi sociali e politico-economici) e letteratura della cultura neorealista e dall'altro favoriva una riflessione critica più indipendente nell'ambito della cultura di sinistra, che ebbe l'espressione più evidente in P. P. Pasolini, il quale nel 1965 si univa nella condirezione della rivista.

L'esperienza di Nuovi Argomenti è coerente con il sempre maggiore avvicinamento del C. alle posizioni del partito comunista. Nel 1963 veniva eletto alla Camera dei deputati, per la circoscrizione di Roma, Latina e Frosinone, nella prima significativa inclusione di uomini di cultura, come candidati indipendenti, che il partito comunista presentava nelle proprie liste.

Il C. morì a Roma l'8 maggio 1972.

Bibl.: A. Hermet, La ventura delle riviste, Firenze 1941, p. 415 e passim;G. Luti, Cronache letter. tra le due guerre 1920-1940, Bari 1966, pp. 77-142; A. Moravia, Ricordo di A. C., in Nuovi Argomenti, n. 26, marzo-aprile 1972 (foglioallegato); G.Todini, Ritratti critici…: A. C., in Belfagor, n.s., X (1972), pp. 325-42.

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