CHIAVOLINI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)

CHIAVOLINI, Alessandro

Albertina Vittoria

Nacque a Milano il 29 luglio 1889da Cesare e Teresa Botteri, in una famiglia di proprietari terrieri. Frequentò il liceo classico "A. Manzoni" e si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, laureandosi nel 1919.

Il C., che già durante gli anni liceali aveva scritto raccolte di fiabe (Le fate buone, Milano s.d.; Le fate delle stelle, ibid. s.d.), si dedicò alla carriera giornalistica, entrando nell'anno 1910 nel giornale del mattino La Lombardia, dirigendo successivamente un giornale di viaggi e avventure, L'Oceano, fondato nel 1912, e collaborando al settimanale L'Attualità e, inoltre, svolgendo attività nel Sindacato milanese corrispondenti di giornali e presso l'Associazione lombarda dei giornalisti. Nel novembre 1914, fin dalla sua fondazione, il C. entrò come cronista al Popolo d'Italia, venendo a contatto con alcuni dei futuri, e più stretti, collaboratori di Benito Mussolini, e con il fratello Arnaldo.

All'entrata in guerra dell'Italia, il C. fu tra i primi redattori del quotidiano ad arruolarsi come volontario: partecipò ad alcune azioni nel Vicentino e nella zona di Gorizia. Alla fine della guerra venne congedato con il grado di capitano di fanteria. Nel 1919 egli riprese, sempre come cronista, la propria attività al Popolo d'Italia: i suoi interessi principali andavano però in misura maggiore verso la letteratura e la sua opera di scrittore e traduttore, piuttosto che verso la politica. Scrisse alcune commedie e un romanzo rimasto incompiuto, pubblicati su riviste letterarie, e tradusse, tra l'altro, La canzone di Bilitide di P. Louıs (Milano 1919), Taide di A. France (ibid. 1921), I due libri della giungla di R. Kipling (dal francese, ibid. s.d.). Fu inoltre collaboratore, con articoli di viaggio e di commento culturale, dell'Ardita, rivista mensile del Popolo d'Italia.

Nel periodo del suo lavoro al Popolo d'Italia il C., che non fu tra i partecipanti all'adunata di piazza S. Sepolcro (tra i quali viene invece annoverato nelle biografie fasciste), fu protagonista di un curioso episodio: fu infatti l'unico a non firmare la protesta che i redattori del quotidiano milanese pubblicarono come atto di solidarietà nei confronti di Mussolini, arrestato il 18 nov. 1919. Il C. addusse il motivo che "egli non era un fascista e che non si riteneva legato a nessun vincolo di solidarietà con il suo direttore" (E. Mecheri, Chi ha tradito?, Milano 1947, p. 124)e presentò le dimissioni. Richiamato però da Arnaldo Mussolini a riprendere il proprio posto, il C. tornò nella redazione.

Questo episodio non va, probabilmente, disgiunto dal fatto che Mussolini, eletto deputato nel '21, lo chiamò a svolgere la funzione di proprio segretario particolare: il C., che non proveniva da alcuno schieramento politico, dimostrava probabilmente di essere persona riservata e discreta, senza interessi direttamente politici. D'altronde, Mussolini stesso dichiarò di avergli affidato, assieme ad altri documenti, il "proclama del quadrumvirato", scritto ai primi di ottobre 1922, affinché lo tenesse in posto sicuro, proprio perché gli era sembrato "il più segreto" (De Begnac, p. 175). In un'intervista al Corriere italiano, nel primo anniversario della marcia su Roma, il C. stesso raccontò come aveva conservato quei documenti alla cassetta che aveva alla Posta di Milano e le sue peripezie per recuperarli quando Mussolini, il 27 ottobre, glieli richiese. Da questo momento il C., che non rinunciò al suo incarico presso il Popolo d'Italia, dal quale si dimetterà solo nel '37, seguì Mussolini in ogni sua attività e impegno: fu con lui in particolare nei giorni della marcia su Roma, accompagnandolo nei viaggi da Milano a Napoli e viceversa, e in quello della notte del 29 ottobre per Roma.

Con il decreto legge di Vittorio Emanuele III del 1º nov. 1922, con il quale veniva costituito il gabinetto della presidenza del Consiglio dei ministri, il C. veniva nominato segretario particolare del gabinetto stesso, incarico che mantenne per molti anni, fino al marzo 1934. Per questa sua funzione egli ebbe modo di seguire da vicino tutta l'attività svolta da Mussolini, vagliando la sua corrispondenza, organizzandogli incontri e così via, nonché di essere a contatto con le maggiori personalità politiche e culturali del regime. Sfogliando le carte della segreteria particolare del duce (conservate presso l'Archivio centrale dello Stato) si può vedere con quante persone tenesse le relazioni e di quante questioni si occupasse svolgendo un ruolo di tramite per Mussolini: con Gentile per le vicende e le "voci" dell'Enciclopedia Italiana, col magg. Renzetti per le relazioni che inviava dalla Germania e gli incontri tra Hitler e Mussolini; delle proteste contro Bottai o Arpinati, delle lettere anonime contro i "ras", ecc. Ma la parte più importante di questa attività (della quale per altro il C. non ebbe mai a svelare i retroscena) fu senza dubbio quella relativa alla orgazzazione dell'organismo della segreteria, che egli stesso mise in piedi. La segreteria particolare del capo del governo, nonché di tutti i dicasteri che via via Mussolini ricopriva, era infatti destinata a diventare un vero e proprio apparato politico, alle dirette dipendenze di Mussolini, e teneva i rapporti, da un lato, con il P.N.F., i ministri, la stampa, il mondo economico, l'esercito, le forze di polizia e i servizi di sicurezza, e, dall'altro lato, con quel settore sociale della politica fascista costituito dalle opere di beneficenza e di assistenza e da quanto poteva essere utile al consenso di massa al regime: diventava quindi, una struttura politica di mediazione e di filtro con tutto quello che riguardava la politica mussoliniana, di estrema importanza. Da principio la segreteria, che aveva sede al Viminale, venne costituita da un ristretto gruppo di impiegati, con a capo il C. (Osvaldo Sebastiani, Elettro Marino, Ferdinando Villa, Arturo Zaccagnini e Salvatore Trovato).

Tra il '25 e il '27 venivano però definite in modo più preciso le sue funzioni; ufficio unico, con a capo il C., la segreteria era divisa in due sezioni: 1) Viminale-sezione del riservato e degli affari personali, diretta dal Sebastiani, e con il compito di apertura della corrispondenza e di ricevere le persone che dovevano conferire con Mussolini; 2) Viminale-sezione degli affari generali, diretta da Guido Letta, addetta alla cura delle pratiche ordinarie; vi erano inoltre altre tre sottosezioni istituite presso i ministeri degli Esteri, della Guerra e della Marina. In un progetto del C. (databile 1927) la segreteria veniva considerata come un organismo che si differenziava da tutti gli altri uffici, compreso quello della presidenza, e che doveva invece curare "tutto ciò che interessa o può interessare Sua Eccellenza nello svolgimento della sua attività politica presente e futura, cioè costituisce una cosa realmente ed esclusivamente sua", e, inoltre, doveva essere "diretta esecutrice della volontà del Duce e la gelosa custode delle sue varie manifestazioni". I suoi compiti, sempre secondo il progetto del C., erano quelli di apertura e smistamento della corrispondenza, trattazione della corrispondenza personale di Mussolini, amministrazione dei fondi destinati alla beneficenza, conservazione degli autografi di Mussolini e del carteggio riservato. Vennero, quindi, istituiti tre archivi "ordinari" (Viminale, Guerra e Marina) e un solo archivio "riservato" per il Viminale. In una tabella del '27 sono descritti l'organico e le sezioni di questa segreteria: segretario particolare, il C.; direttore della segreteria, Sebastiani; sezione degli affari riservati, R. Nani; sezione degli affari ordinari, U. Cellai; sezione degli affari misti, G. Gerbore.

Nel '29 venne fatta una ulteriore, e definitiva, ristrutturazione e gli uffici furono così suddivisi: ufficio riservato (O. Sebastiani), ufficio personale (G. Letta), ufficio ordinario (R. Nani), automezzi e trasporti (M. Mileti), corrispondenza (G. Gerbore), sussidi (G. Ricci), Palazzo Chigi (O. Sebastiani), e fiduciari presso i ministeri (struttura creata per snellire il rapporto tra la segreteria e i ministeri stessi). Nel 1929 la segreteria era divenuta quindi un vero e proprio organismo politico, dalle funzioni ben distinte e suddivise nelle differenti sezioni, nonché una struttura assai efficiente: un ruolo molto importante era costituito dagli archivi, riservato e ordinario, che dovevano essere in grado di fornire informazioni preventive per Mussolini. Questi archivi avrebbero posto due problemi, per altro mai risolti: quello della garanzia della riservatezza, dato il numero di impiegati che elaboravano le informazioni da riassumere per Mussolini (problema che venne affrontato, insieme a quello dello smaltimento del lavoro, in una inchiesta svolta da E. Marino, e condivisa dal C., nel novembre del '29), e quello della classificazione e dello spazio.

Il 18 marzo 1934 il C. lasciò il suo posto, venendo sostituito da Sebastiani, al quale sarebbe subentrato, nel '41, Niccolò De Cesare, i quali non portarono innovazioni, ma piuttosto una burocratizzazione dell'organismo, nonché una ingerenza con affari personali e di interesse privato. Il C., invece, non sfruttò il proprio incarico delicato a suo favore, ma si tenne al di fuori da qualsiasi questione: durante questo periodo fu, per breve tempo, membro del Gran Consiglio del fascismo, nel quale però venne inserito in seguito a un decreto legge (del 26 genn. '29) decaduto il 14 dic. '29; fu inoltre promosso luogotenente generale della M.V.S.N. (Milizia volontaria sicurezza nazionale) nel 1935. Nel '26 aveva invece ottenuto in concessione una estensione di deserto di 1.400 ettari, in Tripolitania, a Marsa Dila, nel territorio di Zavia, alla cui bonifica dedicò il proprio tempo libero, oltre ad investirvi i propri capitali. Qui poi si recò dopo aver dato le dimissioni da capo della segreteria. Su queste dimissioni, presentate con la scusa della campagna mussoliniana contro gli scapoli (il C. si sarebbe sposato solo nel '39 con Virginia Consonni), non sembra si debbano trovare motivi di contrasto politico ma piuttosto motivi personali di insoddisfazione per il proprio lavoro. Alla azienda agricola in Libia, che fu visitata da Mussolini nel marzo del '37, dedicò le proprie energie fino al '38: trovò l'acqua e costruì una rete di irrigazione, coltivò foraggi per il bestiame, ulivi, alberi da frutta, palme, carrube, ecc. (il prof. Mario Ferraguti ne fa una descrizione dettagliata in Bonifica integrale, 1 [1930], pp. 9-10). Quando poi il governatore della Libia, I. Balbo, gli chiese di procedere alla colonizzazione e costruire un centro abitato, il C., per motivi finanziari, vendette la propria azienda all'Istituto nazionale fascista di previdenza sociale, che ne fece un villaggio.

Nel dicembre del '39, con decreto reale e su designazione di Mussolini, il C. venne nominato ministro di Stato: in una lettera a Mussolini (12 giugno 1939) egli stesso aveva chiesto una carica per sé, desiderando "un rango che mi risparmiasse, in molte circostanze, un senso di diminuzione". In una testimonianza riportata da N. D'Aroma (Mussolini segreto, Bologna 1958, p. 68) sembra che Mussolini abbia detto: "Chiavolini, andando via, mi ha chiesto solo una fotografia, ma dopo poco tempo ci ha ripensato... Voleva qualche altra cosa!". Si possono fare diverse supposizioni su questo episodio così come sul fatto che quando, nel '40, egli chiese (tramite Sebastiani) in assegnazione una agenzia dell'A.G.I.P. di Roma, Mussolini non lo favorì. Ma è difficile dare un giudizio in merito ed arguire che vi fosse da parte di Mussolini una intenzione liquidatoria nei confronti del suo ex segretario particolare. Lasciata la Libia, il C., dopo essere stato tra il '38 e il '41, agente della Petrolibia di Tripoli (agenzia. dell'A.G.I.P. che gli aveva dato i finanziamenti per l'azienda agricola), svolse vari incarichi, venendo nominato consigliere di amministrazione presso diverse società (tra le quali le Cotoniere meridionali, l'Italcable, la Mondadori).

Nel marzo del '45 il C. venne arrestato; fu processato, nel luglio, dall'Alta Corte di giustizia e condannato a quattordici anni per "atti rilevanti" in favore del fascismo. Dopo un anno di carcere, scontato a Procida, il C. fu rimesso in libertà, nel giugno '46, in seguito all'amnistia, e, successivamente, prosciolto con formula piena dalla magistraturaordinaria. Si ritirò a vita privata, rifiutando proposte editoriali per le proprie memorie.

Il C. morì a Milano il 9 ag. 1958.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Segret. part. del Duce, Carteggio ord., 500.027/ IV, b. 93; Presidenza del Consiglio dei ministri, fasc. I, 4-7, n. 4769 sottof. 8º, a. 1939; Ag. Stefani, M. Morgagni, fasc. 237, sc. 18; notizie biografiche sono state fornite dalla signora Virginia Consonni Chiavolini, presso cui si conservano carte e docc. privati. Le notizie sulla segreteria particolare del duce sono in: Segr. part. del Duce, Carteggio ordinario, 500.027/IV (bb. non ancora numerate); notizie sulla segret. sono state fornite in modo partic. da G. Contini, che sta compiendo uno studio sull'argomento. G. A. Chiurco, Storia della rivoluz. fascista, Firenze 1929, III, pp. 304 s.; V. pp. 22 s., 259; E. Savino, La Nazione operante, Milano 1934, p. 158; inoltre alcune notizie si trovano in: M. Giampaoli, 1919, Roma-Milano 1928, pp. 5, 8; G. Rocca, A. C., in Rivista illustrata del Popolo d'Italia, XVIII (1940), 2, pp. 24 s.; C. Salsa, Un pignolo della rettitudine, in Il Tempo, 21 luglio 1946; C. Rossi, Mussolini com'era, Roma 1947, pp. 120, 140 s., 235; Y. De Begnac, Palazzo Venezia, Roma 1950, pp. 175, 188, 434, 556 s., 687; E. Nardini, Conservò il silenzio fino all'ultimo, in La Settimana Incom, 29 nov. 1958; A. Aquarone, L'organizzaz. dello Stato totalitario, Torino 1965, pp. 161, 228; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino 1965, pp. 288, 583; Id., Mussolini il fascista, I, La conquista del potere, ibid. 1966, pp. 495, 662, 685; II, L'organizzaz. dello Stato totalitario, ibid. 1968, pp. 134, 417; Id., Mussolini il duce, ibid.1974, pp. 47, 108, 296; A. Repaci, La marcia su Roma, Milano 1972, pp. 418, 454, 554 s.

CATEGORIE