BORMIOLI, Aleramo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)

BORMIOLI, Aleramo

Luciano Segreto

Nacque ad Altare (Savona) il 6 dic. 1873 da Roberto e Enrichetta Bertolotti. Compì gli studi laureandosi presso la facoltà di giurisprudenza dell'università di Torino nel 1897. L'anno successivo entrò come praticante presso lo studio legale di uno dei maggiori penalisti di Torino, l'avvocato C. Nasi, di cui divenne ben presto l'allievo prediletto e un fidato collaboratore. Si distinse infatti fin dai primi anni di attività come un professionista molto preparato, la cui serietà venne apprezzata non solo nel foro torinese, ma anche presso altri tribunali dell'Italia settentrionale. I numerosi impegni professionali non gli fecero tuttavia trascurare i legami con il paese d'origine. Pur continuando infatti a svolgere la professione legale, nel 1903 il B. fu eletto sindaco di Altare, carica che mantenne fino al I 920 quando decise di non ripresentarsi alle elezioni amministrative e candidando a quel posto un suo stretto collaboratore. Un atto del genere il B. poté permetterselo soprattutto perché da oltre un decennio si trovava alla guida della Società anonima cooperativa artistico-vetraria di Altare, la principale (se non l'unica) fonte di sostentamento di una buona parte della popolazione del piccolo comune ligure.

Sorta nel 1856 con il nome di Associazione artistico-vetraria (la forma giuridica era quella di una società in partecipazione, poiché il codice civile del tempo non riconosceva le società cooperative, ma di fatto si trattava della prima cooperativa di produzione impiantata in Italia) su iniziativa dell'avvocato Pietro Loci e di altri ottantaquattro soci fondatori, l'azienda costituiva il prolungamento ideale della "università", la corporazione artigiana costituita nel 1495 che aveva fornito per secoli maestri vetrai (molti dei quali si chiamavano proprio Bormioli) un po' a tutte le regioni italiane, e che era stata poi chiusa da Carlo Felice all'inizio del terzo decennio dell'Ottocento.

I primi decenni di attività della società furono piuttosto difficili. L'agguerrita concorrenza estera, specialmente francese ed austriaca, non perdonava errori, mentre le deficienze tecnico-produttive e commerciali dell'azienda mettevano inesorabilmente in evidenza una certa approssimazione nelle capacità imprenditoriali del gruppo dei soci fondatori. Sul finire degli anni Settanta vennero comunque apportate importanti modifiche agli impianti. Gli antichi forni a legno furono sostituiti con quelli a carbone; vennero introdotti i forni fusori con crogioli coperti di tipo inglese e, più in generale, si adottarono tutte le innovazioni tecnologiche già in uso nei paesi europei più avanzati sul piano industriale. Non sparirono, ad ogni modo, le difficoltà di ordine finanziario, addebitabili - in un certo senso - al carattere cooperativo dell'azienda. Il suo capitale iniziale di 14.586 lire era salito a 210.664 nel 1867 per poi ridiscendere a 93.700 tre anni più tardi. Con i miglioramenti tecnici apportati nel corso del decennio successivo il capitale salì pian piano fino a superare il milione nel 1901, anno in cui gli occupati avevano raggiunto le 365 unità (contro le 150 di vent'anni prima). Per le occorrenze di capitale circolante la Società artistico-vetraria aveva acceso un fido di 50.000 lire presso la sede di Savona della Banca commerciale, ma nel 1903 accusava un debito nei suoi confronti di quasi 81.000 lire. La crescita dell'attività aveva reso necessario in quell'anno un aumento di tale fido fino a 150.000 lire, concesso dalla banca senza difficoltà. Ma cionondimeno tre anni più tardi la cooperativa risultava ancora debitrice (seppure di poche migliaia di lire) nei riguardi dell'istituto di credito. La situazione si era fatta nel frattempo ancora più pesante, perché oltre a questo piccolo debito se ne erano accumulati altri, presso altre banche e con i soci più facoltosi della cooperativa.

Fu in questo frangente che nei primi mesi del 1907 si decise di rivolgere un appello al sindaco di Altare, perché assumesse anche la carica di direttore della Società artistico-vetraria. Il B. accettò l'invito ed abbandonò contemporaneamente e in maniera definitiva l'attività di penalista.

Annullati in breve tempo i debiti, alla vigilia della prima guerra mondiale l'azienda aveva raggiunto un giro d'affari di circa un milione di lire all'anno. A quel momento divennero evidenti anche i netti miglioramenti apportati a livello commerciale e sul piano organizzativo dal risanamento avviato dal B. nel 1907. Nel 1913 il direttore della Artistico-vetraria fece acquistare alla cooperativa un veliero per il trasporto dei prodotti della vetreria (che nel 1911 aveva ottenuto il gran premio all'Esposizione internazionale di Torino) nell'Italia meridionale (a Napoli nel frattempo era stato aperto un deposito), nelle colonie italiane e persino in Grecia. Il salto di qualità a livello di potenzialità produttive venne effettuato l'anno successivo (1914). La circostanza maturò quasi casualmente. Fu tuttavia merito personale del B. saperne approfittare tempestivamente, trasformando una possibile crisi della cooperativa in una nuova occasione di crescita.

La società delle Cristallerie e vetrerie riunite di Milano, il potente trust dei settore vetrario nazionale proprietario di tredici stabilimenti sparsi nel paese, era stata infatti messa in liquidazione dalla Banca commerciale a seguito delle perdite sempre più ingenti accumulatesi tra il 1909 e il 1913. Tra gli azionisti delle Cristallerie figuravano anche molti soci della cooperativa. Per fronteggiare questa difficile situazione il B. assunse personalmente la gestione della fabbrica di Firenze, già M. Bormioli & C. appartenente al trust, dopo essersi fatto prestare denaro e le azioni delle Cristallerie detenute dagli altaresi. L'azienda fiorentina nel giro di pochi anni tornò a produrre utili con i quali il B. poté rifondere completamente i suoi concittadini coinvolti nella vicenda.

Le difficoltà generali che colpirono il settore nel corso della guerra (contrazioni nelle importazioni di combustibili e materie prime) non impedirono alla cooperativa di migliorare ulteriormente la propria posizione sul mercato interno. Accanto alle produzioni artistiche tradizionali e agli articoli da tavola di uso comune, ad Altare si cominciarono a fabbricare prodotti per i quali erano necessarie maggiori cure e precisione (flaconi e vaserie per farmacie, ospedali e laboratori chimici) e che fino ad allora erano generalmente importati in Italia dai maggiori produttori europei. Merito in parte anche del B. (divenuto nel frattempo membro influente della Camera di commercio di Savona), tanto che venne insignito del titolo di cavaliere dei lavoro nel maggio del 1919 (era già cavaliere della Corona dal igo4 e commendatore dal 1909).

Gli anni Venti costituirono il periodo migliore dell'attività della Società artistico-vetraria. Vennero aperti uffici di rappresentanza a Milano, Torino e Chiavari, mentre la produzione annua giunse a toccare un valore di 8 milioni di lire. Furono introdotti anche alcuni macchinari per la lavorazione in serie, che comunque non stravolsero completamente un'organizzazione del lavoro in larga misura ancora artigianale. Al momento del censimento industriale del 1927 risultavano occupati presso la cooperativa circa 670 operai e 216 soci. L'anno prima il B. era stato in qualche modo costretto ad accettare, su pressione dei sindacato fascista, la stipula del primo contratto di lavoro per la maestranza non azionista e per il personale ausiliario.

La crisi che interessò il settore vetrario a partire da quell'anno non risparmiò certo la provincia di Savona, la quinta in Italia per numero di addetti. La produzione subì una forte contrazione che causò anche il netto ridimensionamento dell'occupazione, particolarmente nello stabilimento diretto dal Bormioli. Questi lasciò la carica di direttore nel 1933, quando ancora la situazione restava piuttosto difficile. Tuttavia egli non interruppe completamente i rapporti con l'azienda, poiché ne divenne da quel momento il legale di fiducia. Da questa posizione assistette, senza poter intervenire, alle disavventure successive della cooperativa: lo scioglimento del consiglio d'amministrazione nel 1938 e il conseguente commissariamento ministeriale, la parentesi bellica (che portò un miglioramento passeggero della situazione grazie all'avvio di alcune sofisticate lavorazioni destinate alle industrie chimiche ed ai sottomarini) e l'incerto periodo della ricostruzione.

Il B. morì ad Altare il 10 apr. 1952, lasciando grossa parte delle sue fortune all'asilo infantile, ad enti religiosi e all'ospedale (cui destinò il proprio palazzo), che oggi porta il suo nome.

Fonti e Bibl.: Notizie statistiche sulle società italiane per azioni 1918, s. I. né a., p. 1265; Il dizionario industriale italiano (2ª ediz. promossa dal Comitato pro cultura industriale 1927-1928), Roma 1927, p. 202; Federazione nazionale fascista dell'industria della ceramica e affini di Milano, Federazione nazionale fascista dell'industria del vetro di Milano, Annuario delle industrie della ceramica e dei vetro anno 1930-VI, Pavia 1930, p. 537; Società artistico vetraria cooperativa anonima: Altare MDCCCLVI-MCMXXXI, Savona s. a. [ma 1931], passim; Chi è? Dizionario biografico degli Italiani d'oggi, Roma 1948, p. 131; Artefici del lavoro italino, Roma 1956, pp. 109-111.

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