DUMAS, Alexandre

Enciclopedia Italiana (1932)

DUMAS, Alexandre (Fils)

Silvio D'AMICO

Autore drammatico, figlio del precedente, nato a Parigi il 27 luglio del 1824 e morto a Marly-le-Roy il 27 novembre del 1895. Nei primi anni della sua giovinezza menò vita scapestrata. Dopo alcuni romanzi che passarono inosservati, improvvisamente uno ottenne grandissimo successo: La dame aux camélias (1847), in cui il giovine di ventitré anni raccontava la storia d'un caso occorsogli con una celebre mondana parigina, Marie Duplessis; ma abbellito e trasfigurato dall'autore. Nonostante il diverso avviso del padre, il D. ridusse il romanzo in un dramma in cinque atti; questo rappresentato a Parigi (1852) dopo molte tergiversazioni e rifiuti d'attrici (più tardi anche Adelaide Ristori, in Italia, non acconsentì mai a recitarlo, per ragioni morali), ebbe un trionfo clamoroso, che rapidamente dalle scene francesi s'estese a quelle di tutta Europa.

L'autore dichiarava d'offrirlo come un severo e crudo studio di costumi sociali, presentando il caso della redenzione d'una cortigiana attraverso l'amore: e per molto tempo si volle considerare la data della sua rappresentazione come l'inizio del naturalismo a teatro. In realtà il tema della peccatrice redenta dall'amore non nasce tanto dal Vangelo - che fu citato a sproposito - quanto dal credo del Romanticismo: i suoi diretti precedenti si possono trovare in Marion Delorme di Hugo, in Kabale und Liebe di Schiller, e nella stessa Margherita del Faust di Goethe. Il successo del dramma - ancora vivo oggi come pretesto scenico alle diversissime interpretazioni di molte grandi attrici - non è certo dovuto a quelle che ormai ci sembrano le sue ingenue e meccaniche audacie descrittive; bensì alla passione che lo squassa, e alla sete di sacrificio che porta l'eroina all'olocausto e alla morte. E così lo intese anche Giuseppe Verdi, quando ne trasse La Traviata.

Ma il D. aveva già assunto, con questo suo primo lavoro, un ruolo di moralista e di predicatore d'una sorta di vangelo laico, nel quale ebbe fede e che, sia come commediografo sia come scrittore di brochures e di celebri prefazioni alle sue stesse commedie, tenne fino alla morte. Forse un tale intento non è ancora visibile in Diane de Lys, altro dramma d'amore a conclusione tragica; ma è evidente in tutta l'opera successiva che comprende: Demi-monde (1855); La question d'argent (1757); Le fils naturel (1858); Le père prodigue (1859), L'ami des femmes (1864); Les idées de M.me Aubray (1867); Une visite de noces (1871); La princesse Georges (1871); La princesse de Bagdad (1881); La Femme de Claude (1873); Monsieur Alphonse (1873); L'Etrangère (1876); Denise (1885); Francillon (1887). Tutte queste opere, le quali ebbero un'eco vastissima, furono essenzialmente scritte per sostenere una tesi sociale. Il D. credeva al teatro "utile"; anzi sosteneva che in tutti i tempi il grande teatro è stato una tribuna d'idee, per il miglioramento della società. Ma anziché fare, come l'Augier, una sostanziale apologia del nuovo mondo borghese dell'Ottocento creato dalla Rivoluzione, s'indugiò nella sua critica specialmente in quell'aspetto che alle sue superstiti sebbene non confessate nostalgie romantiche appariva come il problema principale della vita: il problema sessuale. Il D. dimostrava le sue tesi sviluppando, come in apologhi morali, intrighi congegnati con una scaltrezza a cui non era certo estraneo l'insegnamento dello Scribe, ricamati da dialoghi di spirito tutto parigino, e spesso commentati dal raisonneur, ossia dal personaggio che fa la morale. Questi alle volte si contentò di restare nel ruolo di un personaggio-coro; altre volte assunse quello del deus ex machina dell'intrigo, se non addirittura del suo protagonista (Olivier de Jalin nel Demi-monde; de Ryons in L'ami des femmes).

L'uguaglianza della morale sessuale per l'uomo e per la donna, il perdono alla giovinetta che ha peccato per amore, l'odio al seduttore, l'ipocrisia della società che costringe l'uomo a uccidere la donna adultera, ecc., sono i temi che il D. ha trattato, a più riprese, nelle altre sue commedie. Le quali hanno incontrato il favore del gran pubblico, non tanto perché l'autore fosse veramente riuscito a far prendere carne alle sue idee in personaggi vivi, quanto per merito della vivacità dialogica e della bravura delle costruzioni sceniche, abili nonostante la leggerezza delle loro apparenze, e atte a intrattenere spettatori anche di media levatura alle tesi proposte.

L'ultima commedia, Francillon (1887), svolge questo soggetto: una donna ha dichiarato allo sposo di pretendere da lui la stessa fedeltà che egli esige da lei; il giorno in cui ella s'accorge d'essere tradita, dice allo sposo d'aver fatto altrettanto; e solo quando ha visto la sua disperazione, gli dà prove d'aver mentito per vendetta: donde la riconciliazione. Ma questo intreccio, che risente ancora delle vecchie formule sceniche di Scribe, è trattato con una grazia nuova e relativamente pensosa: le angolosità della tesi e gli artifici della maniera non impediscono ai personaggi la confessione d'una certa umanità, per cui nell'opera di D. Francillon occupa forse il secondo posto, subito dopo La dame aux camelias.

Ediz.: Théâtre complet, 8 voll., Parigi 1893-1898.

Bibl.: L. Lacour, Trois théâtres: Augier, Dumas fils, Sardou, Parigi 1890; P. de Saint-Victor, Le théâtre contemporain, E. Augier, A. Dumas fils, Parigi 1889; J. Lemaître, Impressions de théâtre, voll. 10, Parigi 1888-1898; F. Sarcey, Quarante ans de théâtre, V, Parigi 1901. Cfr. J. Clarétie, A. D. fils, Parigi 1883; L. M. Noel, Les idées sociales dans le théâtre de A. D. fils, Parigi 1912. Sulla Duplessis, G. Soreau, La vie de la dame aux camélias, Parigi 1898.

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