DALLOLIO, Alfredo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 32 (1986)

DALLOLIO (Dall'Olio), Alfredo

Mario Barsali

Nacque a Bologna il 21 giugno 1853 da Cesare e da Adelaide Bersani, in una famiglia liberale per tradizione.

Cesare, nato a Loiano sull'Appennino bolognese il 29 nov. 1819 da Pier Giacomo, agiato proprietario, come tenente della guardia civica aveva partecipato all'insurrezione di Bologna dell'8 ag. 1848. Liberale moderato, era stato tra gli organizzatori della "trafila" per la Toscana; iscritto alla Società nazionale, era stato tra i fondatori degli asili infantili di Bologna, di cui fu ispettore e poi direttore. Dopo la liberazione della città, nel giugno 1859, era stato commissario straordinario della giunta provvisoria di governo e deputato di Loiano, nel settembre, all'Assemblea costituente delle Romagne. Era stato anche consigliere comunale e provinciale di Bologna, consigliere comunale e sindaco di Pianoro, soprintendente dei Liceo musicale a Bologna, dove morì il 30 ag. 1868.

Entrato nel 1870 nell'Accademia militare di Torino uscendone sottotenente di artiglieria nel 1872, aveva percorso i primi trent'anni della carriera, fino al grado di tenente colonnello, sempre in servizio reggimentale. Trasferito a Venezia nel dicembre 1903 come direttore d'artiglieria del corpo d'armata di Padova, e promosso colonnello nel 1905, aveva curato fino al maggio 1910 il rafforzamento della sistemazione difensiva del confine nordorientale e della piazzaforte di Venezia.

Si era così trovato ad affrontare problemi di costruzione di artiglierie e di approvvigionamento di materiali bellici; come presidente di commissione aveva trattato l'allestimento degli obici di grosso calibro per la difesa costiera con varie fabbriche, preferendo poi lo stabilimento militare di Pozzuoli. E per il lavoro svolto era stato promosso nel maggio 1910 maggior generale per merito eccezionale.

Dopo aver retto, per un breve periodo, il comando d'artiglieria del corpo d'armata di Napoli, era stato trasferito nel settembre dello stesso 1910 a Roma all'ispettorato generale dell'arma con la carica di ispettore per le artiglierie da fortezza, da costa e da assedio. Il 4 maggio 1911 era passato al ministero della Guerra come direttore generale di artiglieria e genio; promosso tenente generale per merito eccezionale nell'agosto 1914, aveva continuato nella carica fino all'8 luglio 1915.

Alla direzione generàle competeva l'approvvigionamento e conservazione per l'esercito di tutte le armi, le munizioni, il materiale tecnico, i mezzi dt trasporto e di comunicazione. Il D. si era trovato a gestirla quando l'imminenza e poi lo scoppio del conflitto con la Turchia, dapprima; in seguito. la diffusa tensione e l'incertezza dei rapporti tra le potenze europee; quindi i bagliori della guerra mondiale venivano moltiplicando gli impegni del ministero nel campo dell'ammodernamento, della produzione e degli acquisti, ed infine ingigantivano ulteriormente e drasticamente tutti i problemi del rifornimento bellico. Alla crescente fornitura dei materiali richiesta dalla guerra in Libia, più onerosa del previsto, il D. aveva provvisto aumentando innanzitutto la produzione degli stabilimenti e degli arsenali militari, competevano l'armamento leggero, parte quello pesante ed il munizionamento. Nello stesso tempo aveva però preso atto delle difficoltà a sfruttare le pur contenute capacità produttive di quegli arsenali, e ad adeguarne gli impianti alle recenti innovazioni tecniche (affusti a deformazione, armi automatiche leggere, ecc.), per i limiti dell'esercizio e del bilancio statale e per i vincoli regolamentari e normativi. Aveva intanto dovuto offrontare il programma di rinnovo delle artiglierie da campagna e pesanti campali, alla valutazione delle cui proposte aveva già partecipato come membro del comitato degli ispettori, mentre una quota del nuovo pezzo da 75 mm con affusto a deformazione era già stata commissionata in Germania alla Krupp. Il D. diveniva così, e sempre più, energico sostenitore, per considerazioni strategiche, della necessità di creare in Italia una solida base industriale produttrice delle artiglierie che assicurasse l'indipendenza dal ricorso alle forniture estere, in genere tedesche o francesi. Perciò la commessa di novantadue batterie su sei pezzi del nuovo modello da campagna da 75 mm, col più idoneo affusto a deformazione Déport, veniva ora affidata ad un consorzio di ventisette imprese con la Vickers-Terni di La Spezia come capofila, pur dovendosi superare notevoli difficoltà di innovazione tecnica e di coordinamento generale della produzione. Mentre, sotto l'indiretta spinta del ministero della Guerra, era stato favorito l'impianto di nuovi stabilimenti privati a produzione bellica, e mentre sotto l'impulso del capo di Stato Maggiore dell'esercito gen. A. Pollio era stata, nonostante la ristrettezza del bilancio, risarcita l'erosione provocata dalla guerra libica e poi accresciuta la dotazione di munizioni e di armi portatili, il D. pressava il ministro della Guerra, gen. P. Spingardi, per dotare l'esercito di moderne artiglierie da parco d'assedio e per rafforzare i sistemi difensivi sul confine austriaco. E nel dibattito teorico sull'impiego e l'organico dell'artiglieria da campagna appoggiava la sostituzione del tiro di demolizione con quello di neutralizzazione, e la batteria su quattro pezzi.

Nel periodo di neutralità il D. intanto aveva spinto per ulteriori rafforzamenti della produzione, nonostante una iniziale riduzione dei fondi straordinari assegnati alla direziosie generale d'artiglieria, curando specialmente le scorte delle munizioni, i cannoni da 75 e da 65 mm, l'avvio della fabbricazione di mitragliatrici italiane (Fiat Benelli mod. 14 cal. 6,5), la prosecuzione della commessa all'Ansaldo dei cannoni pesanti campali da 105. All'intervento - per il quale, almeno dal marzo 1915, il D. fu favorevole - l'esercito aveva artiglieria leggera ritenuta sufficiente e con munizionamento accresciuto di un quarto, e armi portatili ritenute sufficienti; aveva invece carenze nell'artiglieria di medio e grosso calibro e relativo munizionamento, e nelle armi automatiche. Il miglioramento era dovuto sostanzialmente all'aumento di personale e produttività degli stabilimenti militari alle dipendenze della direzione generale.

Dalla sua posizione centrale, come direttore generale d'artiglieria, il D. aveva potuto assistere tra il 1911 ed il primi del 1915 al formarsi del nuovo quadro delle esigenze statali per una guerra moderna, e alla connessa trasformazione del concetto e dei problemi della "mobilitazione militare" m quelli della "mobilitazione nazionale", che avrebbero richiesto tutta una serie di interventi nei settori dell'industria, dell'agricoltura, dei trasporti e del credito. Aveva avuto modo di acquisire una conoscenza approfondita delle condizioni, dell'organizzazione, e dei problemi dirigenziali delle industrie militari e private che erano, o dovevano in seguito essere, impegnate nella produzione delle armi e dei nuovi mezzi di trasporto, di offesa e di comunicazione (automobili, aeroplani, tele e radiofonia). Aveva anche compreso, venendo a condividere le opinioni degli industriali del settore, la nuova situazione economica e di mercato che per queste industrie si era creata, e che sempre più si sarebbe rafforzata, in quanto totalmente dipendenti dallo Stato per la progettazione e la vendita della produzione. Perciò, quando l'Italia cominciò a schierarsi contro gli Imperi centrali, la guida della produzione bellica gli si configurò non solo come ovvia prosecuzione e sviluppo dei suoi compiti di direttore generale, ma anche come un'area di azione per la quale si trovava eccezionalmente a possedere le necessarie basi culturali. E ritenne tale compito così fondamentale per il paese, e insieme adatto alle proprie capacità, da rifiutare, alla costituzione del primo governo Salandra (21 marzo-5 nov. 1914). l'offerta da parte del ministro della Guerra gen. D. Grandi della carica di sottosegretario, poi ai primi di agosto del '14 il posto di ispettore generale d'artiglieria, e infine, alle dimissioni di Grandi (11 ott. 1914), la carica di ministro della Guerra, nonostante l'indiretto sollecito di re Vittorio Emanuele III.

Il r.d. 9 luglio 1915, n. 1065, istituiva il Comitato supremo per i rifornimenti delle armi e munizioni (composto, con diritto di voto, dal presidente del Consiglio e dai ministri degli Affari Esteri, del Tesoro, della Guerra e della Marina) e, nell'ambito del ministero della Guerra, il sottosegretariato per le Armi e Munizioni, che aveva però poteri maggiori rispetto alla prassi istituzionale, non agendo per delega del ministro della Guerra ma alle dirette dipendenze del Comitato supremo. Il 9 luglio stesso il D. venne nominato a reggere il sottosegretariato, nell'ambito del secondo gabinetto Salandra (5 nov. 1914-19 giugno 1916), e continuò ancora a ricoprirlo anche nel successivo gabinetto Boselli (19 giugno 1916-29 ott. 1917), divenendo intanto senatore il 23 febbr. 1917. Quando il Boselli, per maggiore funzionalità, al posto del sottosegretariato istituì il ministero per le Armi e Munizioni, il 16 giugno 1917. il D. ne assunse il portafogli, che mantenne nel successivo gabinetto Orlando (29 ott. 1917-23 giugno 1919) fino al 14 maggio 1918. Dal luglio del 1915 al maggio 1918 il D. quinidi non fu solo l'organizzatore tecnico di tutta la produzione per la guerra, ma anche il responsabile politico di un nuovo e importantissimo settore dell'amministrazione dello Stato.

La guerra mondiale presentava, e sempre più veniva presentando, una serie di enormi e imprevisti problemi, connessi in sostanza alla gran quantità di mezzi e persone coinvolti, alla durata, al rapido e intenso processo di distrùzione di materie e materiali, al costo. Per l'Italia i problemi erano acutizzati, più che dalle gravi carenze e inadeguatezze di partenza delle forze armate, dalla esiguità delle strutture di base creditizie, industriali e tecnologiche, e dalla necessità di una loro rapida crescita; ne conseguiva l'urgenza dell'impianto di un sistema normativo e burocratico di promozione e controllo. La potenzialità finanziaria, industriale, tecnica e scientifica condizionava la condotta della guerra; nell'ambito di questa la strategia.e la tattica venivano a dipendere dalla logistica; importanza non minore delle scienze militari assumevano, e sempre più venivano assumendo, scienze come la tecnologia, la meccanica, la fisica, la chimica, la medicina, la psicofisiologia. A fianco dell'esercito combattente veniva acquistando peso non minore l'esercito della produzione. Inoltre i grandi cambiamenti forzatamente indotti dal processo bellico nella struttura dell'apparato produttivo e finanziario, il crescente interventismo statale sui diversi settori della vita pubblica, lo stesso profondo mutamento innescato dalla guerra nei modi e immagini della stratificazione culturale, si ripercuotevano attraverso l'azione legislativa e normativa anche sull'organizzazione burocratica dello Stato, con una serie di comitati, giunte tecniche, uffici, commissariati, ministeri ricostituiti o istituiti ex novo.

Oltre la modifica introdotta nel settore del credito con la costituzione del Consorzio per sovvenzioni su valori industriali (dicembre 1914), al fine di agevolare i finanziamenti alle industrie in vista delle esigenze belliche; ed oltre l'autorizzazione alle anuninistrazioni della Guerra e della Marina (r.d. 4 ag. 194, n. 770) a derogare alle norme sulla contabilità generale dello Stato nella provvista, lavorazione e trasporto di generi e materiali (prorogata di due mesi in due mesi; infine operante per tutta la durata della guerra col d.lgt. 31 dic. 1915, n. 1842), si rendevano indispensabili una serie di cambiamenti al quadro giuridico e istituzionale entro cui fino allora avevano operato il D. e l'amministrazione militare. Proprio il progressivo formarsi di questo nuovo quadro istituzionale, comprensivo degli organismi a capo dei settori della pubblica aniministrazione più connessi con le esigenze belliche, permette di capire dapprima la preponderanza assunta dal sottosegretariato e poi dal ministero delle Armi e Munizioni, e infine il suo ridimensionamento.

Con Salandra le innovazioni, pur fondamentali, mirarono ad aspetti essenzialmente organizzativi, senza determinare troppe alterazioni nell'apparato burocratico, e tesero ad accrescere specialmente le funzioni della struttura militare. La legge 21 marzo 1915, n. 273, per la difesa militare ed economica dello Stato, dava alle autoritá facoltà di requisire beni e servizi. La legge 22 maggio 1915, n. 671, conferiva al governo poteri straordinari - mantenuti fino all'ottobre 1919 - in materia di difesa dello Stato e tutela dell'ordine pubblico, e in materia economica, tributarla e di spesa pubblica; l'esecutivo, in genere con decreti luogotenenziali, poteva estendere grandemente l'intervento nella vita del paese. Il d.lgt. 26 giugno 1915, n. 993, - ampliando i poteri già concessi alle autorità militari su espropri e requisizioni dal r.d. 28 genn. 1915, n. 49, e dal r.d.l. 22 apr. 1915, n. 506, che introduceva l'esonero dal servizio militare per i lavoratori di stabilimenti a produzione bellica - dava al governo facoltà di imporre direttive all'industria privata in materia di impianti e produzione bellica, e di sottoporre alla giurisdizione militare il personale, creando l'istituto della Mobilitazione industriale, il cui regolamento era poi approvato col d. lgt. 22 ag. 1915, n. 1277. Infine, il già ricordato r.d. del 9 luglio 1915 istituiva il Comitato supremo per i rifornimenti delle armi e munizioni, e il sottosegretariato per le Armi e Munizioni, le cui funzioni furono poi ampliate dal d. lgt. 30 marzo 1916, n. 370.

Con Boselli il governo, per allargare la sua rappresentatività, ma specialmente per adeguare le sue funzioni alla crescente complessità dei problemi della guerra e del paese, subì una notevole trasformazione burocratica. Il ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio fu riorganizzato in quello dell'Agricoltura, e in quello dell'Industria, Commercio e Lavoro (r.d. 22 giugno 1916, n. 755); fu istituito il ministero dei Trasporti marittimi e ferroviari (r.d. 22 giugno 1916, n. 756); fu istituito il ministero delle Armi e Munizioni (r.d. 16 giugno 1917, n. 980), elevando i portafogli da dodici a quindici. Venivano istituiti due Comitati di ministri, per i consumi alimentari, e per l'approvvigionamento e distribuzione dei carboni alle amministrazioni statali, che operavano mediante due Commissariati generali. Il Commissariato per i consumi alimentari (d. lgt. 16 genn. 1917, n. 76) assorbì presto la competenza sugli approvvigionamenti (d. lgt. 17 giugno 1917, n. 978) e divenne poi un sottosegretariato (d. lgt. 7 ott. 1917, n. 1598) nell'ambito del ministero dell'Interno. A capo del Commissariato per i carboni (d. lgt. 2 febbr. 1917, n. 113) fu posto R. Bianchi che, nominato nel giugno 1917 ministro dei Trasporti, realizzò di fatto il monopolio interno per l'acquisto, trasporto e distribuzione dei carboni. Erano poi istituiti il Commissariato generale per i combustibili nazionali (d. lgt. 5 ag. 1917, n. 1215) e un Comitato di ministri per gli approvvigionamenti esteri (d. lgt. 9 sett. 1917, n. 1405).

Con Orlando le spinte a ricuperare forme di controllo parlamentare sul governo misero capo al d. lgt. 15 dic. 1917, n. 1973, che su proposta di Nitti istituiva il Comitato di guerra, per decidere sulle questioni in cui la competenza civile era in rapporto con quella militare. Proseguiva però anche l'adeguamento delle strutture burocratiche dell'esecutivo alle esigenze della guerra e del paese, ed al loro controllo. Erano costituiti tre nuovi ministeri: quello per l'Assistenza militarc e le Pensioni di guerra (r.d. 1° nov. 1917, n. 1812), quello per gli Approvvigionamenti e Consumi alimentari (r.d. 22 maggio 1918, n. 700), e quello per le Terre Liberate dal nemico (r.d. 19 genn. 1919, n. 41); era invece soppresso il ministero per le Armi e Munizioni (d. lgt. 15 sett. 1918, n. 1318), le cui competenze finirono per passare ad un Commissariato generale presso il ministero dei Trasporti marittimi e ferroviari. Erano anche istituiti un Commissariato generale per l'aeronautica (r.d. 1° nov. 1917, n. 1823), dapprima presso il ministero per le Armi e Munizioni; un Commissariato generale per i profughi di guerra (d. lgt. 3 nov. 1917, n. 1897); un Commissariato generale per l'assistenza civile e la propaganda interna (d. lgt. 10 febbr. 1918, n. 130); un Commissariato per le costruzioni navali della mqrina mercantile (d.m. 6 marzo 1918); un Comitato di ministri per ilpassaggio dallo stato di guerra allo stato di pace (r.d. 17 nov. 1918, n. 1698).

Forte del margine d'autonomia istituzionale del suo sottosegretariato - che agiva per dipendenza diretta dal Comitato supremo (di scarsa operatività) e non per deleghe all'interno delle competenze del ministero della Guerra - il D. seppe realizzare i disposti del decreto 26 giugno 1915 creando uno strumento efficiente ed elastico di propulsione, coordinamento e controllo della produzione per la guerra, capace - al di là della pur intensa propaganga patriottica nel paese - di coinvolgere in modo trainante, interessandolo, il settore degli industriali e di evitare l'opposizione conflittuale, controllandolo, del settore della manodopera.

La direzione generale di artiglieria e genio, l'ispettorato generale delle costruzioni d'artiglieria, col 1° ott. 1915 la direzione generale d'aeronautica, passavano alle dipendenze del sottosegretariato per le Armi e Munizioni, cui competeva l'acquisto all'interno e all'estero delle materie prime, l'ampliamento e la disciplina di maestranze e dirigenti degli stabilimenti, l'amministrazione generale. Le scelte tecniche della produzione, l'affidamento delle commissioni alle aziende private, la stipulazione dei contratti erano centralizzati nel sottosegretariato; il coordinamento periferico della produzione ed il suo controllo tecnico erano decentrati con la nomina di capigruppo per le ripartizioni, direttori di stabilimenti militari, uffici.di vigilanza. Presso il sottosegretariato si costituivano uffici centrali specializzati.

Parallelamente, sulla base del regolamento di attuazione del 22 ag. 1915 (successivamente modificato coi decreti lgt. 12 ott. 1916, n. 1747; 15 marzo 1917, n. 570; 5 luglio 1917, n. 1093; 9 sett. 1917, n. 1512), prendeva il via l'istituto della Mobilitazione industriale, che operava sugli stabilimenti mobilitati dal governo e dichiarati ausiliari, mentre dapprima venivano militarizzate le maestranze degli stabilimenti militari (d. lgt. 26 sett. 1915, n. 1455), poi emanate le norme penali e disciplinari generali (d. lgt. 5 nov. 1916, n. 1684), accompagnando però l'imposizione della disciplina militare con garanzie di tutela igienica, sanitaria ed economica. La Mobilitazione industriale era ordinata in un comitato centrale e in comitati regionali. Il primo, presieduto dal D., aveva funzioni generali di disciplina e di appello sulle vertenze sindacali, emanava direttive ed istruzioni generali, pronunciava pareri sui quesiti dei ministeri militari e dei comitati regionali. Questi comitati, dapprima sette e poi undici, presieduti da un ufficiale generale dell'esercito o della marina, e costituiti da membri tecnici civili o militari e da rappresentanti degli industriali e dei lavoratori, avevano competenza. su determinate are e territoriali, dovevano risolverne le questioni produttive con funzioni informative e consultive verso i ministeri competenti e con funzioni deliberative ed esecutive rispetto agli stabilimenti ausiliari, curavano la fornitura di materie prime e di forza motrice, decidevano sulle vertenze sindacali, avevano esclusiva competenza per spostamenti di personale, dall'agosto 1917 esercitavano la sorveglianza disciplinare sottraendola ai comandi di divisione territoriale.

Il sistema messo in piedi dal D. permetteva di concentrare in una sola struttura statale tutte le numerose competenze relative all'intero ciclo della produzione bellica, alle vertenze sindacali, ai rapporti economici dello Stato coi privati, agli esoneri militari ed alle deroghe. E allo stesso tempo permetteva di decentrare direttamente in loco, coi comitati regionali resi agili perché svincolati da subalternità verso altre amministrazioni militari e civili, la spinta propulsiva e l'organizzazione del lavoro. Nella ricerca dell'incremento di produzione e rendimento, più che norme di controllo dei costi - e quindi dei guadagni, eventualmente sindacabili fiscalmente a posteriori - al D. interessava l'affidabilità della mano d'opera attraverso il controllo della disciplina e degli esoneri.

L'efficacia di questo nuovo apparato dello Stato fu indubbia: i timori degli industriali per la libertà d'impresa e la requisizione dell'azienda cessarono di fronte alla possibilità di ottenere prezzi più che rimunerativi, materie prime a pagamento dilazionato, anticipi sui pagamenti, contributi all'ammortamento dei nuovi impianti, sgravi fiscali. Per il mondo del lavoro, nel quadro delle ristrettezze e della disciplina di guerra che gravavano sul paese, di contro a prolungamenti di orario e al divieto di sciopero e di libera contrattazione stavano garanzie di equa paga, di assistenza e previdenza, di esonero dall'invio al fronte, e il rafforzamento del sindacato per l'afflusso di nuove maestranze anche femminili e per la sua funzione di rappresentanza di categoria. Alla fine del 1915 gli stabilimenti ausiliari ammontavano a 221, saliti a 797 a fine giugno 1916, ed a fine dicembre a 998 con circa 400.000 dipendenti, contro 66 stabilimenti militari con circa 34.000 operai. A fine giugno 1917 erano 1.463, per arrivare a fine dicembre a 1.708, ed ammontare alla fine della guerra a 1965 con circa 1.200.000 dipendenti (di cui 279.000 donne e ragazzi, 565.000 uomini senza obblighi di leva e 358.000 esonerati e militari comandati).

Proprio dalla constatazione dell'ampiezza della partecipazione delle forze industriali e lavorative, e dal clima di fatto e generalmente predominante di consenso e di collaborazione, cominciarono già dalla fine del 1916, col diffondersi della preoccupazione per una crisi sociale ed economica causata dalla smobilitazione di fine guerra, a circolare proposte - condivise dal D. - di prolungare la Mobilitazione industriale nel dopoguerra. E forse è da affiancare a questa tendenza la trasformazione dell'ufficio storiografico della Mobilitazione industriale (alle dipendenze del D., e diretto da G. Borelli; tra gli altri, ne facevano parte G. Belluzzo, A. De Stefani, G. Prezzolini, G. Volpe) da organo specificamente documentario, di rilevazione e raccolta di dati, in un organo di preparazione ed elaborazione ideologica della storia della guerra patria.

L'accrescimento dei servizi amministrativi, temici, e di ricerca e sperimentazione in seno al sottosegretariato avevano, portato il 16 giugno 1917 alla trasformazione in ministero, dove il D. era affiancato dal tenente generale V. Alfieri come sottosegretario. Mentre il D. lasciava la presidenza del comitato centrale della Mobilitazione, il ministero era organizzato (d. lgt. 24 luglio 1917, n. 1225) in: servizi generali, servizi di Mobilitazione industriale, servizio tecnico anni e munizioni, servizio amministrativo armi e munizioni, direzione generale d'artiglieria, direzione generale del genio, direzione generale d'aeronautica.

Se le prime strettoie erano state contingenti (materiali refrattari, sfruttamento dei giacimenti ferrosi, ecc.), ora le difficoltà erano divenute costanti (importazioni delle materie prime fondamentali, carenza di nuova manodopera, ecc.) e gravi (approvvigionamento dei viveri per la popolazione civile, e relativi duri contrasti tra la fine del 1917 ed i primi del 1918 col commissario generale S.B. Crespi sulla ripartizione delle navi e finanziamenti necessari), e influivano sul ritmo della produzione mentre si dovevano risarcire le lacune conseguenti alla sconfitta di Caporetto. Se fino ad allora il sistema della Mobilitazione industriale aveva potuto evitare interferenze di competenze, lo stesso suo sviluppo, il notevole volume della produzione bellica e l'onerosità della sua gestione aprivano problerni di interdipendenza anche drammatici nelle scelte di priorità, che si esprimevano in frizioni di competenza sempre maggiori con altri e nuovi ministeri e commissariati preposti all'industria, ai trasporti, ai combustibili, agli approvvigionamenti.

L'onerosità della produzione bellica era già stata affrontata con una, commissione consultiva di revisione dei prezzi (d. m. 1° marzo 1917) e con una commissione per le vertenze sugli appalti e forniture (d. lgt. 9 sett. 1917, n. 1651). Il nuovo ministro del Tesoro F. S. Nitti, assumendosi un'azione di coordinamento della politica economica e di controllo della spesa pubblica, intraprendeva un'azione di armonizzazione dei rifornimenti, e specialmente di revisione dei criteri di costo e gestione della produzione di guerra diretta dal D., che si tradusse ben presto in dure critiche e crescenti dissensi. Nel marzoaprile 1918 l'ispettore generale del Tesoro A. Prandi compiva accertamenti contabili nel ministero delle Armi e Munizioni; si aprivano alcuni processi contro ufficiali e funzionari; in aprile il deputato C. Nava presentava una interpellanza e una interrogazione; da ultimo l'istituzione (d. lgt. 9 maggio 1918, n. 620) del comitato di revisione per il controllo sulla gestione e contabilità del ministero determinava il D. a dimettersi (14 maggio).

L'atteggiamento di Nitti è stato collegato a convergenze di idee e rapporti - peraltro attestati - col Perrone. Ed è del resto vero che, con la facilità ed eccezionalità dei profitti offerti dalla congiuntura bellica, tra i principali gruppi siderurgico-meccanici si erano riaperti vecchi e accaniti contrasti che si traducevano sia in manovre per la scalata ai pacchetti azionari di controllo dei gruppi avversari e delle banche finanziatrici, sia in ricerche di appoggio politico e governativo ai rispettivi indirizzi industriali. Ma in realtà il motivo di fondo del drastico ridimensionamento provocato da Nitti dei ministero delle Armi e Munizioni risiedeva nel carattere basilare del sistema costruito dal D., tutto impostato sull'urgenza dell'intervento dirigistico e dell'azione propulsiva, fondato sulla priorità dell'impianto e crescita di una base industriale per la guerra rispetto ai suoi costi, e sul soddisfacimento indiscutibile delle richieste del Comando Supremo; e perciò nel 1918 - quando si era già profilato l'impoverimento ed esaurimento di riserve e mezzi per gli Imperi centrali -, in quella forma ormai superato.

Si aggiunga, non meno importante, l'opposto orientamento di politica per il dopoguerra: da affrontare per Nitti con una serie di interventi di opere pubbliche, di iniziative previdenziali, di stimoli alla cooperazione, ecc., in un quadro in cui la smobilitazione operaia era un aspetto controllabile nelle più gravi smobilitazione militare e riconversione, mentre il D. era propenso a prolungare l'istituto della Mobilitazione industriale, la cui capacità fra l'altro di controllo sulle maestranze era stata accertata.

Messosi a disposizione del Comando Supremo, il D. fu comandante generale dell'artiglieria dal 3 nov. 1918 al 3 sett. 1920 - e in questo periodo ebbe stretti legami col duca d'Aosta -, quando veniva collocato in posizione ausiliaria speciale nell'ambito dei provvedimenti di riduzione dei quadri militari. Nel dicembre 1922 la commissione parlamentare d'inchiesta per le spese di guerra concludeva i lavori, formulando sull'operato del D. un giudizio lusinghiero e un caloroso ringraziamento. Fatto proprio il giudizio dal Consiglio dei ministri del governo Mussolini, il D. fu richiamato in servizio, promosso generale di corpo d'armata il 1° febbr. 1923, e nominato il 4 seguente presidente del Comitato per la preparazione della mobilitazione nazionale.

Il r.d. 21 nov. 1919, n. 2143 disponeva, per la Commissione suprema per la difesa dello Stato, il compito di risolvere in tempo di pace le questioni più importanti relative alla preparazione della difesa nazionale. Col d.l. 7 genn. 1921 n. 12 (e coi dd.ll. 11 genn. 1923, nn. 20 e 21) la Commissione era ripristinata e confermata nel compito, e usufruiva della consulenza del Comitato per la preparazione della mobilitazione nazionale, mentre si fissava la riduzione degli stabilimenti militari al minimo prudenziale ed il ricorso per la produzione bellica nella misura più larga possibile al settore civile. La Commissione suprema era poi riordinata col d.l. 4 genn. 1925, n. 123, in un comitato deliberativo, in organi consultivi, e nella segreteria generale. Del primo, presieduto dal capo del governo, facevano parte i ministri degli Affari Esteri, dell'Interno, delle Finanze, della Guerra, della Marina, delle Colonie, dell'Economia nazionale, delle Comunicazioni, ed il commissario per l'Aeronautica; ne facevano parte con voto consultivo i capi di Stato Maggiore dell'esercito e della marina, il comandante dell'aeronautica, ed i presidenti del consiglio dell'esercito, del comitato degli ammiragli e del Comitato per la preparazione della mobilitazione nazionale.

Il D. continuò a presiedere il Comitato anche dopo la sua trasformazione. Un diverso assetto al comando delle forze armate era dato col d.l. 8 giugno 1925, n. 866, che istituiva il capo di Stato Maggiore Generale, alle dirette dipendenze del capo del governo. E un assetto completamente nuovo, che si allineava sulla ideologia totalitaria della nazione e dello Stato, era dato con la legge 8 giugno 1925, n. 969, sulla "Organizzazione della nazione per la guerra", e dalla successiva legge 11 marzo 1926, n. 396. Il complesso della Mobilitazione nazionale constava della Mobilitazione militare (con l'ufficio ordinamento e mobilitazione del comando di Stato Maggiore benerale, e poi trenta ispettorati di mobilitazione) e della Mobilitazione civile. Questa riguardava l'organizzazione di guerra di tutte le attività nazionali; tutti i cittadini, uomini e donne, e tutti gli enti legalmente costituiti erano obbligati a concorrere alla difesa della nazione e sottoposti alla disciplina di guerra. Per l'attuazione erano previsti, alle dipendenze dei competenti ministeri e sottoposti per il coordinamento alla Commissione suprema per la difesa: un organo incaricato dell'importazione delle materie prime occorrenti alle forze armate ed alla popolazione, un organo incaricato delle fabbricazioni di guerra, un organo incaricato dell'alimentazione delle forze armate e della popolazione, un organo per la propaganda e per l'assistenza civile. Comitati regionali e sottocomitati avrebbero diretto tutte le attività civili mobilitate nei limiti della propria giurisdizione. In caso di mobilitazione nazionale generale il governo aveva facoltà di requisire i beni e utilizzare ogni attività dei cittadini. Col r.d. 8 genn. 1928, n. 163, le disposizioni furono raccolte in un testo unico. Successivamente furono regolati le dispense dai richiami (r.d. 24 luglio 1931, n. 1185) e l'esonero dal servizio (r.d. 14 ag. 1931, n. 1249), la disciplina di guerra (legge 14 dic. 1931, n. 1699) e relativo regolamento (r.d. 15 giugno 1933, n. 1176); fu istituito alle dipendenze del ministero delle Corporazioni l'ufficio centrale per il reclutamento dei prestatori di opera bellica (r.d. 25 ag. 1932, n. 1233), ecc.

Il nuovo Comitato per la mobilitazione civile era organo di studio e consulenza della Commissione suprema di difesa, aveva sede presso il ministero della Economia nazionale, e il D. come presidente faceva parte di diritto del consiglio superiore dello stesso ministero. Il presidente era nominato per decreto reale; il capo del governo nominava i rappresentanti dei ministeri della Guerra, della Marina, dell'Aeronautica, e otto rappresentanti di grandi associazioni tecniche, culturali ed economiche e di attività nazionali economiche, scientifiche, industriali e agricole, che duravano in carica due anni. Il comitato, sotto la guida del D., a partire dal 1927 si venne operativamente orientando specialmente sui problemi delle fabbricazioni; per mezzo degli osservatori industriali procedeva al censimento degli stabilimenti, ed in base ai dati sulla loro specializzazione e capacità produttiva, mediante simulazioni di commesse, elaborava modelli e parametri di possibilità. Soppresso - coi rr.dd. 12 sett. 1929, n. 1661, e 27 sett. 1929, n. 1663 - il ministero dell'Economia nazionale, il Comitato per la Mobilitazione civile ed il servizio degli osservatori industriali passarono nell'ambito del ministero delle Corporazioni.

Le informazioni ottenute ed i dati elaborati furono lutili al D. per organizzare e poi dirigere il Commissariato generale per le fabbricazioni di guerra (d.l. 14 luglio 1935, n. 1374), alle dirette dipendenze di Mussolini, capo del governo e presidente della Commissione suprema, che era sorto per disciplinare e controllare le attività della produzione bellica richiesta dalle operazioni militari in Africa Orientale e provvedere al reintegro delle scorte intangibili di mobilitazione, e che rimase in attività per la partecipazione italiana alla guerra di Spagna e per l'indirizzo politico di preparazione della guerra. Comitato per la Mobilitazione civile e servizio degli osservatori industriali restavano alle dipendenze del D. in quanto commissario generale. Il quale poi, con la legge 30 marzo 1936, n. 806, che riordinava la Commissione suprema, entrava nel comitato deliberativo a pieno titolo insieme al segretario del partito fascista. Le industrie ausiliarie sotto controllo ammontarono a 1.006 nel dicembre 1935, a 1.138 nel luglio 1936, per calare a 882 nel dicembre, restando tali fino a risalire verso la fine del 1939 a 932.

Dal 1923 al 1939, come presidente del Comitato per la Mobilitazione civile e poi come commissario generale per le fabbricazioni di guerra - istituti, il primo con compiti di studio e consulenza, e l'altro di coordinamento e controllo - il D. influì in modo relativo sulla dotazione e sull'approntamento degli armamenti - tra l'altro, in via di evoluzione in una coi problemi del loro impiego tattico e strategico - e sulla organizzazione e armonizzazione del connesso apparato industriale.

Il quadro generale del paese era caratterizzato da una debolezza finanziaria e valutaria, e dalla dipendenza per le materie prime ed energetiche insostituibili, nonché per le esigenze alimentari, dal rifornimento estero. Ciò influiva e condizionava, in vicendevole interazione, non solo la politica economica e la politica estera, ma anche la politica bellica fino alla stessa progettazione e produzione degli armamenti. Ma si aggiunga anche che la progressiva strutturazione corporativa e totalitaria del paese aveva messo capo ad un assetto istituzionale del governo e degli apparati amministrativi dello Stato tale da escludere di fatto uno spazio reale d'azione agli organi di coordinamento interministeriale, perché privi di poteri sulle specifiche competenze: nell'assetto autoritario dello Stato, il potere del regime fascista e dei suo capo era sostanzialmente di "mediazione" conuna particolare cautela verso le amministrazioni militari.

Nel caso particolare, ciò si traduceva in insensibilità al reciproco collegamento tra esercito, marina ed aeronautica e nella mancanza di armonizzazione dei rispettivi programmi d'armamento. Tra il novembre 1937 e il gennaio 1938 ad esempio il D. aveva dovuto insistere e convocare quattro incontri coi rappresentanti delle forze armate per avere gli specchi definitivi dei programmi, necessari per quantificare fabbisogno e ripartizione delle materie prime alle industrie. Il "Programma delle nuove costruzioni di artiglieria e attrezzature industriali relative" presentato dal D. il 1° sett. 1938 a Mussolini riguardava materiali studiati e collaudati nel 1934, costruiti in piccola serie nel 1936, che saranno prodotti in serie nel 1940 mentre gli impianti saranno ultimati nel 1942.

Mentre l'Italia si schierava definitivamente a fianco della Germania, il 3 sett. 1939 si dimetteva il D., le cui antiche persuasioni germanofobe erano note: aveva ottantasei anni compiuti, e aveva conservato fino allora a titolo eccezionale gli assegni del grado.

Il D., che aveva sposato Augusta Hiller vedova Yarak, era stato insignito dei cavalierati di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia, dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia, ed era commendatore déll'Ordine militare di Savoia e grande ufficiale dell'Ordine al Merito ungherese. Morì a Roma il 20 sett. 1952.

Fonti e Bibl.: È stato privilegiato l'aspetto di grand commis pubblico quale fu il D. - in posizione centrale, seppure con momenti diversi di oggettiva incisività, nel settore dei rapporti Stato-industria ai fini bellici dal 1911 al 1939 - anche se così tende a sciogliersi nella storia delle strutture che impostò e diresse. È sembrato in questo modo di agevolarne la rilevanza quale punto d'osservazione delle vicende italiane, tra i primi e la metà circa del secolo XX, caratterizzate dalla fase di accelerazione impressa dalla prima guerra mondiale, dalla coagulazione di fenomeni già latenti, da scelte di alternative già implicite. Questa biografia non presume altro che di essere un punto di partenza, e l'indicazione del materiale documentario e della letteratura - in certa parte desumibile da testo e note di quanto sotto citato - è contenuta al minimo. Si omette quindi il rinvio ai fondi, presso l'Archivio centr. dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del ministero della Guerra, e dei vari ministeri ed enti con i quali l'attività del D. entrò in rapporto e contatto; dei fondi dell'Archivio dell'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito, e delle carte edite e inedite degli altri protagonisti coevi; nonché di tutta la bibliografia di carattere generale e trattazione economica e politica, e di quella relativa alla preparazione ed alle vicende belliche.

È sufficiente citare le Carte Dallolio in Arch. del Museo centr. del Risorgimento a Roma (per le quali vedi E. Morelli, La prima guerra mondiale nelle carte di A. D., in Rass. st. del Ris., LXIII [1976], 2, pp. 235-43), anche perché attestano una volontà interpretativa del D. attraverso la sua selezione e le sue annotazioni. Altre carte sono conservate presso i discendenti Dallolio e Tamassia a Grottaferrata (Roma). Si veda poi il fondo Ministero delle Armi e Munizioni nell'Arch. centr. dello Stato a Roma, molto ampio e non ancora ordinato (per la cui sommaria descrizione vedi Guida gen. agli Arch. di Stato ital., I,Roma 1981, p. 101), e la Relazione della Comm. parlam. di inchiesta per le spese di guerra, in Atti parlam., Legisl. XXVII, 1921-23, Docum., II, Servizi dipendenti dalle Armi e Munizioni, Roma 1923, pp. 1-359. Sulla biografia dei D. si vedano, oltre al Ministero della Difesa, Direz. gen. ufficiali dell'Esercito, Ufficio generali, Note biografiche e Stato di servizio;E. Michel, Il fucinatore: A. D., Piacenza 1924; F. Minniti, Protagonisti dell'intervento pubblico; A.D., in Economia pubblica, XX (1976), pp. 211-219; V. Gallinari, Ilgen. D. nella prima guerra mondiale, in Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, Memorie storiche militari, Roma 1977, pp. 109-142. Sul sottosegretariato e ministero delle Armi e Munizioni cfr. L. Mascolini, Ilministero delle Armi e Munizioni, in Storia contemporanea, XI (1980), 6, pp. 933-965; P. Carucci, Funzioni e caratteri del ministero per le Armi e Munizioni, in Stato e classe operaia in Italia durante la prima guerra mondiale, a cura di G. Procacci, Milano 1983, pp. 60-78. Per gli aspetti legislativi e sul ruolo del Parlamento cfr. A. De Stefani, La legislazione economica della guerra, Bari 1926; C. Ghisalberti, Il sistema politico it. e la prima guerra mondiale, in Clio, XVII (1981), 3, pp. 330-345; ma anche G. Perticone, Ilregime parlamentare nella storia dello statuto albertino, Roma 1960, pp. 219-223, e C. Ghisalberti, Storia costituzionale d'Italia. 1848-1948, Bari 1977, pp. 319-327 e passim. Sull'organizzazione e gestione della Mobilitazione cfr. E. Toniolo, La mobilitazione industriale in Italia, Milano 1921; V. Franchini, Icomitati regionali della Mobilitazione industriale, Roma 1929; Id., La mobilitazione industriale dell'Italia in guerra. Contributo alla storia economica della guerra 1915-1918, Roma 1932; L. Einaudi, La condotta economica e gli effetti sociali della grande guerra, Bari 1933; A. Caracciolo, La crescita e la trasformazione della grande industria durante la prima guerra mondiale, in Lo sviluppo economico in Italia. Storia dell'economia ital. negli ultimi cento anni, a cura di G. Fuà, III, Milano 1969, pp. 187-240; M. Mazzetti, L'industria italiana nella grande guerra, Roma 1979; U. Miozzi, La mobilitazione industriale italiana. 1915-1918, Roma 1980; V. Gallinari, La produzione dei materiali militari in Italia durante la prima guerra mondiale, in La prima guerra mondiale e il Trentino (Atti del conv. intern., Rovereto, 25-29 giugno 1978), Rovereto 1980, pp. 465-480; L. Segreto, Armi e munizioni. Lo sforzo bellico tra speculazione e progresso tecnico, in Italia contemporanea XXXIV (1982), pp. 35-65 (con bibl. sulle industrie mobilitate); Id., Statalismo e antistatalismo nell'economia bellica. Gli industriali e la Mobilitazione industriale (1915-1918), in La trasformazione dalla economia di guerra all'economia di pace in Italia e Germania dopo la prima guerra mondiale a cura di P. Hertner-G. Mori, Bologna 1983, pp. 301-34. Sul controllo disciplinare della manodopera nelle fabbriche, cfr. S. Interlandi, La sorveglianza disciplinare del personale degli stabilimenti produttori di materiale bellico durante la grande guerra (1915-1918), Roma 1930; A. Camarda - S. Peli, L'altro esercito. La classe operaia durante la prima guerra mondiale, Milano 1980; B. Bianchi, Salute e rendimento nella industria bellica (1915-1918), in Salute e classi lavoratrici in Italia dall'Unità al fascismo, a cura di M. L. Betri - A. Gigli Marchetti, Milano 1982; G. Procacci, La legislazione repressiva e la sua applicazione, in Stato e classe operaia in Italia durante la prima guerra mondiale, a cura di G. Procacci, Milano 1983, pp. 41-59; L. Tomassini, Mobilitazione industriale e classe operaia, ibid., pp. 79-102. Sullo scioglimento della Mobilitazione si veda E. Conti, La liquidazione dei Servizi delle Armi e Munizioni e dell'Aeronautica, Roma 1919; A. Caracciolo, L'Ufficio storiografico della mobilitazione e l'intervento di Croce per il suo scioglimento nel 1919-1920, in Scritti in onore di V. de Capraris, Messina 1970, pp. 279-287. Sulla Mobilitazione agraria si veda F. Piva, Mobilitazione agraria e tendenza all'associazionismo padronale durante la "grande guerra", in Quaderni storici, XII (1977), pp. 808-853. Sull'atteggiamento di Nitti si veda A. Monticone, Nitti e la grande guerra, Milano 1961, pp. 200-253; A. M. Falchero, Banchieri e politici. Nitti e il gruppo Ansaldo-Banca di sconto, in Italia contemporanea, n. 146-147 (1982), pp. 67-92. Per i problemi aperti dalla guerra nell'econ. ital. sufficiente R. Tremelloni, Aspetti econ. della guerra, in 1915-1918. L'Italia nella guerra mondiale, Roma 1970, pp. 265-298.

Non esplicitamente studiati il Commissariato per la Mobilitazione civile ed il Commissariato generale per le fabbricazioni di guerra; lacunoso, disperso e non ordinato il materiale documentario dei fondi ministero dell'Economia nazionale, ministero delle Corporazioni e ministero della Produzione bellica in Arch. centr. dello Stato, Roma. Oltre a utili cenni in R. De Felice, Mussolini il duce, I, Gli anni del consenso 1929-1936. Torino 1974, e II, Lo Stato totalitario 1936-1940, ibid. 1981, ad Indices, siveda F. Minniti, Due anni di attività del "Fabbriguerra"..., in Storia contemporanea, VI (1975), 4, pp. 849 ss.

SuCesare Dallolio siveda: Dizionario del Risorg. naz., II, ad vocem; per un quadro delle vicende polit., sufficiente G. Natali, L'istituzione della Guardia civica, in Il Comune di Bologna, XXIII (1936), 6, pp. 51-59, e A. Berselli, La situazione politica a Bologna e nelle Legazioni dal 1849 al 1857, e La situazione politica... dal 1857 al 12 giugno 1859, in Il 1859-1860 a Bologna, Bologna 1961, pp. 63-95; i docc. della Giunta di governo bolognese, in Gli arch. dei Governi provv. e straord. 1859-1861, II, Roma 1962, ad Indicem; gli atti dell'Assemblea cost. delle Romagne, in Le Assemblee del Risorg., XV, Roma 1911, ad Indicem.

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