AMBIENTE e PAESAGGIO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

AMBIENTE e PAESAGGIO

Bernardo Rossi Doria

. L'una e l'altra parola hanno assunto grande importanza nel linguaggio geografico e sociologico col realizzarsi della società industriale. Dapprima come descrizione degli aspetti visivi di una determinata situazione territoriale a cui si attribuisce valore storico-culturale; successivamente come qualcosa di più complesso che investe i rapporti tra la popolazione insediata, le sue attività e il territorio.

Infatti, la parola p. ha assunto significati articolati quando è stata adottata dai cultori di geografia storica, prima in Francia e poi in Inghilterra, in Germania e in Italia. Pionieri risultano gli studi e le ricerche sul p. rurale francese e italiano, da parte di studiosi francesi. Tali studi sono stati ripresi e sviluppati in Italia da E. Sereni e successivamente dai settori più avanzati della cultura geografica italiana. L'indirizzo seguito consiste nel descrivere i caratteri morfologici del territorio rurale, individuandone le origini storiche attraverso l'esame degl'istituti giuridici, delle tecnologie, dei rapporti di produzione delle varie epoche che hanno contribuito alla loro formazione. Contributi metodologici dello stesso tipo provengono da studiosi inglesi che hanno compiuto considerevoli sforzi di sintesi per rappresentare la storia delle trasformazioni territoriali dell'Inghilterra, descrivendo oltreché le origini storico-istituzionali della morfologia del territorio (landscape), anche gli aspetti geomorfologici, climatici e generalmente ambientali (scenery). Più recenti contributi consistono in ulteriori sforzi di sintesi quali la Geografia storica d'Europa di C. T. Smith (1967).

Tutti questi contributi partono in ogni caso da concezioni e premesse diverse. Mentre per Sereni si trattava di mettersi in condizione di conoscere i limiti oggettivi che vengono imposti dalla storia al trasformarsi del p. - come nel caso di un'antica centuriatio che condiziona successive trasformazioni fondiarie -, per altri si tratta di raccogliere testimonianze storiche ai fini di una ricostruzione bibliografica ed erudita, nel quadro di un atteggiamento sostanzialmente ostile alle trasformazioni della società industriale. Altri, come Smith, nel timore di cadere in questo equivoco, rifiutano di applicare la parola p. all'oggetto dei loro studi geografici, in quanto è impossibile ricostruire il p. di un determinato momento storico, per la frammentarietà delle testimonianze residue. Queste ultime, al contrario di quanto affermava Sereni, esistono solo in quanto la storia non ha avuto bisogno di cancellarle, anzi può aver trovato il compito non conveniente. È indubbio, in ogni caso, che l'approccio geografico al problema contribuisce a superare la distinzione tra p. urbani e p. rurali: in questo contesto, si tratta sempre di un termine tendente a rappresentare i rapporti che l'uomo ha instaurato nel volgere del tempo con determinati ambiti territoriali allo scopo di organizzare un determinato tipo di società politica ed economica.

Questa distinzione tende ulteriormente a sbiadire nel contesto degli studi geografici sui fenomeni di urbanizzazione più consistenti come "megalopoli", l'area costiera orientale degli Stati Uniti, così chiamata dal geografo Jean Gottmann. Proprio perché l'organizzazione urbana ha investito il territorio tradizionalmente considerato non urbano, la definizione p. rurale ha perso di consistenza e quindi si ricorre ad attributi vari, quali "urbano" o "suburbano", ecc. Queste ultime accezioni tendono ad assumere connotazioni critiche e negative in considerazione del disordine non solo visuale, ma più generalmente ambientale, che si riscontra in aree di tale tipo. Per questa ragione, soprattutto nei paesi anglosassoni entro cui hanno sempre fiorito correnti culturali antiurbane, combattute tra rifiuto della città per motivi morali - come nel caso di Thomas Jefferson e di forti correnti intellettuali a lui succedute -, e sforzo per minimizzare le conseguenze della concentrazione urbana attraverso proposte utopiche - come le Garden cities in Inghilterra oppure le comunità della valle del Merrimack nel New England -, la parola p. ha assunto nuovi significati. Al tradizionale significato di metodo di lettura e di conoscenza della realtà territoriale, si è aggiunta una connotazione progettuale. Il Landscaping oppure la Landscape architecture è una disciplina su cui si concentra l'attenzione di molti operatori della città moderna e si manifesta sotto diverse forme.

Basterà intanto ricordare il movimento per l'abbellimento delle città sviluppatosi negli SUA a cavallo del 1900 con la realizzazione di opere pubbliche o d'interesse pubblico, parchi, giardini, edifici pubblici e privati di notevole impegno architettonico. Il tutto in un contesto urbano progettato e controllato con i mezzi della disciplina architettonica, come nel caso esemplare del piano di Chicago del 1909 degli architetti Burnham e Bennett, associati con Frederick Law Olmsted, tipico Landscape architect progettista e realizzatore del Central park di New York. Ma più recentemente, con l'ampliarsi della scala dei problemi delle concentrazioni urbane, tali metodi di controllo prevalentemente formali, si sono dimostrati non globalmente risolutivi, cosicché le ricerche sulla pianificazione dello sviluppo delle città si sono orientate in molte e diverse direzioni specialistiche: questioni sociali, questioni di governo delle città, questioni di mobilità e funzionalità, questioni paesistiche ed estetiche.

L'architettura del p. (Landscape architecture) è stato oggetto di ulteriori importanti approfondimenti in Europa, soprattutto in Gran Bretagna, sulla base dell'assunzione che l'organizzazione della società urbana industriale, che viene accettata come un dato di fatto non discusso, non è necessariamente disordinata anche se ha finora fallito nel darsi un suo autonomo p., più complesso di quello delle precedenti società agrarie. La società contemporanea, che è più complessa, aggiunge al p. agrario e al p. urbano, il p. naturale (Wild e perfino Man made wild) e verde urbano (green urban), p. cioè di aree non strettamente produttive, ma connesse con attività caratteristiche della società urbana, cioè l'uso del tempo libero (leisure, loisir). Questi nuovi p. devono essere progettati con metodi appropriati, avvalendosi di approfondite conoscenze botaniche, geologiche, climatiche e più generalmente scientifico-ambientali. Ciò consentirà di restituire al p. il significato più compiuto di total environment.

Negli Stati Uniti il problema è stato oggetto di attenzione da parte di alcuni studiosi nell'ambito della questione definita "estetica", che ha trovato, per es., occasione di approfondimento nel programma del presidente Johnson nel 1965 per l'abbellimento (beautification) delle città, tendente a istituzionalizzare la prassi dell'urban design. Un'ulteriore specificazione è la progettazione della scena urbana in termini puramente visivi nel contesto delle Visual arts, secondo i contributi di K. Lynch e G. Kepes presso il MIT del Massachussets. A queste correnti di studio è stato spesso rimproverato di proporre operazioni puramente cosmetiche o di gentrification, senza incidere sui problemi sostanziali della città.

Che la parola p. abbia assunto, soprattutto recentemente, significati di evasione dai problemi concreti della realtà territoriale, è un dato incontestabile.

Per molti p. è sinonimo di estetismo e di evasione ed è per questa ragione che a questa parola si va sostituendo con sempre maggiore intensità la parola "ambiente", che meglio è capace di contenere quel concetto di globalità dei problemi che ricolloca le analisi e gli approfondimenti specialistici in un contesto coordinato, sia che si parli di aree urbane, sia di aree naturali.

La parola a. è utilizzata, per esempio, per identificare determinate aree naturali, dove sussistono determinati equilibri nei rapporti tra conformazione fisica, associazione vegetali, fauna selvatica, ecc., con un'influenza delle attività umane, minima, o comunque tendente a non influire su tali rapporti.

La questione dell'a. urbano, d'altra parte, emerge in Europa nell'ambito dei problemi del restauro dei monumenti, quando viene riconosciuto al monumento architettonico un interesse storico e culturale, strettamente correlato al normale tessuto urbano circostante. Tale nozione è stata estesa a tutto il contesto storico culturale fino a includere la componente decorativa e quella della suppellettile mobile della città e del patrimonio edilizio. Tale tendenza è riscontrabile per es. nelle successive versioni di carte del restauro e dell'urbanistica.

Ma si tratta di una diversa nomenclatura del problema del p. urbano che si applica ad aree che dopo lo sviluppo industriale e l'urbanizzazione del territorio non possono più identificarsi con la città totale, ma ne sono soltanto una componente seppure essenziale. La questione dell'a. urbano matura in tutto il mondo in riferimento al crescente disagio sociale che si origina nell'ambito delle metropoli e megalopoli contemporanee. Nuovi metri di valutazione vengono introdotti, quali i livelli di inquinamento (aria, acqua, terra, radioattività, rumori), approvvigionamento e utilizzazione delle risorse, mobilità, accessibilità e disponibilità dei servizi urbani (educazione, cultura, ricreazione, responsabilizzazione dei cittadini, ecc.).

Un ampio dibattito sul tema generale dell'a. è scaturito in tutto il mondo anche per iniziativa delle Nazioni Unite che hanno organizzato, per gli anni Settanta, una serie di conferenze mondiali su argomenti ambientali: sull'a. (Stoccolma 1971), sulla popolazione (Bucarest 1973), sull'alimentazione (Roma 1974), sul mare (Caracas 1974), sugl'insediamenti umani (Vancouver 1976), sull'acqua (1977).

Queste conferenze vedono svilupparsi un dibattito di fondo, di natura politica; infatti, la lotta contro l'inquinamento, impostata nei paesi industrializzati in termini di mezzi tecnologici disinquinanti, richiede nuove risorse economiche ed energetiche, nuove materie prime, che provengono dai paesi del Terzo Mondo. Questi ultimi vedono compromesse le loro possibilità di sviluppo da questa ulteriore esportazione di risorse e rifiutano la prospettiva proposta dai paesi industrializzati. Su questi termini del problema ambientale si innestano i temi relativi al controllo demografico, all'alimentazione, all'utilizzazione delle risorse degli oceani, ecc., in cui si ritrova il medesimo confronto politico.

Così anche sarà il confronto sul problema degl'insediamenti umani, dove lo spreco degl'insediamenti del mondo industriale sarà messo a confronto con la miseria degl'insediamenti del terzo mondo.

Attorno ai problemi del p. e dell'a., in concomitanza con lo sviluppo industriale, sussiste una forte polemica ideologica e culturale. Basti citare l'esperienza inglese alla fine dell'800, che s'incentra sulle figure di Ruskin e Morris. Il primo, auspice dello spontaneo decadere delle testimonianze storiche, non contaminato da interventi contemporanei, come occasione di godimento intellettuale; il secondo, socialista, convinto delle potenzialità disgregatrici del capitalismo industriale e della necessità di rivalutare l'artigianato come attività capace di responsabilizzare i lavoratori, fautore della creazione di associazioni di cittadini per la tutela dell'a. storico culturale e paesistico, cioè per la "conservazione"; termine quest'ultimo che si è diffuso largamente in quanto capace di rappresentare gli obiettivi della tutela dell'ambiente.

Il sorgere e il diffondersi di associazioni per la protezione dell'a. in tutti i paesi industriali, e ora anche in alcuni dei paesi ex-coloniali, ha in parte realizzato l'auspicio di Morris. In Italia è particolarmente attiva l'associazione Italia Nostra, sorta nel secondo dopoguerra, nel pieno delle polemiche suscitate dalla violazione dell'a. durante la ripresa industriale e il vigoroso espandersi delle città, in una situazione legislativa ed amministrativa carente di fronte ad abusi speculativi. In Inghilterra e negli Stati Uniti, conformemente alla tradizione giuridica di quei paesi, dove assai presto sorsero associazioni in difesa dell'a. (la britannica Country Life sorse fin dal secolo scorso), gl'interventi di maggiore rilievo si sono rivolti all'acquisto, da parte di associazioni o per mezzo di pubbliche sottoscrizioni per conto dello stato, di antichi edifici o d'interi territori da salvaguardare. Negli Stati Uniti la formazione di aree protette è stata favorita dal particolare regime della proprietà delle terre nei territori di recente acquisizione nell'Ovest. Nel 1969 l'amministrazione dei parchi nazionali poteva contare ben 279 aree per un totale di 29.500.000 acri. Il National trust amministra, oltre ai parchi, anche edifici storici e intere piccole città restaurate dopo il loro abbandono e classificate come monumenti nazionali (Williamstown, Virg., ecc.). In Gran Bretagna, dove particolarmente viva è stata la tradizione dell'associazione volontaria per la difesa dell'ecologia e dell'a., la legge della Countryside, del 1968, ha stabilito norme e ha disciplinato le materie di competenza divise fra le autorità preposte dalla legislazione del 1949 e la legge del Town and countryplanning del 1947. La tendenza a realizzare parchi nazionali si è manifestata in Africa (nel 1898 il presidente Kruger fondò il parco nazionale del Transvaal, in Sudafrica) dove, nel 1970, 35 paesi avevano parchi nazionali per 265.000 miglia quadrate. In Giappone il 7% del territorio è raccolto negli 11 parchi nazionali, nonostante i limiti del terreno agricolo del paese. Nell'URSS i parchi nazionali sono di proprietà statale e sono sotto il controllo scientifico dell'Accademia delle scienze. Mentre i parchi, per quanto estesi, debbono essere intesi come un intervento parziale e, assai spesso, la loro creazione non risparmia, anzi giustifica lo scempio delle aree non protette, i nuovi problemi della polluzione dell'atmosfera e delle acque hanno suscitato una diversa consapevolezza anche nei paesi tradizionalmente più gelosi delle prerogative della proprietà privata. Fra gli episodi più significativi si ricordano il Clean air act britannico del 1956 e i successivi atti del Congresso degli Stati Uniti (Clean air, 1963, Water quality, 1965), la formazione della vasta cooperativa della valle della Ruhr, che amministra oltre 100 impianti di depurazione grazie a un sistema di sgravi fiscali, le decisioni prese dalle conferenze internazionali di Strasburgo (giugno 1964) e di Tokio (agosto dello stesso anno). In Italia un complesso di leggi tocca i problemi dell'a. con competenze divise fra vari dicasteri (dei Lavori pubblici, dell'Agricoltura e foreste, dei Beni culturali e dell'ambiente, ecc.) e le regioni. In particolare a queste ultime la Costituzione delega la tutela del p., benché nella situazione legislativa presente (1976) soltanto le regioni autonome abbiano un'ampia giurisdizione in materia. Altre regioni, come la Toscana e l'Emilia Romagna, hanno emanato un complesso di leggi sulla tutela e sul censimento dei beni culturali e ambientali entro i limiti di competenza loro riconosciuti. Mentre vige ancora la legge di tutela 1089 del 1939, la competenza delle regioni e dell'amministrazione centrale è ancora materia controversa. Nel 1975 sono stati approvati i decreti delegati del nuovo ministero dei Beni culturali e dell'ambiente, nel cui ampio Consiglio nazionale è prevista una rappresentanza operativa delle regioni.

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