ALESSANDRO II, imperatore di Russia

Enciclopedia Italiana (1929)

ALESSANDRO II, imperatore di Russia

Giuseppe GALLAVRESI

Nacque il 19 aprile 1818 dallo zar Nicolò I (della casa di Holstein Gottorp) e dalla zarina Alessandra (che era la principessa Carlotta di Prussia). Riluttante all'educazione militare che aveva voluto dargli il padre, succedette a questo il 2 marzo 1855, quando ormai la guerra di Crimea si delineava disastrosa per la Russia. Licenziato il ministro dell'interno Bibikov, concluse la pace con le Potenze occidentali al congresso di Parigi, palesandosi pieno di rancore solo verso l'Austria che aveva abbandonato l'alleato fedele del 1849. A Parigi i plenipotenziarî russi ebbero istruzioni dallo zar di favorire la politica del re di Sardegna e del suo grande ministro, il conte di Cavour. Fin dal 1856 lo zar aveva promulgato un'amnistia, attenuando il peso della coscrizione militare, e aveva iniziato gli studî per l'emancipazione dei servi della gleba, attuata nel 1861 con la collaborazione di un manipolo di riformatori capitanati dal ministro Milutin. L'atto arditissimo ebbe grandi ripercussioni economiche, e fu integrato da leggi e da provvidenze per distribuire terre ai contadini emancipati. Profonde innovazioni nel codice penale e nella pubblica istruzione culminarono con l'elargizione di autonomie locali e provinciali, ma l'insurrezione nazionalista, scoppiata in Polonia nel 1863, arrestò lo zar nella via intrapresa. I panslavisti, che si radunarono a congresso nel 1867, plaudirono al programma di assimilazione degli allogeni e d'intolleranza religiosa prevalso nella seconda parte del regno di A., soprattutto a carico dei cattolici romani. La reazione esasperò gli elementi rivoluzionarî che, a lungo diretti dal profugo Herzen, trovarono poi nel Bakunin un campione imbevuto delle teorie anarchiche che assunsero il nome di nichilismo. La politica estera dello zar A. trovò un buon interprete nel cancelliere principe Gorćakov. Costui appoggiò l'imperatore Napoleone III contro l'Austria nel 1859; ma, prima di riconoscere Vittorio Emanuele II come re d'Italia, si mostrò perplesso di fronte alle annessioni dell'Italia centrale. Base della politica russa nel periodo susseguente al congresso di Parigi fu l'intimità con la corte di Berlino. A. se ne giovò nel 1871, ottenendone alla conferenza di Londra, in cambio dell'appoggio durante la guerra contro la Francia, la soppressione dei divieti imposti nel congresso di Parigi alla marina militare russa nel Mar Nero. Nel 1867 lo zar autorizzò la vendita agli Stati Uniti d'America della remota colonia dell'Alaska; ma per il resto, l'attitudine di raccoglimento adottata da A. negli affari d'Europa lasciò le mani libere alla Russia per estendere il suo dominio in Asia, sia nel Caucaso, sia verso il Turkestan. L'intesa di A. con lo zio Guglielmo I di Prussia aveva coperto le spalle all'esercito tedesco durante la guerra con la Francia negli anni 1870-71; già nel 1872, e poi nel 1875, lo zar intervenne però a Berlino per impedire ulteriori minacce del Bismarck alla Francia. Nel 1872 aveva aderito a ritrovarsi, sotto gli auspici della Germania con l'imperatore Francesco Giuseppe, sì che parve rivivere l'accordo fra le tre corti conservatrici. Nondimeno, la fermezza con la quale A. difese la pace e salvaguardò l'equilibrio europeo minacciato dalla dittatura bismarckiana, rivelò agli osservatori più sagaci i prodromi d'un ravvicinamento alla Francia. La guerra con la Turchia che lo zar, nonostante le sue tendenze pacifiche, fu spinto ad affrontare nel 1877 dalla solidarietà slava, si rivelò difficilissima e i risultati raggiunti nel marzo del 1878 col trattato di Santo Stefano furono ridotti a poca cosa dal congresso di Berlino, in cui il principe di Bismarck non diede al gabinetto di Pietroburgo tutto quell'appoggio che lo zar se ne attendeva. Nel 1880 il conte Demetrio Tolstoj, che dal 1866 in poi era stato a fianco dello zar come un baluardo del partito della resistenza, fu sostituito nel favore di A. dal generale Loris Melikov. Nominato presidente di una commissione per fronteggiare i continui attentati terroristici, il Melikov concesse una maggiore libertà alla stampa ed invocò la collaborazione degli enti locali. Sei mesi più tardi A. nominò il Melikov ministro dell'interno, e il 13 marzo 1881 approvò uno schema di riforma costituzionale che assicurava alle rappresentanze popolari un voto per lo meno consultivo. Quello stesso giorno, per una tragica coincidenza, lo zar fu ucciso per via di una bomba gettata da un emissario del capo terrorista Zelyabov. Questo stolido delitto suscitò nel popolo russo uno degli ultimi impeti di devozione dinastica, e rese impossibile, non solo la prosecuzione della propaganda rivoluzionaria, ma lo sviluppo del moto riformatore che stava per ricevere dalla mano dello zar ucciso un'attuazione progressiva, tale, forse, che avrebbe potuto impedire il crollo dell'impero russo.

Bibl.: Schmeichler, Das russische Reich unter A. II, Berlino 1878; J. Eekhardt, Von Nikolaus I an Alexander III, Lipsia 1881; Duc de Morny, Une ambassade en Russie, Parigi 1892; A. Leroy-Beaulieu, L'empire des Tsars et les Russes, Parigi 1897; A. Rambaud, Histoire de la Russie, Parigi 1900; Prince P. A. Kropotkin, Memoirs of a revolution, Londra 1907.

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