CONTARINI, Ambrogio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)

CONTARINI, Ambrogio

Marica Milanesi

Nacque a Venezia nel 1429, secondo figlio maschio del patrizio Benedetto di Luca e di Giustina Giustinian; il 29 sett. 1447 venne presentato dal padre per essere ascritto al Maggior Consiglio. Esercitò la mercatura in Levante, partecipando forse alla difesa di Costantinopoli, la cui conquista da parte dei Turchi (1453) gli procurò danni economici; soggiornò poi a lungo in quella città, dove lo sorprese, nel 1463, lo scoppio della guerra turco-veneta. Arrestato insieme con altri mercanti veneziani, riuscì con loro a fuggire e a rimpatriare nel 1464, e riferì quindi al Consiglio dei Pregadi sui preparativi dì guerra della flotta turca. Nel 1466 donava alle suore del monastero di S. Marta a Venezia la mano della santa, reliquia da lui recuperata a Lesbo nel 1463. Nel 1467 gli veniva aggiudicata una delle galere che si recavano annualmente a commerciare negli scali di Barberia, e l'anno seguente una di quelle dirette ad Aigues-Mortes. Nel 1470, lasciato il commercio, ebbe il grado di sopracomito nella flotta da guerra; comandò una galera, agli ordini prima di Nicolò Canal e poi del successore di questo, Pietro Mocenigo, e partecipò alle operazioni militari contro i Turchi nell'Arcipelago. Alla fine del 1473 lasciò il comando della propria galera al fratello minore Agostino, e fece ritorno a Venezia.

Fin dall'inverno 1463-64 Venezia, in guerra contro l'Impero turco, aveva trovato un alleato in Uzūn Ḥasan, sovrano turcomanno della Persia e tradizionale nemico degli Ottomani. Questi era imparentato con i Comneni, la famiglia imperiale di Trebisonda spodestata nel 1461 dal sultano turco Maometto II, e attraverso di loro con le principali famiglie patrizie di Venezia. Gli scambi di ambasciatori che si erano susseguiti per quasi un decennio non avevano prodotto tuttavia molti effetti pratici; ma dopo la presa della veneziana Negroponte da parte dei Turchi nel 1469, e il fallimento delle trattative di pace tra Venezia e Maometto II, l'alleanza con la Persia acquistò maggior valore agli occhi della Repubblica, che deliberò l'invio a Uzūn Ḥasan di armi da fuoco, in vista di una azione militare coordinata contro i Turchi, che Uzūn avrebbe condotto con forze terrestri in Anatolia, e Venezia con la sua flotta nell'Egeo e negli stretti. La spedizione delle armi e la relativa ambasciata vennero affidate a Giosafat Barbaro (1473); ma questi rimase bloccato per più di un anno a Cipro dalla conquista turca delle coste anatoliche. Nel frattempo, Uzūn Ḥasan aveva dato battaglia contro i Turchi in Anatolia, e dopo un iniziale successo era stato sconfitto a Baškent (1473); aveva quindi rimandato in Europa l'ambasciatore veneziano che risiedeva inquel momento presso di lui, Caterino Zeno, a sollecitare l'aiuto di Venezia e dei suoi alleati: Napoli, la Borgogna e il papa. La Repubblica decise allora di nominare un nuovo ambasciatore in Persia, nella persona del C. (10 dicembre 1473). Questi ricevette, secondo l'uso, due commissioni: unapalese, secondo la quale avrebbe dovuto incitare Uzūn Ḥasan a muovere nuovamente guerra ai Turchi, garantendogli l'aiuto veneziano e spiegandogli i motivi per cui le armi promesse non erano ancora arrivate; una segreta, inbase alla quale, se i suoi sforzi per impedire la pace tra Uzūn Ḥasan e Maometto II si fossero rivelati inutili, il C. avrebbe dovuto ottenere che tra le clausole della medesima ci foste la restituzione a Venezia delle fortezze elleniche di Negroponte e di Argo, o almeno che la pace con la Repubblica venisse inclusa nelle trattative (11 febbr. 1474).

Abbigliato con abiti pesanti, alla tedesca, nei quali era stato cucito il denaro per il viaggio, il C. partì da Venezia il 23 febbr. 1474, accompagnato da Stefano Testa, cappellano e cancelliere, da un interprete e da due servitori. Viste le difficoltà incontrate dal Barbaro per passare da Cipro in Asia Minore, era stato deciso che il C. avrebbe seguito un itinerario continentale che, attraverso Germania, Polonia, Russia Bianca e Ucraina raggiungesse il Mar Nero aggirando i domini turchi; e di là, attraverso il Caucaso, lo conducesse in Persia.

La comitiva raggiunse a cavallo, attraverso il Brennero, Norimberga; colà si aggregò al seguito di due ambasciatori del re di Polonia e di un ambasciatore del re di Boemia, con i quali raggiunse łęczyca, dove risiedeva inquel momento il re Casimiro IV Jagellone di Polonia. Il sovrano, preoccupato dall'avanzata turca nell'Europa orientale, ricevette con favore l'ambasciatore veneziano, e gli fornì due guide che lo accompagnassero attraverso i suoi domini. Attraverso Lublino, il C. si recò a Kiev, al confine tra i territori polacchi e quelli tartari; quindi, insieme con un ambasciatore di Lituania presso il khān dei Tartari di Crimea, raggiunse, il 26 maggio 1474, Caffa, sul Mar Nero. Benché pagasse dal 1453 un tributo al sultano, la città era ancora colonia genovese, e vi risiedeva un console veneziano, presso il quale il C. incontrò Paolo Ognibene, inviato da Venezia come ambasciatore interinale presso Uzūn H̯asan l'anno precedente e ora sulla via del ritorno, dopo aver ricevuto dal sovrano la promesse che la guerra sarebbe continuata. A Caffa il C. assunse un secondo interprete, e si imbarcò per la città di Fasso sul Rioni, nella Colchide; attraversò quindi a cavallo i regni cristiani di Mingrelia e di Georgia, dove ricevette un'ospitalità assai simile al taglieggiamento. Entrò quindi nei territori di Uzūn Ḥasan, e passando per l'Armenia giunse il 4 ag. 1474 a Tabri´z . La guerra in corso tra i sostenitori di Uzūn Ḥasan e quelli del figlio Ughurlu Mohammed, che gli si era ribellato, trattenne il C. a Tabri´z per un mese e mezzo; egli riuscì tuttavia a rimandare a Venezia, per la via della Siria, uno dei suoi interpreti, con lettere per la Signoria. Ai primi di settembre giunse a Tabri´z anche Bartolomeo Leopardi, inviato della Signoria e giunto in Persia attraverso Trebisonda.

Finalmente i Veneziani lasciarono Tabri´z in compagnia di un ambasciatore persiano di ritorno dalla Turchia, e attraverso Sultāniyya e Qum raggiunsero il 30 ott. Ispahān, dove si trovava Uzūn Ḥasan. Al sovrano, presso il quale era nel frattempo giunto (senza le armi promesse) anche Giosafat Barbaro, il C. trasmise la sua ambasciata, che venne accolta cortesemente. In novembre la corte si trasferì a Qum per l'accampamento invernale, e colà il C. visse in stretto contatto coi sovrano. In marzo l'accampamento si trasferì a Tabri´z , dove giunse frate Lodovico da Bologna, un avventuriero italiano che da molti anni viveva in Oriente spacciandosi per patriarca di Antiochia e promotore di una lega contro i Turchi, presentandosi come ambasciatore dei duca di Borgogna. Uzūn Ḥasan ricevette solennemente i veneziani e il frate, e dispose affinché il Barbaro rimanesse presso di lui, e il C. e Lodovico da Bologna tornassero in patria con la promessa che la guerra contro i Turchi sarebbe proseguita.

Il 28 giugno 1475 il C. lasciò Tabri´z insieme col frate, con l'ambasciatore dei duca di Moscovia, Marco, e con due ambasciatori persiani, diretti l'uno in Borgogna e l'altro in Moscovia. Giunti a Fasso, dopo aver ripercorso l'itinerario dell'andata, gli ambasciatori appresero che Caffa era stata appena conquistata dai Turchi, e dovettero scegliersi una nuova via per il ritorno. Il C. e l'ambasciatore russo si recarono a Derbent sul Caspio, al confine tra la Persia e la Tartaria, dove trascorsero l'inverpo: il 6 apr. 1476 si imbarcarono per Astrachan'. Onde sviare i sospetti dei Tartari, ostili ai Veneziani, il C. si faceva passare per medico diretto in Moscovia; ciononostante ad Astrachan' fu costretto a riscattarsi dalla minacciata schiavitù mediante il pagamento di una somma che, essendo rimasto senza denaro, ottenne in prestito dai mercanti russi del luogo. Lasciata Astrachan' con la carovana dell'ambasciatore tartaro in Moscovia, passò per Riazan´ e giunse in novembre a Mosca. Il duca Ivan III, marito di una principessa Comnena, si considerava in qualche modo crede di Bisanzio; in quel momento, artisti e ingegneri italiani e greci stavano lavorando ad abbellire la capitale. Egli accolse ospitalmente il C., ma gli proibì di abbandonare i suoi Stati fino a che non avesse restituito il denaro avuto in prestito ad Astrachan'. Il C. inviò quindi a Venezia il cappellano a prendere il denaro, e si dispose a trascorrere l'inverno a Mosca, presso l'architetto Aristotele da Bologna. Nel gennaio 1477, tuttavia, il duca gli concesse di partire, assumendosi l'impegno di pagare i suoi debiti. Attraverso la Russia Bianca il C. raggiunse la Lituania; fu ricevuto con onore a Troki, presso Vilnius, da Casimiro IV di Polonia, al quale riferì ciò che aveva veduto; quindi, seguendo lo stesso itinerario dell'andata, raggiunse Trento e Venezia. Nello stesso giorno dell'arrivo a Venezia (10 apr. 1477) il C. riferì ai Pregadi e al doge sull'esito della propria missione.

Nel 1479 il C. sposò Margherita Crispo, vedova del patrizio Marco Querini e figlia di Francesco (II) signore di Santorino, duca dell'Arcipelago. Ricoprì in seguito numerose e importanti cariche pubbliche: fu inviato a Cipro, con Andrea Erizzo, come consigliere della regina vedova Caterina di Lusignano; nel 1482-83 fu podestà di Vicenza, e organizzò la città in previsione di un assalto da parte delle truppe di Ferrara, allora in guerra contro Venezia; nel 1484 fu patrono dell'Arsenale. Nello stesso anno compare come negoziatore di un accordo tra i suoi parenti Domenico Pisani e GiovanniCrispo, che si contendevano la signoria di Santorino. Nel 1490-91 fu console in Alessandria d'Egitto, mentre era sultano il mamelucco Kā´'it Bey; ma una malattia a un occhio lo costrinse a lasciare il mandato prima del tempo, e a tornare a Venezia. Nel 1493 egli fu forse provveditore a Nauplia; nel 1496 venne inviato nuovamente a Cipro, come consigliere del luogotenente che, fin dal 1489, la Repubblica aveva sostituito alla regina Caterina: risiedette a Nicosia, organizzando le misure necessarie a combattere l'attività dei corsari turchi.

La relazione, redatta in prima persona, del viaggio del C. in Persia. non è da annoverarsi tra le migliori dell'epoca: la persona del protagonista, le sue vicissitudini e i suoi disagi ne occupano infatti una parte troppo importante. Essa possiede tuttavia un grande valore documentario: le capacità di osservazione del C. sono di alto livello - caratteristica comune agli ambasciatori veneti - e si applicano ad ambienti e a personaggi degni di studio. Assai vivaci sono le descrizioni di Uzūn H̯asan e della sua corte; ma soprattutto quelle del mondo tartaro, e dell'inverno moscovita. I contemporanei apprezzarono molto questa relazione su paesi che, posti al margine della Cristianità, andavano aprendosi in direzione dell'Europa dopo secoli di isolamento: la Moscovia, che si liberava dall'eredità tartara; la Persia, della quale la rivalità con gli Ottomani faceva una solida alleata, in quel secolo e in quello a venire, della Cristianità.

La relazione venne scritta nel 1477; ne fu progettata, ma non realizzata, la pubblicazione, nel 11482, per i tipi di Leonardo da Basilea, stampatore a Vicenza. La prima effizione è del 1486 o 1487: Questo e el viazo de misier Ambrosio contarin ambasador de la illustrissima signoria de Venesia al signor Uxuncassam Re di Persia, Venetiis, per Hanibalem Fosium. Da questa ormai rarissima edizione (se ne conserva una copia alla British Library di Londra) derivano sia il manoscritto conservato al Civico Museo Correr di Venezia (Misc. 397 [=1328]), sia le successive stampe. La relazione fu in seguito pubblicata come Itinerario dei Magnifico et Clarissimo messer Ambrosio Contarini..., "perFrancesco Bindoni et Mapheo Pasini", Vineggia 1524; Antonio Manuzio la inserì nella sua raccolta dei Viaggi fatti alla Tana, in Persia, in India et in Costantinopoli, Vinegia, Manuzio, 1543, e Giovan Battista Ramusio nel secondo volume delle Navigationi et viaggi, Venezia, Giunti, 1554; tradotta in francese e in latino, comparve in raccolte e collezioni di viaggio del XVII e XVIII secolo; fu edita in inglese dalla Hakluyt Society (1873). Insieme con la relazione di Giosafat Barbaro, è stata pubblicata, con ampia introduzione e note, nella collana "Il Nuovo Ramusio" della Libreria dello Stato: I viaggiin Persia degli ambasciatori veneti Barbaro e Contarini, a cura L. Lockhart-R. Morozzo della Rocca-M. F. Tiepolo, Roma 1973.

Bibl.: E. Cornet, Le guerre dei Veneti nell'Asia, Vienna 1856, pp. 119-26; G. Berchet, LaRepubbl. di Venezia e la Persia, Torino 1865, pp. 46-48, 139-145; L. Amat di San Filippo, I, Biografie dei viagg. italiani, Roma 1882, p. 162; N. Di Lenna, A. C. politico e viaggiatore venez. del sec. XV, Padova 1921; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori, Roma s.d., pp. 50-52; G. Viventa, Viaggio in Oriente di due veneziani del Quattrocento: Giosafat Barbaro e A. C., in Economiae storia, XXI (1974), pp. 525-31; Rep. fontium Hist. Medii Aevi, III, p. 642.

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