ALERAMICI

Enciclopedia Italiana (1929)

ALERAMICI

Arturo Segre

. Famiglia marchionale celeberrima di origine franco-salica, da cui vennero molti rami stabiliti in Piemonte e Liguria. I suoi inizî sono avvolti nella leggenda e a gran fatica sono rischiarati dalla critica. Stando al Chronicon imaginis mundi di fra Jacopo d'Acqui (1a metà del sec. XIV), nel 934 due nobili coniugi tedeschi, pellegrini verso Roma, dovettero sostare a Sezzè (diocesi di Acqui), per la nascita di un figlio Aleramo, che affidarono ad una nutrice tedesca, con l'idea di poi riprenderlo al ritorno da Roma. La morte li colpì ed Aleramo rimase abbandonato. Ma, protetto dai signori di Sezzè, divenne scudiero, andò all'esercito di Ottone imperatore, che assediava Brescia, si invaghì di Adelasia, figlia di lui, e fuggì con essa sui monti di Albenga a Pietra Ardena. Lì fece il carbonaio e, andando spesso in città, strinse relazione con servi di quel vescovo. Il quale, quando l'imperatore convocò le milizie italiche per assediar Brescia nuovamente insorta, portò seco Aleramo e il figlio suo. Una sortita nemica mette in fuga gli assedianti; ma Aleramo, impugnato uno stendardo con sopra dipinti paiuoli, padelle e catene, respinge l'assalto. Il sovrano, meravigliato, appura i precedenti di Aleramo, lo perdona e, con diploma da Ravenna 23 marzo 967 (sola verità in così fantastica narrazione), lo crea marchese delle terre fra l'Orba, il Po, la Provenza ed il mare.

Questo tessuto favoloso fu oggetto di ricerche da parte degli storici piemontesi dal sec. XVII in poi, finché una nuova teoria, che vorrebbe essere conciliativa, ma che, per essere troppo ardita e debolmente documentata, non ispira molta fiducia, venne emessa nell'ultimo decennio da F. Gabotto. Egli, osservando le somiglianze che la leggenda di Aleramo ha con quella di Arduino il Glabro, con la leggenda sabauda di Beroldo il Sassone, coi motivi storici contenuti nelle canzoni di gesta, formulò l'ipotesi che tutte queste leggende avessero comunanza di origine e che i Carolingi, Aleramo, Roggero, padre di Arduino il Glabro, e Beroldo il Sassone derivassero da uno stesso ceppo, dai re sassoni del Kent. In realtà, le carte e i diplomi regi ed imperiali dei sec. X-XII ci permettono solo di stabilire che il 25 luglio 933 e il 6 febbraio 940 (?) i re Ugo e Lotario, a Pavia, investono Aleramo, "fedele nostro... conte" figlio di un Guglielmo salico o borgognone, prima della corte di Auriola e dipendenze, nel comitato vercellese, poi di altra corte in quel di Acqui; e che solo dopo il 950, cioè dopo l'avvento di Berengario II al trono, Aleramo ha la dignità marchionale. Egli era già vedovo di una consorte, dalla quale erano nati tre figli, Guglielmo, Anselmo ed Oddone, quando Berengario gli concesse la mano della figlia Gerberga. La prima consorte non era sicuramente figlia del re ed imperatore Ottone I, come vorrebbe la leggenda, perché Ottone fu padre di una sola figlia, Liutgarda, sposa di Corrado, duca di Franconia; ed i tre suoi nati non furono procreati da Gerberga, poiché questa si designa rispetto ad essi quale maternia, cioè matrigna. Un diploma di Berengario tra il 958 ed il 960 interventu ac peticione Girberge nostre dilecte filie, concedette Alledramo inclito marchioni, fideli nostro, in cunctis suis proprietatioits mercata, ubicumque voluerit, costruere et constituere, ubi ei oportunum fuerit; ed a sua volta Aleramo nell'agosto 961, in una donazione al monastero di Grazzano (Casale), ricorda di essere stato con Gerberga fondatore del monastero stesso. Aleramo non fu travolto nella rovina del suocero: anzi Ottone I, con diploma 25 marzo 967, gli confermò la dignità marchionale ed il possesso dei comitati che la marca riuniva. Questa marca aleramica si estendeva, non interrotta, pei tre comitati di Monferrato, Acqui e Savona e confinava a N. col Po; ad E. coi comitati di Genova, Tortona, Pavia e Milano, cioè con la marca Obertenga; ad O. coi comitati di Albenga, Alba, Mondovì, Asti e Torino, cioè con la marca Arduinica; a S. col Mare Ligure.

Aleramo appare già morto nel 991; e lo aveva preceduto nella tomba il figlio Guglielmo. La sua marca fu divisa in due parti: quella del Monferrato, con Oddone ed i suoi discendenti, e quella di Savona, con Anselmo e discendenti. I marchesi di Monferrato aleramici furono, oltre ad Aleramo e Oddone, Guglielmo I (990-1020 c.), Enrico (1020-45 c.), Guglielmo II (1045-83 c.), Guglielmo III (1083-96 c.), Guglielmo IV (1096-1100 c.), Ranieri (1100-35 c.), Guglielmo V il Vecchio (1135-90 c.), Corrado (1190-92), Bonifacio I (1192-1207), Guglielmo VI (1207-25), Bonifacio II (1225-53), Guglielmo VII, il Gran Marchese (1253-92) e Giovanni (1292-1305). Avendo Violante, figlia di Guglielmo VII, sposato l'imperatore greco Andronico Paleologo, alla morte del marchese Giovanni, Teodoro Paleologo, secondogenito di Andronico e di Violante, ereditò la marca di Monferrato e fu capostipite della nuova dinastia che durò fino al 1533.

Quanto ai marchesi di Savona, questi, dopo Anselmo I, furono Tete I, Teotone e Anselmo II fratelli; Anselmo III, figlio di Tete I; Tete II, figlio di Anselmo III, che da Berta, figlia di Olderico Manfredi, marchese arduinico e conte di Torino, ebbe il celebre marchese Bonifacio, detto del Vasto, morto prima del 1136. Questa genealogia è molto incerta e si fonda su documenti falsi o gravemente sospetti, dati in luce dall'abate Gasparo Sclavo. Comunque, il marchese Bonifacio ebbe da tre successivi matrimonî otto figli maschi; ma, nel testamento in data 5 ottobre 1125, diseredò il primogenito, che portava il suo nome, per avere esso fatto causa comune con i suoi nemici. Ciò non impedì anche a quel marchese di essere capostipite d'uno dei marchesati che dagli otto fratelli sono derivati, e quindi di varie famiglie nobili liguri e piemontesi esistenti ancora oggi. Infatti da Bonifacio, il diseredato, derivarono i marchesi d' Incisa; da Manfredo I quelli di Saluzzo; da Guglielmo quelli di Busca; da Ugo quelli di Clavesana; da Anselmo i marchesi di Ceva e del Carretto; da Enrico i successivi marchesi di Savona; da un altro Bonifacio i marchesi di Cortemilia, e da Oddone quelli di Loreto.

Bibl.: Oltre al noto articolo di G. Carducci, in Nuova Antologia, 1 dicembre 1883, e all'ediz. dei diplomi dei re italiani, fatta da L. Schiaparelli (per Aleramo, cfr. I diplomi di Ugo e di Lotario, di Berengario II e di Adalberto, Roma 1924, in Fonti per la Storia d'Italia pubbl. dall'Istituto Storico Italiano, Roma 1924, in Fonti per la Storia d'Italia pubbl. dall'Istituto Storico Italiano, pp. 107, 160, 231, 232, 275, 335), v. C. Desimoni, Sulle marche d'Italia e sulle loro diramazioni in Marchesati, Letter cinque al comm. Domenico Promis, 2ª ed. (estr. dagli Atti della Società Ligure di storia patria, Genova, XXVIII, con molta bibliogr.). Importante l'appendice sulla casa aleramica di H. Bresslau, in Jahrbücher des deutschen Reichs unter Konrad II, 2 voll., Lipsia 1879-1884; F. Gabotto, Gli Aleramici fino alla metà del sec. XII. Le origini aleramiche. La linea di Oddone, in Rivista di storia, arte, archeologia di Alessandria, XXVIII (1919), fasc. 9°; id., L'elemento storico nelle "Chansons de geste" e la questione della loro origine, in Boll. stor. bibliogr. subalpino, XXV (1924), i-ii; L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente, durante i secoli XII e XIII, in Biblioteca, della Soc. Stor. Subalpina, C e CI, Casale Monferrato 1926.

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