AMATO di Montecassino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

AMATO di Montecassino

Anselmo Lentini

Esponente tra i più segnalati di quella fioritura anche letteraria che caratterizzò la vita del celebre monastero cassinese nel sec. XI sotto l'abate Desiderio. Da una nota del volgarizzatore della sua Historia Normannorum (VIII, c. 1), che, senza validi motivi, il De Bartholomaeis ha pensato d'infirmare, si può arguire ch'egli fu nativo di Salerno. Certamente fu anche vescovo, ma le fonti non ne indicano la sede. Oggi è senz'altro abbandonata l'antica congettura, affacciata dal Baluze e accolta dal Mabillon e da altri, che lo identificava con l'Amato vescovo di Oleron e poi arcivescovo di Bordeaux; così come l'altra, proposta da Champollion-Figeac e accettata anche dal Wattenbach e perfino da recenti studiosi, che lo confondeva col s. Amato di Nusco. La sigla cap. aggiunta al suo nome nel necrologio del cod. Vat. Borgiano 211, e interpretata dal De Bartholomaeis come indicativa della patria (Capua), indurrebbe invece a ritenere, che Capua sia stata la sede episcopale; ma poiché anche questa conclusione incontra qualche notevole difficoltà, è stata avanzata con parecchi argomenti dal Lentini la congettura che A. sia da identificare con l'Amato vescovo di Pesto-Capaccio (Caput aquae) che figura in quella sede almeno dal 1047 al 1058. In tale ipotesi, la sua monacazione sarebbe successiva all'episcopato, cui probabilmente avrebbe rinunziato: ciò che spiega perché le fonti ordinariamente tacciono la sede. La congettura non impedisce, anzi conferma, la probabilità che A. sia quel monaco che si sottoscrive subito dopo l'abate Desiderio in un noto documento cassinese del 1061. Tutto ciò porterebbe anche ad anticipare verso il 1010 la data della nascita, finora calcolata tra il 1020 e il 1030.

Morì il 1 marzo di un anno imprecisato, che però è certamente anteriore al 1105; probabilmente a Montecassino stesso.

Se si prescinde dalla notizia del suo episcopato e da quelle poche che sono connesse all'ipotesi della sua identificazione col vescovo di Capaccio, di A. non conosciamo altro che la sua attività letteraria. Il Chronicon Casinense ci informa solo dei quattro libri, in versi, De Gestis apostolorum Petri et Pauli e della Historia Normannorum in otto libri. Il De viris illustribus di Pietro Diacono, che elogia A. come "in scripturis disertissimus et versificator admirabilis", menziona altri due suoi scritti: De laude eiusdem pontificis; De duodecim lapidibus et civitate caelesti Hierusalem.

Il poema De Gestis apostolorum era preceduto da un'epistola dedicatoria a Gregorio VII, in prosa, di cui rimane solo il periodo finale. Il titolo del ms. che ce l'ha conservato corrisponde meglio all'argomento: "Liber... in honore beati Petri apostoli"; vi si espone infatti quasi esclusivamente la vita di Pietro e solo nel IV libro si parla un poco anche di Paolo. Le fonti da cui A. deriva la materia gli segnano anche la divisione dei quattro libri: Evangeli, Atti degli Apostoli, le cosiddette Clementine, apocrifi riguardanti Simon Mago a Roma, insieme ad Atti di altri santi. La narrazione si svolge in episodi non connessi tra loro e annunziati ciascuno da un titolo.

Talvolta però la monotonia è rotta da digressioni che interessano il lettore per il loro maggior valore artistico o per la commozione personale che l'autore vi svela. La storia di s. Pietro giova ad A. per esaltare la titanica lotta di Gregorio VII contro la simonia e contro il potere civile sopraffattore della libertà e dei diritti della Chiesa.

Il poema sarà stato composto fra il 1077 e il 1079. I versi, esametri, quasi tutti con rima o assonanza interna, si presentano abbastanza corretti. Notevoli quelli ove A. si rivolge espressamente a Gregorio; più ancora l'introduzione del IV libro, in cui canta con sincera commozione ed espressiva solennità la gloria grande di Roma pagana, superata dai trionfi di quella cristiana. Il poema è deturpato da lacune, dovute a taglio di fogli o al deterioramento di alcune pagine del ms.

L'opera maggiore a cui è più legata la fama di A., l'Historia Normannorum, ci è stata conservata non nell'originale latino, ma in un posteriore volgarizzamento in francese. Anteriore a quelle di Guglielmo Appulo e di Goffredo Malaterra, essa tratta specialmente degli avvenimenti della Campania, non solo perché più noti all'autore, ma anche perché più connessi con la vita di Montecassino; ciò che spiega il rilievo dato, accanto al Guiscardo, anche a Riccardo di Capua, benefattore anche egli della badia. Il periodo di storia ivi narrata va dal 1016 al 1078; se si accoglie la congettura dell'episcopato pestàno di A., egli può dirsi del tutto coevo ai fatti. E ciò accresce il valore e l'attendibilità della sua opera, a torto infirmata spesso da Hirsch, ma rivendicata da Baist e da altri (Delarc, Chalandon, De Bartholomaeis, ecc.). Il lavoro è dedicato all'abate Desiderio, che l'avrà suggerito ed ispirato; certo esso riflette il suo chiaroveggente pensiero sui destini riservati agli intraprendenti ed astuti Normanni nell'equilibrio politico e nei rapporti stessi del papato con le altre potenze. Nel corso dell'opera dovranno forse ammettersi, con Smidt, alcune interpolazioni; le sue relazioni poi col Chronicon Casinense meritano di essere ancora esaminate più a fondo. Discutono gli studiosi se la data della sua composizione sia anteriore o posteriore all'accordo di Ceprano del 1080; certo però essa precede il 24 maggio del 1086, quando Desiderio fu eletto papa. L'Historia, per il suo altissimo valore di fonte storica, colloca A. tra i più benemeriti scrittori del Medioevo. Ma il suo pregio acquista più risalto, se si considera che l'autore, si propose di scrivere non una cronaca, ma una storia. (De Bartholomaeis), riuscendo ad una monografia molto interessante, condotta sul modello della Historia Langobardorum del suo antico confratello Paolo Diacono. Il volgarizzatore, certamente italiano, compì il suo lavoro nei primi anni del sec. XIV, per commissione di un conte di "Militrée" non ancora identificato, in un curiosissimo francese "tutto suo personale: un gergo che non fu mai né parlato né scritto, né in Francia né altrove "(De Bartholomaeis). Alla traduzione egli non solo aggiunse glosse di varia natura, ma ogni tanto sostituì anche sue introduzioni e compendi; ed è merito dell'ediz. del De Bartholomaeis avere stampato in diversi caratteri tali testi, sebbene possa discutersi se alcuni di essi non debbano piuttosto attribuirsi ad Amato. Nell'esame degli errori e delle sviste non deve poi dimenticarsi la parte che possono avervi avuta gli amanuensi del ms. latino e della versione francese.

Il De laude, perduto, sarà stato un carme simile a quello composto dal suo confratello Alfano in elogio d'Ildebrando ancora arcidiacono. L'ipotesi, accennata dal De Bartholomaeis, che lo scritto si possa identificare col De Gestis, dedicato al medesimo Gregorio, è da rigettarsi, perché Pietro Diacono li distingue chiaramente, e soprattutto perché il De Gestis, pur contenendo tre passi di esplicita lode a Gregorio, non potrebbe giustificare quel titolo. Il componimento doveva certo risentire di quell'ammirata venerazione che tutto il cenobio cassinese professò per il grande pontefice, al quale prestò anche l'opera dei suoi uomini migliori: Desiderio, Alberico, Alfano, Pietro Napoletano, ecc.

L'opera sulle dodici pietre preziose e la città celeste di Gerusalemme si riferiva certo alla nota visione dell'Apocalisse (XXI, 10-20): un argomento assai caro al Medioevo. Forse è anch'essa perduta, ma se, com'è probabile, essa era in versi, si può congetturare, col Lentini, che possa identificarsi col ritmo Cives caelestis patriae attribuito a Marbodo, ad Anselmo di Laon e ad altri, e pubblicato più correttamente da B. Hauréau (Notices et extraits..., Paris 1890, I, pp. 74 ss.).

Edizioni: La vita di S. Pietro per A. monaco cassinese, di A. Gaudenzi, in Bullett. d. Ist. stor. ital., VII (1889), pp. 46 ss.: edizione molto imperfetta; Il poema di A. su S. Pietro Apostolo, di A. Lentini, vol. I, Montecassino 1958, col testo critico; vol. II, ibid. 1959, con studi sul testo, in Miscellanea Cassinese, nn. 30-31. L'introduzione del IV libro era stata pubblicata dal Dümmler, Neues Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde, IV (1878), p. 182 (da cui l'ha riprodotta dimezzata A. Graf, Roma nella memoria... del Medio Evo, Torino 1923, pp. 11-12). Tre pericopi, con maggiore esattezza, sono state pubblicate da A. Mirra, La poesia di Montecassino, Napoli 1929, pp. 140-143; L'Ystoire de li Normant et la Chronique de Robert Viscart par Aimé, moine de M. Cassin, a cura di A.-L. Champollion-Figeac, Paris 1835; Ystoire de li Normant par Aimé, a cura di O. Delarc, Rouen 1892; Storia de' Normanni di Amato di M. Cassino, a cura di V. De Bartholomaeis, Roma 1935, in Fonti per la Storia d'Italia, LXXVI.

Fonti e Bibl.: Chronicon Casinense, III, c. 35, in Monumenta Germ. Hist., Scriptores, VII, Hannoverae 1846, p. 728; Petri Diaconi De viris illustribus Casinensibus, 20, in Migne, Patr. Lat., CLXXIII, col. 1032; Codex Diplomaticus Cavensis, a cura di M. Morcaldi, M. Schiani, S. De Stefano, VII, Milano 1888, pp. 183-185. Di A. parlano tutte le opere, le enciclopedie e i dizionari d'informazione generale in materia di storia o di letteratura medievale; basterà citare: M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, III, München 1931, pp. 449 ss.; G. Lisio, La storiografia, Milano 1909, pp. 144 ss.; F. Novati-A. Monteverdi, Le origini, Milano 1926, pp. 402 ss., 576; A. Viscardi, Le origini, Milano 1950, p. 140. Così pure tutte le opere sulla storia dell'Italia meridionale nell'epoca normanna, e le introduzioni alle edizioni sopra citate. Tra gli studi particolari, che riportano vasta bibliografia: F. Hirsch, A. von M. Cassino und seine Geschichte..., in Forschungen zur deutsche Geschichte, VIII (1868), pp. 205 ss.; G. Baist, Zur Kritik der Normannen-geschichte des Amatus..., ibid., XXIV (1884), pp. 275 ss.; M. Schipa, A proposito della prossima ediz. dell'Ystoire d'Amato, in Arch. stor. per le prov. napol., XIII (1888), pp. 484 ss.; F. Torraca, A. di M. Cassino e il suo traduttore, in Casinensia, Montecassino 1929, pp.161 ss.; J. Schocher, Aimé: Ystoire... Eine textkritische Untersuchung, Berlin 1935; E. Pontieri, Tra i Normanni nell'Italia meridionale, Napoli 1948, p. 233 ss.; W. Smidt, Die Historia Normannorum von A., in Studi gregoriani, III, Roma 1948, p. 173 ss.; A. Lentini, Ricerche biografiche su A. di M. Cassino, in Benedictina, IX (1955), pp. 183 ss.; Id., Gregorio VII nel De gestis Apostolorum di A. cassinese, in Studi gregoriani, V, Roma 1956,pp. 281 ss.; Id., Il ritmo "Cives caelestis patriae" è il "De duodecim lapidibus" di Amato, in Benedictina, XII (1958), pp. 15 ss.

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