Algebra

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

algebra


Settore della matematica in cui le relazioni aritmetiche sono generalizzate, sviluppate e risolte sulla base di regole determinate, mediante l’uso di simboli letterali che rappresentano numeri, quantità variabili o altre entità matematiche (per es., vettori o matrici). L’a. classica studia il complesso di regole e di procedimenti per risolvere equazioni o sistemi di equazioni. Il problema fondamentale dell’a. classica è la risoluzione di equazioni algebriche di grado n a coefficienti reali o complessi, cioè quelle equazioni ottenute uguagliando a 0 un polinomio di grado n: a0xn+a1xn−1 +....+an=0.

Cenni storici

Già i Greci erano pervenuti alla soluzione delle equazioni di 2° grado e di alcuni particolari tipi di equazioni di grado superiore al secondo, avvalendosi però di considerazioni geometriche. Furono gli Arabi a introdurre quel complesso di regole e di operazioni (algoritmi), che costituisce il nucleo dell’a. elementare. I matematici italiani della scuola di Bologna (G. Cardano, N. Tartaglia e altri) si distinsero nel 16° sec. per la risoluzione dell’equazione generale di 3° grado, o equazione cubica, e la risoluzione dell’equazione generale di 4° grado. Il metodo classico di risoluzione delle equazioni algebriche è basato su operazioni razionali ed estrazioni di radici quadrate e cubiche; per questa ragione si indicano le soluzioni con il termine di ‘radici’. C.F. Gauss diede (1799) la prima dimostrazione rigorosa del cosiddetto teorema fondamentale dell’a., secondo il quale un’equazione algebrica di grado n, a coefficienti reali o complessi, possiede esattamente n radici, purché si contino sia le radici reali sia quelle complesse, ciascuna con la dovuta molteplicità.

L’algebra moderna

L’approccio all’a. è di tipo assiomatico e il suo oggetto di studio sono le strutture algebriche. Un insieme I è dotato di una struttura algebrica quando in I sono definite una o più operazioni algebriche, cioè una o più leggi che a ogni coppia di elementi di I (se si tratta di operazione binaria, altrimenti a ogni terna di elementi ecc.) fa corrispondere un altro elemento ben determinato di I. I polinomi sono esempi concreti di strutture algebriche: le proprietà dei loro elementi sono considerate nei confronti delle operazioni fra essi definite (somma, prodotto ecc.) e delle relative proprietà formali (proprietà associativa, commutativa ecc.). Tuttavia lo studio puramente algebrico di queste strutture impone di prescindere dalla natura particolare degli elementi dell’insieme e suggerisce di considerare le operazioni più generali, che godono soltanto di alcune delle proprietà formali delle operazioni dell’aritmetica (per es., il prodotto non è necessariamente commutativo). Seguendo questo approccio astratto, è stato possibile ottenere risultati di grande generalità, applicabili a classi più vaste d’insiemi (di trasformazioni, di applicazioni, di matrici ecc.). A seconda del tipo della o delle operazioni definite in un insieme, si hanno diversi tipi di strutture algebriche: struttura di gruppo, di anello, di corpo, di campo, di modulo, di semigruppo, di quasicorpo, di spazio vettoriale, di a. di Lie, di a. di Boole, di a. in senso proprio e così via. Lo studio delle strutture algebriche, nell’indirizzo moderno fin qui accennato, porta in modo naturale a considerare come uguali due insiemi dotati di strutture algebriche isomorfe. In ultima analisi, il compito dell’a. sarà allora quello di classificare gli insiemi algebrici a meno d’isomorfismi, cioè ‘determinare tutte le possibili strutture algebriche tra loro distinte’. Negli ultimi anni del 20° sec. si è registrato nel campo dell’a. un intenso sviluppo di studi specialistici, che ha portato alla soluzione di problemi rimasti a lungo insoluti, ma anche una forte interazione tra l’a. e altre aree di ricerca. Uno dei risultati più importanti è stato raggiunto in ambito classico, con la dimostrazione del cosiddetto ultimo teorema di Fermat. In ambito economico, un’applicazione dell’a. lineare è costituita dal sistema input-output a coefficienti fissi (➔ input-output, modelli e tavole di), proposto da W. Leontieff per studiare l’interdipendenza dei settori di produzione di una nazione e l’impatto di un cambiamento dell’offerta o della domanda in un’industria sull’intera economia. Se invece il rapporto input-output tra settori non è stabile, ma determinato da coefficienti variabili nel tempo, è necessario utilizzare strumenti del calcolo differenziale (➔ calcolo).