ADAŠEV, Alexsej Fedorovič

Enciclopedia Italiana (1929)

ADAŠEV, Alexsej Fedorovič

Andrea Caffi

Nato tra il 1510 ed il 1520, morto nel 1560, fu ministro dello zar Ivan IV di Moscovia, che lo elevò giovanissimo e da umile condizione a quel posto. Nel 1547 A., col padre Fedor e il fratello Daniele, figurava ancora fra i servitori del Palazzo; ed è verosimile che, in questa quotidiana intimità, avesse un certo ascendente sull'animo del giovane sovrano. Doveva pur essere già affiatato con gli "uomini savi e pii" - come il metropolita Macario e l'arciprete Silvestro - che si sforzavano di strappare Ivan alla vita dissoluta ed alla camarilla di rozzi, viziosi ed ingordi favoriti. La subitanea conversione avvenne in quello stesso anno 1547, dopo i tumulti popolari e l'incendio di Mosca (aprile-giugno). Padre Silvestro ed Alessio A., divenuti i consiglieri più autorevoli del principe, ebbero certamente merito nelle imprese che illustrarono il cosiddetto decennio felice del lungo regno: all'interno, il riordinamento del fisco, l'istituzione di tribunali e di organi amministrativi con un certo rispetto delle autonomie locali, il concilio che promulgò i "Cento capitoli" per arginare abusi e rilassatezze nel mondo ecclesiastico; verso l'estero, la conquista del khanato tartaro di Kazan e di quello di Astrakhan. Con A., ascesero naturalmente anche i congiunti. Ma la posizione degli A. e del prete Silvestro era minacciata dalla inimicizia della zarina Anastasia e dei parenti suoi, i Zacharin (che, una generazione dopo, si chiameranno i Romanov). Si trattava di astii personali; ma su di essi si innestò una divergenza di vedute in merito alla politica estera. Il partito di Silvestro preconizzava l'espansione ad Oriente e paventava ogni urto armato con i vicini occidentali, superiori in civiltà e forza militare; lo zar, invece, si sentiva sempre più attratto dal gran disegno di conquistare uno sbocco al mare e figurare fra le potenze tedesche. Il dissidio scoppiò nel 1553 durante la gravissima malattia dello zar, quando parte dei Boiari rifiutò di giurare, come ad erede, a Demetrio Ivanovič, ancora bambino, il che avrebbe significato il predominio dei Zacharin Fedor, padre di A., pur non negando di prestare giuramento, mantenne uno strano riserbo durante le concitate discussioni che si succedevano anche presso il letto dell'infermo. Notevole è che, in quel tempo, egli appare in relazioni con il vecchissimo frate Massimo il Greco, da poco liberato dal duro carcere, dove per decennî aveva espiato la sua coraggiosa opposizione a Basilio III, padre di Ivan. La insperata guarigione dello zar ebbe conseguenze sinistre per i traditori, sebbene le vendette fossero differite di parecchi anni. Nel 1558, contro il reciso parere di Silvestro, veniva iniziata la guerra in Livonia: magnifici successi iniziali, in cui Daniele A. ebbe una parte assai onorevole. Alessio, intanto, che dalle cose della giustizia e dell'amministrazione era passato agli affari diplomatici, andava ambasciatore in Polonia, nel 1558; in Danimarca, nel 1559; di nuovo in Polonia, l'anno successivo. Tornato a Mosca, vi sentì così infido il terreno, che preferì (maggio 1560) ottenere un posto presso l'esercito operante. Ma ormai lo zar voleva sfogare i suoi rancori. Per suo ordine, quello che era stato suo fidatissimo collaboratore fu messo ai ferri nel castello di Dorpat, dove morì di febbre cerebrale, prima che la sua sorte fosse decisa. Poi venne la volta del fratello Daniele. Egli si era coperto di gloria con un'ardita e fortunata scorreria in Crimea (1559), dalla quale tornò con numerosi prigionieri e ricco bottino. Ma nel 1561, sulla piazza rossa di Mosca, il carnefice mozzava la testa a lui ed al figlio appena dodicenne.

Bibl.: Il racconto più circostanziato e l'indicazione di tutte le fonti si trovano in S. M. Solojev, ist. Rossii s drevnjesich vremen (Storia della Russia dagli antichissimi tempi), Pietroburgo 1894.

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