ALGERIA

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Algeria

Paolo Migliorini
Silvia Moretti
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Geografia umana ed economica

di Paolo Migliorini

Stato dell'Africa settentrionale. La popolazione, secondo una stima del 2005, ammontava a 32.854.000 ab., con un coefficiente di accrescimento annuo che nel periodo 2000-2005 era stato dell'1,5%. La maggior parte di essa vive nelle pianure costiere urbanizzate e nelle adiacenti vallate montane, mentre la densità decresce bruscamente verso l'interno, e le regioni desertiche, che costituiscono i quattro quinti del territorio, sono praticamente disabitate, se si eccettuano comunità isolate, nomadi o sedentarie.

Ancora in fase di transizione da un'economia pianificata dal centro a una liberista guidata dal mercato, l'A. ha fatto registrare una significativa inversione di tendenza dopo la metà degli anni Novanta del 20° secolo. Il PIL aumenta a tasso sostenuto (6,1% nel 2004); l'inflazione è scesa da una punta massima del 20% nel 1992 al 3,1% (secondo una stima) del 2004, e le riserve valutarie (43,5 miliardi di dollari nel 2004, a fronte dei 12 del 2000) hanno raggiunto il livello più elevato registrato dopo l'indipendenza (1962). Il periodo di feroci scontri tra le forze governative e i gruppi fondamentalisti, con numerosi massacri di civili e il ricorso da parte dell'esercito ad azioni di squadre speciali, che ha raggiunto la massima intensità alla metà degli anni Novanta, sembra volgere al termine e, malgrado la persistenza di sacche locali di violenza, le condizioni di sicurezza nel Paese sono grandemente migliorate. Le principali sfide che l'A. si trova ad affrontare sulla via dello sviluppo sono essenzialmente tre: utilizzare i proventi delle risorse di gas e petrolio a beneficio della crescita sociale, secondo un progetto di lungo periodo; creare crescita e impiego in settori dell'economia diversi da quelli legati allo sfruttamento degli idrocarburi, per trarre partito dall'aumento della forza di lavoro e per evitare le tensioni sociali provocate dalla disoccupazione (25,4% nel 2004); infine migliorare l'efficienza dei servizi pubblici, in modo da coinvolgere tutti gli algerini nell'economia di mercato del 21° secolo. Si calcola che ancora un quarto della popolazione viva al di sotto della soglia di povertà; si tratta però di un fenomeno prevalentemente legato alle zone rurali ed esacerbato dalla mancanza di lavoro e dalle limitazioni nell'accesso a servizi sociali, sanitari e scolastici.

Le produzioni alimentari sono insufficienti, e il Paese deve importare la metà circa del fabbisogno interno di frumento. Il governo persegue piani che dovrebbero creare 500.000 posti di lavoro, ampliando le terre coltivabili di 700.000 ha e investendo in opere di irrigazione e in macchinari. Lo sviluppo dell'agricoltura deve peraltro fronteggiare condizioni climatiche avverse, con periodi prolungati di siccità o, al contrario, di piogge torrenziali e inondazioni (come nell'autunno 2001), che determinano forti scostamenti dei raccolti di cereali dai valori medi a lungo termine. Petrolio e gas naturale hanno rappresentato le forze trainanti dell'economia algerina a partire dalla loro scoperta nel 1956, ed è prevedibile che manterranno quel ruolo anche in futuro. Nel 2004 la produzione di idrocarburi ha contribuito per il 95% al valore delle esportazioni: secondo alcune stime le riserve provate di petrolio (per il 70% localizzate nei campi di Hassi Messaoud, nel centro del Paese) ammontano a 12 miliardi di barili, e quelle di gas naturale a quasi 4800 miliardi di m3 (ma le risorse potenziali sembrano essere di gran lunga maggiori). L'A. è diventata uno dei principali fornitori di gas dell'Unione Europea, specialmente dell'Italia e della Francia. Gran parte delle esportazioni è trasportata attraverso una vasta rete di gasdotti che collegano il Maghreb all'Europa, i cui tronchi principali sono la linea transmediterranea (Transmed) per l'Italia e la nuova linea Maghreb-Europa (MEG) per la Spagna e il Portogallo. Il forte incremento dei redditi derivati dalle esportazioni di idrocarburi, di cui l'A. ha usufruito nel corso dei primi anni del 21° sec., ha determinato un consistente aumento delle riserve valutarie, un'apprezzabile diminuzione del debito estero (21,9 miliardi di dollari nel 2004) e un alleggerimento delle pressioni sulle finanze governative. Tra le industrie di trasformazione si segnala la petrolchimica, con impianti a Skikda e Arzew (284.000 t di metanolo, resine e materie plastiche nel 2003). Un importante impianto per la produzione di fertilizzanti (800 t) è localizzato ad Arzew, e un altro ad Annaba. Le industrie di questo settore, nel 2005 in fase di privatizzazione, sono interessate da progetti di espansione che prevedono nuovi complessi produttivi. Oltre alle risorse di idrocarburi, l'A. possiede notevoli risorse minerarie storicamente neglette (soprattutto fosfati e minerali di ferro, ma anche depositi locali di carbone, piombo, zinco, mercurio, rame, nonché di oro e diamanti), che il governo ha deciso di valorizzare facendo ricorso a moderne tecnologie ed emanando una legge che incoraggia le imprese straniere a investire nella ricerca e nelle attività estrattive. In crescita la produzione di minerale di ferro (3 milioni di t nel 2003) e quella di acciaio (1,5 milioni di tonnellate). Nel 1999 è stata completata la costruzione di uno stabilimento per l'assemblaggio di autoveicoli, con una capacità di 300.000 vetture annue. Il processo di privatizzazione in corso in tutti i settori, inclusi quelli delle telecomunicazioni e dei trasporti, sta rapidamente integrando l'A. nell'economia globale del 21° secolo. Il turismo, per quanto dotato di grandi potenzialità, è ancora poco sviluppato per le difficoltà e le restrizioni degli spostamenti nelle regioni interne, a causa della perdurante tensione tra le forze di sicurezza e i militanti islamici. Tuttavia il governo sta prendendo iniziative volte a sviluppare anche questo settore.

Storia

di Silvia Moretti

Il nuovo secolo in A. veniva simbolicamente inaugurato dall'entrata in vigore del piano di pace voluto dal presidente A. Būtaflīqua (̔Abd al-̔Azīz Bū Taflīqa): un segno tangibile della politica di riconciliazione nazionale, alla fine di un decennio terribile di stragi e violenze all'insegna del fanatismo degli islamisti. Il provvedimento, conosciuto come Legge sulla concordia civile, prevedeva un'amnistia parziale o totale per quei terroristi che non avessero commesso reati di sangue, stupri o attentati, e si fossero consegnati alle autorità entro il 13 gennaio 2000. Era stato in precedenza approvato a grandissima maggioranza da entrambe le Camere e dagli elettori algerini. Un altro successo del regime nella lotta al terrorismo furono gli accordi di pace raggiunti con l'Esercito di salvezza islamico (AIS), braccio armato del Fronte islamico di salvezza (FIS), il principale movimento politico islamista; l'AIS si sciolse nel gennaio 2000, lasciando intravedere una divisione all'interno del fronte islamista, dato che il FIS era stato escluso dal tavolo delle trattative. Ma, nonostante la violenza diminuisse, nel Paese restava in vigore lo stato d'emergenza e permanevano forti restrizioni all'attività politica, mentre ancora irrisolti apparivano due nodi di fondo: i discussi metodi dell'esercito nella guerra contro i terroristi e la reale volontà di democratizzazione della vita politica da parte dei vertici del Paese. Alla fine del 2000 si registrava una nuova escalation del terrorismo: furono infatti quasi trecento i morti soltanto nel mese del ramadān (dicembre).

Nel corso del 2001 l'A. fu scossa da un'ondata di proteste della popolazione, esasperata per la fortissima disoccupazione e le mancate riforme socioeconomiche. In particolare la Cabilia, regione settentrionale abitata prevalentemente da berberi, fu teatro di scontri e manifestazioni di protesta dopo l'uccisione da parte della polizia di uno studente (aprile); nel giugno, dopo settimane di mobilitazioni e disordini, la popolazione della Cabilia invase la capitale con un'imponente manifestazione (circa un milione di persone) che denunciava la repressione del regime e il mancato riconoscimento della lingua e della cultura berbere. Nel corso dell'estate, mentre saliva il numero dei morti e dei feriti per gli scontri di piazza, si intensificava l'azione del movimento popolare berbero, che eleggeva un Comitato di coordinamento dei villaggi e delle tribù (Aarouch), il quale in seguito elaborò una piattaforma di rivendicazioni per la piena cittadinanza di tutti gli algerini. Tra quelle più importanti, il riconoscimento del berbero, il tamazight, come seconda lingua ufficiale del Paese, a fianco dell'arabo. Dopo l'apertura di un dialogo tra il governo e i rappresentanti più moderati del fronte berbero, nel gennaio 2002 Būtaflīqua annunciò tale riconoscimento; il provvedimento fu votato dal Parlamento algerino nel mese di aprile.

Le elezioni legislative del 30 maggio 2002 sembrarono ancora risentire del clima di scontro diffusosi nel Paese nel corso del 2001, che aveva visto aggregarsi intorno a parole d'ordine di risonanza nazionale (assenza di democrazia, corruzione, miseria, disoccupazione) ampi strati della popolazione. Con una percentuale bassissima di partecipanti al voto (il 46,2%, e appena il 2% in Cabilia) e il boicottaggio dei due principali partiti a base berbera, il Fronte delle forze socialiste (FFS) e il Raggruppamento per la cultura e la democrazia (RCD), il più laico dei partiti algerini, le elezioni fecero registrare il crollo del Raggruppamento nazionale democratico (RDN), il 'partito del presidente', che passò dai 155 seggi del 1997 a 47, e il successo clamoroso del Fronte di liberazione nazionale (FLN), il partito che aveva guidato la lotta degli algerini per l'indipendenza dalla Francia, che si aggiudicò 199 seggi (64 nel 1997); quest'ultimo era guidato dal primo ministro A. Benflis, che venne immediatamente riconfermato nel suo incarico da Būtaflīqua. Due formazioni d'ispirazione islamica, il Movimento della società per la pace e il Movimento di riforma nazionale, si aggiudicarono rispettivamente 43 e 38 seggi. Un segno del cambiamento in atto nel Paese, pur tra mille contraddizioni, fu la nomina a ministro della Cultura della femminista H. Tūmī Mas̔ūdī, che aveva combattuto per anni contro il terrorismo islamista ed era stata più volte minacciata di morte.

L'inizio del 2003 faceva registrare una nuova ondata di violenza islamista da parte del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (GSPC), formazione che non aveva aderito al piano di pace lanciato alla fine del 1999. Sostanzialmente, però, si andava consolidando il successo della Legge sulla concordia civile, che aveva spinto a rinunciare alla clandestinità e alla lotta armata circa tremila terroristi, e si confermava la centralità del ruolo della società civile algerina, laica e religiosa, che anche durante il periodo più duro della guerra civile, negli anni Novanta del 20° sec., aveva saputo mantenere alte le istanze di democrazia, rappresentando forse la forma di resistenza più invisa al fanatismo degli islamisti. Apparentemente senza conseguenze fu anche il rilascio, dopo 12 anni di detenzione, di A. Madanī e A. Belḥaǧǧ, importanti leader del FIS.

Nei primi mesi dell'anno ai vertici del potere politico si apriva una spaccatura nei rapporti tra Būtaflīqua e Benflis, il cui potere all'interno del FLN andava sempre crescendo. A maggio Benflis fu sostituito da A. ūyaḥyā, e alla fine dell'anno i ministri del FLN che appoggiavano Benflis abbandonarono il governo. Nell'aprile 2004 Būtaflīqua uscì vittorioso dalle elezioni presidenziali con l'84,99% dei voti. Il suo rivale, Benflis, guadagnò appena il 6,42% dei consensi in una competizione che, sebbene contestata dagli sconfitti, fu giudicata corretta dagli osservatori internazionali, che sottolinearono anche il ruolo sempre più marginale dell'esercito nell'agone politico. Confermando Būtaflīqua l'elettorato sembrò voler premiare il raggiungimento della sicurezza, obiettivo inimmaginabile pochi anni prima e considerato altamente prioritario.

Permanevano, tuttavia, forti incertezze sul processo di pacificazione e modernizzazione del Paese. Un caso esemplare fu la lunga battaglia condotta dal ministro Tūmī Mas̔ūdī per la revisione del Codice di famiglia, che confinava le donne in uno stato di minorità a vita, costrette com'erano a soggiacere alla volontà di un tutore, arbitro persino delle loro scelte matrimoniali. Questa disputa vide in ultimo prevalere, dopo un duro scontro, le istanze degli integralisti: il testo definitivo del Codice (marzo 2005) confermò infatti l'istituto del tutore. Nel settembre 2005 nel Paese si svolse un referendum sulla pace e la riconciliazione nazionale voluto da Būtaflīqua per chiudere definitivamente i conti con gli orrori della guerra civile.

bibliografia

J. Jolly, L'Algérie de Bouteflika: la fin d'une époque, Courbevoie 2004.

La guerre d'Algérie: 1954-2004, la fin de l'amnésie, éd. M. Harbi, B. Stora, Paris 2004.

A. Belkaid-Ellyas, Un regard calme sur l'Algérie, Paris 2005.

Islam, democracy and the state in Algeria, ed. M. Bonner, M. Reif, M. Tessler, London 2005.

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