ANALFABETISMO

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

ANALFABETISMO (III, p. 79)

Luciano DE PASCALIS
Diego DE CASTRO

La gravità dell'analfabetismo, al disopra di certe percentuali (fino al 12% della popolazione, si può dire che si tratta di una serie di casi singoli, e che il combatterlo è problema puramente tecnico), consiste nel fatto che esso isola gli analfabeti e li colloca in uno stato di inferiorità sociale e politica, grave ostacolo alla realizzazione di un regime di democrazia. Perciò la lotta contro l'analfabetismo non può prescindere da una ricerca delle cause economico-sociali né, in genere, contentarsi di rimedî di carattere scolastico e tecnico.

Un fenomeno interessante è quello della resistenza che il mondo dei contadini oppone alla diffusione dell'alfabeto. C. Levi, per la Lucania, ne ha trovato la spiegazione nella presenza di due civiltà: una contadina, alta e antica, ma passiva e chiusa nella sua saggezza fatta di canti popolari, proverbî e leggende trasmesse oralmente; l'altra, dei "signori" padroni dello Stato assente e lontano, che usa la scrittura. Per quel mondo contadino l'analfabetismo è una forma di difesa. Osservazioni analoghe si potrebbero fare relativamente ad altre regioni e nazioni.

Complesse sono quindi le cause dell'analfabetismo in Italia, dove il censimento del 1931 dava 7.430.029 analfabeti (v. appresso: Statistica) e varî indizî inducono a credere che il numero sia ancora aumentato.

Nell'analfabetismo di coloro che hanno superato l'età minlma per l'istruzione elementare, bisogna distinguere quello totale e quello parziale o "di ritorno": di coloro, cioè, che hanno dimenticato in tutto o in parte le nozioni apprese. Causa diretta di quest'ultimo è la brevità dei corsi delle scuole rurali e, in genere, la dispersione degli alunni dalla prima alla quinta classe elementare che, per il Mezzogiorno d'Italia, varia in ragione media di 100 iscritti alla prima, 47 alla terza e solo 17 alla quinta classe.

Da queste osservazioni appare chiaro che l'analfabetismo presenta anche un problema psicologico; perciò esso non si combatte soltanto con provvedimenti legislativi e creando strutture "dall'alto", bensì suscitando, specie in quella civiltà contadina in cui alligna, l'esigenza della conquista del nuovo strumento di civiltà.

Alla lotta contro l'analfabetismo si sono dedicati negli ultimi anni sforzi intensi, specie per rimediare alle conseguenze della seconda Guerra mondiale, disastrose anche in questo campo pure in paesi che avevano compiuto grandi progressi, come l'URSS, dove la percentuale era stata ridotta al 30% nel 1937; la Cina, dove si erano ottenuti risultati degni di nota con l'adozione di una scrittura "semplificata" di soli 1000 segni; i paesi europei occupati dalla Germania, dove le scuole furono più o meno generalmente disertate; i paesi dell'America Meridionale. Di questi, hanno adottato la formula di F. C. Lambach "ciascuno insegni a uno" l'Ecuador e il Messico, dove si calcolava che la percentuale degli analfabeti raggiungesse il 45% nel 1945 e una legge di quell'anno impose a ogni cittadino istruito, tra i 19 e i 60 anni d'età, di istruire una persona tra i 6 e 40 anni. Negli Stati Uniti si fecero grandi progressi tra i Negri, fra i quali la percentuale degli analfabeti, tra il 1863 e il 1939, diminuì dal 95% al 15%, e si intensificò l'istruzione degli adulti, grazie all'opera della Work Projects Administration, che tra il 1930 e il 1940 istruì 2 milioni di persone. La questione della lotta contro l'analfabetismo fu discussa anche dall'UNESCO (v. in questa App.) nella riunione di Parigi del 19 novembre 1946.

In Italia l'analfabetismo viene affrontato insieme al problema della riqualificazione morale, civile, professionale, culturale di vasti strati della popolazione, e la lotta viene impostata tenendo conto del rapporto tra analfabetismo ed educazione civica, cioè contenuto dell'educazione impartita (problema dei sillabarî, ecc.).

L'analfabetismo si combatte così su due piani: quello del miglioramento dell'istruzione ordinaria elementare con l'organizzazione della scuola pluriclasse nei più piccoli centri, e quello dell'educazione postscolastica per gli analfabeti, l'orientamento professionale dei giovani, l'educazione degli adulti, la rieducazione dei delinquenti minorili, dei detenuti e dei minorati.

Da questa concezione è nata la Scuola popolare col decr. legge 17 dicembre 1947, n. 1599, come scuola di emergenza che conciliasse la lotta contro l'analfabetismo con quella contro la disoccupazione degli insegnanti e presentasse caratteristiche di elasticità organizzativa, di varietà d'applicazione, di spirito di collaborazione. L'attività di questa scuola ha trovato espressione nel 1° congresso nazionale di educazione popolare, tenutosi a Roma tra il 2 e il 5 maggio 1948. Maggiore accentuazione delle questioni sociali legate alla risoluzione del problema dell'analfabetismo, è data alla sua attività dalla Unione nazionale per la lotta contro l'analfabetismo, sorta nel dicembre 1947 come continuatrice dell'opera di enti e associazioni che il fascismo distrusse. Essa, senza disinteressarsi dell'analfabetismo dei minori (che lascia all'azione statale diretta ad aumentare il numero delle classi e a realizzare una valida assistenza agli alunni bisognosi), si propone, secondo l'art. 1° del suo statuto, di combattere l'analfabetismo degli adulti e quello di ritorno.

Statistica. - Il termine, dal punto di vista statistico, può avere molti significati poiché gli stati che richiedono notizie del livello di cultura dei loro cittadini, possono porre la domanda in varî modi e riferirsi a limiti di età diversi. È, per es., analfabeta in Italia, Chile, Portogallo chi non sa leggere, né scrivere; è analfabeta in Francia, Brasile, Stati Uniti chi, pur sapendo leggere, non sa scrivere. Inoltre, il limite di età, dopo il quale si ritiene analfabeta una persona, è di sei anni in Italia e in molti altri stati, mentre è di 5 anni in Francia e in Cecoslovacchia, di 10 anni negli Stati Uniti e nel Messico, di 12 in Cina, di 15 in Finlandia. Spesso il limite coincide con l'inizio dell'istruzione primaria. Perciò il confronto tra le statistiche dei diversi paesi richiede molti accorgimenti.

Inoltre, durante la guerra, le rilevazioni statistiche sono state irregolari ed ancor oggi gli scambî internazionali di pubblicazioni sono difficili: lo studio del fenomeno in questione è, perciò, complicato e lacunoso.

In Italia, le fonti dei dati relativi all'analfabetismo sono: il numero di analfabeti risultanti dai censimenti della popolazione; il numero di sposi che non hanno firmato l'atto di matrimonio; il numero dei coscritti che, alle leve di terra e di mare, non siano stati capaci di scrivere una frase dettata. La prima rilevazione è importante perché riguarda tutta la popolazione dello stato; la seconda ha scarso valore perché anche un analfabeta può saper tracciare, a disegno, la propria firma; la terza è la più precisa perché richiede un reale e controllato saggio di scrittura. Di conseguenza, nella stessa classe di età, la percentuale degli analfabeti tra i coscritti è più alta. La rilevazione dei dati sulle leve, essendo annuale, permette di seguire meglio l'andamento tendenziale del fenomeno, in base a un dato degno di una certa fiducia.

L'ultimo censimento italiano che ha posto la domanda relativa all'analfabetismo ("sa leggere?") fu quello del 1931.

La tabella seguente riassume gli ultimi dati riguardanti il numero di analfabeti su 100 abitanti di 6 anni e più, su 100 sposi, su 100 spose, su 100 coscritti.

I coscritti della leva di mare del 1940 presentavano un analfabetismo del 5,49%. Nei primi anni dopo l'unificazione dell'Italia essi avevano un analfabetismo inferiore a quelli della leva di terra; poi le proporzioni si invertirono e sono tornate allo stato pristino in questi ultimi anni. I coscritti che appartengono agli anni di nascita precedenti a quello che cade sotto leva, presentano, in genere, una percentuale di analfabeti quasi doppia: ciò perché l'analfabetismo tende a diminuire di anno in anno e perché sono persone aventi, presumibilmente, maggiori tare fisiche. I progressi nella istruzione dei coscritti sono stati molto notevoli; la leva di mare del 1862 dava il 60,05% di analfabeti; quella di terra del 1866 dava il 64,01%. Il massimo di analfabeti per la leva di terra è toccato, ora, da Reggio Calabria con il 34,87%; il minimo da Trento con il 0,11%; per la leva di mare il minimo spetta a Imperia, Genova, La Spezia, Civitavecchia, Fiume e Zara con nessun analfabeta; il massimo a Cagliari con il 19,58%. Anche per gli sposi (maschi e femmine) il progresso è forte: nel 1866 essi presentavano il 69,46% di analfabeti; nel 1942 il 7%.

I dati del censimento del 1931 dimostrano forti differenze nell'analfabetismo tra regione e regione; tali differenze sono ancora più forti chc in passato perché l'istruzione è migliorata là dove era già elevata. Così nel 1871 la Lucania, che toccava il massimo di analfabeti, aveva un numero doppio di quello minimo raggiunto dal Piemonte; nel 1931 la Calabria ne ha, invece, 24 volte di più che la Venezia Tridentina. La graduatoria delle regioni, per intensità di analfabetismo, è poco mutata nel corso del tenpo.

Nei riguardi delle professioni si ha la seguente distribuzione percentuale di analfabeti su 100 abitanti di 6 anni e più della stessa professione: agricoltura 29,6; industria 9,1; trasporti e comunicazioni 13,6; commercio 8,3; servizî domestici 19,9; altre categorie professionali 3,5; condizioni non professionali 23,1. Il massimo assoluto si ha in Calabria negli addetti ai servizî domestici con 72,7%.

La proporzione di analfabeti ogni 100 abitanti della stessa età è per il 1931: anni 6-9: 14,2; a. 10-19: 10,4; a. 20-29: 13,4; a. 30-39: 17,8; a. 40-49: 24,4; a. 50-64: 34,3; anni 65 ed oltre: 49,4. L'accrescimento dell'analfabetismo in funzione dell'età è molto rapido. In genere, in quasi tutti i paesi, il minor numero di analfabeti si riscontra nella classe tra i 15 e i 19 anni. Il massimo assoluto in Italia è segnato dalla Calabria nella classe più anziana con 79,9%; il minimo nella Venezia Tridentina con 0,4 per l'età 10-19 anni. È ovvio che l'analfabetismo cresca con il crescere dell'età sia per la più deficiente istruzione primaria ricevuta dai più vecchi, sia perché si tratta di analfabeti "di ritorno". L'analfabetismo è più forte nelle campagne che nelle città: nei comuni capoluoghi di provincia si aveva il 12,7% di analfabeti; nei comuni non capoluoghi il 23,8%; il massimo, in questi ultimi, era raggiunto dalla Calabria con 49,7%; il minimo, per i primi, dalla Venezia Tridentina con 1,6%. Il fenomeno della percentuale rurale più alta della urbana è connesso a quello già ricordato delle differenze nelle professioni.

L'analfabetismo è, infine, più diffuso tra le femmine che tra i maschi; dal 1871 al 1931 la percentuale di analfabeti è scesa, per i maschi da 62 a 17; per le femmine da 76 a 24; tuttavia, mentre nel 1871 le femmine analfabete superavano i maschi del 22,6%, nel 1931 li superavano del 41,2%. In genere, si riscontra maggior numero di analfabete rispetto ad analfabeti nelle regioni centro-meridionali. Le differenze di analfabetismo tra i due sessi si attenuarono più rapidamente nel periodo 1901-21, annullandosi quasi in Lombardia, Piemonte e Liguria. Nel 1871 il numero di analfabete in Abruzzo, Puglia, Lucania, Calabria, Sicilia e Sardegna era superiore al 90% ma in Lucania e Calabria, anche nel 1931, le donne erano, per più della metà, analfabete.

Relativamente ad altri paesi - trascurando quelli per i quali i dati sono eccessivamente arretrati, e considerando le altre difficoltà su accennate - si possono dare le notizie seguenti. Negli stati Uniti d'America gli analfabeti (persone di 10 anni e oltre che non sanno scrivere in nessuna lingua) erano: nel 1870, il 20%; nel 1880, il 17%; nel 1890, il 13%; nel 1900, il 10,7%; nel 1910, il 7,7%; nel 1920, il 6% e, nel 1930, il 4,3%. Nel 1930 la percentuale di analfabeti tra i bianchi nati negli Stati Uniti era di 1,5, tra i bianchi nati all'estero, 9,9; tra i negri, 16,3, però tra i negri abitanti nelle città tale percentuale scendeva a 5,0. Il censimento del 1940 non ha dati sull'analfabetismo.

Nel Messico la popolazione analfabeta, da 10 anni in su, è passata da 74,18 nel 1900 a 69,73 nel 1910; a 66,17 nel 1921; a 59,26 nel 1930. Nel Chile (1930) la percentuale di analfabeti - da 8 anni in su - è del 25,2%, ma il dato non ha significato perché per quasi un terzo della popolazione si ignora se sia o meno analfabeta. Nel Brasile (1940) il 43,6% degli abitanti, da 18 anni in su, sapeva leggere e scrivere. Il Mortara stimava, per il 1920, questa percentuale a 34,8%. Il numero minimo di analfabeti si aveva nel distretto federale (22,75%); il numero massimo si riscontrava nella unità federale di Pianí (80,47%).

In Turchia (1935) per la popolazione dai 6 anni in su si aveva il 70% di maschi analfabeti e l'89% di femmine analfabete. In Bulgaria (1934), per la popolazione urbana di oltre 7 anni si aveva il 19% di analfabeti; per la popolazione rurale il 35%.

Bibl.: Per i dati statistici, si vedano i censimenti generali della popolazione in Italia (dal 1861) e in altri stati; per l'Italia, anche le relazioni sulla leva di terra e la leva di mare, a cura rispettivamente dei Ministeri della guerra e della marina; i volumi annui di Movimento della popolazione secondo gli atti dello stato civile; A. Amati, L'analfabetismo in Italia, Novara 1888; G. S. Del Vecchio, Sugli analfabeti e le nascite, I, Bologna 1894, II, ivi 1895; Statistica dell'istruzione elementare nell'anno scolastico 1926-1927, in Annali di Statistica, s. 6ª, v. XII (1931); V. Castrilli, Gli elementi della statistica intellettuale, Bari 1929; id., Statistica intellettuale, in Trattato elementare di statistica, Milano 1934; T. Salvemini, L'analfabetismo in Italia, in La riforma della scuola, novembre 1947; Atti del I Congresso naz. dell'educaz. popolare, ibid., giugno-luglio 1948; P. A. Witty, The conquest of Illiteracy, in School and Society, 7 luglio 1945; U. S., Education Mission to Germany Report, Washington 1946; Mexico fights Illiteracy, in Progressive Education, gennaio 1946; Attack on Functional Illiteracy among Negro Adults, in Elementary School Journal, ottobre 1946; Fundamental Education, Report of a special committee to the Preparatory Commission of unesco, Parigi 1946.

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