DONATI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DONATI, Alessandro

Gianfranco Formichetti

Nacque da nobile famiglia a Siena nel 1584.

Dopo essersi trasferito a Roma, il 26 genn. 1600 entrò nel Collegio Romano dove fece il suo noviziato da gesuita. Il 14 maggio 1617 professò i voti. Nello stesso Collegio Romano insegnò retorica, per divenire più tardi prefetto delle scuole di umanità. Il D. rappresenta con coerenza e puntualità quelle direttive di poetica controriformista che si andavano affermando nell'ambiente romano degli anni '30 e che nel Collegio Romano esprimevano le linee di quella poetica moderato-barocca che troverà la massima radicalizzazione in Sforza Pallavicino.

Tra le sue prime opere figura un'orazione funebre tenuta nel gennaio 1609 per la morte di Maria Cesi, figlia di Olimpia Orsini e moglie di Giovanni Angelo Altemps (Oratio ... in funere ill.mae et ex-c.mae Mariae Caesiae ab Altaemps, in S. Apollinaris Collegis, Germanici et Ungarici sacra aede, Romae 1610). Della giovane nobildonna romana, morta di parto, il D. celebrò le qualità morali.

Nel 1625 vide la luce una raccolta in tre volumi di poesie dedicate al cardinale Francesco Barberini (Carminum, Romae 1625), preceduta da un'introduzione; segue un'ode intitolata ApisImperii signum, nella quale il simbolo barberiniano offre lo spunto per un canto encomiastico.

Le poesie, tutte in latino, hanno per soggetto la storia sacra e per fine l'edificazione del lettore. Il primo libro si apre, infatti, con una poesia intitolata Mors Christi Domini luctusque Virginis Matris, alla quale segue significativamente Mortem Christi, Domini sequuta Hierosolymae ruina. Il secondo libro riguarda Urbano VIII (Urbani VIII Pont. Max. Lateranens. basilicam adeuntis triumphalis pompa XIII Kal. Dec.) e celebra la gloria del suo pontificato. Il terzo libro si occupa del cardinale Pietro Aldobrandini, della sua villa nei Castelli romani; seguono dieci elegie che descrìvono un itinerario che da Velletri giunge alla Campania foelix attraverso Sezze, Priverno, Terracina, Gaeta, Formia. Chiudono il volume due poesie intitolate: Lacrymae s. Mariae Magdalenae ad Christi tumulum e In morte Caroli Vicecomitis adolescentis, come a ricondurre e suggellare l'itinerario etico-religioso.

Nell'ambito della didattica del Collegio Romano un particolare rilievo ha la tragedia Svevia (Roma 1629), per la quale venne esplicitamente annotato in seconda di copertina l'utilizzo "in seminario romano" con un ostentato "uinquies data semper placita" a voler sottolineare il successo avuto.

In questa tragedia, incentrata sulle vicissitudini degli eredi di Federico II, il D. accoglie la tesi di papa Innocenzo, che accusava Corrado IV oltre che di eresia anche della morte di Enrico suo fratello. Giordano (Enrico) dopo una serie di traversie è fatto prigioniero da Manfredi e per ordine di Corrado viene ucciso con un veleno che lo stesso Corrado fa propinare attraverso un servo di Manfredi. A parte la non facile identificazione storica Giordano-Enrico, con qualche fraintendimento anagrafico, resta di quest'opera l'intento di rappresentazione edificante, consono all'ambiente del Collegìo Romano.

Nel 1631 vide la luce a Roma presso il Facciotti l'Ars poetica, che il D. dedicò ad Alfonso Della Valle. L'opera rìsulta divisa in tre volumi: vi si evidenzia l'intento didattico-operativo, e lo svolgimento delle argomentazioni segue i principali punti dell'ortodossia ormai consolidata nell'ambito del barocco romano di scuola gesuffica.

Le argomentazioni sono ordinate secondo la Poetica di Aristotele nella tradizione degli studi cinque-secenteschi, e dove la fonte aristotelica manca (epica, commedia e tragicommedia) il D. si preoccupa di provare che in forma embrionale ci sono tutti gli elementi necessari. Proprio in questa direzione appare di particolare rilievo l'attenzione per la tragicommedia, non vista come peculiarità dei moderni in quanto il "lieto fine" egli lo dà presente in alcune tragedie, così come la "mistione" di personaggi nobili e plebei. Si comincia, nel primo libro, con i presupposti della più rigida ortodossia tridentino-aristotelica (Materiam poesis non esse res falsas, p. 18); nella seconda parte si analizzano le specie e le forme di poesia, per offrire un repertorio sui generi e sulle tecniche di poesia. Una particolare attenzione è data all'elemento di indagine psicologica, tutta giocata sulle contrapposizioni di sentimento (Amor et odium, p. 252; Ira, mansuetudo, p. 268; Misericordia, indignatio, p. 273; Pudor, imprudentia, p. 286) e nella parte terminale il D. si trattiene sulla tragedia, commedia e tragicommedia. Il terzo volume, nella prima parte, tocca l'epopea, per poi considerare vari tipi di poesia (ecloga, satira, epigramma, elegia etc. ...); un'analisi dettagliata dei vari tipi di odi (ode laudatrix, vituperatrix, consolatrix etc. ...) conclude l'opera. Questo manuale scolastico destinato agli allievi del Collegio Romano è la testimonianza del consenso che dall'ambiente delle corti e delle accademie veniva a quelle linee di poetica moderato-barocca che dominava la scena romana nel terzo decennio del sec. XVII.

Nel 1638 D. sintetizzava la sua passione per Roma pubblicando un'opera che riscosse un notevole successo: Roma vetusac recens utriusque aedificiis ad eruditamcognitionem espositis (Romae). Una nuova edizione vide la luce l'anno successivo, mentre una editio secunda correctior sarà pubblicata alcuni anni dopo la morte del D., sempre a Roma (1648, 1662).

Il lavoro, dedicato a papa Urbano VIII, celebrava i fasti della Roma barocca. Il grande Urbano è considerato il rifondatore dello splendore di Roma offuscato dai barbari. L'opera è divisa in quattro libri: nel primo sono descritti gli ampliamenti e le migliorie architettoniche che si sono susseguiti nei secoli; nel secondo il D. espone una dettagliata descrizione del Campidoglio e dei monumenti ed edifici intorno ad esso. Nel terzo descrive il Palatino e gli altri colli romani; nel quarto l'edificazione cristiana di Roma da Costantino a Sisto V. Il testo è arricchito di splendide tavole descrittive.

La morte colse il D. a Roma il 25 apr. 1640 e non gli permise di vedere il suo Constantinus Romae Eberator stampato a Roma proprio in quell'anno.

L'opera è certamente importante, non solo perché giunge a conclusione di un itinerario intellettuale, che si dimostra fino all'ultimo coerente, ma assume una connotazione di messaggio indirizzato al dedicatario Ferdinando II "dux Etruriae". Il poema eroico è diviso in dodici libri e la narrazione si sviluppa dagli avvenimenti di Verona fino al trionfo romano. Costantino è il simbolo della volontà di affermazione degli ideali cristiani. La battaglia del 28 ott. 312 presso ponte Milvio ha un significato che va oltre la rievocazione storica. Il D. volle certamente ricordare una data di fondamentale importanza per la storia della Cristianità, ma volle anche attualizzare didatticamente il messaggio, e tutto questo traspare nella dedica dell'opera: l'autore, infatti, lascia sottintendere una omologazione tra il nobile destinatario e il protagonista del poema eroico. La battaglia per la Cristianità è il trionfo del cattolicesimo romano-tridentino.

Nello stesso 1640 venne pubblicata a Roma la Oratio de Passioni Domini, che l'autore aveva già recitato a Gregorio XV nel 1622.

Altre opere del D., oltre quelle sopra ricordate, risultano: Matthiae I Caesari Augusto Odae ad modos dictae Ernesto Comite in Oettingen de universa philosophia disputante in aula coll. Rom. Soc. Iesu, Romae 1616; Symbuleuticon seu Consultatio virtutum illustrissimo principi Scipioni card. Burghesio meritos honores decernetium ad musicos concentus cum de philosophia disputaret in Collegio Rom. Societatis Iesu Ernestus Adaldertus ab Harrach Liber raro Austriacus CollegiiGerman. et Hung. alumnus, Romae 1620, Vita Pauli V pontificis maximi, Romae 1630.

Fonti e Bibl.: L. Allacci, Apes Urbanae, Romae 1663, p. 276; L. De Angelis, Biografia degli scrittori sanesi, I, Siena 1824, pp. 271 ss.; F. Inghirami, Storia della Toscana, I, Fiesole 1843, p. 537; Bibliografia romana. Storia della Toscana, I, Fiesole 1843, p. 537; Bibliografia romana. Notizie della vita e delle opere degli scrittori romani dal sec. XI fino ai nostri giorni, I, Roma 1880, p. 109; E. Damiani, Contributi del Dr. Petar Kolendic allo studio delle fonti italiane nella letteratura serbo-croata, in Giorn. stor. della lett. ital., LXIII (1938), p. 163; M. Costanzo, Dallo Scaligero al Quadrio, Roma 1970, p. 44; Id., Critica e poetiche del primo Seicento, III, Studi del Novecento sulle poetiche del Barocco (1899-1944). A. D., Emanuele Tesauro, Roma 1971, pp. 75-88; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, coll. 131 ss.; E.M. Rivière, Corrections et additions à la Bibliothèque de la Compagnie de Jesus ..., col. 1043.

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