AMIGDALINA

Enciclopedia Italiana (1929)

AMIGDALINA

Mario Betti

. L'amigdalina (dal gr. ἀμυγδάλη "mandorla") fu isolata da Robiquet e Boutron-Charlard nel 1830 e studiata poi da Liebig e Wöhler e da altri. Si trova nelle mandorle amare (semi dell'Amygdalus communis) nella proporzione del 2,5-3,5% (quelle dolci ne contengono solo tracce) e così anche nei semi del pesco (2-3%), dell'albicocco (1%), del susino (0,9%), del ciliegio (0,8%), del melo (0,6%), del lauroceraso, ecc. Si trova pure nei frutti, nelle foglie, nei fiori e nella corteccia di molte piante appartenenti alle famiglie delle Pomacee, delle Sorbacee, delle Amigdalacee, ecc.

L'amigdalina si estrae dalle mandorle amare spremendole al torchio per liberarle dall'olio e poi esaurendo il panello con alcool bollente. Il liquido alcoolico si distilla fino a piccolo volume e poi vi si aggiunge dell'etere; precipita così l'amigdalina sotto forma di piccoli cristalli bianchi che si possono lavare con etere e purificare facendoli cristallizzare dall'alcool. Dall'alcool concentrato si ottiene l'amigdalina esente da acqua di cristallizzazione: dalle soluzioni acquose essa cristallizza invece con 3H2O. I cristalli dell'amigdalina sono inodori e hanno sapore amarognolo: la loro reazione è neutra e la loro composizione corrisponde alla formula C20H27NO11.

L'amigdalina è molto solubile nell'acqua bollente (1 : 1), meno nell'alcool (1 : 11), non si scioglie, invece, nell'etere. Le sue soluzioni sono sinistrogire: [α]p = - 39,7°. A 110-120° perde l'acqua di cristallizzazione e fonde poi verso i duecento gradi decomponendosi. Nell'acido solforico concentrato e freddo si scioglie con bella colorazione rosso-violetta.

Le proprietà chimiche dell'amigdalina portano ad ammettere che essa è il glucoside che il disaccaride C12H22O11 forma con la cianidrina benzalica, detta anche nitrile mandelico (prodotto di addizione della benzaldeide coll'HCN):

Infatti per riscaldamento con acido solforico diluito si scinde in aldeide benzoica, acido cianidrico e glucosio:

Con acido cloridrico concentrato e caldo dà invece acido levomandelico:

ammoniaca e glucosio. Fatta bollire con alcali o con acqua di barite si scinde in acido amigdalico:

e ammoniaca.

L'emulsina, enzima contenuto nelle mandorle amare, ma in cellule separate da quelle che contengono l'amigdalina, se viene in contatto con questa la decompone come fanno gli acidi minerali diluiti, scindendola, cioè, in benzaldeide, acido cianidrico e glucosio. Il lievito di birra, invece, la decompone parzialmente staccando una sola delle due molecole di glucosio (C6H12O6) e dando origine al glucoside del nitrile mandelico (levogiro):

All'amigdalina spetta dunque la seguente formula di costituzione:

L'isoamigdalina, che si ha dall'amigdalina per trattamento a freddo con acqua di barite, cristallizza in aghetti, fonde da 125°-140° ed è sinistrogira [α]p = − 51,3°. Con acido cloridrico concentrato, invece dell'acido levomandelico dà l'acido mandelico racemico. È dunque il glucoside del nitrile mandelico racemico. Nella letteratura si trova menzione anche di una amigdalina amorfa (detta anche laurocerasina), sostanza gommosa ottenuta dalle foglie del Prunus laurocerasus e anche da altre piante, ma che forse non è un composto unico.

In istretto rapporto con l'amigdalina sta il glucoside del nitrile levomandelico, già sopra ricordato, che contiene una sola molecola di glucosio: C6H5−CH(CN)O−(C6H11O5), e che, come si è detto, si può avere dall'amigdalina per azione del lievito di birra (e anche per moderata idrolisi con acido cloridrico). Questo composto si trova anche in natura e fu riscontrato da H. Hérissey nei ramoscelli freschi del Cerasus padus. D'altra parte il glucoside del nitrile destro-mandelico fu trovato da Bourquelot e Danjou nelle foglie della Sambucus nigra e fu perciò detto sambunigrina. Infine anche il glucoside dei nitrile mandelico racemico (destro-levo) si trova in natura e fu da Hérissey riscontrato nelle foglie fresche del Prunus laurocerasus ed ebbe perciò il nome di prulaurasina.

Altri glucosidi così detti cianogenetici (cioè capaci di dar luogo a sviluppo di acido cianidrico) sono la dhurrina, isolata da Dunstan ed Henry dal Sorghum vulgare; per azione dell'emulsina si scinde in glucosio, acido cianidrico ed aldeide para-ossibenzoica: la linamarina, glucoside della cianidrina dell'acetone, che si trova nel Linum usitatissimum e che siccome fu trovata anche nel Phaseolus lunatus è stata anche detta faseolunatina.

L'amigdalina a piccole dosi non è velenosa, ma se insieme con l'amigdalina si ingerisce anche dell'emulsina, allora si hanno rapidamente i sintomi dell'avvelenamento per HCN. In caso di ricerca tossicologica non è facile isolare dai visceri l'amigdalina libera. Si può riconoscerne la presenza al colore rossastro che gli estratti assumono coll'acido solforico concentrato e confermarla poi coi saggi sensibilissimi che servono a svelare anche tracce di acido cianidrico.

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