MACINGHI, Alessandra

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MACINGHI, Alessandra

Manuela Doni Garfagnini

Nacque a Firenze da Filippo di Niccolò e da Caterina di Alberto di Bernardo Alberti nel 1406. Questa data, stabilita da Guasti sulla base della portata al Catasto del 1427, nella quale risulta ventunenne, e di quella del 1446, dove lei stessa scrisse di avere quarant'anni, è da ritenersi corretta, nonostante che nel Libro dei ricordi della M. il figlio Filippo registrasse la morte di lei, avvenuta il 2 marzo 1471 (1470 secondo lo stile fiorentino), precisando che aveva vissuto 63 anni.

La M. aveva due fratelli, Antonio e Zanobi (le sorelle Caterina e Ginevra erano nate da un precedente matrimonio della madre). Sposò Matteo di Simone Strozzi nel 1422, due anni dopo la morte del padre Filippo, del quale si conserva il testamento con l'inventario completo dei beni.

Il patrimonio familiare, progressivamente eroso dal Fisco, sarebbe divenuto oggetto di lunghe contese ereditarie; Zanobi, infatti, dopo averne venduta una parte cospicua, fra cui anche alcuni beni della M., per ripianare il debito con il Comune, visse per molti anni, non essendo sposato, sotto le cure e a carico di lei. Nel Libro dei ricordi è riportato un lodo emesso da Antonio di Benedetto di Caroccio Strozzi il 24 genn. 1451, ratificato da Zanobi, in virtù del quale la M. acquisì il possesso delle proprietà del fratello, inclusi i beni dotali provenienti dalla famiglia materna. Successivamente l'altro fratello, Antonio, avrebbe intentato un'azione legale contro la M. per rivendicare il diritto a una parte dell'eredità.

Tuttavia, al momento del matrimonio i Macinghi erano ancora in grado di conferirle una dote ragguardevole, la cui consistenza di 1600 fiorini di suggello, che risulta dal Libro di debitori, creditori e ricordi di Matteo Strozzi, è superiore all'ammontare medio delle doti in quel tempo. Il matrimonio con la M. fu concordato all'inizio del 1422 e celebrato poco più tardi, poiché nel giugno i Macinghi pagavano già la dote a Matteo Strozzi.

Questi, figlio di Simone e di Andreina Neri Rondinelli, era nato il 22 sett. 1397. Immatricolato nell'arte della lana nel 1415, ricoprì alcune funzioni pubbliche in città e nel dominio prima di ricevere incarichi di natura diplomatica. Nel 1433, mentre a Firenze si teneva il Parlamento che mandò i Medici in esilio, si trovava a Milano per svolgere una delicata trattativa politico-finanziaria per conto del Comune presso Francesco Sforza. Nell'ottobre-novembre del 1434, insieme con il cugino Palla di Nofri Strozzi, fu tra i cittadini messi al bando dalla Balia che aveva richiamato Cosimo de' Medici, tornato a Firenze all'inizio di ottobre.

Confinato per cinque anni, il 12 nov. 1434 Matteo dovette partire per Pesaro, dove lo raggiunse la famiglia. La parentela con Palla fu certamente all'origine del suo allontanamento da Firenze; questi infatti era assai facoltoso e per tale motivo, più che per le sue posizioni politiche, poteva rappresentare, sotto il profilo del potere economico, una presenza temibile per i Medici. Matteo era una figura di spicco soprattutto nella vita culturale, per quanto non manchino tracce di corrispondenza con cittadini eminenti di Firenze, nelle quali si affrontano temi politici e militari di attualità. Tuttavia egli era principalmente un letterato e gli studi umanistici lo accomunavano ai figli di Palla, Lorenzo e Nofri.

Nel 1426 nacque la prima figlia, Andreuola, nel 1427 Simone, nel 1429 Pietro che, come il padre, morirono nel 1435 a Pesaro colpiti dalla peste. Rimasero Filippo, nato nel 1428, Lorenzo nel 1430, Caterina nel 1432, Alessandra nel 1434.

Dopo la morte del marito la M. fece ritorno insieme con loro a Firenze dove provvide a riportare le spoglie dei propri cari perché fossero deposte nel sepolcro degli Strozzi in S. Maria Novella, secondo le volontà testamentarie di Matteo. Con i quattro figli rimasti e con in grembo l'ultimo, Matteo, che sarebbe nato il 1 marzo 1436, andò a vivere nella casa grande appartenuta al marito, nel corso degli Strozzi, dove si trovavano le abitazioni di tutte le famiglie della casata. Più tardi, nel 1451, per far fronte alle ristrettezze economiche la M. si sarebbe trasferita in una piccola dimora attigua, che prese a pigione da Francesco di Piero Strozzi, decidendo di affittare quella principale, bisognosa di restauri, ad Antonio Strozzi. Vi si stabilì nuovamente dopo la morte di Antonio, nel 1454.

Le difficoltà che la M. dovette affrontare dopo il ritorno a Firenze furono in gran parte di natura economica, in quanto sulle proprietà appartenute al marito, peraltro non cospicue, il Comune esigeva tasse pesanti. La raccolta delle sue lettere contiene molte testimonianze relative ai rapporti della M. con gli uffici del Fisco, le quali, correlate alle notizie contenute nel Libro di ricordi, consentono di ricostruire con precisione i vari passaggi seguiti nella conduzione dei beni e i criteri che la M. intese adottare per assicurare ai figli un degno futuro nella città natale.

L'insieme delle sostanze di Matteo Strozzi consisteva in poche case (quella di corso degli Strozzi, nel "popolo" di S. Maria degli Ughi del quartiere di S. Giovanni, con un'altra casetta vicina, e una casa nel popolo di S. Lorenzo, affittata a un trombetto della Signoria) e in alcuni terreni nei dintorni della città: a Quaracchi, a Campi, a S. Cresci a Maciuoli e a Pozzolatico. Inoltre Matteo era stato socio di Leonardo Strozzi in una bottega per la lavorazione della lana. Secondo la valutazione riportata da Guasti (p. XXV), il valore complessivo di questi beni superava di poco i 4000 fiorini. Quanto alla M., sappiamo che in virtù delle garanzie statutarie previste per la sua condizione di vedova di un confinato politico con figli a carico, poté ottenere nel 1440 dalla famiglia Strozzi la restituzione di un valore in immobili pari all'ammontare dei beni dotali pagati a Matteo dalla famiglia Macinghi all'atto del matrimonio. Dall'atto notarile rogato da ser Lionardo da Bucine (cfr. Guasti) risulta che fra questi beni rientrava anche la casa grande in S. Maria degli Ughi. Sappiamo inoltre che per lo meno a partire dalla portata del 1442 la M. dichiarava di sua proprietà i pochi beni ancora non venduti provenienti dall'eredità di Matteo e che provvedeva al mantenimento dei figli, privi di sostanze e addirittura in debito con il Catasto, con il corrispettivo della propria dote.

A partire dal 1437 aveva iniziato, con la vendita del "poderuzzo con boschi e casolare" di S. Cresci a Maciuoli per 36 fiorini, a disfarsi dei beni degli Strozzi situati fuori città. Nella portata di Filippo Strozzi e fratelli al Catasto dell'anno 1451 vi è la conferma che tutti i beni immobili "che furono di Matteo di Simone Strozzi loro padre, prese mona Alessandra loro madre per sua dote".

Nel 1446 aveva venduto anche la casa di via S. Gallo e inoltre, sempre nello stesso anno, tre pezzi di vigna nel popolo di S. Biagio a Petriolo alle monache della porta a S. Frediano. Nel dicembre 1453 è la volta di due poderi situati a Calicarza nel popolo di S. Cresci a Maciuoli (da cui ricavò 500 fiorini). La M. si disfece anche degli immobili provenienti dall'eredità Macinghi, fra i quali un podere con dimora signorile e casa del contadino presso la pieve di S. Maria dell'Antella (per un valore complessivo di 850 fiorini) che vendette nel giugno del 1454. Questo atto fu oggetto di contestazione, nell'agosto successivo, da parte del fratello Antonio, il quale presentò una petizione alla Signoria per ottenere dalla M. la rinuncia al lodo a suo tempo ratificato a favore di lei dall'altro fratello Zanobi. Contro la richiesta di Antonio, che era sostenuto da altri componenti della famiglia e dal cognato Niccolò Soderini, la M. seppe difendere le proprie ragioni, la cui validità fu riconosciuta formalmente con la votazione che si tenne nella Signoria e nei Collegi. Nel 1458 vendette i terreni di Campi per 550 fiorini. Continuò a effettuare le vendite fino a liquidare quasi tutto il patrimonio fondiario, con un ricavato complessivo di 2000 fiorini. Nel maggio del 1464 si era ormai disfatta di tutti i terreni, a eccezione del podere di Pozzolatico, che non volle mai vendere.

Se i figli della M. non poterono acquisire i beni paterni fino alla revoca del bando, ereditarono invece da Matteo la condizione di confinati politici al raggiungimento della maggiore età. Tuttavia la M. non aspettò quel momento per distaccarsi da loro e introdurli nelle attività economiche intraprese dagli Strozzi fuori d'Italia. Filippo fu il primo a lasciare Firenze, appena tredicenne, nel 1441 per la Spagna. A Valenza i cugini del padre, Jacopo, Filippo e Niccolò, figli di Lionardo Strozzi, avevano aperto nel 1437 un'attività commerciale, con il proposito di crearsi una posizione lontano da Firenze, dove i rapporti con il regime erano difficili per tutta la casata. Essi erano in grado di offrire ospitalità e lavoro ai figli della M., che decise di farli partire da Firenze, nella speranza di poter risolvere i problemi economici. La forte tassazione che il Comune applicava ai beni appartenuti ai confinati la costringeva a continue trattative con gli ufficiali del Fisco. L'ultimo figlio, Matteo, nel 1450 avrebbe raggiunto il fratello Filippo a Napoli, dove si era trasferito tre anni prima al seguito di Niccolò Strozzi, mentre Lorenzo sarebbe passato a Bruges alle dipendenze di Jacopo.

Fu l'attività svolta a Napoli da Filippo a consentire la ricostruzione del patrimonio familiare. La M. vi concorse con la saggezza delle sue scelte e con la forte impronta di una educazione morale e civile di alto profilo, nonostante non fosse una donna colta. La scrittura epistolare con cui si rivolge ai figli possiede una immediatezza espressiva che ne esalta la dignità letteraria. Ma l'importanza di queste missive dal punto di vista storico risiede nelle numerose notizie che vi si trovano per quanto concerne sia la gestione dei beni e i rapporti con il Fisco sia la situazione politica di Firenze negli anni in cui un forte movimento di opposizione al governo di Piero de' Medici faceva sperare nella possibilità di rimpatrio per Filippo e Lorenzo, per non dire delle considerazioni sulla famiglia e dei criteri con cui la M. valutava la scelta di consorti adatti per i figli, uno degli aspetti più significativi della società fiorentina del tempo.

La figlia maggiore, Caterina, nel maggio del 1447 sposò Marco Parenti; l'altra figlia, Alessandra, si unì in matrimonio con Giovanni Bonsi nel 1451.

Marco Parenti, che aveva 26 anni al momento delle nozze con Caterina, avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella vita della M. e dei suoi figli lontani. Apparteneva a una famiglia originaria del Mugello i cui membri, una volta inurbatisi, erano stati immatricolati nell'arte della seta e avevano raggiunto un certo grado di agiatezza economica. Marco avrebbe ereditato tutti i beni del padre Parente di Giovanni e con il matrimonio avrebbe conseguito l'ascesa sociale della famiglia.

Benché Marco Parenti non svolgesse incarichi politici di rilievo, la M. poté contare sulle sue capacità diplomatiche e sulle relazioni personali che intratteneva con gli uomini di punta del gruppo di governo per compiere ogni tentativo che fosse utile a far richiamare i figli dall'esilio. Una legge del novembre del 1458 aveva prorogato di 25 anni il confino dei figli degli esiliati del 1434, imponendo loro condizioni più dure rispetto agli anni passati (solo quattro anni prima Filippo aveva potuto raggiungere la madre a Firenze per seguire la controversia legale con il fratello Antonio, come si ricava dal Libro di ricordi). I provvedimenti del 1458 vietavano il transito nei territori della giurisdizione fiorentina, decretando anche l'obbligo di tenersi lontani 100 miglia dalla città. Fu in quel periodo che la M. pensò seriamente di andare a vivere presso Filippo a Napoli, dopo aver fatto trasferire la figlia Alessandra con il marito e la prole nella sua casa di Firenze.

La speranza di potere un giorno riunire a Firenze l'intera famiglia sostenne ogni suo atto; alcuni passaggi delle lettere spiegano il motivo per cui le case degli Strozzi situate nel centro cittadino non furono mai vendute. Le disposizioni testamentarie di Matteo di Simone, riportate nel suo Libro di debitori, creditori e ricordi, prevedevano che la dimora principale degli Strozzi venisse conservata. La M. non solo fece propria la volontà di Matteo, come si evince dai suoi testamenti, ma la pose a fondamento di un progetto ambizioso, che consisteva nel mantenere la proprietà di quell'area e possibilmente ampliarla con nuovi acquisti, per potervi costruire un giorno il palazzo di famiglia. Nelle lettere a Filippo esprime a più riprese l'intenzione di comprare una piccola casa adiacente all'abitazione principale degli Strozzi, per la quale fino dal 1448 dichiarava il proprio diritto di prelazione. L'affare non fu concluso da lei, ma da Filippo nel 1477. Trasferitosi definitivamente a Firenze nel 1478, egli avrebbe proceduto all'acquisto e alla demolizione di varie altre case e botteghe circostanti, per predisporre il terreno su cui nel 1489 iniziò a costruire il palazzo, che doveva essere più grande di quello dei Medici di via Larga.

Il ricavato delle vendite iniziate nel 1437 e registrate dalla M. nel Libro di ricordi, con molti altri dati sui rapporti di affitto o di mezzadria per la coltivazione dei terreni fuori città, veniva investito nell'attività che Filippo stava incrementando a Napoli e che sarebbe cresciuta progressivamente negli anni Sessanta, fino a diventare il fulcro di una stretta collaborazione alla politica finanziaria del re Ferdinando I d'Aragona e poi del suo erede Alfonso, duca di Calabria.

La fortuna economica di Filippo e Lorenzo a Napoli (Matteo morì nel 1459) costituisce un aspetto rilevante, non soltanto per la vita della M., che vedeva crescere insieme con le finanze dei figli le probabilità che venissero richiamati in patria, ma soprattutto per la politica fiorentina dopo la morte di Cosimo. Sul potere economico dei giovani Strozzi si fondava infatti la possibilità di intercedere presso Piero de' Medici a favore di un riavvicinamento di Firenze al re Ferdinando d'Aragona. Con questi presupposti, Marco Parenti svolgeva una intensa attività di mediazione fra gli Aragonesi e le autorità cittadine, grazie alla quale mirava a ottenere la revoca del bando di confino. Dal genero la M. riceveva molte informazioni anche sui movimenti del gruppo di opposizione ai Medici, costituitosi dopo il 1464, quando, morto Cosimo, il potere passò nelle mani del figlio Piero. Il futuro era incerto e occorreva valutare la possibilità che un mutamento di governo improvviso e radicale consentisse il ritorno di Lorenzo e Filippo.

Ciò poté avvenire soltanto dopo il fallimento della congiura contro Piero de' Medici. Passati gli anni critici fra il 1466 e il 1467, questi riprese saldamente la guida del governo e acconsentì al rimpatrio dei giovani Strozzi discendenti di Matteo, sancito da una delibera della Balia emanata il 20 sett. 1466. Da tale provvedimento restava esclusa la discendenza di Palla di Nofri. Per i figli della M., il pieno reinserimento nella classe dirigente fiorentina non poté tuttavia avvenire fino al 1478; infatti soltanto dopo quella data Filippo ebbe accesso alle principali cariche politiche e a incarichi diplomatici di grande rilevanza, quale quello conferitogli il 24 nov. 1479 da Lorenzo il Magnifico, per preparare il suo incontro con il re di Napoli, in vista di una alleanza fra i rispettivi Stati.

Se la M. non poté vedere realizzato il suo sogno di un prestigioso avvenire dei figli nella città natale, né il progetto del grande palazzo di famiglia nel corso degli Strozzi, poté trascorrere finalmente sollevata dal peso dell'esilio dei figli gli ultimi anni della sua vita, che si spense nella sua casa di Firenze nel 1471.

La raccolta delle 73 lettere ai figli esuli si estende dal 24 ag. 1447 al 14 apr. 1470, con alcuni intervalli - non sappiamo se dovuti a interruzioni della corrispondenza o alla dispersione della stessa -, fra i quali i più lunghi sono due: tra il febbraio 1453 e il settembre 1458 e tra il febbraio 1466 e il marzo 1469. Le lettere rivelano la grande attenzione della M. per tutto ciò che accadeva nella vita politica interna, nell'attesa che si creassero condizioni favorevoli per il rimpatrio di Filippo e Lorenzo. In molte di esse compaiono riferimenti in cifra a persone e fatti politici di cui occorreva parlare con prudenza, in gran parte decodificati dal primo editore, Cesare Guasti. Dai testi emerge una straordinaria capacità di vedere lontano: un esempio è nella lettera a Lorenzo del marzo 1462, dove, nel commentare l'entrata trionfale di Piero de' Pazzi a Firenze dopo l'ambasceria al nuovo re di Francia, sembra quasi presagire le crisi future. Se all'inizio delle manovre contro Piero de' Medici la M. nutrì la speranza che Luca Pitti, con Angelo Acciaiuoli e Dietisalvi Neroni riuscissero nell'intento di liberare Firenze dall'ipoteca medicea ripristinando il governo repubblicano, presto ne avvertì l'inaffidabilità politica e le intenzioni rapaci (cfr. la lettera a Filippo, del 15 febbr. 1466, in cui la M. manifesta la propria sfiducia nell'aiuto di Luca Pitti, del quale traccia un ritratto poco edificante).

Non le sfuggivano neppure le difficoltà legate alle tendenze antiaragonesi degli oppositori (nella lettera a Filippo del 2 nov. 1465 esprimeva, per questa ragione, forti riserve sulla possibilità che si aprissero buone prospettive per i figli, essendo stato eletto Niccolò Soderini gonfaloniere di Giustizia). In varie occasioni la M. si dimostra ben consapevole del fatto che il destino dei suoi non avrebbe potuto mutare se non per l'intervento dei Medici.

Le lettere della M. sono state edite in: Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo XV ai figliuoli esuli, a cura di C. Guasti, Firenze 1877; Tempo di affetti e tempo di mercanti. Lettere ai figli esuli, a cura di A. Bianchini, Milano 1987; Selected letters of Alessandra Strozzi, trad. inglese e testo a fronte a cura di H.J. Gregory, Los Angeles-London 1997. Il Libro di debitori creditori e ricordi di Alessandra Macinghi Strozzi (1453-1473), conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, V, 15, inedito, è stato studiato e trascritto in M.L. Fioravanti, A. M. Strozzi e il suo Libro di ricordi. 1453-1473, tesi di laurea, Università di Firenze, a.a. 1978-79, vol. 1: biografia e patrimonio, vol. 2: trascrizione del Libro di ricordi.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 76, c. 139v (1427); 612, cc. 92r-94r (1442); 654, cc. 174r-175v (1446); 692, cc. 480r-481r (1451); 708, c. 794r; 919, cc. 45r-47r (1469); Diplomatico, Soderini, 28 giugno 1420 (testamento di Filippo di Niccolò Macinghi); 17 luglio 1420 (inventario dei beni di Filippo di Niccolò Macinghi); Carte Strozziane, V, 10: Libro di debitori, creditori e ricordi di Matteo di Simone degli Strozzi (1424-33); V, 11 (1424-34); V, 12 (1424-74); V, 17: Libro di debitori, creditori e ricordi di Filippo di Matteo degli Strozzi (1466-71); II, 17 bis: Libro di debitori, creditori e ricordi di Marco Parenti (1447-1520); Otto di guardia, 224, c. 49v; L. Strozzi, Vita di Filippo Strozzi il vecchio, a cura di G. Bini - P. Bigazzi, Firenze 1851, pp. 6-36; M. Parenti, Lettere, a cura di M. Marrese, Firenze 1996, ad ind.; P. Monnier, A. M. Strozzi, in Bibliothèque universelle et Révue de Suisse, LX (1893), pp. 97-119; R.A. Goldthwaite, Private wealth in Renaissance Florence. A study of four families, Princeton 1968, pp. 43-46, 56 s. (sulla situazione finanziaria di Matteo di Simone Strozzi); L. Martines, A way of looking at women in Renaissance Florence, in The Journal of Medieval and Renaissance Studies, IV (1974), pp. 15-28; F.W. Kent, Household and lineage in Renaissance Florence. The family life of the Capponi, Ginori and Rucellai, Princeton 1977, pp. 46 s.; H. Gregory, The return of the native. Filippo Strozzi and Medicean politics, in Renaissance Quarterly, XXXVIII (1985), pp. 1-21; M. Phillips, The memoirs of Marco Parenti. A life in Medici Florence, Princeton 1987, ad ind.; P. Trifone, Sul testo e sulla lingua delle lettere di A. M. Strozzi, in Studi linguistici italiani, n.s., XV (1989), 1, pp. 65-99; H.J. Gregory, Chi erano gli Strozzi nel Quattrocento?, in Palazzo Strozzi. Metà millennio 1489-1989. Atti del Convegno di studi, Firenze, 1989, Roma 1991, pp. 24 s.; G. Ulysse, De l'exil et de l'exclusion (les lettres d'A. M. Strozzi), in L'exil et l'exclusion dans la culture italienne. Actes du Colloque franco-italien, 1989, Aix en Provence 1991, pp. 89-111; L. Fabbri, Alleanza matrimoniale e patriziato nella Firenze del '400. Studio sulla famiglia Strozzi, Firenze 1991, pp. 19-25; M.L. Doglio, Scrivere come donna: fenomenologia delle "Lettere" familiari di A. M. Strozzi, in Id., Lettera e donna. Scrittura epistolare al femminile tra Quattro e Cinquecento, Roma 1993, pp. 1-15; M. Doni Garfagnini, Conduzione familiare e vita cittadina nelle lettere di A. M. Strozzi, in Per lettera. La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia, secoli XV-XVII, a cura di G. Zarri, Roma 1999, pp. 387-411; A.M. Crabb, The Strozzi of Florence. Widowhood and family solidarity in the Renaissance, Ann Arbor, MI, 2000, ad ind.; I. Walter, Lorenzo il Magnifico e il suo tempo, Roma [2005], pp. 67-70; Rep. font. hist. Medii Aevi, VII, p. 388.

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