COSTA, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

COSTA, Alessandro

Maria Grazia Prestini

Nacque a Roma il 19 marzo 1857 da Giovan Battista e da Luisa Fenzi. Avviato dalla madre, (valentissima musicista anch'essa) allo studio della musica fin dall'infanzia, nel 1870 frequentò un Istituto tecnico e successivamente, attratto dalla musica, come pure dagli studi filosofici e religiosi, entrò nel liceo musicale di S. Cecilia senza, peraltro, trascurare lo studio delle lingue antiche e moderne che coltivò come autodidatta, ritenendole indispensabili per una preparazione completa e moderna.

Spirito eclettico e studente straordinariamente brillante, perfezionò i suoi studi musicali sotto la guida di E. Terziani, che considerò sempre come il suo vero maestro. Nel 1878, prima ancora di terminare il corso, compose un Quintetto per archi e pianoforte che fu eseguito con successo al liceo stesso e stampato dalla casa editrice Kistner di Lipsia (1878), per quanto il C. non lo riconoscesse più come autentico avendovi più tardi apportato alcune modifiche.

Fin da giovanissimo si inserì con atteggiamento critico e innovatore nella cultura musicale del suo tempo, tanto da suscitare con le sue composizioni e i suoi scritti, che furono numerosi e brillanti, accesi dibattiti che in taluni casi sfociarono in vere e proprie polemiche. Un'eco significativa ci è rimasta nell'opuscolo da lui scritto nel 1881 in collaborazione con l'amico e musicista U. Bandini, che gli fu compagno valente e preparato in molte iniziative: Una curiosa polemica: brevi cenni sul presente stato della critica e dell'arte in Italia (Roma 1881).

In essa il C. risponde al critico F. D'Arcais, accanito detrattore del Preludio alla tragedia Amleto, composto dal C. insieme al Bandini ed eseguito in un concerto da loro organizzato presso la Società orchestrale nella sala Dante, sotto la direzione di E. Pinelli; l'arditezza di concezione di questo lavoro non poteva non contrariare il conservatorismo musicale dell'autorevole critico, che i due compositori giovani, polemici, accesi wagneriani e in quanto tali progressisti, tacciarono di arretratezza e di assenteismo a tutti i concerti nei quali si eseguiva della buona musica; musica, cioè, dei grandi autori del passato quali Palestrina, Bach, Pergolesi e lo stesso Beethoven. Ciò fornì al C. l'occasione per mettere in risalto le carenze della cultura musicale in Italia, sia per quanto riguardava l'importanza della figura del critico che quella dei conservatori e dei teatri. In tale opuscolo il C. criticava aspramente l'abbandono da parte della scuola italiana dei capolavori del '600 e del '700 e lodava le riforme apportate da Wagner al teatro musicale, da lui ritenute "una questione di senso comune" mentre considerava la musica del grande compositore tedesco, una "questione di gusto".

Ma lo scontro con i critici del suo tempo non si arrestò a questa polemica; fra battute e contrasti da ambo le parti, il dissidio si trascinò per mesi finché il C. non giunse ad attaccare il D'Arcais sul piano personale accusandolo, inoltre, di poter comprendere e amare solo l'operetta, avendo quest'ultimo auspicato il risorgimento dell'opera buffa.

Il valore di questa vivacissima polemica stava soprattutto nel fatto che essa esprimeva quanto il C. fosse già, e avrebbe continuato ad essere nel corso di tutta la sua lunga e fertile esistenza, presente nella cultura e non solo in quella musicale, del suo tempo. Già nel 1880, infatti, aveva organizzato alla sala Dante un grande concerto durante il quale era stato eseguito il Magnificat e alcuni cori della Messa solenne di J. S. Bach. Questa fatica di organizzatore, oltre che di musicista, doveva essere la prima di molte altre che gli fruttarono innumerevoli soddisfazioni e grande notorietà. Successivamente l'esecuzione di una sua composizione la Leggenda dell'anima (1885), per soprano e coro femminile, con orchestra, ispirata alla poesia di G. Salvadori, in un piccolo oratorio in via Belsiana, suggerì all'intraprendente musicista di continuare in quella sala esecuzioni regolari della musica di Bach, Beethoven e Palestrina. I sostenitori non mancarono e presto si formò il comitato promotore della Società Bach, che si poneva l'obiettivo di diffondere i grandi lavori dell'arte musicale, soprattutto di genere sacro, sia polifonico che vocale.

Con l'appassionata collaborazione di molti amici e musicisti (A. Mengarini, R. Kanzler, G. Barini, G. Cozi e i fratelli Blumensthil), nasceva così ufficialmente la Società Bach, ritenuta una delle manifestazioni musicali più nobili e colte della Roma della fine dell'Ottocento. Si era nel 1895. L'anno seguente la Società Bach si trasferiva nella sala Costanzi, nella quale il C. fece installare, in parte a sue spese, in parte con l'aiuto dei suoi collaboratori, un organo appositamente progettato da lui per facilitare l'esecuzione dei grandi capolavori di Bach, permettendone l'esecuzione a quattro mani con l'aggiunta di un'apposita tastiera per i bassi. Al repertorio della società non mancarono esecuzioni di opere, conosciute e non, di altri grandi maestri quali Palestrina, Pergolesi, Corelli e di altri meno noti quali Orlando di Lasso, A. Lotti, A. Caldara ed E. d'Astorga.

Il ruolo culturale e musicale che la Società Bach ebbe nella vita del suo tempo emerge non solo dal numero di concerti eseguiti e dalla sua intensa attività, alla quale collaborarono insigni musicisti, ma anche dai personaggi illustri che frequentavano assiduamente la sala Costanzi quali Arrigo Boito e Gabriele D'Annunzio, che la società stessa descrive diffusamente nel suo romanzo Il trionfo della morte. In esso il poeta, parlando dell'amante Ippolita Sanzio, incontrata appunto a una delle aristocratiche audizioni nel suggestivo oratorio di via Belsiana, attribuisce il merito di questo incontro ad un certo Alessandro Memmi, musicista, filosofo e matematico, da identificare col Costa.

Durante quegli anni, malgrado la sua intensa attività, il C. non trascurò né il lavoro di composizione né quello di direttore di orchestra. Nel 1885 diresse, alla sala Costanzi, un concerto di sue composizioni, Fantasia per orchestra; ilgià citato Quintetto per archi e pianoforte; Cantata (Visione) per quattro soli, coro e orchestra per la quale scrisse anche i testi. Compose, inoltre, un Preludio al Riccardo III di Shakespeare e si recò due volte a Berlino per dirigervi altre sue composizioni fra le quali due sinfonie e la già citata Leggenda dell'anima.

Più tardi, per esigenze del teatro Costanzi, l'uso della sala divenne più sporadico, fino a cessare del tutto, cosa che ebbe come conseguenza lo scioglimento della Società Bach. Ciò indusse il C., che riteneva di aver fatto abbastanza per la diffusione della musica e della cultura, ad abbandonare anche l'insegnamento che esercitava da alcuni anni al liceo di S. Cecilia e a ritirarsi nel tranquillo rifugio di Mompeo presso Rieti, per dedicarsi finalmente agli studi filosofico-religiosi, orientati con particolare riguardo al buddismo, che tanto lo appassionavano e che già gli avevano ispirato alcune composizioni musicali quali Sumitri - per la quale aveva scritto anche il testo (alcuni frammenti erano stati eseguiti alla sala Dante di Roma, nel 1891 -, Canti sacri per una voce e pianoforte, Nella foresta di Gosinga, cantata sacra buddistica per tre voci d'uomo, coro e orchestra.

Oltre alle citate Visione e le due sinfonie, le composizioni edite del C. sono le seguenti: Leggenda dell'anima (riduzione per canto e pianoforte, Roma s. d.); Secondo Quintetio per archi con pianoforte in mi magg. (Berlin 1878); Danza degli scheletri, per tenore solo e orchestra (riduzione per canto e pianoforte, Bologna s. d.); Allegretto da una Fantasia per orchestra (riduzione per pianoforte, Roma s. d.); Presso una fontana per canto e pianoforte (Berlin s. d.); Canzone della baiadera (riduzione per canto e pianoforte dell'opera Sumitri, Bologna 1891); Ondine per canto e pianoforte (Bologna s. d.). Ma la summa del pensiero musicale del C. può essere individuata nel suo opuscolo: Pensieri sulla storia della musica (Torino 1900).

Il ritiro a Mompeo del C. durò fino alla sua morte, che lo colse il 12 dic. 1943.

Scrisse e pubblicò, inoltre, le seguenti opere: Una curiosa polemica: brevi cenni sul presente stato della critica e dell'arte musicale inItalia, Roma 1881; Coscienza e progresso, dialogo, Roma 1885; Pensieri sulla storia dellamusica, Torino 1900; Orientamenti della psicologia tedesca, Torino 1903, ristampato nel 1921 e nel 1932; La religiosità nella filosofiadi A. Schopenhauer, in Coenobium, V (1907), pp. 26-49; Iproblemi dell'egoismo, Ferrara 1912; Filosofia e buddhismo, Torino 1913; Il Buddha e la sua dottrina, ibid. 1920; Di una possibile futura religione, ibid. 1924; Alcune osservazioni sul paesaggio del popolo cinese, in Arch. it. di psicologia, III (1932), pp. 167-183; Tendenze odierne della psicologia in Germania, ibid., XIII (1938), pp. 135-145; La meta della vita in Dante, Goethe, Schopenhauer, Vagner e Leopardi, Torino 1938.

Bibl.: A. De Angelis, La musica a Roma nel secolo XIX, Roma 1944, pp. 63, 101, 104, 107, 120 ss., 124, 198; Bibliografia filos. italiana dal 1900 al 1950, Roma 1950, p. 306; A. De Angelis, Diz. dei musicisti. L'Italia musicale d'oggi, pp. 151 ss.; Encicl. della musica Ricordi, I, p. 363; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 378 s.

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