BARNABÒ, Alessandro Marco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)

BARNABÒ, Alessandro Marco (Marco)

Maurizio Reberschak

Nacque a Domegge (Belluno) il 7 apr. 1886 da Giulio e da Francesca Giacomelli, ultimogenito di tre fratelli. Adolescente, si recò a Lubiana per frequentare l'istituto commerciale, ma interruppe presto gli studi per motivi di salute. Nel 1907 avviò la sua prima iniziativa in ambito locale, una società di trasporti addetta al servizio di merci con autocarri tra Belluno e il territorio del Cadore, una zona cioè di confine in cui si andavano predisponendo infrastrutture militari e civili, collegamenti viari, opere fortificate. Acquisita una sufficiente esperienza nel settore, durante la guerra di Libia si trasferì a Tripoli alla guida di un'impresa addetta a lavori di costruzione di varia natura, ma soprattutto portuali. A Tripoli nacquero i due figli, Alessandro (6 nov. 1913) e Marcello (19 marzo 1915), avuti da Emilia Bossiner da lui sposata a Belluno il 9 ott. 1912. Ritornato in Italia nel 1916, si arruolò volontario prestando servizio nell'aeronautica. Alla fine della guerra riprese l'attività di costruzioni, orientandola verso il settore stradale nel Casentino centro-orientale (tra l'altro costruì la strada lungo il torrente Corsalone fino a La Verna); contemporaneamente, nella stessa zona, avviò la conduzione di un'azienda agricolo-boschiva, che avrebbe costituito la premessa per la successiva intrapresa di lavorazione del legname mediante uno stabilimento installato a Roma presso porta S. Paolo.

Proprio a Roma il B. poté stringere una duplice serie di contatti e collegamenti, che furono alla base delle sue successive esperienze imprenditoriali. Anzitutto allacciò rapporti con un gruppo finanziario inglese, che aveva già provveduto il 15 sett. 1923 alla costituzione in Roma di una società mineraria, la Miniere cave di Predil per l'estrazione dello zinco dalle blende di Raibl nell'Udinese mediante procedimento elettrolitico; tale riduzione chimica richiedeva una ragguardevole utilizzazione di energia elettrica, che si sarebbe dovuta impiegare in discreta quantità e a basso costo. A questo scopo il B. prospettò l'insediamento di un sistema idroelettrico nell'alto corso del Piave e del suo affluente Ansiei, il cui piano era stato predisposto in nuce fin dall'anteguerra, pur se in forma limitata ed embrionale. Venne dunque fondata il 12 sett. 1924 la Società forze idrauliche Alto Cadore (SFIAC), per la produzione di elettricità, con sede prima a Roma e poi - dal marzo 1933 - a Milano, tra i cui promotori si ritrovano i maggiori esponenti della impresa mineraria sopra ricordata, C. Algernon Moreing in rappresentanza del gruppo inglese, C. Cerruti - alla presidenza di entrambe le società -, E. Giobbe della Bitta.

La società elettrica realizzò poi gli impianti tra il 1929 e il 1932 con la costruzione di due dighe di contenimento di altrettanti bacini, denominate del Comelico (sul Piave) e di Santa Caterina (sull'Ansiei, con la conseguente creazione del lago artificiale di Auronzo), e di una centrale a Pelos. Il B. fece parte del consiglio di amministrazione della società fino al 1930.

In secondo luogo intrecciò un sodalizio con F. Giolitti (figlio dello statista Giovanni) e G. B. Zanardo, con cui diede vita a una serie di imprese finanziarie e progettistiche. Tra queste vanno ricordate la Compagnia industrie montanistiche che, sorta a Roma nel 1925, avrebbe rappresentato un punto di riferimento frequente per la partecipazione azionaria del B. a varie altre società; la Società idroelettrica Dolomiti (SID) che, costituita sempre nel 1925, sarebbe stata successivamente il traitd'union per l'allacciamento di relazioni con un imponente gruppo elettrico, la SIP di Torino (Società idroelettrica piemontese), alla quale avrebbe ceduto prima larghe quote di energia elettrica prodotta dagli impianti della SFIAC, poi parte del pacchetto azionario tanto che tra il 1928 e il 1929 alla presidenza della SID venne nominato A. Roncaldier e la sede della società fu trasferita a Torino (lo scioglimento della SID sarebbe avvenuto in coincidenza con la crisi e la ristrutturazione della SIP nel 1932-33). Le relazioni con la SIP si sarebbero quindi rinforzate nell'ottobre 1928, tramite il Roncaldier, con la fondazione della San Giorgio Dora (Società anonima per l'industria elettrochimica ed elettrosiderurgica), per la produzione di carburo di calcio e di ferroleghe nello stabilimento di Pont-Saint-Martin: la società con sede prima a Milano e poi - a partire dal 1930 - a Venezia, si fuse nel dicembre 1936 con le Officine Galileo, controllate dalla più importante impresa elettrica dell'Italia orientale, la SADE di Venezia (Società adriatica di elettricità).

Non va dimenticato che proprio all'inizio degli anni Trenta questa realizzò un collegamento di scambi di energia con la SIP, mediante l'attuazione di un intreccio fra le reciproche reti di trasporto e di distribuzione. E anche con la SADE il B. era entrato in relazione a partire almeno dal 1928, quando A. Gaggia - direttore generale della società elettrica - divenne presidente della Società anonima lavorazione leghe leggere di Porto Marghera (LLL). Il saldo legame stabilito con la SADE e la SIP fece sì che il B. potesse partecipare nel 1928 alla ristrutturazione finanziaria e organizzativa della Telve di Venezia (Società telefonica delle Venezie), del cui consiglio di amministrazione fece parte fino al 1932, in un periodo cioè che vide alla guida della società importanti esponenti dei due gruppi elettrici, quali V. Cini (presidente), il Gaggia, G. Ponti (entrambi vicepresidenti), R. Panzarasa, ecc.

Ad altre operazioni finanziarie di raggio più circoscritto il B. partecipò invece per propria iniziativa: è il caso del risanamento e della riorganizzazione della società Birra Pedavena fratelli Luciani con sede a Venezia, di cui egli fu presidente dal 1929 al 1934. Mentre altre successive partecipazioni vanno ricondotte al collegamento e alla collaborazione col gruppo economico veneziano Volpi-Cini; tra queste ad esempio la presenza nel consiglio di amministrazione della CIGA di Venezia (Compagnia italiana dei grandi alberghi) dal 1938 al 1969.

Inoltre nel 1933 la SADE, dopo aver ultimato nel 1929 le opere di rafforzamento degli impianti del medio corso del Piave costituenti il sistema Piave-Santa Croce, per integrarlo con il complesso Piave-Ansiei rilevò il pacchetto azionario della SFIAC dal gruppo finanziario inglese, che aveva concorso con il B. alla nascita di quell'azienda elettrica. Nel 1934-35 procedette quindi a consistenti lavori di ampliamento dell'impianto, la cui potenzialità energetica servì poi in gran parte al fabbisogno della Società anonima San Marco elettrometallurgica veneta di Porto Marghera, produttrice di ferroleghe, carburo di calcio; le due società si sarebbero fuse di lì a qualche anno - nel giugno 1937 -, costituendo una nuova società con la denominazione Società industriale San Marco, che in seguito avrebbe prodotto anche calciocianamide.

Nel frattempo il B. non trascurava di interessarsi anche ad iniziative idroelettriche più strettamente locali, come attesta la sua partecipazione alla SIBAT (Società idroelettrica Bartolomeo Toffoli, sorta a Belluno nel giugno 1926), che provvide tra l'altro alla fornitura di energia per la linea ferroviaria a scartamento ridotto che congiungeva Calalzo a Cortina d'Ampezzo e a Dobbiaco.

Gli interessi di lavoro avevano intanto portato il B. a stabilirsi a Venezia nel palazzo Malipiero a San Samuele sul Canal Grande, fatto poi restaurare ed arredare sotto la cura di Nino Barabantini.

Se al 1928 vanno datate le strette collaborazioni del B. con la SADE, e quindi col gruppo veneziano che stava alle spalle della società elettrica, si può risalire al 1926 per rintracciare i legami con un altro importante gruppo economico, quello svizzero della Société anonime pour l'industrie de l'Aluminium di Neuhausen. Il 7 dic. 1926 era stata costituita a Roma la SAVA (Società alluminio veneto anonima).

Concorsero alla fondazione - oltre al B. (ne sarebbe stato amministratore delegato fino al 1950), al Giolitti e allo Zanardo (quest'ultimo a lungo presidente), un finanziere, A. Stagni, ma soprattutto A. Bloch (che avrebbe rilevato la presidenza della società al termine della seconda guerra mondiale) in rappresentanza della società svizzera, la quale avrebbe fatto poi sedere in permanenza nel consiglio di amministrazione uomini di fiducia, come - oltre al Bloch - G. E. Weber e H. Hardmeyer. L'esiguo capitale sociale degli esordi, di lire 200.000, sarebbe passato rapidamente a 5.000.000 dopo tre mesi e a 20.000.000 nel giugno 1928.

Il programma della SAVA si sostenne fin dall'inizio sull'autosufficienza energetica basata su propri impianti idroelettrici, sulla dislocazione dell'unità produttiva nella nuova zona industriale di Marghera per il vantaggioso insediamento portuale e industriale nonché per le esenzioni fiscali e l'ampia disponibilità di mano d'opera, sulla produzione di alluminio, metallo di nuova e diffusa applicazione, qualificato da contenuti costi di lavorazione e da una vasta ricettività di un mercato in espansione.

La SAVA nel gennaio 1927 iniziò a Marghera la costruzione del proprio stabilimento, che entrò in funzione nel marzo dell'anno successivo: pur essendo dotata inizialmente di una potenzialità annua di 6.000 tonnellate, la fabbrica produsse nel 1928 1.200 tonnellate, raggiungendo di colpo quasi il 34% della produzione nazionale, per arrivare nel 1933 ad una potenzialità di 8.000 tonnellate e ad una produzione reale di 6.106 tonnellate pari ad oltre il 50%, dell'intero prodotto in Italia; anche il livello dell'occupazione crebbe dai 260 addetti del 1928 ai 533 del 1933. In questa prima fase la collocazione del metallo trovò prevalente rispondenza nel mercato interno, soprattutto nel settore dell'elettrificazione; ciò spiega il notevole incremento della produzione anche nel periodo della grande crisi, connesso con la contemporanea espansione dell'industria elettrica. Va notato poi che le quote di mercato vennero stabilite e ripartite in seguito ad un accordo con la SIDA (Società italiana dell'alluminio), impresa della Montecatini in compartecipazione col gruppo tedesco Vereinigte Aluminium Werke (VAW), il cui stabilimento si trovava a Mori (Trento).

La produzione dell'alluminio con il procedimento elettrotermico richiedeva un'abbondante utilizzazione di energia elettrica, che era conveniente produrre autonomamente a più basso costo. A ciò si provvide con la formazione di due società elettriche, direttamente collegate alla SAVA. La prima di queste fu la Società idroelettrica Val Cismon, sorta a Roma nel gennaio 1927 - ma la sede venne trasferita a Venezia nel 1933 - per iniziativa del B. (amministratore delegato fino al 1950), di Giolitti, di Zanardo (che ne sarebbe stato presidente per diversi anni), di Stagni e di A. Garbellotto, ben presto poi controllata dal gruppo svizzero (Bloch, Weber, Hardmeyer) che procedette ad un ingente investimento denotato dal rapido aumento in poco tempo del capitale sociale (da lire 100.000 iniziali a lire 5.000.000 dopo tre mesi, a 20.000.000 nel giugno 1928). La seconda fu la Smirrel (Serbatoi montani per irrigazione ed elettricità), fondata a Roma nel nov. 1932 (la sede venne portata poi a Venezia nel 1937) dal B. - amministratore unico fino al 1940 - e dal Giobbe della Bitta: la presenza del gruppo svizzero (Bloch, Weber) in questa società divenne manifesta qualche anno più tardi, nel 1938, in coincidenza con l'aumento del capitale sociale da lire 100.000 a 5.000.000. Gli impianti delle due società vennero insediati rispettivamente sui torrenti Cismon (Trento-Belluno) e Travignolo (Trento).

Soltanto dal 1935 però, con l'avvicinarsi della guerra d'Etiopia, la produzione italiana di alluminio conobbe una ragguardevole crescita, tanto da indurre la SAVA da un lato a rispondere alla domanda bellica e dall'altro a progettare le esigenze di mercato a medio termine in linea con la politica autarchica e l'economia di guerra. Ciò significò prima un drastico contenimento delle esportazioni, che, dopo aver conosciuto una notevole crescita tra il 1934 e il 1935 tanto da raggiungere per la SAVA quasi il 58% del prodotto, vennero ridotte a livelli pressoché inconsistenti; poi un ingente aumento in progressione del capitale sociale, passato a lire 40.000.000 nel giugno 1935, quindi a 50.000.000 nel febbraio 1938; infine un completamento del ciclo integrale di produzione, che era stato avviato fin dall'inizio.

Infatti nel febbraio 1929 il B. aveva rilevato dalla SIFA (Società italiana per la fabbricazione dell'alluminio) lo stabilimento di Bussi - il primo del settore sorto in Italia nel 1907 -, costituendo la SIME (Società industrie minerarie ed elettrochimiche), che doveva provvedere al rifornimento di bauxite tratta dalle proprie cave di Lecce nei Marsi (L'Aquila), affiancandosi in tal modo alla fornitura da terzi dalle miniere pugliesi e, ancor più, istriane. A Bussi venne anche ricavata l'allumina, l'ossido di alluminio elemento base per la produzione del metallo, finché la SAVA non stabilì di concentrare a Marghera la serie completa della lavorazione mediante l'istallazione di uno stabilimento di allumina nel marzo 1935: il nuovo stabilimento entrò in funzione nel corso del 1937 utilizzando il procedimento Bayer, ponendosi così a fianco della SIA (Società italiana allumina), del gruppo Montecatini-VAW - che, sempre a Marghera, aveva iniziato a produrre il medesimo componente dal 1930 col metodo Haglund -, e attestandosi subito a un livello di poco inferiore al 50% del prodotto nazionale, per passare a poco meno del 60% nel 1939; gli operai occupati salirono negli stessi anni da 654 a 751. Anche l'occupazione nello stabilimento di alluminio crebbe da 775 addetti del 1935 ai 1.136 del 1937 ai 1.273 del 1939, mentre la produzione aumentò nell'arco degli stessi anni da 7.002 tonnellate (quasi il 51% del prodotto nazionale) a 15.047 tonnellate (quasi il 44%), in ogni caso inferiore alla potenzialità dello stabilimento che passò a 12.000 tonnellate annue nel 1935 e a 24.000 tonnellate nel 1937.

Se si considera che la SAVA utilizzava a Marghera come fonte energetica anche il gas ricco di scarico dell'industria chimica Vetrocoke e che la SIA (trasformatasi in INA, Società anonima industria nazionale dell'alluminio, nel 1936) operava in stretta correlazione con la stessa Vetrocoke e con la Società veneta fertilizzanti e prodotti chimici (anch'essa del gruppo Montecatini) per lo scambio reciproco di derivati, si può dire a ragione che la zona industriale di Marghera nel decennio precedente la seconda guerra mondiale trovò la sua qualificata caratterizzazione nei settori elettrometallurgico e chimico, oltre che in quello cantieristico.

Nello stesso periodo, si rafforzarono i legami tra SAVA, SADE, SIP e Montecatini mediante la costituzione a Marghera da un lato della già ricordata Società anonima San Marco elettrometallurgica veneta e dall'altro della già citata LLL.

La prima, sorta nel febbraio 1930 per iniziativa del B., del Gaggia e del Roncaldier, nei primi anni di vita ebbe come presidente lo stesso Gaggia, vicepresidente Ponti, amministratore delegato il B. (sino al 1933); del consiglio di amministrazione fecero parte anche, tra gli altri, Giolitti, Cini, Panzarasa. La seconda venne fondata a Roma nel settembre 1927 dal B. (che avrebbe fatto parte del consiglio di amministrazione fino" alla morte), Giolitti, Zanardo; fin dal giugno dell'anno seguente però si manifestarono i supporti dell'impresa nella SAVA e nella SADE, che promossero l'aumento del capitale sociale da lire 100.000 a 6.000.000 e controllarono il consiglio di amministrazione con il Gaggia (nominato presidente in sostituzione del Giolitti), F. Villabruna, Bloch, Weber. Naturalmente l'inserimento a Marghera di uno stabilimento per la lavorazione dei metalli leggeri e delle leghe, e in special modo dell'alluminio, non poteva lasciare indifferente la Montecatini, che nel 1930 - nello stesso anno cioè di avvio in funzione del suo stabilimento SIA - fece l'ingresso nella LLL come azionista alla pari, rilevando la quota di partecipazione della SADE: lo stesso G. Donegani, presidente della Montecatini, assunse la presidenza anche della LLL, mentre vicepresidente fu nominato il Bloch e amministratore delegato il Weber; la sede legale della società venne trasferita a Milano nel marzo 1931, presso lo stesso indirizzo della Montecatini. Anche per la LLL l'economia di guerra si rivelò spinta decisiva all'espansione, come denotano i notevoli aumenti del capitale sociale portato a lire 18.000.000 nel 1936 e a lire 24.000.000 nel 1938 e l'ingente incremento dell'occupazione passata da 391 addetti nel 1935 a 1.008 nel 1939.

Nel frattempo il B. non smise di occuparsi anche dei suoi originari interessi in campo infrastrutturale, minerario, agroindustriale. Nel 1930 costituì la SEIPA (Società esercizio impianti portuali abruzzesi) per la trasformazione in porto mediante banchinamento della foce del fiume Pescara; nel 1927 si era fatto promotore dell'Ogliastra, società di ricerche e valorizzazioni minerarie per lo sfruttamento delle miniere di ferro in Sardegna, e della Società magnesio italiana per l'estrazione e la lavorazione del minerale dolomitico-cadorino; nel 1939 promosse la SAIMI (Società anonima industrie minerarie italiane) per la ricerca e lo sfruttamento della bauxite e della leucite nell'Italia meridionale; nel 1939 partecipò all'avvio dell'attività della CISSEL (Compagnia industrie saccarifere Sant'Eufemia Lamezia) per la produzione di zucchero e alcool.

Prima e durante la seconda guerra mondiale ricoprì alcuni incarichi di rilievo finanziario o dirigenziale: ad esempio fu presidente del Lloyd continentale Compagnia di assicurazioni e riassicurazioni generali di Milano dal 1936 al dopoguerra; consigliere reggente con funzioni di censore della sede di Venezia della Banca d'Italia dal luglio 1936 al gennaio 1944; consigliere di amministrazione del Banco di Roma nel periodo di spostamento a Milano della sede dell'istituto di credito dal maggio 1944 alla fine del conflitto; presidente dell'ACNIL di Venezia (Azienda comunale di navigazione interna lagunare) dal settembre 1941 al luglio 1945.

Più in generale si può dire che la guerra diede un notevole impulso finanziario alle imprese cui partecipava il Barnabò. Basti pensare che la SAVA (della quale il B. fu direttore generale dal marzo 1939 per tutto il periodo bellico) nell'ottobre 1940 realizzò il raddoppio del capitale sociale, portandolo a lire 100.000.000. La LLL poi, dopo aver accresciuto il capitale a lire 50.000.000, nel novembre dello stesso anno, a poco più di un anno di distanza - nel febbraio 1942 - binò l'operazione con l'aumento a lire 100.000.000; nella seconda metà del 1942 inoltre prese avvio la produzione di un secondo stabilimento installato a Ferrara. E non va trascurato il fatto che nel corso del 1942 e nei primi mesi del 1943 il B. preparò le condizioni necessarie per il sorgere di un altro stabilimento di alluminio nei pressi della zona lagunare di Chioggia (Venezia) e per l'impianto di un complesso industriale per l'estrazione di magnesio in accordo col gruppo tedesco I. G. Farbenindustrie: entrambi però non furono realizzati.

La fine del conflitto e la ripresa post-bellica determinarono una ristrutturazione della SAVA (che nel frattempo aveva modificato la ragione sociale in Società alluminio veneto per azioni) e delle affiliate, che poterono riprendere le attività produttive dopo la derequisizione da parte degli Alleati. Se il risanamento e la riorganizzazione poterono essere compiuti in breve tempo, ciò fu dovuto soprattutto all'impegno finanziario della società madre svizzera.

La SAVA - alla cui presidenza si alternarono prima Bloch dal 1946 al 1948 e poi P. Ruegger, mentre il B. assunse la vicepresidenza in due periodi, dal 1950 al 1961 e dal 1964 alla morte - procedette ad un incremento del capitale sociale, elevandolo a lire 200.000.000 nel 1947, a un miliardo nel 1949, a due nel 1951, a tre nel 1956, a dieci nel 1962, a quattordici nel 1966, a quindici miliardi nel 1967: tutto ciò sempre sotto il vigile controllo del gruppo svizzero, che continuò a far sedere esponenti fidati nel consiglio di amministrazione, quali A. Bettschart, F. Schnorf, W. Kurz.

Nel decennio 1954-64 la società allargò il proprio raggio d'azione: nel 1954 strinse accordi di consorzio con la Montecatini, per la vendita dell'alluminio e di collaborazione con la società tedesca Eckart Werke di Führt, per la produzione e vendita di polvere e pasta di alluminio mediante l'istituzione di una nuova società, la Meposa di Venezia (Metalli in polvere società per azioni); nel 1960 venne attivata una nuova centrale idroelettrica a Zevio (Verona), utilizzando le acque del fiume Adige; nel 1964 cominciarono l'attività i due nuovi stabilimenti costruiti a partire dal 1962 nella seconda zona industriale di Marghera - avviata all'inizio degli anni Sessanta -, cioè un nuovo stabilimento di alluminio e una centrale termoelettrica.

Nel dicembre 1963 poi la SAVA ottenne l'esonero dalla nazionalizzazione degli impianti elettrici, stabilita dalla legge 6 dic. 1963, n. 1642, in quanto le venne riconosciuta la qualifica di diretta autoproduttrice. E proprio per manifestare l'evidenza di tale situazione, anche in connessione con le affiliate società elettriche Val Cismon e Smirrel, la SAVA trasferì la propria sede a Venezia.

Le due società idroelettriche, la Val Cismon e la Smirrel, seguirono di pari passo le vicende della SAVA.

Della prima assunse la presidenza prima il Bloch, fino al 1948, e poi il Ruegger, mentre il capitale sociale venne aumentato a lire 50.000.000 nel 1947, 250.000.000 nel 1949, un miliardo nel 1954: un nuovo impianto fu insediato a Monte Croce in Val Schener (Belluno) agli inizi degli anni Sessanta, in collaborazione con la finanziaria elettrica La Centrale e in coincidenza con la costruzione del nuovo stabilimento di alluminio della SAVA nella nuova zona industriale di Marghera. La seconda, che conobbe direttamente dal 1940 al 1955 la presidenza del B. - cui subentrò il Ruegger, mentre il B. divenne in seguito vicepresidente dal 1964 al 1965 -, tra il 1951 e il 1953 eseguì i lavori per un nuovo bacino a Forte Buso sul Travignolo: il capitale sociale passò a lire 300.000.000 nel 1948 e a lire 500.000.000 nel 1949.

Sia la Val Cismon che la Smirrel nel dicembre 1963 vennero salvate dalla nazionalizzazione, essendo riconosciuta la loro qualità di dirette produttrici per la consociata SAVA. Alla fine, nel dicembre 1965, entrambe confluirono per fusione nella SAVA stessa.

Nel corso del 1963 questa cedette direttamente alla Alusuisse (nuova denominazione della società svizzera) la sua quota di partecipazione alla LLL. Questa società nel dopoguerra aveva potuto riprendersi celermente, tanto da far passare il capitale sociale a lire duecento milioni nel 1947, a quattrocentocinquanta nel 1949, a un miliardo nel 1953; all'inizio del 1965 cominciò la produzione un altro stabilimento sorto nella nuova zona industriale di Marghera.

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta il B. tornò a interessarsi di opere infrastrutturali, espansioni portuali-industriali, collegamenti viari. In particolare si occupò della realizzazione di un nuovo porto petrolifero nella laguna e dell'allacciamento autostradale tra Venezia e Monaco.

Per l'attuazione di questi piani vennero costituite due apposite società, entrambe poi presiedute dal B.: la SPEC (Società progettazioni e costruzioni), sorta per iniziativa della SFIA (Società finanziaria immobiliare agricola per azioni), di cui amministratore unico era il B., e della Socos (Società costruzioni speciali), amministrata da G. Miozzi; e la CIADA (Compagnia internazionale autostrada d'Alemagna), con l'intento di coinvolgere nell'opera gruppi privati ed istituzioni pubbliche.

I progetti, che si inserirono con modifiche più o meno rilevanti nel piano della cosiddetta terza zona industriale di Marghera, vennero fermati, dopo parziali realizzazioni, dal blocco di contrapposti interessi seguiti all'alluvione di Venezia del 4 nov. 1966 e alla successiva crisi petrolifera dell'inizio degli anni Settanta.

Intorno alla metà degli anni Cinquanta (dal giugno 1953 al gennaio 1958) il B. assunse la carica di presidente dell'Associazione degli industriali della provincia di Venezia, dopo che già negli anni Trenta era stato alla presidenza dell'Associazione degli industriali di Porto Marghera. In tale ufficio ebbe modo di manifestare apertamente in più occasioni la sua concezione imprenditoriale e industriale.

Mostrandosi insofferente verso "influenze o sedimentazioni di tutt'altra natura", sindacale, sociale, politica, si richiamava alla tradizione pionieristica - da "uomini di fede" - degli industriali di Marghera, al magistero cattolico corporativistico di Luigi Sturzo, all'esempio concreto dell'interclassismo tedesco di Ludwig Erhard. Ma nonostante la rivendicazione, più volte proclamata, della formale separazione degli ambiti di competenza tra economia e politica, il B. tra il marzo 1956 e il gennaio 1958 non disdegnò l'impegno politico, dedicando - a suo dire - "le energie migliori" alla riuscita del centro veneziano della Confintesa, organo di collegamento tra le confederazioni dell'industria, dell'agricoltura e del commercio.

Tra gli altri incarichi da lui ricoperti in vari periodi vanno menzionati quelli di consultore del comune di Venezia, di membro del Consiglio provinciale delle corporazioni (poi dell'economia corporativa), di membro della commissione amministrativa del teatro La Fenice, di membro del consiglio di amministrazione dell'Istituto superiore di economia e commercio di Ca' Foscari, di presidente della commissione finanziaria dell'Ente opere assistenziali di Venezia, di presidente dell'Istituto veneto per il lavoro, di presidente del comitato veneto delle Assicurazioni popolari, di ispettore federale amministrativo della federazione del Partito nazionale fascista di Venezia, di presidente della Federazione provinciale metallurgici di Venezia, di consigliere della Federazione nazionale fascista degli industriali meccanici e metallurgici, di presidente del Rotary club di Venezia, di vicepresidente della Fondazione Giorgio Gini.

Il B. morì a Padova il 29 dic. 1971; fu sepolto a Domegge di Cadore.

Fonti e Bibl.: Un elenco di scritti del B. è in G. Fabbiani, Saggio di bibliografia cadorina, Feltre 1939 (volume dedicato al B.), ad Indicem, e Prime giunte al saggio di bibliografia cadorina dall'anno 1532 al 1960, Feltre 1962, ad Indicem. Per le notizie biografiche vedi: Roma, Archivio della Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro, fasc. Barnabò Marco; Chi è? Dizionario biografico degli Italiani d'oggi, Roma 1948, p. 69; Artefici del lavoro italiano, Roma 1956, pp. 63-65; Panorama biografico degli Italiani d'oggi, a cura di G. Vaccarino, Roma 1956, p. 108; Who's who in Europe. Dictionnaire biographique des personnalités européennes contemporaines, Bruxelles 1972, p. 229. Sul B. si vedano: R. Protti, I Barnabò del Cadore. Saggio, Venezia 1937; Fra i cavalieri del lavoro M. B., in Il Gazzettino, 20 apr. 1937; Il cavaliere del lavoro M. B., in Cadore, II (1942), n. 1, pp. 31 -32; M. B. onora il Cadore, in Il Gazzettino (Belluno), 11 luglio 1956; G. Fabbiani, Stemmi e notizie di alcune famiglie del Cadore, Belluno 1969, pp. 9 s. Primi riferimenti di taglio storico: F. Vendramini, Stampa collaborazionista: il "Giornale di Belluno", 1944/45, in I protagonisti, III (1982), n. 9, pp. 13-78 (specialmente le pp. 52-53 e 77-78). I rapporti con il fascismo e con Mussolini sono documentati in Roma, Arch. centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri. 1934-36, fasc. 3.1.10.2868. Società alluminio veneta anonima (SAVA), e Segreteria particolare del Duce. Carteggio ordinario, b. 1531, fasc. 516862, Barnabò Marco. Per le iniziative imprenditoriali e finanziarie: Venezia, Archivio della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, Registro ditte, fasc. 19108, SAVA. Società alluminio veneto per azioni; fasc. 22255, Società anonima lavorazione leghe leggere; fasc. 23423, Società anonima San Marco elettrometallurgica veneta; fasc. 24120, San Giorgio Dora s. a. per l'industria elettrochimica ed elettrosiderurgica; fasc. 25741, Ogliastra. Società di ricerche e valorizzazioni minerarie; fasc. 27753, Società idroelettrica Val Cismon; fasc. 28677, Società industriale San Marco; fasc. 35873, Smirrel. Serbatoi montani per irrigazione ed elettricità; fasc. 38858, SFIA. Società finanziaria immobiliare agricola per azioni; fasc. 39152, SAIMI. Società anonima industrie minerarie italiane; fasc. 74057, SPEC. Società progetti e costruzioni Spa; fasc. 77547, CIADA. Compagnia internazionale per l'autostrada d'Alemagna; Verbali del consiglio di presidenza, del consiglio generale del consiglio provinciale dell'economia corporativa e del consiglio provinciale delleCorporazioni, delle sezioni riunite, della sezione industriale, registri 62-97 (1928-45). Inoltre: Bollettino ufficiale delle società per azioni, ad annum; Associazione fra le società italiane per azioni, Notizie statistiche delle società per azioni, XII-XXII, Roma 1928-64, e Repertorio delle società italiane per azioni, XXIII-XXIV, Roma 1967-70; E. Lodolini-A. Welczowsky, Guida degli amministratori e dei sindaci delle società anonime (Biografia finanziaria italiana), Roma 1933, pp. 515. In particolare notizie sugli insediamenti idroelettrici: Gruppo SAVA, Serbatoi montani per irrigazione ed elettricità, Venezia 1937; Le dighe di ritenuta degli impianti idroelettrici italiani, a cura della Commissione Anidel per lo studio dei problemi inerenti alle dighe, IV, Milano 1951, pp. 33-51; VII, ibid. 1953, pp. 173-187; La utilizzazione delle acque del Piave, in Società adriatica di elettricità, Il Piave e la sua utilizzazione, Venezia 1952, pp. 80 s.; Società adriatica di elettricità, Impianti del Piave. Sistema nord-orientale, Venezia 1960, pp. 10-23; Società adriatica di elettricità 1905-1963, Venezia s.a. [ma 1963], pp. XIII,23-26. Dati sui settori elettrochimico ed elettrometallurgico: Alluminio, I (1932), XIV (1945); G. Lasorsa, La ricchezza privata della provincia di Venezia, Padova 1934, pp. 152-153; F. Ravanne, Gli insediamenti industriali a Porto Marghera, in I primi operai di Marghera. Mercato, reclutamento, occupazione. 1917-1940, a cura di F. Piva-G. Tattara, Venezia 1983, pp. 133-162; R. Petri, Strategie monopolistiche e "Veneto industriale". Porto Marghera alla vigilia della seconda guerra mondiale, in Venetica, II (1984), pp. 5-39; B. Bianchi, L'economia di guerra a Porto Marghera: produzione, occupazione, lavoro. 1935-1945, in La Resistenza nel Veneziano. La società veneziana tra fascismo, Resistenza, Repubblica, a cura di G. Paladini-M. Reberschak, Venezia 1985, pp. 163-225; R. Petri, La zona industriale di Marghera1919-1939. Un'analisi quantitativa dello sviluppo tra le due guerre, Venezia 1985, pp. 10-13. Riferimenti per la strategia industriale del B.: Venezia, Archivio dell'Associazione degli industriali della provincia, Verbali delle assemblee generali, del consiglio direttivo, della giunta esecutiva, registri non numerati corrispondenti agli anni di presidenza del B. (1953-58); Dichiarazioni del presidente cavaliere del lavoro M. B. (alle annuali assemblee generali dell'Associazione degli industriali della provincia di Venezia dal 1954 al 1958, pubblicate in fascicoli), Venezia, ad annum; L'industria veneziana, IX (1953), XIV (1958). Sul palazzo veneziano del B.: G. Damerini, La Ca' Granda dei Cappello e dei Malipiero di S. Samuele ora Barnabò, Venezia 1962.

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