BRAGADIN, Alvise

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)

BRAGADIN, Alvise

Alfredo Cioni

Figlio di Pietro, della nobile famiglia veneziana, nacque nei primi anni del sec. XVI, e fu il primo della famiglia ad impiantare nella città natale, dopo che un altro nobile, Marcantonio Giustinian, lo aveva preceduto in una simile iniziativa, una tipografia ebraica, imprendendo anche in grande il commercio di quei libri, che esportava non solo in tutt'Italia ma anche nelle comunità ebraiche d'Europa e del vicino Oriente. La ditta da lui fondata fu proseguita dal figlio Giovanni, dai figli di questo e dai loro discendenti sino a metà del sec. XVIII, col nome di "Stamperia Bragadina".

Non è chiarita la questione circa l'inizio della attività tipografica del B.; comunemente la si fa iniziare nel 1550 con la pubblicazione della Mishnāh Tōrāh di Maimonide, con le note di Mē'īr da Padova, ma il British Museum, di Londra possiede un esemplare della Birkath Abrāhām di Abraham ben Solomon Treves che è datata 1542. In quell'anno il Bomberg non aveva ancora cessato e il Giustinian non aveva ancora cominciato (aprì la stamperia nel 1545). Che il B. abbia attrezzato una bottega fin dal 1542 e l'abbia poi - dopo un solo prodotto - lasciata inoperosa sino al 1550, è difficile da credere. Si può meglio supporre che quella data 1542 sia errata e si debba leggere 1552, come infatti si legge in un altro esemplare della Birkath Abrāhām pur esso posseduto dal British Museum.

Quando per l'ostilità dell'opinione pubblica e per le manovre di Marcantonio Giustinian, il Bomberg fu costretto a cessare, e - con iniqua sentenza del Senato - la sua azienda fu sequestrata, i suoi splendidi impianti venduti e la sua suppellettile libraria andò dispersa e distrutta, il Giustinian ottenne lo scopo delle sue manovre e restò il solo tipografo che stampasse in Venezia libri rabbinici, prendendo il posto del Bomberg nel commercio di essi. Nell'anno 1549 tre sole tipografie di libri ebraici erano in attività; i Parnas in Costantinopoli, i figli di Gerson Cohen a Praga e il Giustinian a Venezia. In quell'anno - oltre al Talmūd che questi andava pubblicando - non si stamparono che una mezza dozzina di libri ebraici. E proprio in quell'anno il dotto rabbino Mē'īr di Padova - della famiglia dei Katzenellenbogen, che ebbe primaria posizione in Assia Cassel - aveva portato a termine una sua revisione con ampio commento della Mishnāh Tōrāh di Maimonide. Questo testo era stato già stampato quattro volte: la prima - in un anno non determinato, attorno al 1490 - dal Soncino, la terza volta nel 1509 da Bahamias in Costantinopoli e finalmente, e magistralmente, in Venezia dal Bomberg nel 1524. Rabbi Mē'īr, cercando un editore per il suo lavoro, si rivolse naturalmente a Venezia che ospitava il solo stampatore in ebraico che esistesse allora in Italia. Ma per ragioni a noi oggi ignote, al Mē'īr non sembrò opportuno rivolgersi al Giustinian e venne nel proposito di indurre qualche altro che disponesse di intraprendenza, potenza economica e influenza politica, a impiantare una nuova tipografia ebraica in Venezia. Trovò l'uomo adatto nel B., che già aveva fiancheggiato il Giustinian contro il Bomberg.

Nel 1550 sotto il nome del B. - potente usbergo contro ostilità palesi ed occulte - la nuova stamperia fu inaugurata con la pubblicazione della Mishnāh Tōrāh di rabbi Mē'īr. Il B. ebbe l'accortezza di assumere quale proto della tipografia Mē'īr ben Jacob Parenzo, il cui padre era venuto dalla costa dalmata a stabilirsi nella capitale, ove il figlio aveva imparato l'arte tipografica nella bottega del principe degli editori ebraici, Daniele Bomberg. Cessato il Bomberg, per breve tempo lavorò per il Giustinian e da qui passò al servizio del B. col quale rimase finché visse. Il Parenzo ebbe presso il B. le stesse mansioni che aveva avute l'Adelkind col Bomberg. I Bragadin impiegarono altri membri della famiglia Parenzo sin al tardo sec. XVII.

Stampata e divulgata che fu la Mishnāh Tōrāh, subito ne apparve un'altra edizione che copiava l'originale e le annotazioni di rabbi Mē'īr. L'indignazione di questo e del titolare della tipografia danneggiata furono violentissime, e immediata fu la reazione. Il B. si rivolse alla giustizia sostenendo che il contraffattore della sua edizione - che era il Giustinian - aveva l'intenzione di rovinarlo, come già aveva fatto con Daniele Bomberg. In questo dimenticava che in Senato egli stesso aveva sostenuto il Giustinian contro Daniele Bomberg. Dal canto suo rabbi Mē'īr si rivolse al discepolo e parente rabbi Mosè Isserless di Cracovia, che in quel tempo aveva già iniziata la sua brillante carriera che lo doveva condurre ad ottenere la massima autorità nella legge rabbinica. Rabbi Mosè esaminò la questione e le sue conclusioni - divulgate il 10 ag. 1550 - furono in tutto favorevoli a rabbi Mē'īr e all'edizione del Bragadin. Queste conclusioni risolvettero la questione per il mondo ebraico e recarono un danno ingente al Giustinian, che ne risultò screditato e restò con una intera edizione invendibile. Ma ben peggiori furono le conseguenze che esse ebbero nel mondo cristiano, ove furono come la scintilla che accese un immenso rogo da cui furono distrutte cataste enormi di libri rabbinici. Uno scrittore ebreo disse che esse furono l'innocente causa prima di un vero disastro nazionale per il popolo d'Israele. Infatti, mentre la lite proseguiva a Venezia, l'opinione pubblica faceva gran chiasso, certo incoraggiata dall'inquisitore Della Casa, ostilissimo al Talmūd ed a tutti i libri che ne dipendevano, e che già nel 1545 aveva ottenuto che il Senato istituisse anche a Venezia la censura preventiva sulla stampa, demandandone l'attuazione al magistrato sopra la Bestemmia. Di questo gran rumore suscitato a Venezia l'eco giunse a Roma. Qui erano mutati i tempi indulgenti dei papi Leone X, Clemente VII e Paolo III. Non pochi cardinali - con a capo il Carafa - erano avversi alla diffusione dei libri talmudici e spingevano il pontefice ad agire perché la loro stampa e vendita fossero - almeno in Italia - severamente proibite. Dopo lunghi dibattiti in Curia e fuori di Curia, nonostante la protesta di Andrea Masio e di pochi cardinali illuminati, venne pubblicata la bolla del 2 ag. 1553 con la quale veniva ordinato che in tutta la cristianità fossero confiscati e distrutti sia i Talmūd di Babilonia e di Gerusalemme che gli altri libri rabbinici. La esecuzione della bolla fu immediata e inflessibile; a Roma tali libri vennero bruciati in Campo dei Fiori e si calcola che in Europa furono distrutti oltre centomila volumi di testi ebraici.

A Venezia il Consiglio dei dieci, il 21 ott. 1554, lanciò l'interdetto contro il Talmūd, estendendolo a tutti i libri in ebraico. Il Giustinian, che aveva tra il 1546 e il 1551 stampato l'immensa opera completa dei due Talmūd, fu rovinato e cessò l'azienda. Il B., che non aveva stampato il Talmūd, fu meno danneggiato, ma fu anch'egli costretto a cessare per forza di legge. In definitiva le conclusioni a lui favorevoli dell'Isserless - per il rumore che suscitarono - gli recarono danno molto maggiore di quel che non poteva fargli l'edizione del Giustinian copiata dalla sua.

Mentre la lite proseguiva a Venezia e Roma, il B. stampò non meno di venticinque edizioni tra il 1551 e il 1554. Non è possibile precisarne il numero, dato lo stato attuale delle ricerche bibliografiche intorno a questa particolare stampa; tuttavia sono da ricordare: nel 1551 Yōreh dē'āh di Jacob ben Āshēr, Kiryath sēpher di Mosè ben Josef da Trani, Mōreh nebūkhīm di Mosè ben Maimon; nel 1552: She'ēlōth di Āshēr ben Jehiel, Rabh Alphas di Isaac: ben Jacob, Pesākīm di Judah ben Eliezer Minz, un libro di preghiere festive per le comunità spagnole: Celihot segun la orden del uso español hebraico, il Birkath Abrāhām già citato; nel 1553: Sēpher he'Arūkh di Nathan ben Jechiel, Ma'yan Gannīm di Samuel ben Elhanan Jacob (Archivolti), i Responsa di Rabbi Mē'īr da Padova, il Meshārīm, lo Iggeret Derekh Adonai. Sembra che l'ultimo libro stampato prima della cessazione sia stato il Mēghillath setārīm di Samuel Motot.

Per quasi nove anni a Venezia nessuno ebbe facoltà di stampare libri ebraici; finalmente, nel 1563, al B. fu concesso di pubblicare il Tūr'Orāh Hayyīm, e da quell'anno la ditta poté riprendere la sua attività, sebbene molto limitatamente e tra non poche difficoltà e diffidenze. Nel 1564 si incontrano edizioni sottoscritte "Mē'īr ben Jacob Parenzo" senza che vi appaia il nome del B., come nel Shulhān 'Arūkh di Joseph ben Ephraim Caro. Del 1565 si ricorda l'ediz. della 'Akēdat Yīr'āh del 1566 in due tomi di scritti biblici detti Yalkūt Shim'ōnīdi Simone Darsham da Francoforte, che sono sottoscritti: "Mē'īr Parenzo per A. Bragadin". Gli ultimi libri usciti dalla tipografia del B. hanno le date 1574 e 1575, come la ristampa dei Shulhān 'Arūkh del Caro, quella del Pērūsh Rashīdi Elijah ben Abrāhām Mizrāhī e la ristampa - che fu l'ultima opera pubblicata in vita dal B. - della Mishnāh Tōrāh di Mosè ben Maimon, con le note di rabbi Mē'īr di Padova, a suo tempo origine di tante gravi conseguenze. Nell'anno 1575 il B. morì e lasciò la ditta ai figli. Il maggiore di questi la continuerà - da solo e con i fratelli - sino al 1614.

Bibl.: M. Steinschneider, Catalogus librorum hebraicorum in the Bibl. Bodleiana, Berlin 1853-1860, nn. 8351-9363; G. Manzoni, Annali dei Soncino, Bologna 1883-1886, II, p. 216; J. Perles, Beiträge zur Geschichte der hebräischen und aramäischen Studien, Munich 1884, pp. 200, 225, 255 ss.; H. Omont, Specimen des charactères gravés à Venise et à Paris par Guillaume Le Bé. 1564-1574, Paris 1887, passim;H. Brown, The Venetian printing press, London 1891, p. 106; D. W. Amran, The makers of Hebrew books in Italy, Philadelphia 1909, pp. 200, 352 ss.; J. Bloch, Venetian printers of Hebrew books, in Bullettin of the New York Public Library, XXXV(1932), pp. 71 ss.; B. Friedberg, Histoire de la typographie hébraique en Italie..., Anverse 1935, passim;F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina in Italia, Firenze 1953, p. 200; Short-title catalogue of books printed in Italy..., London 1958, ad Indicem;A. M. Habermann, I figli di Jaaqòb Parenzo,stampatori a Venezia nel sec. XVI, in Arésheth, I (1959), pp. 60 ss.; S. Schwarzfuchs, I responsi del Rabbi Meir da Padova come fonte storica, in Scritti in mem. di L. Carpi, Gerusalemme 1967, pp. 112-132; Jewish Encyclopedia, III, p. 346; Encycl. Judaica, IV, p. 1002.

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