ALOIS, Gian Francesco, detto il Caserta

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALOIS, Gian Francesco, detto il Caserta

Mario Rosa

Nacque non molto dopo il primo decennio del sec. XVI da Aloisio e da Ippolita Caracciolo, e fu detto "il Caserta" dal luogo dei possedimenti della sua famiglia, originaria propriamente di Piedimonte. Fu amico di umanisti e di poeti, di S. Capece, di G. Florimonte, di B. Rota, di Paolo Manuzio, del Dolce e del Giovio, nonché di S. Ammirato, che lo introdusse nel dialogo Il Rota, ovvero delle imprese; testimoniano il suo gusto per la letteratura alcuni sonetti in Rime di diversi Signori Napoletani, Venezia 1552, e in Rime di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori in morte della Signora Irene... di Spilimbergo, Venezia 1561.

Ma il nome dell'A. è particolarmente legato alle vicende del gruppo formatosi intorno a Juan de Valdés, del quale egli fu tra i primi discepoli laici, senza assumere mai posizione eminente, piuttosto risaltando per rapporti e amicizie. Così tra la primavera e l'autunno del 1539 ospitò nella sua villa di Piedimonte Marcantonio Flaminio, giunto a Napoli in non buone condizioni di salute (e il Flaminio celebrò nei suoi Carmina il soggiorno casertano, durante il quale, tra il luglio e l'agosto, discusse in lettere al Seripando sulla grazia e il libero arbitrio); e fu tramite, molto probabilmente, per l'amicizia che unì allora il Flaminio al Valdés.

Ancora, a quanto riferisce il Balbani, fu l'A. ad avere parte nella "conversione"di Galeazzo Caracciolo, suo amico e congiunto (oltre la madre anche la moglie dell'A., Isabella, era una Caracciolo), presentandolo al Valdés e conducendolo a quella predica di Pietro Martire Vermigli in S. Pietro ad Aram (1541 circa) che fu motivo dell'illuminazione del Caracciolo e della sua adesione al valdesianesimo. Certo, fu l'A., con Ferrante Brancaccio, ad informare il Flaminio, a Viterbo, della "felice nuova" (cfr. la lettera del Flaminio ai Caracciolo, in Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, a cura di G. Paladino, I, Bari 1913, pp. 80-85); e col figlio del Caracciolo, Colantonio, l'A. ebbe rapporti anche dopo la fuga del padre a Ginevra (1551), se durante una perquisizione del S. Offizio (forse intorno al 1564,quando anche Colantonio fu citato a Roma e processato) Colantonio fu sorpreso mentre bruciava lettere dell'Alois.

Esule il Caracciolo, che chiese inutilmente all'A. di seguirlo, nominato arcivescovo di Napoli il cardinale Carafa (poi Paolo IV), accentuatasi l'attività inquisitoriale, l'A. fu compromesso nel processo istruito a Roma contro Lorenzo Romano, maestro di logica aristotelica e di teologia per qualche tempo anche a Caserta (1549-50). Chiamato a rispondere nel 1552, con Bernardino Gargano di Aversa, venne prosciolto. Ma, inquisito una seconda volta nel 1562 ad opera del Santori, già suo compagno di studi a Napoli e divenuto vicario della diocesi di Caserta, l'A., nonostante l'intervento in suo favore del Carnesecchi, legato a lui da vecchia amicizia (1540), venne processato e rinviato a Napoli per la condanna. Come relapso, fu giustiziato e arso insieme col Gargano, in piazza del Mercato, il 4 marzo 1564.

Il fratello maggiore dell'A., Giambattista, era morto nel 1547 durante i tumulti napoletani contro l'Inquisizione. L'esecuzione dell'A., per la sua novità ed esemplarità, provocò una nuova vivace reazione contro il tribunale e la stessa persona del Santori.

Un documento in margine al processo, una lettera cioè del viceré duca d'Alcalá a Filippo II, dà altri elementi sull'episodio dell'A., poiché riprende dalla deposizione di lui i nomi di molti prelati del Regno, con i quali l'A. era Stato in contatto negli anni 1540-47, e che egli avrebbe ricordato a propria discolpa per il comune sentire nelle questioni di fede: l'arcivescovo di Otranto Pietrantonio di Capua, il vescovo di Cava Giovan Tommaso Sanfelice, il vescovo di Catania Nicolò M. Caracciolo, l'arcivescovo di Sorrento Giulio Pavesi, il vescovo d'Isola (Calabria) Onorato Fascitelli, il vescovo di Caiazzo Fabio Mirto, il vescovo di Nola Antonio Scarampo, il vescovo di Penne lacopo Guidi, il vescovo di Policastro Nicolò Francesco Missanelli, l'arcivescovo di Reggio Gaspare del Fosso; sono inserite anche brevi notizie di discussioni (sulla giustificazione per la fede) e di letture (le Prediche dell'Ochino, il Trattato utilissimo del Beneficio di Giesù Cristo), caratteristiche della spiritualità valdesiana.

Fonti e Bibl.: Estratto del processo di Pietro Carnesecchi, a cura di O. Manzoni, in Miscell. di storia ital., X (1870), pp. 489-491; Le Cento e dieci divine considerazioni di Giovanni Valdesso, a cura di E. Boehmer, Halle in Sassonia 1860, pp. 543, 569-574 (Appendice [18611 con cenni biografici), pp. 599-603 (lettera del duca d'Alca, a Filippo II); B. Amante, Giulia Gonzaga..., Bologna 1896, pp. 285, 287, 288; E. Cuccoli, M. Antonio Flaminio,Bologna 1897, pp. 72, 73; G. De Blasiis, Giambattista Alois, in Racconti di storia napoletana, Napoli 1908, pp. 3-24; G. Cappelletti, G. F. A. e l'agitazione napoletana del 1564 contro la S. Inquisizione, Urbino 1913; B. Croce, Il marchese di Vico Galeazzo Caracciolo, in Vite di avventure di fede e di passione, Bari 1953, pp. 199-200, 202, 208, 225, 278; Domingo de S.ta Teresa, Yuan de Valdés..., Romae 1957, pp. 138, 147 s., 359 s., 377 (con bibliografia); E. Pontieri, L'agitazione napolet. del 1564 contro il tribunale dell'Inquisizione..., in Nei tempi grigi della storia d'italia, Napoli s. d [1957], pp. 245-246, 265, n. 1.8

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