CESARINI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)

CESARINI, Alessandro

Franca Petrucci

Figlio di Pier Paolo e Giuliana Colonna, da famiglia di antica nobiltà, nacque nell'ultimo quarto del XV secolo, molto probabilmente a Roma. Abbracciata la carriera ecclesiastica, era referendario delle due Segnature, segretario e protonotario apostolico, quando Leone X, che mentre era ancora cardinale lo aveva annoverato fra i suoi amici, il 1º luglio 1517 lo creò cardinale diacono del titolo dei SS. Sergio e Bacco. Il 9 giugno 1519 ottenne il vescovato di Gerace, che passò poi immediatamente, con la riserva del regresso, al vescovo di Amalfi, fino alla morte di questo nel 1534, quando ne riprese l'amministrazione fino al 20 febbr. 1538. Divenuto nella primavera del 1520 abate commendatario dell'abbazia benedettina di S. Maria di Monte Sacro (Cesena), nel dicembre dello stesso anno fu designato dal papa quale successore del card. A. d'Albret, nel vescovato di Pamplona, per la quale designazione dovette ricevere l'assenso di Carlo V.

Morto Leone X (1ºdic. 1521), ancor prima d'entrare in conclave, il C. proclamò la sua appartenenza al partito filomediceo, dichiarando al card. Francesco Soderini, di tutt'altro avviso, che egli "non conosceva in papa Leone tyrania alcuna" (M. Sanuto, XXXII, col.288).

Eletto Adriano VI nel gennaio del 1522, il Sacro Collegio nominò suoi delegati per recarsi in Spagna dal nuovo pontefice il C. ed il card. Pompeo Colonna, ai quali si aggiunse subito dopo il card. Franciotto Orsini.

I delegati, per i quali fu preparata un'istruzione minuziosa, sarebbero dovuti partire entro un mese. Essi avrebbero dovuto consegnare all'eletto l'atto solenne dell'elezione, pregarlo di accettarla, e soprattutto invitarlo, anzi indurlo, a partire per Roma, "sedem unicam Romanorum pontificum" (Corresp. de Charles-Quint et d'Adrien VI, p. 13).I cardinali temevano infatti che Adriano VI volesse trasferire la sede apostolica in Spagna; essi chiedevano inoltre al pontefice altri impegni ed inviavano anche il testo di accettazione dell'elezione. L'indecisione dei legati se mettersi in viaggio per mare o, attraverso la Francia, per terra, la mancanza di denari, la frammentarietà delle notizie e persino le voci della sopravvenuta morte del papa, che inducevano il Sacro Collegio ad esitazioni e ripensamenti, produssero un tale ritardo nella partenza dei legati, che Adriano VI, il quale si era proposto prima di pubblicare l'atto notarile della sua accettazione di attendere l'arrivo dei tre cardinali, si decise a pubblicarlo l'8 marzo senza altri indugi.

Trasferitosi il pontefice il 26 marzo da Vitoria a Saragozza, i cardinali avevano stabilito che i legati sarebbero andati ad incontrarlo al suo arrivo in Italia, ma nel maggio il C., spinto forse dal desiderio di "parer diligente" (F. Berni, Poesie e prose, a cura di E. Chiorboli, Firenze 1934, p. 65), sostenendo, pare, di recarsi nella Marca, si mise in viaggio senza gli altri due legati e giunse ai primi di giugno a Barcellona, dove il papa inviò a riceverlo l'arcivescovo di Monreale. Quando Adriano VI finalmente partì, il C. compì il viaggio sulla stessa nave e con lui scese a Civitavecchia il 25 agosto, dove il papa fu accolto dagli altri due legati del Sacro Collegio, l'Orsini ed il Colonna.

Subito dopo il C. si ammalò gravemente, tanto da giungere in pericolo di vita, secondo la testimonianza di Paolo Giovio, che lo curò e che il 13 settembre scrisse a Federico Gonzaga come il suo paziente stesse ormai migliorando.

Non si hanno notizie dell'attività del C. durante il breve pontificato di Adriano VI, ma quando, alla morte di questo (14 sett. 1523), partecipò al successivo conclave, egli ancora una volta faceva parte del gruppo dei cardinali filomedicei, che in questa circostanza, con l'elezione di Giulio de' Medici, riuscirono nel loro intento.

Il C., che il 14 dicembre dello stesso anno passò al titolo di S. Maria in via Lata, volle esprimere la fiducia e la soddisfazione nutrite per l'avvento al soglio di Clemente VII, facendo allestire nel carnevale del 1524 un carro allegorico rappresentante l'arca di Noè, traboccante di maschere festose e gioiose per la cessazione del diluvio.Il 9 apr. 1526 il C. ottenne l'amministrazione della diocesi di Otranto ed il 20 luglio quella di Alessano (Lecce). Nel settembre si adoperò in qualche modo alla difesa di Roma, quando il filoimperiale card. Pompeo Colonna, in seguito all'ondeggiante politica del papa, lanciò la sua orda di contadini al saccheggio della città. Iniziato il 6 maggio dell'anno seguente il ben più grave e noto sacco, il C. non si rifugiò in Castel Sant'Angelo con il papa, ma rimase - come altri porporati filoimperiali - nel suo palazzo sito nei pressi di S. Eustachio, reso sicuro dal fatto di essere uno dei cardinali della fazione imperiale e per aver pagato una tangente di 45.000 ducati agli ufficiali spagnoli, che gli garantirono la incolumità sua e delle sue cose. Dopo appena una settimana, però, questi dichiararono di non essere in grado di tutelarlo contro i lanzichenecchi, ed avendo questi ultimi attaccato per primo il palazzo Piccolomini, mettendo a repentaglio la vita di quel cardinale, il C. abbandonò il suo palazzo al saccheggio e si ritirò presso i Colonna.

Fra gli aiuti che il papa ricevette in questa dolorosa circostanza, furono trecentofanti e sovvenzioni in denaro, inviati dalla città di Iesi. Di essa era legato della S. Sede il C. dal 1522, quando dopo la morte di Leone X i cardinali si erano divisi il governo delle terre dello Stato pontificio. Gli Iesini, consentendo con qualche perplessità a questa insolita procedura ed accettando quale legato il C. per cinque anni, avevano consegnato solennemente il 20 marzo 1522 le chiavi della città al suo commissario. I rapporti fra la città ed il governatore furono però tempestosi e si verificarono disordini gravi; ciononostante proprio nel 1527 il Consiglio generale di Iesi riconfermò quale governatore per altri cinque anni il C., che non poté però portare a termine il suo mandato, perché le istanze popolari riuscirono a farlo destituire il 25 novembre del 1528.

Quando Clemente VII, ormai riaccostatosi a Carlo V, partì il 7 ott. 1529 per Bologna, ove avrebbe proceduto all'incoronazione dell'imperatore, il C. fece parte del suo seguito e partecipò alle solenni cerimonie che si svolsero nella città felsinea, recandosi anche, pare, per un breve periodo a Venezia.

Nel 1531 il C., che nello stesso anno lasciò l'amministrazione di Alessano, avrebbe presieduto alla pubblicazione degli statuti sinodali della diocesi di Pamplona, la cui amministrazione egli lasciò nell'anno 1538.

Quando il papa partì per la seconda volta per Bologna, anche il C. vi si diresse, pur seguendo un itinerario differente da quello del pontefice. Nel concistoro tenuto nella città emiliana il 9 dic. 1532, il C. fu designato, insieme al card. Marino Grimani, a recarsi ad accogliere l'imperatore, che fece il suo ingresso nella città il 13 dello stesso mese.

Nel marzo dell'anno successivo, poco prima della fine del convegno, l'imperatore chiese al pontefice l'invio di un legato in Spagna e dopo quello di Ippolito de' Medici, che preferì esimersi, fu fatto il nome del C., il quale, pur definito dall'oratore veneto "beneficato di sua Maestà et dependente di quella" (M. Sanuto, LVII, col. 589), riuscì ad evitare a sua volta l'incarico. Partito lo stesso mese Carlo V da Bologna, il C. fu uno dei cardinali che lo accompagnarono fino a Milano.

Morto Clemente VII (26 sett. 1534), al C., prima di entrare ancora una volta in conclave, fu commesso il compito di placare i disordini popolari scoppiati a Roma e indirizzati contro gli Strozzi, accusati di incettazione di viveri. Quando, durante il conclave, si delineò la candidatura di Alessandro Farnese, il C. riunì i porporati della corrente filoimperiale e li convinse a votare per lui. Subito dopo l'elezione, il nuovo papa, Paolo III, chiamò il C. a far parte della commissione di sei cardinali, cui affidò il governo dello Stato.

Mentre Carlo V, dopo l'impresa di Tunisi, risaliva la penisola, si era aperto con la morte dell'ultimo Sforza (1º nov. 1535) il grave problema della sorte del ducato di Milano. Il papa, teso al mantenimento della pace, dopo aver inviato all'imperatore in missione il figlio Pier Luigi, designò il 29 novembre il C. e il card. Piccolomini, ambedue notoriamente filoimperiali, perché si recassero a Napoli, presso Carlo V.

Dovevano presentare i saluti del pontefice e l'invito a passare per Roma, ma soprattutto dovevano esprimere il desiderio di Paolo III di vedere l'imperatore ed il suo grande rivale, il re di Francia, addivenire ad una soluzione pacifica riguardo a Milano. Il pontefice li incaricava inoltre di ripresentare la proposta, già avanzata da Pier Luigi Farnese (che sarà poi tante volte rispolverata con varie alternative, soprattutto rispetto all'elemento femminile) di un matrimonio della vedova dello Sforza con il duca di Angoulême, figlio cadetto di Francesco I, il quale avrebbe dovuto fornire garanzie per il mantenimento dell'assetto raggiunto. La risposta ai legati di Carlo, che già aveva mostrato poco entusiasmo per il progetto, fu elusiva e procrastinante. I due cardinali tornarono a Roma separatamente ed il C. vi giunse il 13 genn. 1536.

Obbedendo anche alle sollecitazioni dell'imperatore, giunto a Roma pochi mesi dopo, quando per la questione milanese le trattative avevano già dato luogo agli interventi armati, il pontefice nel concistoro straordinario dell'8 apr. 1536 nominò una commissione di dieci membri - fra cui il C. -, che aveva l'incarico di preparare la bolla di convocazione del concilio a Mantova. Questo si sarebbe dovuto aprire nel maggio dell'anno dopo, ma, com'è noto, ciò non avvenne e proprio il C., nel concistoro del 15 ott. 1537 dette lettura della bolla di proroga. Il 7 genn. 1538 fu chiamato a far parte della commissione incaricata di organizzare una riunione del concilio, ugualmente abortita, per lo stesso 1538 o per l'anno seguente a Vicenza.

Il 24 maggio 1538 il C., che due anni prima aveva lasciato l'amministrazione della diocesi di Otranto, ottenne quella della diocesi di Cuenca in Spagna. Subito dopo egli accompagnò il papa a Nizza, dove Carlo V e Francesco I conclusero la tregua che sarebbe dovuta durare dieci anni. In seguito al rifiuto dei due sovrani di abboccarsi direttamente, il C., insieme ad altri due cardinali, fu utilizzato come legato "volante", incaricato di far da tramite fra i due.

Nell'ottobre dello stesso anno il C., che continuava intanto a rendersi benemerito dell'imperatore ed a suscitarne la gratitudine, entrò a far parte della commissione sulla riforma, costituita già due anni prima, ed allargata allora ad otto membri, durante i lavori della quale egli dette prova di accortezza e di moderazione. Dopo un successivo ampliamento della suddetta commissione, che fra il 1540 ed il 1541 si occupò attivamente dell'obbligo della residenza per i presuli nelle loro sedi vescovili, si crearono delle sottocommissioni ed il C. entrò a far parte di quella "pro Rota".

Trasferito il 31 maggio 1540 alla sede cardinalizia di Albano, il C. nel medesimo anno fu uno dei deputati al reperimento dei fondi occorrenti per l'organizzazione della difesa contro i Turchi. Dopo un ulteriore trasferimento alla sede prenestina, avvenuto il 14 nov. 1541, il C. morì a Roma il 13 febbr. 1542 e fu sepolto nella tomba che la famiglia aveva nella chiesa di S. Maria in Aracoeli nella stessa città.

Il Litta attribuisce al C., di cui rimase una vaga fama di mecenatismo, un figlio, Ascanio, in favore del quale il C. rinunziò nel 1538 al vescovato di Oppido, che deteneva dal 2 sett. 1536. A sua volta Ascanio rinunciò al vescovato nel luglio del 1542.

Fonti e Bibl.: Correspond. de Charles-Quint et Adrien VI, a cura di M. Gachard, Bruxelles 1859, pp. 10, 21, 89, 91, 93, 268; Calendar of letters,despatches and State papers relating to the negotiations between England and Spain, II, a cura di G. A. Bergenroth, London 1866; III-VI, a cura di P. de Gayangos, ibid. 1873-1890, ad Indices; P.Grizio, Il ristretto delle istorie di Iesi, a cura di A. Gianandrea, Iesi 1880, pp. 135 s., 139, 191; M. Sanuto, Diarii, XXIV, XXVII, XXVIII, XXIX, XXXII, XXXIII, XXXIV, XXXV, XLI, XLII, XLV, XLVI, XLIX, L, LII, LIV, LVII, LVIII, Venezia 1889-1903, ad Indices; Nuntiaturberickte aus Deutschland..., s. 1, I, II, III, V, Gotha 1892-Berlin 1909, ad Indices; Correspond. politique de Guillaume Pellicier, a cura di A. Tausserat-Radel, I, Paris 1899, pp. LXIII, 320 s.; Il diario di Marcello Alberini, a cura di D. Orano, in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria, XVIII (1895), pp. 346, 384, 389; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, IV, Actorum..., I, Friburgi Br. 1904, pp. CXXVI s., 1, 6, 142, 451, 454; Recueil des lettres de l'empereur Charles-Quint..., a cura di L. H. Labande, Monaco 1910, pp. 63 s.; P. Giovio, Lettere, a cura di G. G. Ferrero, I, Roma 1956, p. 99; C. Capasso, Paolo III, I, Messina 1924, pp. 30, 43, 64, 207 s., 501 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, IV, 1, Roma 1960; IV, 2, ibid. 1959; V, ibid. 1959, ad Indices; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica..., III, Monasterii 1923, pp. 5, 15, 17, 103, 174, 209, 212, 262, 268; B. Katterbach, Refer. utriusque Signaturae, Città delVaticano 1931, p. 75; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., XII, coll. 216-20; P. Litta, Le fam. celebri ital., sub voce Cesarini di Roma, tav. unica.

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