ALIFE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi ALIFE dell'anno: 1958 - 1994

ALIFE (v. vol. I, p. 254)

A. Parma

Centro posto alle estreme pendici del massiccio del Matese e quasi al centro di un'ansa del fiume Volturno; è stato fin dall'antichità un vero e proprio nodo stradale di grande importanza economica e strategica, funzionando da cerniera tra le città confinanti di Telesia e Bovianum a E, Caiatia e Capua a S, Teanum e Suessa a O, e a Ν con Venafrum. Diodoro (XX, 35), Livio (VIII, 25), Strabone (V, 3, 10) e Tolemeo (Geog., III, I, 67) considerano Allifae città del Sannio; solo Plinio (Nat. hist., III, 5, 63) la pone in Campania, come le vicine Venafrum e Telesia, con evidente riferimento alla sistemazione augustea delle regiones italiane.

Le più antiche testimonianze, anche se sporadiche, della presenza dell'uomo nell'area telesino-alifana sono da riferire al Paleolitico Inferiore, ma è solo a partire dal Neolitico che si può parlare di abitati nella valle di Alife. Unica testimonianza del Bronzo Finale è una fibula in bronzo (metà del X sec. a.C.), conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del tipo ad arco ingrossato con doppia piegatura e staffa simmetrica, in passato ritenuta, erroneamente, di provenienza cumana.

Del periodo sannitico nulla è rimasto, tranne alcune cinte murarie in opera poligonale. Esse fanno parte della complessa maglia di recinti fortificati apprestati, a partire dal VII sec. a.C., in tutto il territorio, a scopo di difesa, e successivamente rafforzati in occasione delle guerre contro i Romani.

Nella zona di Castello d'Alife e Piedimonte Matese (già d'Alife), a monte della città romana, è stato da alcuni identificato il principale abitato fortificato di A. sannita. Nella prima località, a c.a m 210 sul livello del mare, può ancora vedersi un tratto della cinta muraria lungo più di 150 m. Questa è formata da due cortine parallele separate da un gradone largo da 15 a 20 m. La cortina inferiore è ben conservata per c.a m 3,50 di altezza, la superiore per m 7; entrambe sono costruite con grandi blocchi di calcare locale tagliati grossolanamente e sovrapposti senza malta, con gli interstizî chiusi da pietrame minuto. Una seconda linea dello stesso sistema fortificato, ancora più antica della precedente, corre a 400-500 m sul livello del mare, con una cortina alta m 3,50 nei tratti meglio conservati. La fortificazione, datata al IV sec. a.C., precede e integra quella scoperta sul Monte Cila, dove ima prima linea di mura corre sul lato S del monte a 210 m sul livello del mare per c.a due km. Dal monte proviene, oltre ad abbondante materiale ceramico preistorico e sannitico, il c.d. Corridore del Cila, una statuina bronzea di atleta o guerriero, che stringe nella mano destra un vistoso cinturone; la figura è stata interpretata come ex voto di età sannitica.

Nel 1880, in località Conca d'Oro, durante lavori agricoli, venne scoperto un gruppo di tombe a cassa di tufo con tracce di pitture parietali, per una delle quali fu possibile riconoscere parte di una scena di banchetto, riconducibile ai temi consueti della pittura sepolcrale italica e sannitica. I corredi di queste sepolture, databili alla seconda metà del IV sec. a.C., erano composti da ceramica a figure rosse, del tipo di Gnathia. Cinturoni di bronzo distinguevano le sepolture maschili dalle femminili. L'indagine sistematica della necropoli ha permesso di inquadrarne l'arco temporale d'uso compreso tra il VII e il III sec. a.C. Le tombe più antiche, a fossa, risultano simili alle coeve sepolture del Sannio interno (Pentri). Nella parte orientale della necropoli si rinvenne anche un piccolo gruppo di tombe a incinerazione di età romana, testimonianza della continuità d'uso dell'area sepolcrale fino all'età degli Antonini. La maggior parte degli oggetti recuperati nello scavo entrò a far parte della collezione dell'Università di Zurigo, la rimanente è andata dispersa.

Sottratto all'influenza sannita già dalla fine del IV sec. a.C., A. divenne nel 268 a.C. civitas sine suffragio, amministrata da un praefectus iure dicundo nominato annualmente dal praetor urbanus. Sul finire del I sec. a.C. il territorio fu riorganizzato con la deduzione di una colonia e l'impianto in pianura di una nuova città, chiamata Allifae.

È da considerare ormai risolto il vecchio problema della datazione sillana o triumvirale per l'istituzione della colonia di Alife. L'attribuzione all'età sillana si fondava sulla datazione al periodo immediatamente successivo alla guerra sociale della cinta muraria cittadina costruita in opera incerta. Scavi e saggi effettuati in questi ultimi anni nell'area dell'antico foro e in altre zone della città non hanno restituito materiale ceramico databile anteriormente alla fine del I sec. a.C. Inoltre recentissimi studi hanno riconosciuto di epoca triumvirale la grande centuriazione della valle del medio Volturno, la quale ha come perno centrale proprio Α., e al cui impianto urbano è certamente coeva: va aggiunta anche la mancanza nel patrimonio epigrafico alifano di iscrizioni databili al periodo tardo repubblicano, riferibili a opere pubbliche o a magistrati cittadini, come invece sono ben attestate nella vicina colonia sillana di Telesia.

La convergenza unitaria di questi dati offerti da fonti diverse dà sicura conferma al discusso passo del Liber coloniarum (I, 231, 3) che riferisce di assegnazioni triumvirali ad Α., e che ancora recentemente era stato considerato soltanto come prova di semplici assegnazioni di terre, fatte a piccoli gruppi di veterani, senza la creazione di una colonia.

Allo stesso periodo dell'impianto urbano regolare, sono databili le più antiche strutture del teatro situato nella parte sud-occidentale della città; costruito in opera incerta con scaglie di calcare locale, ebbe successivi restauri e ampliamenti in età antonina.

Di età augustea o giulio-claudia è l'anfiteatro posto fuori delle mura, a SE di Α., lungo la via per Telesia, e conservato solo a livello delle fondazioni.

Notevole interesse per il tipo architettonico rivestono due criptoportici databili dalla tecnica costruttiva alla prima età augustea.

Il primo è situato nel settore nord-orientale della città, con l'asse centrale dell'edificio parallelo a uno dei decumani urbani. La pianta è articolata in tre bracci rettangolari collegati; una serie di pilastri sorreggono la volta a botte ad arco ribassato e dividono lo spazio interno in due navate.

Due stretti accessi posti alle estremità fanno ritenere che il criptoportico avesse funzione di cisterna oltre che di sostegno a un edificio pubblico soprastante. L'altro è situato in area suburbana, in contrada Taverna-Starze, lungo una diramazione della Via Latina che da Teano raggiungeva Alife.

L'edificio con pianta quadrangolare occupa una superficie di 2400 m2 ed è costituito da una sola grande navata. Numerose finestre strombate aperte nelle pareti, rivestite di intonaco bianco, illuminano l'interno del criptoportico coperto da una volta a botte con arco leggermente depresso. L'ingresso era costituito da due rampe di scale e due corridoi voltati. Del ricco materiale rinvenuto in questo vasto complesso architettonico si conserva il primo frammento dei fasti consolari alifani (ivi reimpiegato), solo di recente correttamente interpretato e assegnato agli anni 26-27 d.C. Nella stessa area furono messi in luce un ambiente pavimentato in mosaico e più a valle una vasca di m 60 X 16 riferibili a una imponente villa rustica suburbana che si elevava sul criptoportico, seguendo uno schema di terrazze degradanti verso la valle.

Lungo la strada che da A. porta a Benevento sono ancora visibili i ruderi di alcuni grandi monumenti funerarî in gran parte databili al I sec. d.C. Uno di essi, noto con il nome di Torrione, è costituito da un basamento quadrangolare di m 10 di lato e m 1,50 di altezza, fatto a gradini, e dal corpo centrale cilindrico, alto originariamente almeno 8 m. A questi mausolei vanno sicuramente riferiti i frammenti di rilievi funerari in calcare locale murati in alcuni palazzi di Alife. I motivi decorativi: fregi con trofei di armi, fregi dorici con metope decorate da bucrani, fiori con petali e bottone centrale o allungati a calice, sono gli stessi presenti sulle sculture delle città limitrofe. Essi coronavano monumenti funerarî del tipo a dado o a edicola che in età protoimperiale ebbero notevole diffusione nell'ambiente dell'élite municipale.

Nel periodo augusteo e giulio-claudio A. vive il suo momento più intenso di sviluppo economico-sociale, evidenziato dai monumenti appena descritti e dai ruderi di numerose imponenti ville rustiche sparse nel territorio e il cui impianto originario si può far risalire appunto all'età proto-imperiale. Proprietà così estese fanno pensare a una concentrazione fondiaria nella pianura alifana. La ricchezza fornita dalla produzione agricola favorì l'ascesa di alcune famiglie, quali i M. Granii e i M. Aedii, sino al rango senatorio; ne sono testimonianza le monumentali epigrafi.

Questa vitalità ebbe però breve durata e non sembra aver superato l'età giulio-claudia, come si può dedurre dalle iscrizioni posteriori. L'aristocrazia di A. nel II e III sec. d.C. sembra infatti formata da gentes che non avevano apparenti legami con la precedente oligarchia. In questo periodo e per almeno 150 anni furono patroni della città i potenti Acilii Glabriones, i quali ebbero interessi e grandi proprietà ad A. in seguito al matrimonio contratto in età giulio-claudia da uno di loro con Aedia Servilia, ultima esponente della gens senatoria locale.

Risale a questi anni il c.d. Mausoleo degli Acilii Glabriones che, seppur rimaneggiato più volte, ha conservato in parte il suo schema architettonico originario. Situato appena fuori della porta orientale di Α., è composto da un corpo cilindrico in laterizio coperto a cupola, all'interno ha una pianta circolare con otto nicchie rettangolari intorno alle pareti. L'attacco della cupola, costruita con anelli di laterizi aggettanti, è marcato da una fascia in opera incerta; per l'interro moderno di oltre un metro dal piano dell'antico pavimento è perso il senso originario dello spazio concepito come una sfera dal diametro di 9 m. L'esterno era diviso da una modanatura in calcare che sottolineava la distinzione tra l'elemento superiore ed il basamento decorato da nicchie absidate oggi del tutto scomparse.

Databile, per stile e tecnica esecutiva, alla seconda metà del II sec. d.C. è un frammento di fronte di sarcofago in marmo, proveniente da San Potito Sannitico e oggi in collezione privata. Nel frammento scultoreo è possibile riconoscere la raffigurazione del mito di Meleagro e Atalanta a caccia del cinghiale caledonio, rappresentato nella versione in cui i due protagonisti sono assistiti, nella loro avventura, dai Dioscuri.

Nel IX sec. A. venne distrutta dai Saraceni e gli abitanti si rifugiarono negli antichi recinti fortificati di Piedimonte e Castello d'Alife. Il sito dell'antica città è stato ripopolato solo in età moderna.

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(a. Parma)

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